Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Guerrieri degli Elementi
Guerrieri degli Elementi
Guerrieri degli Elementi
E-book523 pagine7 ore

Guerrieri degli Elementi

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Terre Conosciute.
 Quattro giovani si incontrano casualmente alle porte della Cintura, vasta baraccopoli che si estende dalle mura della ricca Nurmanor, e stringono amicizia.
 Decidono ben presto di lasciarsi alle spalle la triste situazione della Cintura, di fatto schiava di Nurmanor.
 La mattina della partenza Maglio, che dei quattro è il meno corpulento, ha un alterco con un prepotente miliziano, e rivela una inaspettata abilità guerriera, scaraventando il soldato lontano e facendolo finire a terra privo di sensi.
 L’accaduto attira l’attenzione sui quattro, che fuggono attraverso la misteriosa Foresta Antica. Ricercati dal più potente regno delle Terre Conosciute, avranno solo una scelta. Combattere fino alla morte. In fuga nella foresta, incontreranno valorosi alleati, e verranno a conoscenza del loro destino. E del loro reale potere.
LinguaItaliano
Data di uscita17 dic 2016
ISBN9788822878199
Guerrieri degli Elementi

Correlato a Guerrieri degli Elementi

Ebook correlati

Fantasy per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Guerrieri degli Elementi

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Guerrieri degli Elementi - Franco Franceschini

    Ringraziamenti

    Compagni di viaggio

    Quando i quattro giovani si conobbero nei vicoli bui della Cintura, dove la luce del caldo sole faticava ad aprirsi spazi, l’amicizia nacque spontanea.

    Strade diverse li avevano condotti in quella baraccopoli che, nascendo dalle mura esterne della ricca Nurmanor, si espandeva caotica nell’entroterra.

    Si sistemarono in un alloggio essenziale, un tavolo e quattro brande di legno grezzo adagiate sul polveroso suolo, e concordarono di trascorrere un breve periodo in quel dedalo di baracche, per progettare insieme l’immediato futuro.

    Condividevano la stessa voglia di viaggiare alla scoperta di genti e luoghi, e trascorsero i primi giorni muovendosi con prudenza e curiosità nell’agglomerato urbano popolato da migranti che, in seguito al Grande Cambiamento, erano lì confluiti da Nord e Sud delle Terre Conosciute.

    Alte mura erano ben visibili da ogni punto della Cintura, e proteggevano Nurmanor che occupava parte della costa Est spingendosi fino al mare. Sulle torrette guardie dal torvo sguardo sorvegliavano notte e giorno la distesa di baracche, che si estendeva fino alla rigogliosa Foresta Antica.

    Si narrava che la sterminata selva fosse un luogo infestato da fate malvagie e folletti sanguinari e questa fama la manteneva per la quasi totalità inviolata e sconosciuta. L’alloggio dei quattro, Sarmen, Hremam, Erwat, e Maglio era all’estrema periferia della Cintura, proprio a pochi passi dalla temuta foresta.

    Dopo ogni giornata trascorsa alla scoperta della Cintura, i giovani si riunivano intorno a un fuoco di modeste dimensioni, e alla luce di fluttuanti scintille anelanti il cielo stellato si trovavano spesso a parlare di come Nord e Sud fossero diventati ambienti dai climi estremi dopo il Grande Cambiamento. Ambienti dove solo i più forti, generalmente guerrieri con le loro famiglie, avevano scelto di rimanere, rifiutando di emigrare. Sorridevano riportando i discorsi dei bambini del posto che raccontavano, con l’entusiasmo negli occhi sgranati, dell’oscuro mago che aveva fatto inferocire il clima, cavalcandolo come si cavalca il più terribile dei draghi.

    Immune a questo disperante disegno climatico pareva essere il luogo in cui si trovavano; dal clima mite, Nurmanor godeva quindi di ricchezza e fortuna, che i suoi abitanti non condividevano con i migranti, rimasti fuori dalle mura e divenuti ben presto manodopera a basso costo, di fatto schiavi.

    La situazione per le genti della Cintura era chiara ai quattro, consci dell’impossibilità di cambiare lo stato delle cose.

    Erano venuti a conoscenza di sussurrate rivolte dei tempi passati rapidamente sedate dalla milizia, e delle punizioni esemplari inflitte ai capipopolo, eventi che avevano spinto i rivoltosi ad abbandonare ogni proposito bellicoso, lasciando spazio alla totale rassegnazione. 

    Nonostante tutto regnava tra le baracche una grande umanità, la gente si aiutava a vicenda e i bambini sorridevano accompagnati per mano dai loro nonni malconci e vestiti di stracci. Parlandone, nei quattro prendeva vita una fastidiosa malinconia che li obbligava a deviare la discussione verso argomenti piacevoli.

    Cosa c'era oltre al mare dell'Est e dell'Ovest?

    E le fantasiose storie sulle minacce nascoste nella immensa Foresta Antica potevano almeno in parte essere realtà?

    Maglio, dalla corta barba e i lunghi capelli color terra bruciata con diverse ciocche finemente intrecciate, aveva dita fini tipiche di uno scrivano, e annotava tutto in un taccuino. Diceva agli amici che stava scrivendo una grande storia e che tutti loro ne erano ormai entrati a far parte.

    Questo dava occasione a ognuno di ironizzare sul proprio ruolo o su quello degli altri nella narrazione, e nella reciproca presa in giro il più attivo era il vivace Sarmen.

    Mentre il fuoco ornava con le sue faville il buio e illuminava di bagliori aranciati i visi, ridevano cercando di trattenersi, per non disturbare gli abitanti delle vicine baracche immerse nel buio, destinati la mattina seguente ad affrontare il loro poco pagato lavoro nella grande Nurmanor.

