Il concetto di nazionale in Antonio Gramsci ai tempi del compromesso storico
Di Lino Alerci
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Il concetto di nazionale in Antonio Gramsci ai tempi del compromesso storico - Lino Alerci
Lino Alerci
Il concetto di nazionale in Antonio Gramsci ai tempi del compromesso storico
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Indice
Avvertenza
Il libro
Nota biografica
INTRODUZIONE
CAP I° - LA PROTESTA SARDISTA
CAP II° - GLI ANNI DI TORINO - 1 La grande guerra
CAP II° - GLI ANNI DI TORINO - 2 L'ordinovismo
CAP III° - DALLA FONDAZIONE DEL PCI ALL'ARRESTO
CAP IV° - I QUADERNI DEL CARCERE
Nota bio-bibliografica
Bibliografia
Avvertenza
Per la citazione degli scritti di Gramsci sono state usate le seguenti abbreviazioni:
S.G. Scritti giovanili (1914-1918), Einaudi, Torino, 1958;
S.M. Sotto la Mole (1916-1920), Einaudi, Torino, 1960;
O.N. L’Ordine Nuovo (1919-1920), Einaudi, Torino, 1954;
S.F. Socialismo e fascismo (L’Ordine Nuovo 1921-1922), Einaudi, Torino, 1966;
C.P.C. La costruzione del Partito Comunista (1923-1926), Einaudi, Torino, 1971;
L.C. Lettere dal carcere, a cura di Sergio Caprioglio ed Elsa Fubini, Einaudi, Torino, 1965;
Q. Quaderni del carcere, edizione critica dell’Istituto Gramsci, a cura di Valentino Gerratana, 4 Voll.,Einaudi, Torino, 1975.
.
Il libro
Anni ’70, anni di feroci ideologismi e di duri scontri politico-culturali. Il PCI di Enrico Berlinguer è in forte espansione: sta portando avanti un progetto politico strano per la cultura marxista di allora: il compromesso storico, ovvero un’alleanza tra la componente comunista, quella cattolica e quella socialista che lo porterà ad essere la più notevole forza comunista nell’Europa Occidentale.
La cultura europea del tempo non rimane estranea alla battaglia ideologica che si accende attorno alle figure che avevano dato vita al PCI. Soprattutto le attenzioni si concentrano su Gramsci la cui elaborazione politico-filosofica era sempre stata oggetto di studio.
Il pensiero gramsciano, così, conosce in quegli anni interpretazioni di destra
o di sinistra
, tendenti, le une e le altre, a dare un’idea di un PCI ancora sotto i postumi leninisti
o, all’opposto, un PCI ormai avviato verso un revisionismo
socialdemocratico. Tra le due interpretazioni, naturalmente, si pone anche quella ufficiale
del partito che tende, attraverso una lettura del testo gramsciano di alternativa politica, a giustificare criticamente, storicamente e politicamente il compromesso storico.
Questo testo non ha la pretesa di essere esaustivo dell’intero pensiero gramsciano di per sé estremamente vasto e complesso; ma analizza il concetto di nazionale proprio nel momento in cui il PCI stava facendo il massimo sforzo per identificarsi come una delle parti politiche in grado di sviluppare un modello politico e culturale innovativo per unificare il Paese attraverso il coinvolgimento della classe operaia.
Nota biografica
Lino Alerci è nato a Enna nel 1954. Laureato in Pedagogia, ha studiato l’opera e il pensiero di Antonio Gramsci.
Nel 2016 ha pubblicato il romanzo Mal’essere (aspettando Godot si può morire).
INTRODUZIONE
Dell’opera e del pensiero di Antonio Gramsci si è detto molto: dallo spirito di leggenda[1] che ha animato sulle prime una celebrazione oleografica e sostanzialmente acritica, all’esplorazione minuta, capillare e sistematica dei molteplici argomenti che formano il corpus del pensiero gramsciano: dal problema della differenza tra il Gramsci giornalista e panphlétaire e il Gramsci grande essayste delle note del carcere[2] al problema dello storicismo, dalla magna quaestio dei rapporti tra Gramsci e Lenin alla questione dei consigli di fabbrica, dal tanto dibattuto nesso Gramsci-Togliatti alla questione dell’influenza del Croce e del Bergson sulla sua formazione culturale, dalla questione meridionale al problema degli intellettuali, dal concetto di egemonia a quello di nazionale, ecc.
Come si vede i temi per gli studi gramsciani non mancano; d’altra parte la ricchezza di argomenti e di problemi toccati sia nelle note del carcere, sia negli scritti giornalistici possono giustificare un problema-Gramsci che, se da un lato ha costituito uno dei più continui temi nel dibattito culturale italiano e internazionale, da un altro lato ha lasciato il campo aperto a qualsiasi tipo di soluzione.
