I Grandi Sociologi
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Info su questo ebook
Il libro presenta monografie di varia ampiezza sui maggiori sociologi della storia della disciplina, dai classici padri come Emile Durkheim o Auguste Comte, fino ai più vicini ai noi Zygmunt Bauman, Anthony Giddens, Franco Ferrarotti, Luciano Gallino.
Ogni capitolo è dedicato al pensiero e alla teoria del sociologo trattato, dopo un breve inquadramento storico-biografico.
Un’opera nata nel Web e divenuta, grazie all’impegno del fondatore e al contributo di sociologi di varie parti d’Italia, un autentica mini-enciclopedia di monografie di molti dei sociologi che hanno fatto la storia e la fortuna della sociologia.
Un’opera da leggere, da consultare in qualsiasi momento e che rappresenta un ottimo introduzione per approfondire successivamente il discorso scientifico su ogni autore in altri momenti.
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Anteprima del libro
I Grandi Sociologi - Roberto Di Molfetta
Roberto Di Molfetta
I Grandi Sociologi
I sociologi più importanti del progetto scientifico www.scienzesociali.org
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Indice dei contenuti
Introduzione
Franco Ferrarotti
Emile Durkheim
Auguste Comte
Herbert Spencer
Ferdinand Tonnies
Alexis de Tocqueville
Max Weber
Karl Marx
Vilfredo Pareto
Antonio Gramsci
Talcott Parsons
Robert King Merton
Karl Mannheim
Theodor Adorno
Herbert Marcuse
Erich Fromm
Jurgen Habermas
Charles Wright Mills
Luciano Gallino
Zygmunt Bauman
Thorstein Veblen
Thomas Luckmann
George Herbert Mead
Marshall McLuhan
Umberto Eco
Erving Goffman
Anthony Giddens
Joseph Schumpeter
Alfred Schutz
Georg Simmel
Ann Oakley
Ulrich Beck
Richard Sennett
Pierre Bourdieu
Alain Touraine
Michel Foucault
Elton Mayo
Paul Lazarsfeld
Robert Park
William Du Bois
Harold Garfinkel
Autori: Giorgia Sciuto
Autori: Danilo Boriati
Autori: Valentina Romeo
Autori: Giuseppe Caraglia
Autori: Roberto Di Molfetta
Introduzione
L’idea iniziale di Scienze Sociali | ORG, già Appunti di Scienze Sociali, progetto nato nel luglio del 2004 , che è alla base della nascita di questo libro, è quella di pubblicare qualche appunto di sociologia scritto da me, Roberto Di Molfetta , allora studente. Inizialmente vi erano solo quattro o cinque pagine di appunti personali, dove l’autore aveva voluto dire la propria.
Dopo i primi giorni, però, ho cominciato, per riempire il sito Internet appena nato, con il creare altre pagine interne nell’allora Appunti di Scienze Sociali, a cominciare dagli studiosi che preferivo nelle scienze sociali. Preferivo dal punto di vista strettamente scientifico, i miei ‘eroi’ del pensiero.
Dal 2004 al 2017 il sito ha avuto tre domini Internet, e si è arricchito di centinaia di pagine formato libro su sociologi, economisti, sociolinguisti, di pagine storiche, di articoli, contributi vari di ospiti.
E' stato visitato da centinaia di migliaia di persone, in maggioranza studenti in cerca di informazioni per gli esami, per le tesine e la tesi di laurea. Oltre a ospiti saltuari, gli articoli scientifici sono stati scritti dai seguenti autori:
Roberto Di Molfetta, il sottoscritto.
Laureato in Comunicazione alla Sapienza, sono attivo come informatico Web e scrittore.
Guglielmo Rinzivillo.
Ricercatore confermato e professore aggregato presso la SAPIENZA Università di Roma.
I suoi articoli non sono presenti nel libro
Danilo Boriati (Isernia, 1986).
Sociologo professionista e ricercatore sociale.
I suoi articoli non sono presenti nel libro
Giorgia Maria Lucia Sciuto (1988).
Sociologa e criminologa siciliana.
Valentina Romeo (1984).
Sociologa calabrese .
Giuseppe Paolo Caraglia
Sociologo pugliese .
