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Il mio medico di famiglia. Curiosità, casi clinici, diario intimo
Il mio medico di famiglia. Curiosità, casi clinici, diario intimo
Il mio medico di famiglia. Curiosità, casi clinici, diario intimo
E-book175 pagine2 ore

Il mio medico di famiglia. Curiosità, casi clinici, diario intimo

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Info su questo ebook

Minuscole contrade e piccoli centri immersi nel verde dell’Appennino dell’entroterra calabrese, luoghi dove le stagioni conservano ancora le proprie atmosfere e la gente le proprie tradizioni. Dove le relazioni mantengono l’autenticità di un tempo, come il cibo e il vino.
Quarant’anni di lavoro come medico di famiglia vissuti con partecipazione e raccontati con semplicità e passione.
Scritto in uno stile sobrio, diretto, privo di fronzoli, il libro rappresenta una bellissima testimonianza di quello che un medico fa, e come lo fa, soprattutto in quelle realtà periferiche dove è a lui che ci si rivolge per ogni necessità.
Per i temi, le problematiche che solleva (prevenzione, educazione sanitaria, testa- mento biologico, ruolo del medico di famiglia, diritto alla salute), anche se l’Autore talvolta non può fare a meno di ricorrere a una terminologia “specialistica”, la sua lettura, coinvolgente e affascinante, non può non suscitare l’interesse di tutti, medici e non, in particolare degli studenti che intendano dedicarsi a questa professione.
LinguaItaliano
Data di uscita20 lug 2016
ISBN9788868224516
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    Anteprima del libro

    Il mio medico di famiglia. Curiosità, casi clinici, diario intimo - Armando De Seta

    pazienti

    Presentazione

    Una gradita sorpresa

    Era da qualche giorno che il mio collega Armando mi cercava per parlarmi.

    Nonostante fossi affogato dai numerosi impegni di natura professionale e sociale, ho cercato comunque di riservargli in tempi brevi un incontro perché questa richiesta mi aveva incuriosito, non fosse altro perché egli non aveva voluto preannunciarmene il motivo.

    Negli ultimi anni ho meglio conosciuto Armando per attività professionali che abbiamo condiviso e, vista anche la mia carica di Consigliere dell’Ordine dei medici di Cosenza e di sindacalista, ero sicuro che mi volesse parlare di qualche problematica relativa al suo pensionamento.

    Mai avrei potuto immaginare la richiesta di leggere un suo manoscritto.

    Nel 2013 ho concretizzato un progetto di erogazione di servizi sanitari territoriali, istituendo il Nucleo di Cure Primarie della Media Valle Crati, per cui ho dovuto creare un gruppo di medici di famiglia che mi aiutasse a portare avanti le attività legate a questa nuova forma di assistenza. Ed è stata in questa occasione che ho avuto modo di confrontarmi col mio collega Armando De Seta, che conoscevo da tempo e di cui avevo grandissima stima.

    Ma è stato vivendogli accanto che ho potuto apprezzare le innumerevoli doti che lo contraddistinguono.

    Armando è, come si suol dire, un signore d’altri tempi!

    Una di quelle figure nobili nell’aspetto e nell’anima da cui non si può che trarre esempio per onestà e rettitudine morale e che vorresti al tuo fianco per avere suggerimenti e consigli derivanti dalla sua innata saggezza.

    Nel leggere i suoi scritti ho scoperto anche l’anima del poeta che finora mi era sconosciuta.

    Nel suo racconto, diario di esperienze essenzialmente legate all’attività di medico, in maniera forse fortuita, ma sicuramente naturale, egli non tralascia di dipingere l’ambiente che lo circonda, illustrando i paesaggi rurali, le stradine di paese, le case dei suoi pazienti, le mille facce delle persone con cui ha interagito in un mescolio di luci e di colori come su una tavolozza da pittore.

    Le tante sfaccettature delle sofferenze fisiche si sono mescolate all’immagine della ricchezza interiore di tanti personaggi che lui racconta, con pudica accortezza, senza mai mortificare il dolore altrui e apportando sempre quel contributo di umanità e di vicinanza affettiva nei momenti più gravosi.

    Uomo colto, di larghe vedute, e curioso degli avvenimenti umani, cita con leggerezza riferimenti di letteratura classica, affiancandoli a spiegazioni scientifiche, ma senza mai assurgere al ruolo di saccente. Ha saputo, nelle sue pagine, raccontare l’evoluzione che l’arte medica ha subìto negli ultimi decenni, travolta dalle continue scoperte e dalla violenta irruzione in essa delle tecnologie sempre più incalzanti, dando un esempio di come scienza ed etica debbano compenetrarsi l’una con l’altra in una vincente alchimia.