    Dei giovani, Sarmen era il più espansivo.

    Il fisico slanciato, aveva capelli castani con riflessi dorati dal sole che gli scendevano ribelli fino alle spalle, e magnetici occhi giallo verdi. Strinse ben presto amicizia con diverse persone del posto, in particolar modo con le ragazze, per le quali aveva uno speciale riguardo.Era un personaggio davvero brillante e da piccolo, scriveva Maglio, era sicuramente uno di quei monelli che le punizioni dei genitori non possono certo fermare.

    Al contrario di Sarmen, Hremam era piuttosto taciturno ma veniva comunque notato a causa della sua imponenza fisica, tipica della gente del Nord.

    Era di gran lunga il più alto e corpulento, un ammasso di muscoli dai quali, sostenuta da un corto e largo collo, spuntava una testa rasata dei rossi capelli.

    Rosse erano anche le  iridi.

    Incuteva timore, ma non era scontroso, piuttosto una specie di gigante buono. L’elegante Erwat, alto poco più di Maglio ma comunque distante da Sarmen e soprattutto da Hremam, aveva occhi neri e felini, socchiusi in una espressione di grande concentrazione. Perfetto in ogni gesto, era sempre sorridente e sereno.

    La voglia che li univa di esplorare le Terre Conosciute e spingersi anche oltre, li mise in pochi giorni d'accordo sul fatto che il loro periodo nella Cintura volgeva al termine.

    Si sarebbero inizialmente diretti a Sud Est costeggiando la foresta, alla ricerca degli Animali Parlanti descritti nelle leggende, che molti ritenevano invero esser realtà .

    Erano necessarie armature leggere e nuove armi, dal momento che avevano dovuto lasciarle lungo i diversi sentieri del destino che li aveva condotti fin lì.Sarmen aveva conosciuto un fabbro dai lunghi baffi e dal pacifico aspetto, al quale fece richiesta di una spada lunga e una corta per sé, un martello per Hremam e armature leggere per tutti fuorché Erwat, che non ne faceva uso.

    Si domandò perché Maglio non avesse voluto armi, mentre immaginò Erwat come un perfetto artista del combattimento, una sorta di monaco guerriero. Tali interrogativi lo abbandonarono in fretta, poiché la sua attenzione fu come solito attratta dalle forme delle fanciulle che incrociando i suoi occhi gialloverdi arrossivano, ridendo tra loro.

    Il fabbro era senza dubbio uomo di grandi capacità, dato che anche la milizia di Nurmanor accadeva facesse richiesta delle sue metalliche creazioni, e aveva già tutto quello che serviva, eccezion fatta per il martello di Hremam, per il quale occorreva attendere l'indomani mattina. Era un'arma insolita per quelle latitudini, tuttavia uno dei tenenti della milizia, Res, ne faceva uso e passava spesso alla ricerca di nuovi modelli.

    Fu semplice ed assai importante per Sarmen ottenere l’esclusiva su quell’unico martello, perché aspettarne un'altro avrebbe significato ritardare la partenza e questo non potevano permetterselo. Il poco denaro restante era destinato alle provviste del viaggio, non di certo per un ulteriore soggiorno.

    La sua richiesta fu facilmente esaudita, dal momento che la milizia non era certo amata da quelle parti, e Res era un prepotente particolarmente odiato nella Cintura.

    « Non preoccuparti ragazzo,» gli disse il fabbro, «se dovesse passare gli dirò che ne avrò pronto uno solo tra qualche giorno. Il tuo amico è come avesse il martello già in spalla. Gli darò anche una delle mie migliori custodie di cuoio per poterlo trasportare.»

    Sarmen ringraziò non senza ammirazione l’uomo, e percepì in lui la speranza che Res non si facesse vivo, dato che doveva essere uomo davvero temibile.

    La scelta eventuale di nascondergli il martello forgiato di fresco era senza dubbio molto coraggiosa. «Domattina passerà il mio amico Hremam, quella specie di gigante con cui mi hai visto in questi giorni, poi partiremo. Spero di rivederti un giorno.» disse Sarmen facendo scivolare sul banco di legno scheggiato un gruzzolo di spesse monete.

    «Anche io spero di rivederti, ragazzo. Che gli dei assistano te e i tuoi compagni di viaggio.» Si strinsero vigorosamente la mano scambiandosi una pacca sulla spalla e un sorriso d'intesa.

    Era l’imbrunire quando Sarmen si incamminò verso la baracca, dove gli altri avevano preparato i pochi bagagli per la partenza.

    L'indomani mattina, Hremam sarebbe andato dal fabbro e Maglio a spendere il denaro rimasto per le provviste.

    Quella che stava per giungere era la loro ultima notte nella Cintura. 

    Ricercati

    La mattina seguente Maglio si alzò molto prima degli altri.

    Aveva intenzione di fare un ultimo giro con tranquillità, dal quale ricavare ulteriore ispirazione per il suo racconto, ma prima si recò ad acquistare le provviste che al rientro posò sullo zoppicante tavolo, dopo averne infilata una parte nel suo piccolo bagaglio.

    Il solo Hremam si stava svegliando per andare dal fabbro, e si diedero appuntamento nel piccolo spiazzo che si apriva di fronte all’officina.

    Lasciò il muscoloso amico che si era messo seduto sul letto reggendosi il capo ancora appesantito dal sonno, prese carta e penna, e uscì per sfruttare il poco tempo che rimaneva. L’aria del mattino era fresca e la nebbia che nottetempo aveva steso il suo velo sul territorio se ne era andata, lasciando spazio al tepore del primo sole.