In un primo tempo il dibattito gramsciano è stato caratterizzato da due tendenze o aspetti entrambi complementari:
La prima tendenza analizzando il genere letterario della produzione culturale di Gramsci, vale a dire lettere, articoli, note scritte in carcere e rimaste incomplete, ha considerato il Sardo uno scrittore asistematico alludendo a quella frammentarietà che talvolta è stata portatrice di equivoci anche fra gli interpreti più acuti. Ma il genere letterario non può trarre in inganno; appare, anzi, chiaro che questo è il peggiore dei modi per affrontare il problema-Gramsci, certamente il più polemico anziché il più politico laddove non si riesce a scorgere di là dalla frammentarietà formale quell’unità e sistematicità che, ricordava Gramsci stesso, consistono "non in una esterna struttura architettonica, ma nell’intima coerenza e feconda comprensività di ogni soluzione particolare. (Q. p. 1216). Dunque occorre esaminare il problema-Gramsci cercando proprio quell’intima coerenza di ogni aspetto o
soluzione particolare. Occorre, cioè, riportare la soluzione particolare al tema generale e riconnetterli entrambi organicamente. E’ sempre Gramsci a ricordare che
la ricerca del leit-motiv, del ritmo del pensiero in isviluppo, dev'essere più importante delle singole affermazioni casuali e degli aforismi staccati." (Q. pp. 1841-42).
Già nel 1947, vale a dire in un periodo in cui di Gramsci si conoscevano unicamente le Lettere dal carcere, Michele Rago faceva notare parlando proprio di questo libro:
Dobbiamo osservare innanzitutto che, (…) ci muoviamo come nell’esplorazione di una miniera dove i filoni di molti minerali si intersecano nella profondità, e mentre ne abbiamo scoperto uno, già un altro ne affiora sui nostri passi. Questo perché Gramsci appare, dalle prime pagine, come uno di quegli uomini complessi più propriamente italiani di cui le specializzazioni di questi ultimi anni fanno temere che si perda la specie, e che si distinguono soprattutto per la ricchezza inesauribile di interessi a prima vista contrastanti e per i quali essi trovano chiaramente il filo diretto di vicinanza e di parentela. [3]
A ben vedere questa metafora si può adattare oltre che alle Lettere, a tutta l’opera gramsciana, e oggi essa suona come un monito per quegli studiosi che, convinti della frammentarietà del pensiero di Gramsci, si ostinano a ignorare quei filoni che già "affiorano sui nostri passi e che
si intersecano nella profondità fino a rivelare un nesso, un rapporto tra di essi,
un filo diretto di vicinanza e di parentela" che chiarisca l’unità e la coerenza di tutto il pensiero di Antonio Gramsci.
Un’altra considerazione va fatta per affrontare con serenità il problema-Gramsci: dietro questa molteplicità di interessi, dietro la pletora di argomenti, di studî, di problemi dibattuti e di tesi sostenute, non si cela un essere tanto erudito e colto quanto superficiale e distratto di tutto ciò che va accadendo nella realtà, ma, anzi, un uomo attentissimo al divenire storico e pronto a cogliere il significato di ogni singolo fatto, sia esso di natura economica, giuridica, politica, letteraria, sociale, religiosa, ecc., per comprendere oltre la loro fenomenicità il significato storico-politico: la totalità dei singoli fatti ricercata non nell’importanza speculativa o meramente teorica di essi, ma nell’importanza storica e pratica, tutta protesa, dunque, nello slancio rivoluzionario di trasformare il mondo.[4]
La seconda tendenza del dibattito intorno alla figura di Gramsci si fonda sul tentativo di subordinare tutto il suo pensiero a un solo aspetto considerato come tema prioritario. Così si hanno diverse e, a volte, contrastanti interpretazioni le quali, muovendosi con diverse motivazioni, si presentano come di destra o di sinistra. Un primo filone raccoglie le interpretazioni che si possono definire libertarie o sindacalistiche o economicistiche, perché si mira a una lettura di Gramsci preminentemente consiliare, vedendo nell’esperienza dei consigli di fabbrica il fatto più originale del suo insegnamento ma, nello stesso tempo, esaurendo la funzione dirigente della classe operaia soprattutto nel processo produttivo tentando così, di rivalutare il momento economico contrapposto al momento politico, o accentuando i problemi della democrazia diretta in contrapposizione a quelli del partito politico. In realtà si possono smentire queste