Pur se ricco e variegato nei capitoli sui sociologi trattati, il modello su cui è formato il libro è costituito da una breve biografia dello scienziato sociale considerato e una più estesa trattazione del suo pensiero. Alcuni sociologi sono stati trattati molto ampiamente, come il capitolo iniziale sul sociologo piemontese prof. Franco Ferrarotti, accademico emerito dell'Università La Sapienza, che mi onora della sua stima e conoscenza personale, altri, come gli scritti delle due sociologhe dott.ssa Sciuto e dott.ssa Romeo, sono di dimensioni più contenute, come da me espressamente richieste però per l'arricchimento scientifico del sito Web originario.
Quest'opera, pur se nei limiti dovuti alla sua genesi eterogenea negli autori, nei tempi, e nelle fonti, è particolarmente indicata come compendio enciclopedico per studenti dei primi anni delle Facoltà di Sociologia italiane.
Il linguaggio accessibile a tutti, soprattutto per i sociologi non da me trattati, permette una lettura veloce di ogni capitolo monografico, con rimandi alle opere più importanti per ogni sociologo, e la possibilità di trovare in un solo libro tutto il necessario per conoscere le basi teoriche dei maggiori sociologi, i più rilevanti per la storia della disciplina.
Ogni capitolo è intitolato con il nome del sociologo affrontato, e con il nome dell'autore che lo ha materialmente scritto o ne ha curato la raccolta dalle fonti varie con cui è stato elaborato.
Buona lettura, e buona sociologia a tutti!
Franco Ferrarotti
Roberto Di Molfetta
Franco Ferrarotti
Sociologo. Franco Ferrarotti nasce a Palazzolo Vercellese nel 1926; studia a Torino, Londra e Chicago, laureandosi all'Università di Torino in Filosofia nel 1950, con la tesi su La sociologia in Thorstein Veblen
, sociologo americano di cui aveva tradotto la teoria della classe agiata
. Dopo intense esperienze politiche e sindacali, nell'immediato dopoguerra, in nome della sinistra unita, di ritorno da un soggiorno inglese incontrava, nel 1948, Adriano Olivetti con cui cominciava una collaborazione.
La collaborazione con Adriano Olivetti
A partire dal 1948 fino alla scomparsa di Adriano Olivetti, nel febbraio del 1960, Franco Ferrarotti è uno dei suoi piú stretti collaboratori, in un incontro nello stesso tempo politico, ideologico, spirituale e ideale, avvenuto sulla «strada dell'utopia». L'utopia era legata a una grande sfida progettuale: industrializzare Ivrea senza distruggere l'ambiente; sviluppare il Canavese senza stravolgerne l'anima contadina. Una sfida «locale» che incontrava tuttavia i grandi scenari «globali»: lo sviluppo della democrazia industriale in Europa, la politica delle grandi fondazioni americane; la crescita della cultura delle scienze sociali come strumento di innovazione nella società e nell'impresa.
Nel novembre 1949 era tra i fondatori del Consiglio dei Comuni d'Europa a Ginevra, con Jacques Chaban-Delmas, Jean Bareth, Madame A. de Jager. Insieme con Nicola Abbagnano, fondava nel 1951, e dirigeva fino al 1967, i Quaderni di Sociologia
.
Duramente criticato da Benedetto Croce ne Il Corriere della Sera
del 15 gennaio 1949, alla stroncatura crociana Franco Ferrarotti replica con due saggi nella Rivista di Filosofia
. Compie studi di perfezionamento a Parigi, Londra e Chicago. È fra i fondatori del Consiglio dei Comuni d'Europa a Ginevra nel novembre 1949. Con Nicola Abbagnano l'amicizia lo porta, nel 1951, a fondare i Quaderni di Sociologia
a cui da un seguito nel 1967, fondando anche la rivista di cui è ancora direttore, la Critica Sociologica
.
Già dal 1950 andava approfondendo i suoi studi sulla realtà sociale della fabbrica ed i problemi del potere sul piano della comunità a Chicago, nell'università in cui Thorstein Veblen era stato, mezzo secolo prima, professore incaricato.
Negli Stati Uniti maturava in lui l'esigenza di collegare, criticamente, la tradizione della filosofia e sociologia sistematica europea con le tecniche della ricerca sociale empirica americana (field-work) in modo tale da impostare in termini nuovi la sociologia, che le dittature fascista e nazista avevano soppresso nelle università italiane e tedesche.