    Maglio non poté fare a meno di riflettere su quanto quel clima fosse piacevole e pensò che a Sud, dove si sarebbero diretti, avrebbe fatto molto caldo. 

    Erano comunque liberi di scegliere: se il caldo fosse stato eccessivo o se fossero insorte complicazioni di qualsiasi tipo, avrebbero considerato di muoversi verso altre destinazioni. 

    Essere liberi significava infatti poter cambiare idea e itinerario senza fare programmi troppo precisi nei quali rimanere invischiati. 

    Si aggirava per i vicoli lasciando vagare ora lo sguardo sulle malconce costruzioni, ora la penna sul taccuino. 

    Gli uomini erano partiti alla volta di Nurmanor per il loro misero salario mentre le donne, eleganti e dignitose nonostante le povere vesti, mettevano ordine dentro e fuori le baracche. I più piccoli si rincorrevano prendendosi delle sonore sgridate mentre i loro fratelli maggiori si recavano a lezione. La giovane maestra era una graziosa donna del Sud, come i suoi lineamenti rivelavano, che aveva allestito la piccola scuola curandone l’aspetto e dandole un’impronta di allegria, riportata con dovizia di particolari sul taccuino del giovane scrittore. Maglio sapeva che anche nella zona Nord della Cintura esisteva una scuola e gli sarebbe piaciuto visitarla per vedere le differenze tra le due.

    Non c’era abbastanza tempo, però, e per un attimo gli dispiacque non rimanere qualche altro giorno in quel posto ricco di storie da raccontare. 

    La maestra portava al polso il segno del lutto e il pensiero del dolore riportò Maglio alla triste realtà: forse un suo caro era morto sul lavoro o durante le rivolte del passato. 

    Eppure lei aveva un sorriso dolce e Maglio si chiese se le persone al di là del muro avessero sul viso espressioni di uguale forza e serenità. Gli venne voglia di conoscerla, ma continuò a camminare tra gli stretti vicoli allontanandosi dalla colorita scuola e consegnandone l’immagine al ricordo. 

    Stava sempre attento a non perdersi e osservava come in quel labirinto di vicoli fossero fiorite tante piccole attività, dal forno al barbiere e molte altre ancora, abbellite da oggetti recuperati dalle discariche di Nurmanor e restituiti a nuova vita.

    Mentre Maglio, affascinato da tutto ciò che vedeva, cercava di percorrere più strada possibile seguendo l’impulso di narrare che muoveva la sua penna, Hremam si era incamminato prendendo la via più breve che portava dal fabbro. 

    Quando mise piede nella piazzetta, il gigante del Nord vide venire proprio dall’officina un miliziano scuro in volto, dalla lucida armatura. Si trovarono ad avanzare uno in direzione dell’altro, come due imponenti guerrieri in rotta di collisione; erano all’incirca della stessa stazza ed entrambi, pensandolo, si guardarono negli occhi. 

    Il soldato era meno giovane di Hremam e aveva una cicatrice che attraversava la parte destra del duro volto, segnato dalle stagioni e dalle battaglie. Non meno duro era però il volto del giovane, con quel grosso collo, gli occhi dall’iride rossa e la grande mascella. 

    Lo sguardo del miliziano si fece più insistente fino a diventare gesto di sfida e Hremam, che in altre condizioni lo avrebbe sostenuto fino allo scontro, fece un grande sforzo e abbassò leggermente gli occhi, perché l’unica cosa che contava era andarsene da lì in mattinata. «Bravo ragazzo. A cuccia.» lo irrise con un ghigno il miliziano, che proseguì pieno di boria lasciandoselo alle spalle. Il fabbro aveva visto la scena dalla soglia dell’officina e guardò Hremam che si avvicinava con una fugace occhiata, per comunicargli di essere prudente. 

    Attento a non farsi notare gli indicò con il solo movimento degli occhi il soldato. «Il martello è pronto,» sussurrò « ma aspettiamo che quello se ne vada. Se mi vedesse dartelo andrei incontro a guai molto seri.»

    Il giovane capì al volo, anche perché Sarmen la sera prima lo aveva informato di Res, e fece finta di chiedere informazioni indicando gli attrezzi da lavoro esposti, ma il miliziano,visibilmente nervoso, sembrava non volersene andare.

    Stava svolgendo un controllo al malandato negozio di una vecchietta che costruiva piccoli giocattoli e riparava bambole, ma pareva solamente un pretesto per controllare il ragazzo del Nord. Non lo perdeva d’occhio e Hremam si manteneva calmo continuando a fingere interesse per gli articoli del fabbro, quando Maglio, sorridente e spensierato, sbucò da una delle viuzze che davano sullo spiazzo, con la testa china sul blocco di fogli. 

    Res distolse l’attenzione da Hremam per volgerla verso il nuovo venuto, dirigendosi verso di lui come avesse intenzione di urtarlo. Così infatti fece, approfittando della sua mole e della distrazione del giovane, facendogli cadere a terra carta e penna e spostandolo di qualche passo; per poco il ragazzo non cadde assieme ai suoi strumenti di scrittura, che ora giacevano al suolo. 

    «Scusa amico, non ti avevo visto» disse Maglio con un sorriso mentre si rimetteva dritto, cercando con lo sguardo dove erano finite le sue cose. 

    Aveva ora di fronte il soldato al quale arrivava a malapena al petto.

    «Non sono tuo amico. E guarda dove metti i piedi.»

    «Hai ragione. Sono proprio sbadato, scusami ancora. Raccolgo queste cose e me ne vado.»

    Il tono di Maglio era così gentile e sicuro che parve aumentare il nervosismo di Res.

