La corrida: Storia della tauromachia dalle origini ad oggi.
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Anteprima del libro
La corrida - Viviana Ribezzo
La corrida. Storia della tauromachia dalle origini ad oggi.
Edizione aggiornata in versione eBook: giugno 2015
A cura di Marta Ardesi
ISBN Cosmopolis: 978-88-87947-63-2
Cosmopolis snc Corso Peschiera 320
10139 Torino
www.edizionicosmopolis.it
Copertina
Direzione artistica: davide@dichinonazienda.it
Immagine: Fotolia / Tilio & Paolo
Tutti i diritti sono riservati
Un grazie speciale a Paolo Barbon per la sua instancabile azione di informazione e di lotta contro la corrida.
Note sulle autrici
Viviana Ribezzo
Editrice, laureata in Filosofia con una tesi sui diritti animali, autrice di libri su corrida, alimentazione vegetariana e diritti animali.
Marta Ardesi
Viaggiatrice, attivista e poetessa.
Prefazione
Perché parlare (e scrivere) della corrida oggi
Ci sono battaglie etiche che si vincono, altre invece si perdono. Pareggiare è impossibile.
Chi porta avanti, ormai da decenni, quella che chiede l’abolizione della corrida (e più in generale della tauromachia) sembra però vincere sempre a metà.
In Italia, ormai da anni, di corrida non si parla più: nessuna campagna di sensibilizzazione ha sollevato nuovamente la questione, che rimane ancora aperta e vitale nel resto del mondo, e nessun gruppo animalista sembra voler più spendere due parole a favore della vita dei tori.
Possiamo senz’altro dire che nel Belpaese la corrida sembra essere completamente dimenticata.
Altre battaglie, altri temi ed altre priorità spingono attivisti, liberi cittadini e gruppi animalisti a mobilitarsi in tutte le regioni italiane attraverso manifestazioni, flash-mob e proteste che vengono sentite e vissute con grandissima passione e coinvolgimento.
Se è vero che in Italia la corrida è considerata cosa del passato
, è altrettanto vero che in Spagna, Portogallo, Francia e America Latina rappresenta invece un tema capace di infuocare gli animi e portare in piazza centinaia di persone per chiederne la definitiva abolizione. Si dibatte, si litiga, ci si confronta ancora ed ancora, poiché la corrida è, di fatto, in questi Paesi, una priorità.
In Italia manifestiamo contro l’uso delle pellicce, i botti di Capodanno, la sperimentazione animale, gli allevamenti intensivi e contro tutto ciò che ci tocca nel profondo, ed è probabilmente questo il punto focale: la corrida non è cosa nostra
, non ci appartiene come tradizione
, non la percepiamo così vicina, familiare magari, al punto di sentirci spinti all’azione. Per tali ragioni, forse, la corrida è diventata, negli anni, una questione fantasma.
Gli italiani sono taurini, antitaurini? Esistono dati recenti che ci aiutino a riflettere in merito a questo? Sembra proprio di no.
Chi conosce, nel nostro Paese, la reale situazione della corrida nel mondo?
Davanti all’evidente stato di abbandono
di cui è vittima il tema taurino, noi ci siamo chieste, molto onestamente, un giorno: Ha ancora senso parlare della corrida? E scriverne?
Riprendere in mano un libro a vent’anni dalla pubblicazione è un rischio, soprattutto se tratta di ciò che potremmo definire una faccenda chiusa per disinteresse generale
.
Ha ancora senso parlare e scrivere di corrida? Sì.
Perché? Perché importa.
A chi importa? A noi importa, e molto.
Crediamo che una battaglia, anche se apparentemente abbandonata dalla maggior parte delle persone intorno a noi, non possa essere considerata perduta, conclusa. Riflettendoci bene, tutte le battaglie etiche cominciano in maniera molto simile: A me importa e lotto in nome di questa causa
.