Questo per garantire la ricerca sociologica, sia rispetto al pericolo del frammentarismo non orientato teoricamente, tipico della sociologia americana, sia nei confronti di un pensiero sociale, come quello europeo, teoricamente provveduto, ma privo di controlli empirici adeguati. Tornato in Italia nel 1953, si stabilisce a Roma, rifiutando incarichi accademici in campi filosofici e affini, dichiarandosi disponibile solo per l'insegnamento della sociologia.
Il periodo dei viaggi
Sono anni di viaggi in Europa, America Latina, India, Estremo Oriente e specialmente Giappone, Thailandia e Birmania. In India, in particolare, Franco Ferrarotti partecipa alla costituzione della prima fabbrica di telescriventi. Come rappresentante del Movimento Comunità, di cui, dopo la rinuncia di Adriano Olivetti, resta unico deputato come indipendente nel Gruppo Misto, fa parte della Camera dei Deputati nella Terza legislatura (1958-1963); non si ripresenta alla scadenza del mandato, avendo nel frattempo vinto, nel 1960, il primo concorso a cattedra per Sociologia, bandito in Italia, e decidendo di dedicarsi in piena autonomia all'insegnamento e alla ricerca.
Nel 1964-65 è Fellow del Center for the Advanced Study in the Behavioral Sciences a Palo Alto, California, e viaggia nell'Europa dell'Est, specialmente in Polonia, insegnando a Varsavia insieme con Adam Schaff e Zygmunt Bauman.
Tiene corsi e seminari presso università di tutto il mondo, dal Graduate Center della City University of New York all'Università Laval, da quella del Cairo alla Hebrew University di Gerusalemme, all'università di Mosca, Leningrado e Santiago del Cile. Prima dell'esperienza parlamentare, per tre anni, a Parigi, a Chateau de la Muette, aveva diretto la divisione acteurs sociaux presso l'Oece (Organisation pour la cooperation economique europeenne), ora Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo dell'Europa) insieme con Roger Gregoire, Alexander King e altri.
La prima cattedra di Sociologia
Sulla base della prima cattedra, richiesta ed ottenuta nel 1959, dalla facoltà di magistero dell'Università di Roma La Sapienza
, costituisce l'Istituto di Sociologia mono cattedra. Insegna anche presso le facoltà di scienze politiche e lettere e filosofia della stessa università.
Con Marcello Boldrini, Bruno Kessler, Mario Volpato, Feliciano Benvenuti, padre Rosa dei gesuiti di piazza San Fedele di Milano partecipa, nel 1962, alla costituzione dell'Istituto Superiore di Scienze Sociali di Trento. Nel 1978 è nominato direttore d'etudes alla Maison des Sciences de L'Homme e all'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales a Parigi. Nel 1967 fonda e attualmente dirige La Critica Sociologica
. Professore emerito di sociologia nell'Università di Roma La Sapienza
. Insignito del Premio per la carriera dall'Accademia Nazionale dei Lincei il 20 giugno 2001.
Riconoscimenti a Franco Ferrarotti
Per l'importanza del suo operato Franco Ferrarotti è stato nominato, nel 2005, dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi, Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica Italiana. E' membro della New York Academy of Sciences, del Comitato Scientifico di International Journal of Politics, Culture anda Society (New York), Historia y Fuente Oral (Barcellona), Social Praxis (Toronto), Praxis International (Philadelphia), Società dell'Informazione (L'Aquila), Lo Spettacolo (Roma). Nel corso della sua lunga carriera ha pubblicato più di 60 libri, molti dei quali sono stati tradotti in numerose lingue. Tra questi ricordiamo La protesta operaia
nel 1955, Storia e storie di vita
nel 1981, L'Italia fra storia e memoria
nel 1995, Guida alla nuova sociologia
nel 2003 e La strage degli innocenti
nel 2011.