    Il giovane raccolse il blocco di carta e mentre era intento a pulirlo dalla polvere l’altro, con gesto molto rapido per la sua mole, glielo strappò di mano e cominciò con ironico interesse a scorrerne le pagine. 

    «Guarda guarda... Così abbiamo uno scrittore. Uno di quelli che non hanno voglia di lavorare. Si vede dalle tue manine che non hai mai maneggiato un attrezzo da lavoro, ragazzo. Né tantomeno un’arma.» 

    Gli sorrise minaccioso guardandolo dall’alto in basso. 

    «Vedessi il mio martello, piccolo uomo, è alto come te. Oggi non lo porto con me perché avevo pensato di prenderne uno nuovo, ma quell’idiota del fabbro non ne aveva di pronti. Si vede che non ha voglia di lavorare neppure lui. Forse avrebbe bisogno di un strigliata...» Mentre pronunciava queste parole si faceva sempre più vicino a Maglio arrivando quasi a contatto e facendolo indietreggiare. 

    Hremam guardava preoccupato la scena. Sapeva che un gigante di quel tipo poteva affrontarlo solo lui, non certo il suo amico così piccolo al suo cospetto.

    Ripensando anche a poco prima, quando aveva scelto di non replicare allo sguardo di sfida del soldato, sentiva la pazienza venire meno.

    Fu facile per il fabbro accorgersene perché il giovane del Nord stava mutando espressione, concentrato ora unicamente su quello che stava accadendo nella piazza. 

    La superbia, insieme all’irridente gesticolare del miliziano, aumentava assumendo i contorni di una aperta presa in giro. 

    Stava provocando Maglio che però non abboccava e si manteneva calmo e gentile, ma più era calmo più l’altro si irritava. 

    Res allora gettò a terra il taccuino,lo schiacciò sotto l’enorme piede e gli diede un calcio con un sadico sorriso di soddisfazione che mise in luce ancor di più la cicatrice sul coriaceo volto. Hremam decise di agire,vedendo l’amico che si chinava nuovamente a raccogliere il taccuino, ma si sentì trattenere vigorosamente per un braccio dal fabbro il quale, preoccupato, gli fece cenno di no con la testa. 

    Maglio era chino sui fogli malconci e cercava di ripulirli con gesti delicati delle mani, poi si rialzò, con flemma li mise in tasca, e disse qualcosa al miliziano, guardandolo dritto negli occhi. Res sembrò sconcertato, poi divenne paonazzo e, mettendo mano al pugnale che portava alla cinta gridò: 

    «Sei in arresto!» 

    Hremam liberò il braccio dalla presa del fabbro vedendo l’amico strattonato dall’odioso che ora aveva sguainato il coltello. Prima di agire rivolse solo un istante un sorriso amaro diretto a chi avrebbe dovuto consegnargli il martello. Fu allora che vide il fabbro spalancare gli occhi, con lo sguardo diretto alla disputa, nello stesso istante in cui echeggiò nella piazza un forte colpo, secco e metallico.

    Hremam si voltò di scatto e vide Res, proiettato in volo con gli occhi serrati, finire rovinosamente nel mucchio di rifiuti del vicolo all’angolo, le gambe all’aria e il corpo infine immobile sommerso dall’immondizia.

    Poi, sbigottito, spostò l’attenzione su Maglio che stava eretto con il pugno destro ben stretto. La sua mano chiusa pareva di pietra ed era grossa almeno quanto una zucca, ma in un battito di ciglia dimensioni e fattezze erano tornate normali. Pensò trattarsi di un’illusione ottica nata dalla sorpresa del momento, comunque quello di cui era certo era che il malcapitato miliziano ora giaceva, goffamente addormentato, tra i rifiuti. Le poche persone che si erano trovate a passar di lì emisero all’unisono un «Oooh...» di stupore. 

    Chi era quel ragazzo dalla corta barba e i capelli lunghi, dai quali spuntava qualche piccola treccia, che con un solo colpo aveva messo a tacere il temibile Res? 

    Il fabbro non perse tempo e consegnò in gran fretta martello e custodia a Hremam. 

    « Fuggite. Più lontano possibile. Adesso!»

    Non ci fu neppure il tempo di scambiarsi un saluto. 

    Dal negozio di giocattoli era intanto uscita la vecchietta. Teneva nella mano un boccetta di vetro smerigliato contenente un liquido di colore viola. 

    Si avvicinò a Maglio e gli sorrise. 

    Ora era il giovane che sembrava un colosso accanto alla piccola, anziana donna.

    «In tutta la mia vita non ho mai visto una cosa del genere. Sono proprio felice.»

    Il ragazzo, con estrema delicatezza, le accarezzò i capelli con le dita fini. «Sono contento e mi piacerebbe fermarmi a condividere questa felicità, ma temo che sia giunto il momento di andarsene. E in fretta, anche.» 

    Hremam gli era giunto accanto e lo guardava con espressione allarmata per quello che stava accadendo, ma nello sguardo aveva ancora la meraviglia di chi ha visto qualcosa di straordinario. 

    Non era momento di spiegazioni, però. «Andiamo. Presto!» disse guardandosi intorno. La vecchina mostrò loro la boccetta che teneva nelle ossute e tremolanti mani. 

    «Questa è la pozione del Gran Sonno. Ne metterò un poco sotto il naso di quell’antipatico così dormirà un po’ più a lungo. Ora fuggite. Salvatevi la vita figli miei.»

    Voltò loro le spalle e si diresse verso il vicolo senza più guardarsi indietro. 