Nel resto del mondo la corrida importa eccome! Importa a milioni di persone che continuano a chiederne incessantemente la definitiva abolizione. La loro è una voce che non si è mai spenta nonostante i lunghi anni di proteste e manifestazioni trascorsi, nonostante il riconoscimento di alcune piccole e grandi vittorie raggiunte però con una lentezza esasperante, nonostante le questioni importanti si siano moltiplicate in maniera esponenziale e meritino tutte grande attenzione e tempo necessario per essere mandate avanti seriamente.
La definitiva abolizione della corrida non è una vittoria facile, non lo è mai stata, e coloro che portano avanti questa causa ne sono consci.
Non si comincia una battaglia perché ci sembra facile da vincere, ma perché ci appassiona, perché non riusciamo a non pensarci, perché ci rappresenta nel profondo e definisce, in un modo o nell’altro, ciò che siamo come persone.
Continua ad essere importante scrivere di corrida vent’anni dopo, anche se non si tratta di una battaglia visibile o popolare. Ciò che conta è che si tratta di una battaglia giusta e sacrosanta, che per il numero di animali che sacrifica e la violenza inutile e gratuita che comporta non può essere abbandonata né dimenticata.
Non si lasciano le battaglie a metà, neppure quando si ha la sensazione di poterle perderle.
Si sta davvero perdendo quella per l’abolizione della corrida? Forse no, anzi, importanti traguardi sono stati raggiunti e questa è ancora una vittoria possibile. Difficilissima, ma possibile.
In questa nuova edizione troverete una prima parte, riproposta integralmente, ed una seconda completamente nuova, che presenta una panoramica dettagliata ed aggiornata riguardo alla situazione della corrida e della tauromachia nel mondo.
Buona lettura!
Introduzione
La crudeltà offerta come spettacolo è una consuetudine che ha origini antichissime, della quale si possono trovare significative testimonianze in tutti i paesi del Mediterraneo e presso i popoli che li hanno via via abitati.
Si pensi ad esempio ai giochi dei gladiatori nell’antica Roma: il Colosseo era spesso teatro di massacri spettacolari ed ogni occasione forniva valido pretesto ad essi, dalle vittorie militari all’incoronazione degli Imperatori.
Le dimensioni e le modalità di questi massacri sono, per l’uomo moderno, difficili da immaginare.
Ad esempio, per la sua inaugurazione, furono immolati nell’anfiteatro romano, oltre 5000 animali selvatici e 6000 animali domestici.
Tuttavia gli animali non erano i soli a pagare per soddisfare la curiosità e la sete di sangue di questi antichi spettatori. Furono migliaia, infatti, gli esseri umani mandati a combattere tra loro o contro animali affamati e spaventati, a loro volta gettati nell’arena per uccidere o essere uccisi. La morte di almeno uno dei contendenti era la vera protagonista, accanto al combattimento e alla lotta più feroce. La morte violenta dell’animale, per mano del gladiatore, rappresentava poi il simbolo della vittoria dell’uomo su una natura ancora per molti versi ostile e minacciosa. Si celebrava nell’arena il coraggio, la forza, l’intelligenza umana e la sua vittoria sull’animale, simbolo dell’istinto e della forza bruta.
In molti paesi d’Europa e d’Oriente, gli animali venivano fatti combattere tra loro per fornire un divertente spettacolo ad uso e consumo umano. Combattimenti tra cani, galli, resi appositamente aggressivi, quando non addirittura attrezzati crudelmente con lame affilate allo scopo di rendere più spettacolare il combattimento, sono ancora molto popolari in Estremo Oriente e vengono praticati, sia pure illegalmente, in molti paesi occidentali, Italia compresa.
I cinesi, da tempo immemorabile, sono maestri nell’addestrare alla lotta varie specie di animali, tra questi, molto famosi, sono i combattimenti tra grilli, sottoposti a precise regole codificate.
Fatta eccezione per questi spettacoli, tipici della cultura orientale, unico retaggio di simili rituali cruenti, in occidente è rimasta soltanto la corrida spagnola. Per tutti gli altri popoli, europei e non, la civiltà ha significato anche il superamento progressivo di queste forme di barbarie, un passato di cui, in fondo, non andare troppo fieri. In questo senso, gli