Universal Robots - La civiltà delle macchine
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Anteprima del libro
Universal Robots - La civiltà delle macchine - Silvia Milani
a cura di Diego Bortolozzo
Silvia Milani
Universal Robots
La civiltà delle macchine
Saggio
Prima edizione novembre 2016
ISBN 9788865309292
© 2016 Silvia Milani
Edizione ebook © 2016 Delos Digital srl
Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano
Versione: 1.0
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Sono vietate la copia e la diffusione non autorizzate.
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Indice
Il libro
L'autore
Universal Robots - La civiltà delle macchine
Citazione
1. Introduzione
2. Homo ex machina
Uno sguardo perturbante
Non chiamatela feticcio
La macchina umana: dall'omuncolo al robot
3. Rossum's Universal Robots
Cosa sono i robot
I computer hanno gli occhi
Dalla robotizzazione dell'uomo all'umanizzazione del robot
Primus ed Elena
Delos Digital e il DRM
In questa collana
Tutti gli ebook Bus Stop
Il libro
Dagli albori delle prime civiltà all'epoca del GPS, gli androidi hanno sempre avuto un ruolo all'interno delle più diverse tradizioni culturali e hanno compiuto un emozionante cammino evolutivo con l'uomo.
Docili feticci imbambolati o crudeli macchine di sterminio? Dotte entità fluttuanti o cataloghi antiquari del corpo umano? Dagli albori delle prime civiltà all'epoca del GPS, gli androidi hanno sempre avuto un ruolo all'interno delle più diverse tradizioni culturali e hanno compiuto un emozionante cammino evolutivo con l'uomo. Protagonisti di numerosi miti e leggende, incarnazioni di incubi e desideri, figure capaci di oltrepassare la membrana tra immaginario e reale, spesso hanno parlato di noi: dai mostri perturbanti di E.T.A. Hoffmann, Jentsch e Freud, al paradigma dell'Uncanny Valley nei moderni laboratori; dalla critica di L'Isle-Adam e Ippolito Nievo all'ottimismo positivista, alle fanterie automatizzate delle guerre future; automi e robot (differenti gradi della scala evolutiva androide) sembrano incarnare i fantasmi, le speranze, le emozioni, i vizi e le virtù dei loro padri-padroni. Figure modello dell'inevitabile meccanizzazione dell'uomo nel Futurismo, nell'opera che li ha presentati al mondo, R.U.R., hanno scalato la condizione umana per ricordarci che sarà con il cuore e non con la mente che salveremo il mondo.
L'autore
Silvia Milani, laureata in Lettere con una tesi sulla genesi del robot nell'immaginario del Futurismo, insegna lettere e si occupa da freelance di editing, scrittura creativa e editoria. Ha curato numerosi contenuti per la sezione letteratura italiana
di Oilproject, sito di e-learning. Vive e lavora a Pesaro.
Our love can put an end to this fucking world. Let's go!
Tetsuo
1. Introduzione
Nell'universo esistono cose gelide e crudeli, a cui io ho dato il nome di macchine
.
P.K. Dick, Uomo, androide e macchina; 1976
Non è affatto il vostro caso, d'accordo. Ma se, diciamo all'incirca tra il IV e il III secolo avanti Cristo, anziché costretti al servizio in un'armata di resistenza italica, alla mercé di zanzare e sanguisughe, foste nati in condizioni meno scomode, a una latitudine mettiamo più asciutta e à la page come Alessandria d'Egitto, è assai probabile che, prima o poi, bighellonando nei dintorni delle prigioni, sareste incocciati in grida disumane provenienti dai sotterranei. Un fatto che, essendo voi cittadini smaliziati e favorevoli al carcere duro, non vi avrebbe sorpreso né spaventato granché.
Ma che cosa avreste immaginato se, fra quelle grida, le vostre orecchie avessero colto anche formule inquietanti quali: lunghezza del breve viscere dodici dita
, oppure: dimensione del lungo viscere nove cubiti e tre spanne
?
Non appena compresa l'esatta realtà di ciò che avveniva tra le mura carcerarie, un brivido, o addirittura lo stesso dio Apophis, vi avrebbe corso la schiena, scrollandovi dalla testa ai piedi. Perché Alessandria era sì una ricca metropoli alla moda, ma era anche la capitale d'una mania che all'epoca aveva raggiunto dimensioni preoccupanti: la mania delle misurazioni. A quei tempi, in città, la popolazione di scienziati quasi eguagliava quella delle zanzare del Nilo, e per strada, a ogni angolo, se ne incontravano di tutte le nazionalità, intenti a misurare il cielo e a far di conto. È risaputo poi che il selciato de l'agorà fosse completamente ricoperto di calcoli scritti a gesso e che bande di matematici si spartissero i territori. A quei tempi, ad Alessandria, tutti misuravano tutto e tutto era conosciuto a partire dalle sue misure.
Per volontà regale, i criminali condannati a morte potevano essere vivisezionati prima di essere giustiziati¹ e questo era solo uno dei tanti modi in cui i Tolomei amavano dimostrare il loro impegno per la ricerca.
Perciò i medici alessandrini, al contrario dei semplici ippocratici, i quali non erano in grado di distinguere un'arteria da un tendine, erano all'avanguardia negli studi di anatomia; e per confermare di non essere secondi a nessuno anche nelle misurazioni, erano soliti ponderare al millimetro la lunghezza e la superficie degli organi umani.
Tra questi c'era Erasistrato, un medico assiduo frequentatore di prigioni che, a differenza del suo perspicace ma pur sempre ippocratico contemporaneo Erofilo, a furia di dissezionare e misurare gente viva e non, aveva maturato un'idea bizzarra del corpo umano: secondo lui i nervi servivano a comunicare il moto e le sensazioni al cervello e le arterie facevano capo al cuore, che a sua volta era responsabile del battito cardiaco. Inoltre, secondo Erasistrato, gli organi del corpo potevano essere considerati parti di una macchina assemblate tra loro e per questo le malattie, a differenza di quello che professavano i seguaci di Ippocrate, potevano essere individuate con precisione negli organi: per guarire era sufficiente capire in quale punto il corpo si fosse inceppato e procedere ad aggiustarlo.
Nei decenni successivi, la passione alessandrina per le misurazioni e i meccanismi arrivò al suo punto massimo con Eratostene che, mal sopportando le incoerenze geografiche dei poemi di Omero, calcolò con sorprendente precisione e soprattutto senza usare il GPS, il diametro della Terra, diventando una specie di rockstar dei geografi.
Un paio di secoli più tardi, Erone, un altro scienziato alessandrino (che tanto avrebbe desiderato nascere ai tempi di Euclide e Archimede) ideò, con l'ausilio del vapore, un tipo di automaton che apriva e chiudeva le porte del tempio di Serapide. Questo grande estimatore degli studi anatomici di Erasistrato, in alcuni progetti aveva dato sfogo al suo estro meccanico facendo passare dei tubi idraulici dentro alcuni manichini, unendo così all'anatomia la sua passione per lo steam.