    I due tornarono rapidamente sui loro passi, raggiungendo gli altri. I loro piani futuri erano cambiati drammaticamente. 

    Sarmen ed Erwat quando li videro arrivare capirono subito che qualcosa non andava e si fecero raccontare velocemente l’accaduto. 

    Nei giorni precedenti i quattro erano già stati visti insieme diverse volte da squadre di miliziani, quindi capirono che anche loro sarebbero stati ricercati. Dovevano andarsene tutti subito. 

    Non potevano più andare a Sud seguendo la costa, perché avrebbero viaggiato troppo allo scoperto e troppo visibili. L’unica possibilità era entrare nella Foresta Antica senza pensare ai pericoli e alle leggende narrate. Camminarono veloci uscendo dalla Cintura e arrivarono ai margini di quella enorme, sconosciuta distesa di alberi che si estendeva per miglia e miglia fino alla costa Ovest. 

    Si fermarono un istante soltanto, poi entrarono a grandi falcate nella boscaglia. 

    Hremam continuava a osservare l’amico dal poderoso pugno che, guardandolo con la coda dell’occhio, gli disse: 

    «Quando avremo un po’ di tempo ti spiegherò». 

    «Dimmi almeno cosa gli hai detto per farlo arrabbiare così.»

    «Niente di particolare. Gli ho comunicato la mia meraviglia per il fatto che sapesse leggere, pur senza capire nulla di quanto avevo scritto.» Il gigante approvò con un largo sorriso e pensò che avere come avversario quel ragazzo dall’apparenza così tranquilla non dovesse essere affatto una passeggiata. 

    Nel bel mezzo del pomeriggio, Res aprì gli occhi senza capire dove si trovava, con un gran mal di testa e pensieri confusi, condizione che gli fece immaginare di essersi ubriacato la sera prima. 

    Le cose intorno a lui si facevano pian piano meno appannate e anche se la testa girava e le tempie pulsavano, riuscì a capire di essere sottosopra in mezzo ai rifiuti. 

    Spostò con forza l’immondizia usando braccia e gambe e si mise seduto prendendosi il capo tra le mani, poi alzando lo sguardo vide che era in un vicolo che dava su una piazzetta dalle sembianze familiari. Era nella Cintura, ma cosa ci faceva lì in quelle condizioni? 

    Si mise dritto provando dolore in tutto il corpo e si appoggiò al muro.

    Cercò di respirare con una certa intensità ma sentì una forte fitta al petto e portandovi la mano si accorse che l’armatura era fortemente ammaccata. 

    Era stato aggredito? Ma da chi? 

    Nessuno nella Cintura avrebbe mai osato tanto contro un miliziano, e contro di lui per giunta era proprio impossibile.

    In cerca di risposte cominciò a camminare con passo incerto nello spiazzo riparandosi gli occhi dal sole.

    Vide l’officina del fabbro, poi il negozio di giocattoli e gli parve che qualcosa tornasse alla mente, quando la sua attenzione fu attratta da un oggetto per terra, poco in là.

    Lo raggiunse, si chinò con una smorfia e un gemito, e lo raccolse.

    Era una penna di legno.

    All’istante ogni cosa gli tornò alla mente e un’energia violenta lo percorse facendogli dimenticare il dolore. Nel caldo pomeridiano cominciò a correre verso la caserma, travolgendo chi trovava sulla sua strada e poco dopo, spalancandone la metallica porta, trovò i soldati che si stavano chiedendo dove fosse finito. Tutti guardarono preoccupati la sua armatura.

    Schiumante di rabbia, strinse la penna che aveva ancora in mano e gridò:«Andate a prendere i kromer. Subito!» 

    Fuoco Verde

    Erano molte le leggende delle Terre conosciute, e la maggior parte di esse veniva dalla Foresta Antica.

    I fuggitivi camminavano veloci già da tempo, coscienti di essere entrati in un territorio oltre la loro immaginazione, ma non potevano pensare troppo a questo perché erano intenti a mettere quanta più strada possibile tra loro e chi li avrebbe braccati.

    Proseguivano in linea retta verso Ovest e avevano ricorrente la sensazione di trovarsi persi come microscopici esseri sul dorso di un animale gigantesco del quale pareva, di tanto in tanto, di avvertire il respiro.

    La foresta era incredibilmente varia, con flora e fauna che facevano gran mostra di forme e sfumature diverse.

    Avevano percorso praticamente nulla di quella immensità, incontrando tuttavia decine di specie animali e vegetali mai viste. Più procedevano più dietro ogni albero diverso si celava un animale talvolta piccolo, talvolta più grande, sempre nuovo. 

    Anche gli odori e i colori erano mutevoli, come in una dimensione di sogno che i sensi ordinari non riescono bene a interpretare. Forse era questa la Magia narrata. Forse chi narrò si era addentrato solo per poco e aveva visto ad ogni passo quel mutare onirico che non poteva che destare stupore, stimolando la mente a immaginare storie prodigiose. Eppure la meraviglia che prendeva i quattro e che faceva parzialmente dimenticare in che situazione si trovassero, era sempre più spesso interrotta da una sensazione di male incombente, come se una sinistra oscurità, nonostante il sole di mezzogiorno, dovesse in un attimo inghiottirli. Quel mutare di panorami, colori e odori sembrava rispecchiare un continuo alternarsi tra il Bene e il Male e avevano notato che ad ognuno degli infiniti alberi superati corrispondeva una illuminazione o un oscuramento dell’anima.

    Erwat sapeva che queste percezioni testimoniavano sensibilità e ricettività. Ma era un mare in cui bisognava saper nuotare ed egli, che coltivava continuamente la Presenza, era in grado di farlo.