    Il suo sorriso, la sua cortesia, la sua educazione e il rispetto del prossimo, sono certamente il biglietto da visita per una persona che mi pregio di conoscere e apprezzare.

    Grazie per la tua amicizia!

    Paolo Guglielmelli

    Montalto Uffugo, 24 aprile 2016

    Prefazione

    "La cura del paziente comincia con la formazione

    di un rapporto personalizzato fra medico e paziente".

    (Tinsley Randolph Harrison)

    È ormai generalmente riconosciuta la preminenza del ruolo del medico di famiglia nell’ambito delle varie strutture in cui si articola il Servizio Sanitario Nazionale.

    A conferma di ciò, una ricerca del Censis del 2010 (Cittadini e salute. La soddisfazione degli italiani per la sanità), effettuata su un campione rappresentativo di oltre mille cittadini-utenti, attribuisce al medico di famiglia una percentuale di gradimento del 92%, ritenendolo elemento cardine del sistema di offerta e un referente cui i cittadini si rivolgono con fiducia.

    Fiducia, appunto.

    È noto e largamente condiviso che il rapporto medico-paziente è fondato sulla fiducia.

    Ma questo rapporto, di tipo paternalistico-autoritario, sorto sin dalle origini in virtù dell’alone magico-trascendente che accompagnava l’esercizio dell’arte medica e affermatosi, si può dire, sin dai tempi antecedenti all’opera di Ippocrate (fiducia totale nella capacità tecnica del medico, il quale decideva, o non decideva, su ogni tipo di cura, indipendentemente dal consenso del paziente), si è, negli ultimi decenni, progressivamente evoluto, aderendo a una maggiore consapevolezza dei rispettivi ruoli, nel rispetto delle norme di legge e del codice deontologico.

    La nostra Costituzione, infatti, nell’affidare alla Repubblica la tutela della salute (art. 32) come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, stabilisce altresì che nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

    L’esercizio del fondamentale diritto alla salute non può spingersi, pertanto, fino a violare il diritto all’autodeterminazione (Corte Cost., 30/7/2008, n. 438).

    Quest’ultimo si esercita attraverso quello che oggi viene chiamato consenso informato. Ogni cittadino ha il diritto di conoscere benefici e conseguenze di un qualsivoglia trattamento e il medico è tenuto a fornire in merito le informazioni più esaustive.

    La Medicina Generale, per la posizione che occupa nel processo di risposta alla domanda di salute, si può considerare l’interfaccia tra la percezione di salute e di malessere dei singoli individui e la sua strutturazione come problema (G. Ventriglia). Scaturisce fondamentalmente da questo l’importanza del ruolo del medico di famiglia.

    Il rapporto di fiducia fra medico e paziente si fonda essenzialmente sulla capacità del primo di relazionarsi col secondo. Poiché ogni disturbo viene generalmente condizionato dal vissuto del paziente, dalla sua esperienza esistenziale, dalle sue condizioni economico-sociali, è necessario, per il conseguimento di un buon risultato, che il medico adotti un approccio non solo di tipo biologico, ma anche di tipo psico-sociale, che ponga in primo piano la persona (G. Ventriglia).

    In questo modo si tende a mutare il classico rapporto attivo-passivo fra medico e paziente con un rapporto guida-cooperazione (tipo padre-figlio) ovvero di partecipazione paritetica (tipo adulto-adulto) che sostituisca l’obbedienza con la compliance, il comando con il consenso, le istruzioni-prescrizioni con il counseling (G. Ventriglia).

    In questo contesto, si è stabilita ormai da tempo fra medico (in particolare il medico di famiglia) e paziente una sorta di alleanza volta al conseguimento di un comune obiettivo: la salute fisica e psichica nel pieno rispetto della persona.

    Introduzione

    "Per un essere umano non può esistere

    una opportunità più grande,

    né una maggiore responsabilità,

    di quella dell’essere medico…"

    (Tinsley Randolph Harrison)

    Per alcuni anni ho tenuto un diario, poi ho smesso: non so se per stanchezza, per pigrizia, o semplicemente perché per qualche settimana nulla era accaduto di cui prender nota.

