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Storie dal mondo di Minrii Il lupo e il cavaliere
Storie dal mondo di Minrii Il lupo e il cavaliere
Storie dal mondo di Minrii Il lupo e il cavaliere
E-book405 pagine5 ore

Storie dal mondo di Minrii Il lupo e il cavaliere

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Info su questo ebook

La storia narra le vicende di quattro ragazzi: Laroil, un cavaliere errante con un passato misterioso, Limiru, una ragazza dalle orecchie e coda da lupo, Lasua, una mezz’elfo e Sirè, una povera sbandata della capitale. I quattro compiranno un lungo e tortuoso viaggio nel Regno di Jaldar nel suo momento più buio e oscuro. Essi devono combattere e usare tutta la loro forza contro eserciti e poteri antichi che complottano per distruggere il reame, al fine di riportare la pace in queste terre martoriate.
LinguaItaliano
Data di uscita12 feb 2018
ISBN9788827568453
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    Anteprima del libro

    Storie dal mondo di Minrii Il lupo e il cavaliere - Marco Bocchio

    Marco Bocchio

    Storie dal mondo di Minrii

    Il lupo e il cavaliere

    UUID: 3f8586a2-18a1-11e8-9d63-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Prologo

    Parte I

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Parte II

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Capitolo 25

    Capitolo 26

    Capitolo 27

    Capitolo 28

    Capitolo 29

    Capitolo 30

    Appendici

    Nazioni di Minrii

    Misurazione del tempo e delle distanze

    Lingue

    Ringraziamenti

    Regno di Jaldar occidentale

    Regno di Jaldar orientale

    Prologo

    La città di Jaldar era in festa. Tutto era pronto per l’arrivo della principessa Hanna, dal lontano Regno Anglo. La gente era euforica e sprizzante di gioia per tal evento. I bardi nelle piazze cantavano le gesta dei grandi eroi del passato con enfasi e con l’ammirazione dei più piccoli che correvano e giocavano tra le ramificate vie della città. Il popolo danzava per le strade mentre i petali dei fiori, portati via dal vento, le ricoprivano creando un tappeto di mille colori. La principessa Hanna avrebbe dovuto sposare il primogenito del re Carlos IV, il principe Lucas, che a sua volta mal sopportava questo matrimonio imposto dal padre. Il gran corteo reale, composto dalle più alte cariche dell’amministrazione e della nobiltà del regno, era già al molo che attendeva l’arrivo della nave che, dall’isola dell’Aldehon, trasportava la futura regina del regno.

    Re Carlos, recatosi lì di persona, stava davanti al corteo di sudditi e di nobili venuti ad assistere. Tuttavia il re non era contento, anzi era spazientito, perché proprio il suo primogenito mancava all’appello. Un capitano della guardia reale notò il volto teso del sovrano e si avvicinò al suo re.

    «Sire, va tutto bene?» chiese cercando di essere più delicato possibile.

    «Secondo te va tutto bene? Dove diavolo è quell’idiota di mio figlio? Guarda! La nave sta arrivando e lui non è ancora qui!» rispose il sovrano seccato.

    Non lontano da lì, il principe Lucas, che più di chiunque altro non voleva saperne di sposarsi, si era appena svegliato accanto a una giovane ragazza nuda. Non sapeva chi era, né il suo nome. Il principe era fatto così: desiderava una vita da libertino non quella da sovrano. Amava divertirsi, fare escursioni fuori dalla città, sedurre belle e giovani donne. Qualsiasi cosa purché fosse il più lontano possibile dalla vita rigida e monotona di corte. Si era svegliato solo da poco, ricordando con estremo piacere la notte appena passata in compagnia di quella fanciulla. Non fece nemmeno in tempo ad alzarsi che la porta della stanza fu bruscamente aperta, provocando un gran baccano.

    «Principe?!» esclamò a gran voce una ragazza non umana, dalle lunghe orecchie pelose e la folta coda da lupo che le spuntava da sotto l’armatura leggera.

    «Lari! Accidenti, non entrare così di sorpresa, insomma! Mi farai venire un colpo.»

    Appena il principe vide la ragazza tirò un sospiro di sollievo, temendo fosse qualche altra amante, gelosa delle troppe relazioni che egli intratteneva con le giovani donne della capitale. La ragazza accanto al principe si svegliò di colpo, lanciando un grido e coprendosi con le lenzuola, per la vergogna di essere vista nuda.