TRA LE OPERE di FRANCO FERRAROTTI
- Sindacalismo autonomo, Edizioni di Comunità, 1950
- Il dilemma dei sindacati americani, Comunità, Milano, 1954
- La protesta operaia, Comunità, Milano, 1955
- Il rapporto sociale nell'impresa moderna, Armando, Roma, 1961
- La sociologia come partecipazione, Taylor, Torino, 1961
- Max Weber e il destino della ragione, Laterza, Bari, 1964
- La sociologia, 1967
- Trattato di sociologia, UTET, Torino, 1968
- Roma da capitale a periferia, 1970
- Fascismo e ritorno, 1973
- Vite di baraccati, Liguori, Napoli, 1975
- Alle radici della violenza, Rizzoli, Milano, 1979
- La società come problema e come progetto, Mondadori, Milano, 1980
- Storia e storie di vita, 1981
- Il paradosso del sacro, Laterza, Roma-Bari, 1983
- Una teologia per atei, 1983
- Homo sentiens, Liguori, Napoli, 1985
- Il ricordo e la temporalità, Laterza, Roma-Bari, 1987
- La sociologia alla riscoperta della qualità, 1989
- Roma madre matrigna, 1991
- I grattacieli non hanno foglie, 1991
- (con Pietro Crespi), La parola operaia, Scuola G.Reiss Romoli, L'Aquila, 1994
- L'Italia in bilico - elettronica e borbonica, Laterza, Roma-Bari, 1994
- Simone Weil: la pellegrina dell'Assoluto, Messaggero, Padova, 1996
- La perfezione del nulla, 1997
- L'Italia tra storia e memoria, 1997
- Leggere, leggersi, 1998
- Partire, tornare, 1999
- La verità ? È altrove, 1999
- L'ultima lezione: critica della sociologia contemporanea, Laterza, 1999
- L'enigma di Alessandro, Donzelli, 2000
- La società e l'utopia, 2001
- La convivenza delle culture, 2003
- L'arte nella società 2005 Ed. Solfanelli
- L'identità dialogica 2007 Ed. ETS
- Il senso della sociologia 2008
- Il senso del luogo, Ed. Armando Armando, 2009
- Spazio e convivenza - Come nasce l'emarginazione urbana, Ed. Armando Armando, 2009
- Arte, Scienza, Società, Ed. Verso l'Arte, 2009
- L'immaginario collettivo americano, Ed. Solfanelli, Chieti, 2010
- Corpo, Dio - Il piacere della carne e la duplicità del femminile, Ed. Verso l'Arte, 2010
- La funzione della musica nella società tecnicamente progredita, Ed. Verso l'Arte, 2010
- La musica post-moderna ha un cuore antico, Ed. Verso l'Arte, 2010
- La strage degli innocenti. Note sul genocidio di una generazione, 2011 Ed. Armando
L'INTERVISTA - Franco Ferrarotti
Alberto Papuzzi
E' considerato unanimemente il grande padre della sociologia italiana, il primo ad avere la cattedra nella disciplina, a Roma nel 1960, dopo aver fondato dieci anni prima, con Nicola Abbagnano, i Quaderni di sociologia, prima rivista italiana della materia. Ma adesso Franco Ferrarotti, 84 anni portati spavaldamente, figlio di agricoltori di Palazzolo Vercellese, battezzato il Piemontese errante per quanto ha girato il mondo, denuncia una crisi della sua creatura.
Un libro-intervista appena uscito, Perché la sociologia ?, a cura di due suoi allievi, Umberto Melotti e Luigi Solvetti (edito in collaborazione da Mondadori Università e dall'Ateneo La Sapienza), ricorda un suo recente ammonimento: Ho cominciato a fare sociologia perché non ce n'era e oggi m'interessa molto meno perché ce n'è troppa
. Parte da questa confessione un Diario di lettura che ripercorre la storia di questo intellettuale straordinariamente poliedrico.
Cosa significa, professore, quell'ammonimento ?
Naturalmente è un'affermazione paradossale, tipica di chi, come me, soffre del complesso d'Ulisse che una volta tornato a Itaca riparte per le Colonne d'Ercole, cioé non si sente mai pago e cerca sempre nuove sfide. Avendo la sociologia avuto successo, corre il pericolo di trasformarsi da disciplina autonoma, eticamente fondata, in una tecnica che si vende al miglior offerente.
Come giudica i sociologi dopo mezzo secolo dal loro ingresso nelle università italiane ?
Ci sono ottimi studiosi ma ci sono anche i praticoni. Per praticoni intendo i colleghi che non riescono in altre discipline e perciò si dedicano alla sociologia, senza avere però l'enorma cultura che richiede. Non sono certo contro le contaminazioni: Ilvio Diamanti o Luca Ricolfi sono per esempio giornalisti investigatori che frequentano benissimo la ricerca sociologica. Ma sono eccezioni. In troppi altri casi la sociologia rischia di diventare un refugium peccatorum".
Lei, da giovane, come è approdato agli studi sociologici ?
