Battito d'ali
Di Autori Vari
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Anteprima del libro
Battito d'ali - Autori Vari
Farm
Presentazione
In queste pagine sono presentati i dodici migliori racconti fantasy scritti da giovanissimi autori che hanno partecipato alla prima edizione del premio letterario ‘Battito d’ali’.
Il concorso è intitolato alla memoria di Giordano Giovannangelo, scomparso a soli 13 anni e intende accostare i giovani alla scrittura creativa e valorizzare talenti letterari.
Il premio è dedicato ai ragazzi dagli 11 ai 17 anni, autori di racconti inediti di genere fantasy, in lingua italiana.
Hanno partecipato alla prima edizione del concorso oltre 50 racconti.
Una giuria composta da giovani lettori ed esperti ha scelto il testo vincitore (o meglio i due racconti vincenti a pari merito), premiato nel mese di settembre 2015 a Salvaterra di Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia.
UN PAIO D’ALI
Racconto di Martina Longagnani
Primo classificato a pari merito
Prese il libro che stava sullo scaffale in alto e pulì la copertina dalla polvere, probabilmente era uno dei libri più antichi della biblioteca di Quenya. Pesava decisamente troppo per le sue braccia gracili, ma nonostante questo riuscì comunque ad osservare un po' le pagine ingiallite dal tempo. Metà delle parole non si leggevano, ma a Ruber non importava più di tanto. A lui piaceva sfiorarle, come se con quel tocco riuscisse a capire la storia contenuta in quel libro.
Quelle pagine erano ruvide, ma resistenti. Dava l'idea di un qualcosa che, nonostante tutto, era sopravvissuto. Era ancora qua nonostante gli ostacoli che aveva dovuto superare. Proprio come me
pensò il ragazzo. Ripose il libro dove lo aveva trovato cercando di non far cadere nulla di importante, come di solito accadeva.
Mi hai spaventato!
esclamò quando si accorse della furtiva presenza di Edhel. Vivevano nella enorme biblioteca sotterranea da sempre, ma Ruber sapeva che non si sarebbe mai abituato del tutto a lui. Edhel non parlava mai, non produceva alcun tipo di suono. Le persone come lui, prima delle guerre, erano soprannominate i Silenziosi. Edhel era uno dei pochi rimasti e, per sottrarsi al destino di cavia nei laboratori, si era rifugiato nella biblioteca.
Prima che il governo decidesse che solo i Puri dovevano popolare Quenya, la biblioteca era un posto pressoché deserto. Dopo le persecuzioni invece miliardi di ibridi, elfi ed altri esseri avevano dato vita a questo grande organismo.
Edhel non si faceva vedere in viso di solito, ma Ruber lo poteva pur sempre immaginare. Era di una magrezza impressionante, dalle lunghe dita color cenere si potevano scorgere le ossa.
Ruber
lo richiamò e il ragazzo si irrigidì di colpo. Ti avevo detto di non stare in questa parte della biblioteca.
Nella biblioteca solitamente si poteva sentire un chiacchiericcio flebile, ma quando Edhel apriva bocca nessuno osava fiatare. Ruber sentì la presa del Silezioso farsi più forte sul suo avambraccio. Lo stava letteralmente stritolando.
Se vuoi stare alla larga dai guai
gli sussurrò all'orecchio ti conviene obbedire.
. Ruber annuì e Edhel lo liberò dalla sua presa. Il segno rosso circondava il braccio pallido, che non aveva mai visto la luce del sole. Ruber aveva vissuto tutti i suoi quattordici anni di vita rinchiuso fra libri, manoscritti e inchiostro, gli era stato permesso di uscire giusto un paio di volte, ma lui preferiva la tranquillità della biblioteca.
Uscire era comunque un grande pericolo. I Puri non tolleravano che una persona diversa entrasse nel loro spazio, non volevano che si invadesse la loro perfezione quasi maniacale. Però, le poche volte in cui lo avevano visto, sembravano tollerare Ruber. Forse perché il suo viso non era deformato come quello delle creature con cui viveva. Il suo era esattamente identico a quello di ogni altra persona che popolava la città. I capelli fini e chiari, le iridi di un azzurro strano, ma in qualche modo caldo. La costituzione fragile, ma ben proporzionata. Aveva modi di fare delicati, come tutti loro.
Il suo segreto stava nella schiena. Da lì spuntavano piume candide e morbide, a volte erano simili a batuffoli, a volte erano grandi, come quelle di un'aquila. Avevano cercato di tagliarle molte volte, ma continuavano a ricrescere, più folte di prima. Eppure a lui piacevano, quelle piccole piume che gettavano tanto scandalo fra la popolazione a lui piacevano. Gli piaceva sentirle sulla pelle. Ora quelle ali avevano la libertà di crescere, anche se le piume ci avevano messo qualche anno a rispuntare dopo l'operazione con il laser, ordinata dal governo quando lui era poco più che un bambino. Non aveva mai pensato di poterle usare effettivamente: che utilità hanno due ali in una biblioteca sotterranea? Nessuna.