    Sperava che questo tornado di sensazioni non travolgesse i suoi compagni portandoli alla follia. 

    Per questo ripeteva mentalmente, mentre camminava in testa al gruppo, antiche potenti preghiere che formavano una barriera di protezione contro le forze perturbatrici dell’anima. 

    I compagni parevano reagire bene, in qualche modo lontanamente consapevoli che Erwat li stesse aiutando.

    La boscaglia si faceva ora più fitta ora più rada e camminavano stando attenti a non distanziarsi troppo tra loro, sforzandosi di mantenere un buon passo sul filo immaginario che li legava all’ Ovest, dove la foresta doveva prima o poi finire. Avevano perso la cognizione del tempo e anche quello sembrava un effetto di quel posto dove tutto pareva sempre uguale e diverso nel medesimo istante, ma il sole rammentava loro che a passo svelto stavano entrando nel pomeriggio. Percorrendo tutta quella strada non si erano mai fermati e non avevano incontrato pericoli se non ostacoli naturali, come tratti di terreno sconnesso e qualche discesa e risalita tra le sterpaglie, e non sapevano bene se essere più contenti o preoccupati di questo, dato che anche i loro inseguitori, pensarono, avrebbero trovato la via abbastanza sgombra.

    Si fermarono un paio di volte di fronte a invitanti alberi da frutto e Hremam, che aveva più fame di tutti, pensava di coglierne qualcuno da addentare lungo la marcia, ma gli altri lo sconsigliarono perché quegli apparenti doni della natura avrebbero potuto essere velenosi. Inoltre aleggiava la vaga sensazione che strappare un frutto per mangiarne o tagliare rami per farsi strada, provocasse dolore alle creature vegetali, quasi fossero dotate dei sensi degli esseri umani. In effetti in quel lungo camminare era sembrato, e la calda luce pomeridiana pareva confermarlo, che ogni corteccia, ramo e ramoscello, perfino i fili d’erba, avessero l’aspetto di innumerevoli volti che osservavano i loro passi. Questo turbinio di pensieri non poteva distoglierli però dal fatto che Res doveva essersi ormai ripreso, e la loro preoccupazione principale era capire il vantaggio accumulato. Intanto stava accadendo una cosa strana ed era la prima volta che potevano dirsi sicuri che non fosse immaginazione.

    Ai loro lati, sbucati dalla boscaglia, si erano affiancati vispi scoiattoli gialli dalla lunga coda, che si erano messi a camminare con loro. La cosa all’inizio li incuriosì e li fece sorridere finché, arrivati a un bivio, i roditori girarono a sinistra.I giovani si fermarono per riflettere sul percorso da scegliere ma li sentirono squittire con energia, fermi ad attenderli, così dopo una breve esitazione, decisero di seguirli.

    Forse la Foresta Antica stava dando loro una mano e per un buon tratto i piccoli roditori li guidarono sicuri.

    Stavano percorrendo il sentiero migliore e i quattro ora li seguivano con una leggera corsa, rendendosi conto di aver evitato grazie ai gialli roditori un buon numero di ostacoli e barriere naturali. 

    Era tardo pomeriggio, e una radura si apriva a poca distanza quando i piccoli scoiattoli si bloccarono, poi cominciarono ad agitarsi e a tremare, e in un attimo sparirono rapidi nel verde che il sole prossimo a calare rendeva sempre più scuro. I giovani presero fiato e si guardarono preoccupati.

    Sarmen si arrampicò su una pianta che pareva porgergli gentilmente i rami e guadagnò una posizione abbastanza alta per scrutare verso Est. Scese molto velocemente e con lo sguardo allarmato disse la parola che nessuno avrebbe voluto sentire. 

    «Kromer!» 

    Il vantaggio accumulato era stato buono, grazie alla pozione della vecchina che aveva ritardato il risveglio di Res, e ai piccoli roditori che li avevano guidati sul percorso più agevole, ma i veloci kromer lo avevano annullato. Mentre stavano per uscire dalla boscaglia più fitta per accedere alla piccola radura, Sarmen si voltava continuamente. I suoi occhi giallo verdi, dalla vista molto acuta, adesso potevano scorgerli nitidamente mentre tutti ne udivano i minacciosi rumori sempre più vicini. 

    Avevano sentito parlare dei kromer, poi ne avevano visto uno nella Cintura portato alla catena da un miliziano di ronda. Erano grossi felini creati dagli scienziati dell’esercito di Nurmanor, perfetti feroci inseguitori che fiutavano la preda senza darle scampo finendola poi rapidamente, a meno di un ordine preciso di riportarla viva al padrone. Nelle sere appena trascorse, davanti al fuoco, i quattro si erano trovati d’accordo sul fatto che essere inseguiti da quelle belve fosse una delle peggiori esperienze che la vita potesse riservare. 

    Avevano zampe posteriori molto muscolose, la sottile vita che sfociava in un torace possente e forti zampe anteriori dotate di unghie affilatissime di osso e metallo, così come i lunghi denti canini. 

    La coda era come un lungo, pericoloso tentacolo, il manto nero e i vuoti occhi rossi sempre fissi sul bersaglio. Erano creature dotate solo di ferocia ed ora erano molto, molto vicine. 

    Sarmen pensava, come ognuno di loro probabilmente, a quanto i suoi compagni potessero essere validi combattenti. Sapeva solo da quello che era accaduto che Maglio aveva un gran pugno e immaginava gli altri molto in gamba, ma sarebbe stato sufficiente per aver ragione dei kromer? 

    Il rumore dei rami spezzati dalle belve ormai si sovrapponeva a quello dei passi della loro corsa, e i quattro cominciarono a rallentare, fino a fermarsi. 