    «Calmati femmina! È solo la mia guardia del corpo.» disse Lucas alla donna accanto a se.

    Lari, intanto, cominciò ad arrabbiarsi.

    «Lei ha il coraggio di fare la predica a me? L’ho palesamene colta con una donna nuda nel suo letto lo stesso giorno in cui deve arrivare la sua promessa sposa! Vedo che il senso dell’umorismo non le manca proprio.»

    «Lari, non dire sciocchezze. La principessa Hanna non arriva mica oggi.»

    Lucas scese dal letto con molta calma, si grattò il fianco destro e si avvicinò alla finestra della stanza della locanda. Lari si mise una mano sul fianco, scuotendo la testa e guardando il principe con sufficienza.

    «Guardi che oggi è lunari. La nave deve attraccare da un momento all’altro. La corte la sta aspettando al molo e suo padre sarà già su tutte le furie.» disse ancora la guardia al principe.

    Lucas fece mente locale, osservando fuori dalla finestra l’euforia in strada e comprendendo che Lari non stava mentendo sulla data. Se non si fosse dato una mossa, molto probabilmente, il padre lo avrebbe rimproverato a dovere punendolo in chissà quale, terrificante, modo. Si voltò di scatto, con il volto pieno di paura, verso la ragazza che non aveva smesso di fissarlo con quello sguardo che sembrava dire io te l’avevo detto. Lari fece un sospiro di rassegnazione capendo di dover intervenire per salvare il principe.

    «Stia tranquillo. Le ho portato l’abito giusto. Adesso si cambi in fretta però.»

    Il principe strinse forte la ragazza con un abbraccio per poi indossare rapidamente l’abito elegante portatogli da Lari. Entrambi allora uscirono dalla stanza con grande fretta, non tenendo conto della donna rimasta sola nel letto, raggiungendo in un baleno la strada.

    «Non so proprio come farei senza di te.» disse il principe alla ragazza correndo tra la folla di gente verso il molo, sistemandosi ancora per bene l’abito.

    «Essere la sua guardia del corpo è già abbastanza impegnativo. Almeno ora sono sicura che lei non combinerà altri guai andando a letto con altre donne. Ed io non dovrò più rincorrerla per i bordelli della città.»

    «Non ci contare. Ho sentito che le donne anglo tendono a ingrassare e diventano come dei maialini invecchiando. Scommetto pure che è un rospo in confronto alla bellezza delle ragazze della nostra terra!»

    Il principe si fermò prima di raggiungere il molo, in un vicolo non troppo distante da dove stava il padre e tutta la corte. Lari lo raggiunse, fermandosi accanto a lui.

    «E poi ci sarai sempre tu a tirarmi su di morale.» disse il principe con tono tenero fissando gli occhi azzurri della ragazza.

    «Detto da uno che si è appena alzato dal letto, con una donna nuda accanto, non mi fa alcun effetto.»

    Lucas la prese forte tra le sue braccia, baciandola senza che lei facesse nessuna resistenza. Lari, dopo qualche istante di titubanza, accettò quel bacio non riuscendo a resistere al fascino del principe. I due si divisero solo qualche attimo dopo.

    «Forza, inizia lo spettacolo.»

    Lei non disse nulla, limitandosi a guardarlo negli occhi. Lari mal sopportava il comportamento immaturo che Lucas teneva; eppure, quando erano soli, tutti i peccati di quell’uomo svanivano per incanto, trasformando la guardia dalla dura militare che era a una ragazzina alla sua prima cotta. Se solo non fosse stato l’erede al trono, allora lei avrebbe potuto dirgli che lo amava… ma questo era impossibile. I due raggiunsero appena in tempo il molo, proprio nel momento in cui la nave stava attraccando. Il principe si avvicinò al padre di soppiatto come un assassino silenzioso e furtivo, davanti a tutta l’alta nobiltà della città.

    «È questa l’ora di arrivare? Non ti sembra di essere in ritardo?» disse il re, percependo subito l’arrivo di Lucas dietro di lui.

    Carlos rimproverò il figlio per il pessimo esempio che stava dando davanti a tutti i presenti.