Cercavo cose meno astratte nella filosofia d'allora, idealistica e crociana. Tenga conto che ho studiato da privatista, la mia è stata la formazione di un'autodidatta. All'inizio degli Anni Quaranta i miei mi mandavano al mare, poiché soffrivo di broncopolmonite bilaterale. Mi mandavano a Sanremo e io ne approfittavo per frequentare la biblioteca di Nizza, ricca di saggi di sociologia che non si potevano trovare da noi, coperti com'eravamo dalla soffocante cappa del neoidealismo
Ma lei all'inizio degli Anni Quaranta era poco più di un ragazzo !
Proprio così. Pensi che io ho dato la maturità classica da privatista nel 1942 a 16 anni. Ricordo che per filosofia bisognava portare tre libri, io però ne portai sessantacinque, cominciando da Platone e Aristotele, che avevo sempre studiato da solo. I commissari di esame mi guardavano ridendo. Il presidente si chiamava Ermenegildo Bertola (che divenne poi senatore democristiano) e cominciò l'interrogazione quasi commiserandomi.
Sentiamo il Fedro. Allora io gli chiesi se voleva che mi riferissi all'edizione scolastica di Paravia o a quella di Lipsia del 1872. Durò cinque ore, alla fine Bertola mi disse: «Lei è uno studioso non uno studente»
.
Quale autore e quale libro hanno più influenzato la sua passione per la sociologia ?
Emile Durkheim, francese di origini ebraiche e alsaziane, fondatore dei Cahiers de sociologie che mi ispirarono i Quaderni di sociologia. Una grande figura di ricercatore autonomo in maniera intransigente, che ha studiato di tutto, dalla divisione del lavoro alle ragioni dei suicidi, autore di un libro prezioso: Le regole del metodo sociologico
.
Si sa che da noi la sociologia ha fatto fatica ad affermarsi: che nemici ha avuto ?
Innanzi tutto Benedetto Croce, per il quale non si potevano studiare i comportamenti dell'uomo perché voleva dire oggettivarlo. Poi la tradizione cattolica, che prevede di credere nella provvidenza. Infine il marxismo dogmatico, specialmente nella versione stalinista. Uno dei miei primi libri, La protesta operaia, venne stroncato dallo storico comunista Paolo Spriano sulla prima pagina dell'Unità nel 1955
.
Lei ha frequentato due ambienti molto elitari, due centri di vita intellettuale: l'Einaudi e la Olivetti. Da Einaudi arrivò come traduttore, alla fine della guerra. Che personaggi ricorda ? Chi le era più vicino ?
"I miei amici einaudiani erano Felice Balbo, che mi aveva introdotto nella casa editrice, coltissimo, aristocratico, e Cesare Pavese, che avevo conosciuto in tempo di guerra, a Casale dove era sfollato.
Con lui facevo lunghe passeggiate, su e giù per le colline dei dintorni. Ci divertivamo a declamare ad alta voce, naturalmente in tedesco, il Chorus mysticus
del Faust di Goethe, suscitando lo stupore dei soldati tedeschi che ci capitava di incrociare."
Quindi nel 1948, tornato dall'Inghilterra, riceve un invito da Adriano Olivetti...
Era una di quelle offerte che non si possono rifiutare. Un ufficio contiguo al suo, nessun orario di lavoro, massima libertà e indipendenza. Mi occupavo non della fabbrica ma del movimento di Comunità, che era la proiezione politica del sogno imprenditoriale olivettiano. Mi accusarono di aver spinto Adriano ad entrare nella politica, ma il problema era tutt'altro: il nostro piano per il Canavese e l'Eporediese poteva reggere soltanto se aveva una copertura romana. Lui venne eletto deputato nelle elezioni del 1958, unico seggio vinto da Comunità, ma dopo un anno, amareggiato, si dimise, tre mesi prima di morire. Gli subentrai sino a fine legislatura
.
Però poi abbandonò la politica, nonostante molti inviti a proseguire. Come mai non ci credeva più ?
Perché il movimento di Comunità sosteneva una dura lotta contro i partiti. Siamo stati noi a diffondere il termine partitocrazia, per denunciare l'usurpazione della volontà popolare da parte dei partiti. Mani pulite c'era già e l'avevamo capito. Perciò ho detto sempre di no: a Vittorio Foa, a Riccardo Lombardi, alla Dc di sinistra o al Pci di Berliguer. Per un debito di coerenza. La forma partitica per com'è strutturata impedisce agli uomini di dare il meglio di sé. Ma poi, se devo essere sincero, io lasciai la vita politica perché mi piaceva troppo, mi occupava troppo tempo. Perché io, in realtà, adoravo la vita politica
.
