Cthulhu e Rivoluzione
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Howard Phillips Lovecraft
H. P. Lovecraft (1890-1937) was an American author of science fiction and horror stories. Born in Providence, Rhode Island to a wealthy family, he suffered the loss of his father at a young age. Raised with his mother’s family, he was doted upon throughout his youth and found a paternal figure in his grandfather Whipple, who encouraged his literary interests. He began writing stories and poems inspired by the classics and by Whipple’s spirited retellings of Gothic tales of terror. In 1902, he began publishing a periodical on astronomy, a source of intellectual fascination for the young Lovecraft. Over the next several years, he would suffer from a series of illnesses that made it nearly impossible to attend school. Exacerbated by the decline of his family’s financial stability, this decade would prove formative to Lovecraft’s worldview and writing style, both of which depict humanity as cosmologically insignificant. Supported by his mother Susie in his attempts to study organic chemistry, Lovecraft eventually devoted himself to writing poems and stories for such pulp and weird-fiction magazines as Argosy, where he gained a cult following of readers. Early stories of note include “The Alchemist” (1916), “The Tomb” (1917), and “Beyond the Wall of Sleep” (1919). “The Call of Cthulu,” originally published in pulp magazine Weird Tales in 1928, is considered by many scholars and fellow writers to be his finest, most complex work of fiction. Inspired by the works of Edgar Allan Poe, Arthur Machen, Algernon Blackwood, and Lord Dunsany, Lovecraft became one of the century’s leading horror writers whose influence remains essential to the genre.
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Anteprima del libro
Cthulhu e Rivoluzione - Howard Phillips Lovecraft
H.P. Lovecraft
Cthulhu e rivoluzione
Il pensiero politico del Solitario di Providence
a cura di Massimo Spiga
www.massimospiga.com
Prefazione
L’innominabile sogno di una cosa
Si vedrà allora come da lungo tempo il mondo possiede il sogno di una cosa, di cui non ha che da possedere la coscienza, per possederla realmente.
Lettera a Ruge, Karl Marx, 1843
La Grande Razza sembrava formare un'unica nazione dai legami alquanto elastici e con le maggiori istituzioni in comune; tuttavia c'erano quattro specifiche divisioni. Il sistema politico-economico era una specie di socialismo fascista, con le principali risorse distribuite razionalmente e il potere delegato a un governo di pochi individui, eletto dai voti di tutti coloro che superavano determinate prove psicologiche e culturali.
The Shadow Out of Time, H.P. Lovecraft, 1935
Il governo era complesso e probabilmente di tipo socialista, anche se a questo proposito i bassorilievi non hanno potuto darci nessuna sicurezza.
At The Mountains of Madness, H.P. Lovecraft, 1936
Secondo la vulgata, non c’è dubbio che Lovecraft fosse un fascista. Era un conservatore nazionalista, misogino, antisemita, xenofobo, omofobo e classista, convinto che la democrazia fosse una tragica farsa. Eppure, il percorso politico del Solitario di Providence riserva delle sorprese a chiunque desideri approfondire l’argomento; una mera scorsa superficiale alle sue lettere e ai suoi articoli non si limita ad offrirci una rapida confutazione della tesi circa il suo presunto fascismo ma, in un sorprendente colpo di scena, mina la nostra sanità mentale con un’agghiacciante rivelazione: sepolta nelle innominabili profondità del suo animo, vediamo sventolare una bandiera rossa.
Nato in una famiglia repubblicana del ceto medio, HPL ha ricevuto un’educazione di stampo quasi aristocratico, in cui i valori tradizionali afferenti all’americanismo si mescolavano a un paradossale senso d’inferiorità verso la cultura europea. Da buon conservatore, in gioventù, espresse le sue idee sul mondo tramite poemetti razzisti, racconti satirici anti-bolscevichi e inni patriottici, collaborando anche a svariate riviste amatoriali – quelle che ora chiameremmo blog
– di estrema destra. Come egli stesso ammette nella sua corrispondenza, era un uomo di lettere, e non si curò mai di approfondire le ragioni di fondo della politica: le sue scelte in materia erano dettate più da ragioni estetiche che sociali (o scientifiche
, come le definisce) e seguivano, senza metterla in dubbio, la tradizione ideologica della sua famiglia. Quella del giovane Lovecraft è l’immagine maggiormente sedimentata nell’opinione pubblica contemporanea; tuttavia, qualcosa accadde, e lo costrinse a uno shock antropologico tale da invertire in maniera pressoché completa la sua visione del mondo.
Il momento della via di Damasco
avvenne nel 1929, quando ormai aveva raggiunto l’età adulta. È questo l’anno in cui, con sua somma sorpresa, HPL scoprì di essere povero. Ergo, sviluppò una coscienza di classe.
Di quel momento, scrive: "La Grande Depressione – e la concomitante pubblicizzazione di ogni sorta di problemi industriali, finanziari e governativi – mi ha scosso dalla letargia e mi ha portato a riesaminare i fatti della storia sotto una prospettiva di analisi scientifica, depurata dal sentimento; entro breve, mi accorsi di quanto ero stato asino. I pensatori di sinistra, di cui prima ridevo, avevano ragione – perché loro vivevano nel presente, mentre io vivevo ne passato. Loro usavano la scienza, mentre io avevo fino a quel momento guardato gli eventi attraverso un filtro antiquario e romantico¹".