    La fuga era conclusa. 

    Il sole abbandonava ormai il cielo, tingendolo di rosse sfumature, e il momento dello scontro era giunto. 

    Si girarono e li videro. 

    Erano sette e avevano fermato la furibonda corsa, avanzando ora lentamente nella radura verso i giovani.

    «Credo che ne stiano arrivando altri. E saranno qui tra poco» disse Sarmen con voce ferma, sperando che i suoi occhi, almeno una volta, lo ingannassero.

    «Bene!» replicò Hremam sfoderando il martello «Intanto sistemiamo questi.»

    La faccia del gigante del Nord si era trasformata. Bonaria nei giorni precedenti, ora appariva di una ferocia assoluta. 

    I kromer scattarono, abituati a prede in continua fuga o paralizzate dal terrore, ma i quattro combattenti non indietreggiarono affatto, muovendo passi veloci verso i predatori. 

    Maglio e Sarmen si trovarono a fronteggiare una belva a testa, mentre Hremam, che ne aveva tre addosso, cominciò a mulinare il martello e a ruggire con uguale ferocia dei predatori. 

    Erwat doveva sembrare ai felini il meno pericoloso e due gli si avventarono contro, cercando solo di essere uno più veloce dell’altro per sbranare la facile preda. 

    Giunti a un soffio da lui, il giovane cominciò allora, fluido come l’acqua, a scivolare leggero tra i due, colpendoli con rapidissimi calci e pugni per finire, come stesse volando, alle loro spalle, lasciandoli tramortiti e confusi. 

    Mai si erano visti fuggitivi tenere testa ai kromer, tanto che la Natura intorno parve fermarsi per assistere allo scontro, china sulla radura illuminata dall’ultima luce che riusciva a farsi largo tra le fronde.

    Tra il fogliame, sugli enormi alberi, in alto e ben nascosta, si muoveva una piccola creatura che osservava silenziosa.

    Sul suo viso si alternavano ora espressioni di stupore ora di preoccupazione e il suo corpo si muoveva a scatti come se stesse partecipando alla lotta.

    Delle sette belve due giacevano ora a terra morte, una colpita dal martello del colosso, l’altra dai colpi precisi e veloci dell’agilissimo giovane che non portava armatura.

    Altre due erano state abbattute dal formidabile spadaccino e dal ragazzo dalle mani devastanti, che parevano trasformarsi in pietra e moltiplicare dimensioni un attimo prima di colpire o parare un colpo.

    Il piccolo essere tra i rami non aveva mai visto quattro kromer abbattuti, e mai così rapidamente. 

    In passato, specialmente durante le rivolte, dalla Cintura erano fuggiti uomini che non mancavano di forza né di coraggio, ma contro i kromer non avevano potuto nulla. Aveva visto i malcapitati dilaniati quando era molto più giovane e da allora odiava quei mostri, pensando che un giorno gli sarebbe piaciuto abbatterne uno.

    Cominciò allora ad allenarsi duramente, ma sapeva di essere troppo piccolo per poter affrontare corpo a corpo un avversario del genere. Quello che stava accadendo giù nella radura gli provocava quindi uno stato di eccitazione ed entusiasmo che lo agitava non poco, ma ben presto dovette calmarsi per osservare con freddezza le cose. 

    Era vero che le sorti dello scontro parevano capovolte, tuttavia, a parte il giovane senza armatura, gli altri avevano già qualche ferita e altri kromer erano ormai molto, troppo vicini. Forse dovevano sperare di morire rapidamente, pensò, perché la sorte di chi veniva riportato a Nurmanor doveva essere ben peggiore della morte. 

    Insieme a lui, tra le foglie, altre creature della sua tribù, folletti dall’aspetto selvatico e agguerrito,attendevano un suo gesto. Di essi egli era certamente il capo. Mentre continuavano a giungere fin lassù i rumori dello scontro, guardò quello a lui più vicino, che era il suo vice.

    «Va’ a prendere il Fuoco Verde, Vic. Corri!» Per un attimo gli altri si guardarono stupiti.

    Il Fuoco Verde era la loro arma estrema e per fabbricare un dardo di quel genere occorreva molto, molto tempo. Ne avevano due, custoditi e sorvegliati in un luogo sicuro lì vicino, e dovevano servire in caso di invasione di avversari molto più forti di loro. 

    Questo minuto popolo si sapeva difendere e conosceva alla perfezione ogni angolo e insidia della parte di foresta che abitava, ma sapeva che contro avversari di maggiori dimensioni e forza avrebbe avuto la peggio. 

    Quell’arma rappresentava perciò qualcosa di molto prezioso. 

    Vic pensò che non era mai stato usato in battaglia, quindi nessuno conosceva per certo il risultato di un suo utilizzo. Lo stregone che lo aveva creato aveva però dato istruzioni ben precise al loro capo, che era il più abile guerriero tra loro.

    Esitò un attimo a eseguire l’ordine, ma lo sguardo sicuro del capo e le sue parole lo convinsero.

    «Ne resterà ancora uno. E’ il momento di provarlo. Fidatevi di me.» 

    Il vice fece allora un cenno affermativo e sparì tra i rami. 

    Il piccolo guerriero a capo del manipolo aveva preso la decisione senza pensare, ma sentiva che stava facendo la cosa giusta. 

    Più in là una vedetta gli comunicava la distanza della seconda ondata di predatori. Aveva già pensato dove posizionarsi per colpire e ripassava mentalmente le istruzioni che lo stregone gli aveva dato in passato. 

    Le conosceva a perfezione ma sperava ardentemente che tutto funzionasse nella pratica come nella teoria. 