    «Ora sono qui, padre. Questo è l’importante.»

    Il re si arrese sentendo queste parole; non voleva assolutamente discutere in quel momento così delicato e importante per il proprio regno. La passerella era stata posizionata accuratamente e tutto sembrava essere pronto. Hanna scese per prima dalla nave nel suo sgargiante abito giallo. Subito la folla rimase incantata dalla bellezza di questa principessa venuta da così lontano. Lucas, appena la vide, rimase completamente stregato dal fascino di quella donna che giungeva lentamente a terra, con il vento che le muoveva i setosi capelli rossi, legati a coda di cavallo. Appena di fronte ai due, la principessa anglo fece un lieve inchino in segno di rispetto.

    «Vostre maestà.» disse con grande garbo la ragazza ai due. «Vi porto a nome del mio popolo la benedizione per quest’unione. Che essa sia di buon auspicio per i nostri due reami.»

    «E noi accentiamo queste benedizioni, ricambiandole.» le rispose Carlos con un sorriso mentre suo figlio era rimasto congelato dalla bellezza della ragazza.

    «È un grande onore per me fare la vostra conoscenza.»

    Lucas era rigido come un pezzo di legno. Non riusciva quasi nemmeno a parlare tanto era agitato. Lei arrossì, capendo l’imbarazzo del principe, mettendo la mano vicino alla propria bocca per evitare di mostrare il suo chiaro sorriso e di aumentare l’imbarazzo di Lucas.

    «È molto bella quando sorride.» continuò lui.

    Questa volta Lucas riuscì a parlare senza sembrare di avere un bastone su per la giacca. Sciogliendosi e abbassando le spalle, cominciò a respirare con maggiore regolarità.

    «Vi prego giovani, avrete un sacco di cose da dirvi, ma ora andiamo.»

    Carlos, detto ciò, prese sotto braccio la ragazza, che non disdegnò la cortesia del re, raggiungendo la carrozza reale mentre i nobili, lì riuniti, fecero un inchino al loro passaggio. Lucas li seguiva a ruota, senza mai staccare gli occhi dalla principessa Hanna. Anche Lari seguì la famiglia reale attaccandosi dietro alla carrozza come un valletto. Meno male che tendono a ingrassare pensò la ragazza nel momento in cui la carrozza prese la strada.

    Ovunque questa passasse, era accolta da grida festose di giubilo della gente che lanciava fiori e sventolava fazzoletti. Hanna guardava fuori dalla carrozza sorridendo alla gente, ricambiando con un dolce sorriso e un lieve cenno della mano.

    «Principessa, l’ambasciatore anglo desidererebbe invitarci a pranzo ora. Posso capire che magari lei preferirebbe riposarsi dopo un lungo viaggio come questo, ma il vostro ambasciatore ci terrebbe molto a incontrarla.»

    «Affatto, penso un buon pasto sia l’ideale. A bordo la qualità del cibo servito era tutt’altro che ottima. Anzi, a dire la verità ho una gran fame.»

    Il re sorrise a queste parole. Lucas era troppo agitato per rispondere. Lanciava solo qualche sguardo, con la coda dell’occhio, alla principessa pensando a quanto fosse carina. Arrivati di fronte all’ambasciata, furono accolti dall’ambasciatore anglo lord Emir. Era un uomo basso di statura e poco considerato alla corte del regno oltre oceano, tanto che gli era stato affidato il compito di ambasciatore solo per affidargli un incarico degno del suo rango, ma anche il più lontano possibile dalle vere sfere di potere. Accanto all’ambasciatore c’era il ministro del culto di Jaldar, Alastar Borh, la figura religiosa più importante del paese, con la sua folta barba bianca vestito a gran festa con la sua più vistosa tonaca. Si teneva saldo a un pastorale, un bastone simbolico del culto di Der e portava in testa una grande mitra argentata, anch’essa uno dei simboli del culto deriano. Al contrario del piccolo ambasciatore il religioso era alto e possente come una torre. Entrambi, alla vista dei reali, fecero un sontuoso inchino e si avviarono dentro il palazzo, verso la sala da pranzo al primo piano. Lari, come tutte le guardie, fu costretta ad aspettare fuori. La ragazza non sembrava contenta della futura sposa di Lucas tanto che provava già una certa gelosia nei confronti di Hanna. I cinque raggiunsero il sontuoso banchetto preparato apposta per l’evento. Lucas e Hanna si sedettero vicini davanti al ministro del culto mentre il padre e l’ambasciatore sedevano a capotavola.