Quindi, da ex-elettore di Hoover, inizia il suo radicale supporto per Roosevelt e il suo New Deal. Nel mentre, la sua opinione circa il partito repubblicano si è in qualche modo deteriorata: "Parlando dei repubblicani… come si può considerare serio un branco di mercanti e fortunati perditempo, spaventati, avidi e nostalgici, che ha deciso di chiudere gli occhi davanti alla storia e alla scienza, che scatena le sue turpi emozioni contro ogni decente solidarietà umana, che si aggrappa a ideali sordidi e provinciali, esaltando nel contempo la mera appropriazione, mentre approva la sofferenza artificiale imposta a coloro che non hanno mezzi? Sentimentalmente, i repubblicani abitano compiaciuti in un distorto cosmo onirico fatto di slogan, principi ed atteggiamenti obsoleti, fondati su un mondo agricolo che ormai non esiste più, e si crogiolano su una serie di pregiudizi mendaci (che ne siano consapevoli o no), come, ad esempio, la nozione che la Vera Libertà sia esclusivamente sinonimo di una licenza economica senza restrizioni, o che una pianificazione razionale della distribuzione delle risorse possa in qualche modo contravvenire alla loro misticheggiante Eredità Americana. E, tutto questo, in palese contraddizione ai fatti e senza una minima base nell’esperienza umana. Intellettualmente, gli ideali dei repubblicani meritano la tolleranza ed il rispetto che si devono ai morti"².
È interessante constatare come HPL svolga questa piroetta a 180° senza smettere di considerarsi un conservatore. Questa definizione, a cui è legato più per motivi sentimentali che realmente politici, stride così tanto con le sue nuove
idee da spingerlo a creare una sintesi ad hoc atta a rappresentarlo. Dal suo punto di vista, la mera adesione alla socialdemocrazia non è sufficiente, perché egli nega con decisione l’ideale democratico. In una lettera, scrive: La democrazia (distinta dall’offerta di opportunità ed un trattamento equo per tutti) è oggi una fallacia e un’impossibilità così grande che ogni serio tentativo di applicarla non può essere interpretato in altro modo se non come uno scherzo o una presa in giro. Un governo
eletto dal voto popolare significa soltanto la nomina di uomini dalle dubbie qualifiche da parte di claque (dalla dubbia autorità e dalla dubbia competenza) composte da politici professionisti che rappresentano interessi nascosti. A questo, segue la farsa sardonica di una persuasione emotiva in cui gli oratori con le lingue più lunghe e gli slogan più spregiudicati ammassano al loro fianco una maggioranza numerica di idioti ciechi e facilmente impressionabili, che, quasi tutti, non hanno idea di come funzioni realmente tutto questo circo
.³
La contraddizione insita in HPL è insuperabile: per lui, anche la politica rooseveltiana è, in fin dei conti, una mezza misura. Nei suoi scritti, delinea i punti cardine della sua visione tecnocratica e autoritaria di sinistra: nazionalizzare l’intero settore imprenditoriale privato, condurre una feroce lotta di classe, deprecare i decadenti valori borghesi, estirpare il falso sistema democratico, condannare la guerra in quanto barbaro sfruttamento delle classi ricche sul proletariato, istituire un sistema di welfare universale con l’obiettivo di eliminare per sempre la povertà, imporre una rivoluzione dall’alto che spazzi via il vecchio sistema economico e politico, e vari altri punti capaci di scaldare il cuore a Lenin. Tuttavia, pur usando un linguaggio e delle analisi di chiara matrice marxista, Lovecraft continuerà per tutta la vita ad opporsi alle politiche bolsceviche. Questo paradosso pare inesplicabile soltanto a chi non conosca la sua personalità e le sue fonti d’informazione.
Il Solitario di Providence si è formato sulla stampa americana (sia ufficiale
sia appartenente alle riviste amatoriali), la quale, specialmente dopo la Rivoluzione d’Ottobre, si è sforzata di descrivere il bolscevismo come il regno della barbarie e della degenerazione sessuale. Per Lovecraft, il socialismo reale era la negazione di ogni valore della decenza e dell’estetica: un oscuro impero la cui arte era abominevole (Mayakovsky, Vertov e tutta l’avanguardia) e la promiscuità rampante. Inoltre, egli aborriva la violenza e il caos che una rivoluzione avrebbe portato. Per cui, i suoi principali motivi di repulsione verso il comunismo sovietico, alimentati certo dalla stampa, avevano un carattere eminentemente non politico, ma si ancoravano alla sua ammirazione per l’antica tradizione culturale europea.
Inoltre, dobbiamo tenere in considerazione che le critiche di Lovecraft rivolte ai giovani radicali
marxisti sono, in parte, una affettuosa frecciata verso il circolo di scrittori con cui ha, per tutta la vita, mantenuto rapporti di profonda amicizia. Nelle lettere a loro rivolte, spesso si rappresenta ironicamente come un vecchio conservatore arcigno in ciabatte, circondato da giovani pazzoidi con l’Ideale negli occhi e nel cuore. Sappiamo che HPL non ha mai letto o posseduto un testo di Marx, Engels o Lenin⁴, ma possiamo intuire che ne abbia assorbito idee e terminologia dai suoi amici scrittori, sebbene reinterpretandole nella sua particolare chiave di lettura. È stupefacente scorrere alcuni paragrafi dei suoi articoli, in cui critica Marx in modo sferzante, seguiti da argomentazioni che paiono parafrasi o sintesi di sezioni de Il Capitale. La sensazione che emerge da questa dissonanza è che HPL abbia basato molte delle sue critiche al mondo sovietico su fraintendimenti, sentito dire e resoconti ostili; per cui, giunge da solo