    C’era un folto tappeto di foglie cadute tra i giovani combattenti e la nuova orda che stava arrivando. Decise che quello era il posto dove piazzarsi. 

    Mentre pianificava l’azione studiando il terreno, sentì i suoi compagni farsi da parte. Nei loro visi un misto di rispetto, devozione e timore. Vic era tornato e facendo attenzione, consapevole di cosa portava con sé, gli porse il Fuoco Verde, ed egli allungò le mani, prendendolo con grande delicatezza. Non era attivo ed egli sapeva come renderlo tale, ma la tensione lo attanagliava. Fece un lungo respiro, scambiò uno sguardo di intesa con i suoi, poi si voltò tenendo ben stretta la potente arma, e con il suo piccolo arco a tracolla cominciò la discesa, facendo grande attenzione a non essere notato. Aveva poco tempo. 

    «Stai giù maledetto!»

    Era l’ultimo rimasto dei kromer ed era schiena a terra. Maglio gli era sopra con la mano sinistra come una morsa di granito che lo afferrava per il collo, ma quello continuava a dibattersi agitando la lunga coda e a menare fendenti con le possenti zampe anteriori sfiorandolo pericolosamente. 

    Lo colpì più e più volte, sentendo il suo pugno di pietra andare a segno, ma la resistenza dell’avversario era grande e riusciva, seppur di striscio a ferirlo con gli artigli.

    Quando dopo poco si alzò, scostandosi i capelli dagli occhi, Maglio pensò che aveva dovuto rompergli tutte le ossa prima che esalasse l’ultimo respiro.

    Le sue mani erano tornate di dimensioni normali e muoveva le dita per scioglierle dalla tensione.

    Guardò i compagni che si levavano di dosso le carcasse e si avvicinò, sistemandosi con un energico strattone la leggera armatura. 

    Pensò qualche istante a occhi chiusi, poi li riaprì e disse: «Questa cosa sta succedendo per causa mia. Voi non dovreste farne parte e non voglio coinvolgervi oltre. Devo pensare cosa fare...» 

    «Non devi pensare proprio niente.» lo interruppe brusco Hremam, «L’unica cosa a cui devi pensare è che ne stanno arrivando altri. E poi quel fabbro ha fatto davvero un ottimo lavoro e io voglio provare ancora un po’ il mio martello.» 

    Sarmen guardò le sue spade. 

    «Hai ragione Piccolo!» appellò scherzosamente il gigante, «Quel brav’uomo ha fatto proprio un buon lavoro. Teniamoci pronti!» E fece un sorriso di intesa a Maglio.

    «Quello che è accaduto è stato causato dalla prepotenza del miliziano e quello che succede adesso riguarda tutti noi. Non v’è alcun dubbio.» Dicendo queste parole, con tono sereno, Erwat pose fine alla questione.

    Maglio si sentì colmo di gratitudine e gli sembrò di conoscerli da sempre.

    Ripresero fiato, poi nel medesimo istante puntarono tutti lo sguardo verso la boscaglia. 

    «Eccoli!» avvertì Sarmen.

    Sbucarono a un centinaio di passi altri sette kromer che distolsero l’attenzione da loro per osservare, con brevi e nervosi gesti del capo, i propri simili a terra. Cominciarono a girare intorno alle carcasse, con movimenti lenti e sinuosi, annusandole. Forse erano indecisi sul da farsi pensò Sarmen, e anche Maglio e Hremam ne condividevano i pensieri. Vedendo la fine di chi li aveva preceduti era possibile che si sarebbero ritirati, accettando la legge del più forte. Non lo avrebbero mai ammesso ma sapevano che un secondo attacco dei kromer li avrebbe messi maggiormente in difficoltà. Erano feriti, non c’era tempo di capire con quale gravità, e la ritirata delle bestie sarebbe stata la cosa migliore.  

    Erwat li richiamò alla realtà. «Tenetevi pronti.» 

    Le belve si erano riunite ora in un fronte compatto. Cominciarono ad avanzare verso di loro dapprima lentamente, poi aumentarono la velocità fino ad esplodere in una corsa potente e furiosa. Come nel precedente attacco, i giovani non indietreggiarono, ma quando stavano per scattare in avanti un grido risuonò nella boscaglia.  

    «Fermi!» 

    Era una strana voce, leggermente stridula ma piena d’autorità, e i quattro obbedirono all’ordine.

    Poco avanti videro sbucare dal fogliame un ometto alto poco più di un lungopasso. Volgeva loro le spalle e sembrava fermo e determinato ad affrontare da solo quei terribili nemici, ormai molto vicini.

    Indossava una sorta di caschetto, forse di cuoio, e nella mano sinistra tendeva un piccolo arco con incoccata quella che non pareva neppure una freccia, ma un rametto di legno verde tolto a qualche giovane arbusto. Pensarono che sarebbe stato sbranato a breve ma l’omuncolo, nuovamente autoritario, intimò:«Restate dove siete!» Scoccò l’acerba freccia, che disegnò un’incerta traiettoria circolare finendo malamente nel terreno di fronte ai kromer, che continuavano incuranti la loro corsa. Il folletto lasciò cadere l’arco tra le foglie.

    I giovani provarono pena per il coraggioso piccoletto e mossero alcuni passi per intervenire, mentre il solo Erwat rimaneva fermo a studiare con attenzione quello che accadeva. 

    L’arco ai suoi piedi, lo videro unire le mani, come in preghiera.

    «AiFerg’Erèn ... colpisci!» esclamò. 

    Il rametto iniziò a vibrare emettendo un sibilo assordante, poi generò un bagliore che crebbe

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1