Ma lei frequenta anche la letteratura ? Legge, cioé, testi letterari ?
Per me la letteratura è un'esperienza fondamentale, anche in relazione agli studi sociologici, perché rappresenta l'autoconsapevolezza con cui una società si esprime attraverso se stessa. Tutt'oggi leggo Pindaro nel testo greco. E poi tutti i poeti latini.
E qualcosa di contemporaneo ? Qualcosa di narrativa ?
Vede, dalla letteratura italiana contemporanea sono abbastanza deluso. A parte Pavese. Ho conosciuto Moravia, ma lo considero soprattutto un saggista anche come romanziere. Nelle borgate romane mi capitava di incontrare Pier Paolo Pasolini, che però ci andava per ragioni sue. Il fatto è che noi non abbiamo avuto Balzac o Flaubert a tracciare un solco. Perché notoriamente non siamo una società coesa bensì un arcipelago di culture. Ci sono le eccezioni di Manzoni e Nievo e i loro epigoni. Per esempio io ho amato Riccardo Bacchelli e il suo Mulino del Po
.
Ultima domanda: se può portare solo tre libri sulla proverbiale isola deserta, che titoli sceglie ?
I detti memorabili di Socrate attribuiti a Senofonte. I frammenti del De re pubblica di Cicerone, in particolare il Somnium Scipionis, in cui l'eroe di Zama spiega al nipote Emiliano che l'ideale è coniugare la vita contemplativa dei greci con quella pragmatica dei romani. Infine, lei non lo crederà, mi porterei Dante, ma non la Commedia, bensì la Vita Nova, suo vero capolavoro
.
Testo n°3
L'INTERVENTO di Franco Ferrarotti
Università La Sapienza
di Roma - Luglio 2002
La richiesta di informazioni circa le origini e l'idea dei Quaderni di Sociologia
mi provoca una sorta di tempesta interiore. È un fatto che l'idea dei Quaderni
viene da lontano e si lega strettamente, forse inestricabilmente, al bisogno e alla passione che fin da giovanissimo avvertivo per la sociologia. È vero che ho sempre avuto dentro di me l'esigenza di una rivista, di poter parlare alle persone conosciute ma anche, e più ancora, a quelle sconosciute attraverso un organo di stampa periodico, di cui fossi responsabile. Un primo tentativo di adolescente lo feci con Progredi
, un foglio durato pochi mesi. Non è un'esperienza in Piemonte molto originale. Ricordo che proprio a Torino il giovanissimo Piero Gobetti, prima ancora di Rivoluzione liberale
aveva dato vita a Energie Nuove
. Correvano gli ultimi anni Trenta. Ero un ragazzo inquieto. A credere alle testimonianze delle persone che allora mi conoscevano, ero anche piuttosto inquietante. Leggevo molto, voracemente, aiutato da una memoria prodigiosa. Per tenermi tranquillo e, fino a un certo punto, sotto controllo, un mio caro cugino primo, Mons. Leopoldo Ferrarotti, mi dava da studiare un canto al giorno della Divina Commedia, la sera per il mattino dopo. Esaurito Dante, mi aveva assegnato le Vite degli uomini illustri di Cornelio Nepote, in latino, tutto a memoria. Alle soglie della pubertà mi aveva colpito quello che dalle nostre parti si chiamava un esaurimento nervoso
, una sorta di collasso neurovegetativo, complicato da tendenze allucinatorie, forse un sospetto di schizofrenia, scarsa percezione del reale. Il tutto, in un corpo già minato da due broncopolmoniti in giovanissima età, fra i due e i cinque anni, che mi avevano portato in fin di vita. Le sole scuole da me frequentate regolarmente furono i cinque anni delle scuole elementari, con la maestra Piera Mandelli per le prime tre, e il maestro Francesco Rossino, per la quarta e la quinta. Dopo sia alla licenza ginnasiale che alla maturità classica dovetti presentarmi come privatista.