    Fu così che a poco a poco ho maturato il proposito di scrivere, un giorno, della mia esperienza professionale, con l’intento di raccontare di me, dei miei pazienti, di Cerzeto (piccolo comune calabrese, nell’entroterra cosentino), di come ho interpretato la mia professione e, infine, dei casi clinici più interessanti, più significativi: comunque tali da destare la curiosità di qualcuno, sia esso studente, medico o semplice lettore e che rendono unica l’esperienza stessa di ogni medico.

    So bene che la letteratura è quanto mai ricca in materia, ma sono ugualmente consapevole che ogni esperienza presenta le sue peculiarità.

    Molti anni fa, per esempio, all’inizio della mia attività professionale, mi è capitato di leggere (la lettura, saggistica e letteratura in particolare, mi ha giovato molto anche sul piano professionale oltre che, naturalmente, sul piano culturale: oltre a schiudermi orizzonti nuovi, mi ha consentito, quando avevo bisogno, di sfuggire seppure per breve tempo alla routine quotidiana) un bel libro appena dato alle stampe, Ricordi e incontri di Cesare Frugoni, uno dei clinici italiani più famosi del secolo scorso.

    Ho appreso così che l’illustre clinico ha avuto modo di visitare personaggi famosi e meno famosi, sciogliendo quesiti clinici e indicando provvedimenti terapeutici. È stato Frugoni, tanto per citare un caso che, chiamato per un consulto al capezzale di Togliatti appena vittima dell’attentato del luglio ’48, diede indicazione all’intervento chirurgico che, poi, come molti ricorderanno, fu felicemente eseguito da un chirurgo non meno famoso: il prof. Pietro Valdoni.

    In ogni pagina erano condensate nozioni cliniche complesse e profonde, frutto di studi, intuizioni e di una lunga e quanto mai ricca esperienza; in ogni pagina trovavo uno stimolo per domandarmi, mentalmente, come mi sarei comportato io se mi fossi trovato in analoghe situazioni.

    Ne ho letti altri di questi libri, di autori meno noti, ma pur ugualmente interessanti e tutti sono certo che mi sono stati utili: conoscere le esperienze altrui è un po’ come aprire un’altra finestra sul lungo e affascinante percorso della conoscenza: ciò che si apprende, talvolta, da queste letture, può essere più prezioso di un intero trattato. Se è vero che la storia è maestra di vita, è altrettanto vero, nell’esercizio della professione medica, che è la pratica che fa la grammatica, come dice un vecchio adagio popolare.

    E ancora: poco prima di iscrivermi all’università, il nonno di una mia compagna di liceo, Alessandro Adriano, già medico condotto di un Comune del cosentino, membro del Consiglio dell’Ordine negli anni Trenta del secolo scorso, mi ha fatto dono del suo libro su Carmi, tradizioni, pregiudizi nella medicina popolare calabrese, la cui lettura è stata per me oltremodo gradevole e interessante, se non altro per comprendere il particolare contesto in cui ha operato.

    Quella che personalmente ho fatto in oltre quarant’anni di esercizio della professione medica è l’esperienza di una figura professionale che è ormai, almeno formalmente, in via di estinzione, se non già estinta in larga parte del territorio in virtù della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. Con il suo avvento sono scomparse le vecchie mutue e le condotte mediche, retaggio di un’altra Italia (il concorso del ’76 cui ho partecipato io è stato il penultimo che si è bandito).

    Pur tuttavia, molti medici continuano a prestare la loro opera in contesti sociali periferici, di campagna o di montagna, lontani cioè da strutture ospedaliere o da altri presidi sanitari. In queste realtà, non è difficile per un medico registrare qualcosa degna d’essere ricordata.

    Ora so bene che ogni esperienza è tanto più efficace quanto più è direttamente vissuta. Però sono altrettanto persuaso che anche quella di seconda mano può suscitare curiosità e interesse e chissà, forse, potrebbe tornare anche utile.

    Personalmente ne ho verificato l’utilità.

    Parte Prima

    Il primo lavoro

    Non nego che quel poco che ho scritto sul mio diario oggi mi è utile per questo lavoro.

    Ma è soprattutto dal mare dei ricordi che attingo, dalla memoria di oltre quarant’anni trascorsi coi miei pazienti, coi loro disturbi, con le loro ansie, con le loro angosce, con le loro gioie, con le loro speranze.

    Rievocandoli nella scrittura, questi ricordi mi fanno rivivere, oggi, le stesse emozioni di allora.

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