Il ragazzo continuò a camminare fra gli immensi scaffali per avvicinarsi sempre di più al centro della biblioteca. Lì si concentravano la maggior parte degli individui, alcuni firmavano e compilavano scartoffie, altri pulivano. A Ruber non piaceva stare in mezzo a tutto quel viavai semisilenzioso di gente. A lui piaceva stare solo. Gli sarebbe piaciuto leggere. Molte persone colte avevano provato ad insegnarglielo, ma tutte avevano fallito. Sembrava ci fosse qualcosa in lui che lo impediva. Man mano che si avvicinava al punto centrale le voci si facevano sempre più vicine, gli scaffali diventavano più bassi e i libri più recenti. Si sporse da uno degli ultimi scaffali, per assicurarsi che Edhel non fosse di nuovo nei paraggi. Avanzò con cautela, come se il pavimento potesse cedere da un secondo all'altro.
Il centro della biblioteca non era nient'altro che il punto in cui gli scaffali finivano. Era simile ad una piccola piazza circolare, come quelle che i Puri avevano nel mondo in superficie. Le piastrelle erano bianche e tutte di dimensioni uguali: non ce n'era una che non combaciasse perfettamente con l'altra. E forse era così che i Puri avrebbero voluto la loro società, tutte le persone dovevano combaciare fra di loro. Questo Ruber non lo avrebbe mai capito. E se anche non combaciano? Che cosa c'è che non va in due persone che non combaciano?
Ruber!
quella voce squillante poteva appartenere solo ad una persona, se così vogliamo definirla. Ciao Fate
rispose Ruber a denti stretti. La presenza di quel folletto dava da fare a tutti, ma lui sembrava non accorgersene. Quella voce squillante, acuta e quei vestiti dai colori sgargianti non piacevano a nessuno. Ma la prima regola della biblioteca era 'tutti sono i benvenuti' e quindi nessuno glielo faceva notare.
Come va? È da un po' che non ti si vede
disse il folletto, prima di appollaiarsi sulla spalla del ragazzo. A Ruber ricordava uno di quei pappagalli nelle storie di corsari, che Edhel gli raccontava. Bene
alzò le spalle sono stato spesso fra gli ultimi scaffali, lì si trovano i libri più interessanti
riprese a camminare. Per quanto fastidioso potesse essere Fate era l'unico essere che Ruber poteva chiamare amico. Non ti era stato forse proibito?
, disse Fate. Il ragazzo sobbalzò, per poi tranquillizzarsi un secondo dopo: l'amico non avrebbe mai fatto la spia. Si, hai ragione, ma non posso resistere.
Era questo il suo più grande difetto, voleva scoprire tutto del posto in cui si trovava. Lo sapeva, la biblioteca non si estendeva solo nella città di Quenya, i suoi confini erano molto più estesi e lui voleva esplorarne ogni singolo centimetro. Diceva sempre di odiare il mondo di sopra, ma in verità ne era tremendamente incuriosito, però la paura lo bloccava. Non valeva la pena rischiare di perdere la vita solo per poche ore di aria aperta.
Silenzio!
una voce profonda zittì tutto il brusio presente. Ruber si guardò intorno, un'enorme folla si era radunata, c'erano almeno duecento persone. Non riusciva a vederlo, ma avrebbe riconosciuto il suo volto e la sua voce anche in mezzo a tutta Quenya. Il presidente. Colui che aveva ordinato tutte le persecuzioni contro coloro che non erano Puri. Lo odiava con tutto sé stesso. Eppure una parte del suo cervello non ci riusciva. Lui aveva anche consentito ai sopravvissuti di vivere nella biblioteca, che ora era la sua casa. Era grazie a lui se poteva considerarsi ancora vivo.
Allora, il procedimento lo conoscete
, disse ancora quella voce. Era un uomo sulla sessantina. I capelli, probabilmente un tempo biondi, erano brizzolati. Era perfettamente rasato, la sua pelle era candida come porcellana. Le iridi così chiare che pareva che non le avesse nemmeno. La folla si divise in file.
Ogni anno ne prendevano uno. Ruber era sempre riuscito a sfuggire, aveva un talento nel passare inosservato. Non si sapeva dove andassero le persone che prendevano. Si diceva che alcuni venivano adottati,ma lui era sveglio, abbastanza sveglio da sapere che quelle persone nella maggior parte dei casi non facevano più ritorno. Il presidente come tutti gli anni fece un rapido giro fra le file. Il ragazzo non aveva ansia o preoccupazione come la maggior parte dei suoi coetanei. Non un goccia di sudore era scesa dalla sua fronte, le sue mani non avevano tremato nemmeno una volta. Il presidente aveva già setacciato quasi tutte le file, ora toccava