Leggevo tutto il giorno, chiuso nello stanzone all'ultimo piano di casa mia, dove qualche parente aveva disordinatamente accumulato una gran quantità di libri, da un dizionario della lingua piemontese ai sermoni del Cardinale Capecelatro alla Grammatica comparativa delle lingue indoeuropee di Franz Bopp. Leggevo e tossivo. Preoccupati e temendo una fatale ricaduta, i miei mi mandarono a Sanremo, allora come oggi famosa per l'aria buona. Ma i miei non sapevano - non potevano sapere - che a Sanremo trascorrevo le mie giornate nella biblioteca comunale, allora nella Sanremo vecchia, in Piazza del Municipio, 11 o 13.
Prima dei Quaderni
avevo pensato e cominciato a pubblicare - eravamo agli inizi del 1946 o alla fine del 1945 - un periodico dal titolo programmatico La rivoluzione umana - Quindicinale della generazione nuova
. Nel titolo si sentiva distintamente l'influenza gobettiana. Benché sostenuto da un contributo e da un abbonamento, del tutto inattesi, dell'allora Presidente della Assemblea Costituente, Umberto Terracini, il periodico non ebbe molta fortuna. Lo stampavo in una piccola tipografia di Casale Monferrato, ancora oggi in funzione. Stampa La Voce del Monferrato
. Di tendenza essenzialmente anarchica, inviso a Dio e a li inimici sui
, bruciato in piazza dai fascisti e dai comunisti, La rivoluzione umana
chiuse i battenti al terzo numero doppio. Ancora non lo sapevo, ma stavo solo facendo le prove per fondare una rivista scientificamente più critica, ma sempre aperta sui problemi del presente, non accademica nel senso deteriore del termine.
Posso dire che l'idea dei Quaderni
prende corpo dopo il fallimento di La Rivoluzione umana
, e mi accompagna durante tutta la laboriosa traduzione dell'opera iconoclastica La teoria della classe agiata di Thorstein Veblen, uscita da Einaudi il 3 gennaio 1949. Laureatomi a Torino con Nicola Abbagnano, mi sentivo pronto (eravamo nell'inverno 1949-50 e dall'autunno 1948 avevo incontrato e cominciato a collaborare con Adriano Olivetti) a dar corso all'impresa di una rivista rigorosamente scientifica, ma extra-accademica. Ma perché una rivista? E perché quel titolo? Non ero mai stato uno studente modello. Augusto Guzzo, che aveva rifiutato di firmarsi la tesi (la firmò, generosamente, Nicola Abbagnano a scatola chiusa), mi chiamava il suo clericus vagans
. Trovavo la filosofia, soprattutto quella neo-idealistica e spiritualistica, che era allora dominante, pomposa e astratta nello stesso tempo; d'altro canto, le lezioni di economia politica di Bordin, che avevo seguito per qualche tempo a Piazza Arbarello (a Torino, dove Bordin teneva le sue lezioni nella Facoltà di Economia e Commercio), mi parevano noiose e inutilmente matematizzate. Volevo qualche cosa di scientificamente rigoroso, ma vicino all'esperienza quotidiana del vivente. Per me, era la sociologia. Con l'idea del 'l'uomo in situazione', l'esistenzialista positivo Nicola Abbagnano mi era, senza che io lo sapessi all'epoca, molto vicino.
La prima persona con cui parlai esplicitamente dei Quaderni di Sociologia
fu una studentessa di Abbagnano che stava per laurearsi, Magda Talamo, e poi ne parlai anche con una sua amica, Anna Anfossi. Insieme si voleva fare un centro di ricerche, che da tempo proponevo, il CRIS (che poi, quando io me ne andai per il mondo, loro due fecero). Recentemente, a Torino, in occasione della commemorazione di Nicola Abbagnano all'Università in Via Po, Magda Talamo, divertita, mi ricordava di quando, un giorno del 1950, la mattina (presto per dei cittadini) saranno state le sei e mezzo o le sette, fu svegliata di soprassalto dal padre che le diceva : Magda alzati, vestiti: c'è un giovanotto pazzo in mezzo al cortile (era il cortile interno dei vecchi caseggiati degli impiegati e della piccola borghesia) che urla e smanazza: - Magda, vieni giù. Vieni giù subito. Dobbiamo parlare dei Quaderni -
.
Era proprio così. I Quaderni
erano diventati per me un'ossessione. Ne parlavo spesso anche con Pavese. Cesare Pavese mi consigliava di mettermi insieme con la cocca
(così diceva) di Cultura e realtà
, una rivista che stava per uscire a Roma,