    «Sono molto lieto.» cominciò l’ecclesiastico. «Al fianco del nostro principe ci sarà una bella fanciulla. Il nostro paese non può che essere fortunato ad avere una così bella coppia reale.»

    La ragazza arrossì alle parole dell’uomo e cominciò a sorridere.

    «Vi prego, siete troppo buono.» gli rispose.

    «Presto, come suo fratello secondogenito Hartur, anche loro mi daranno un erede e la dinastia dei nostri padri potrà continuare.» disse il re alzando il calice, guardando con grande orgoglio suo figlio e dimenticando, momentaneamente, le avventure amorose che spesso lo avevano visto come protagonista.

    «Il terzogenito?» chiese l’ambasciatore. «Dove si trova Lucius? Anche lui meriterebbe di trovarsi a questa tavola a festeggiare con noi.»

    «Non ho idea di dove sia mio figlio. Si comporta in maniera insolita da qualche tempo. Temo si possa cacciare in qualche pasticcio se va avanti di questo passo.»

    Appena il sovrano pronunciò queste parole, ecco le porte dietro l’ambasciatore spalancarsi. Lucius, il principe terzogenito, era entrato nella stanza, con fare spavaldo e orgoglioso, accompagnato da un misterioso e tenebroso cavaliere dalla nera armatura. Questa, dal tono macabro e orripilante, non era di fattura del Regno di Jaldar e la grossa stazza di chi la indossava incuteva timore tra i presenti.

    «Lucius, dove eri finito! È questa la maniera di presentarsi?»

    Re Carlos cambiò espressione, divenendo severo. La sopportazione del sovrano nei confronti del figlio era giunta al termine. Da qualche tempo, il terzogenito aveva messo in discussione i voleri del padre, comportandosi in modo strano e bizzarro e questa situazione non poteva andare oltre.

    «Padre. Sono giunto appena ho potuto. Non mi sarei mai permesso di perdermi questo splendore, giunto da una terra così lontana a noi.»

    Lucius osservava con malizia la ragazza e lei rimase disgustata da quegli occhi che, a suo parere, erano viscidi e inquietanti. Era così nauseata da distogliere lo sguardo dal principe per evitare ancora il contatto visivo.

    «Non fare lo sciocco e lo scortese. Ora siediti e mangia, faremo i conti dopo, quando torneremo al castello.»

    Il re stava perdendo la pazienza: basta giochetti di parole, Lucius meritava una punizione esemplare per i suoi modi sgarbati e asociali.

    «Vi prego padre, prima vorrei dire soltanto una cosa.» Lucius si avvicinò al re mentre il nero cavaliere si posizionò dietro a Lucas ed Hanna. «Questo regno sta per cambiare volto. Presto una nuova era sorgerà ed io ne sarò l’artefice e il costruttore, godendomi lo spettacolo in prima fila.»

    Hanna, appena il principe ebbe finito di parlare non si sentì bene; le orecchie cominciarono a fischiarle e non sentiva più lo stomaco. Con grande fatica la ragazza notò che una lama d’acciaio nero, freddo come il ghiaccio, aveva sfondato lo schienale della sedia e le aveva trafitto il costato. Cominciò a uscirle del sangue dalla bocca e Hanna morì senza dire nulla, emettendo solo un silenzioso gemito. Lucas non ebbe nemmeno il tempo di reagire che il nero cavaliere estrasse una daga dalla cintura e, con la stessa spietatezza avuta con la principessa, gliela conficcò nell’occhio sinistro, uccidendolo sul colpo. Il sovrano e i presenti tremavano increduli per ciò che avevano visto. Lucius si avvicinò ancora di più al re suo padre, parlando appena gli fu accanto, con un sorriso ironico.

    «Lunga vita al legittimo re: Lucius il Magnifico.»

    A questo punto, tagliò la gola del padre con un coltello che si trovava sul tavolo con tale rapidità che il sangue cominciò a zampillare dalla gola del sovrano solo quando questo crollò esanime sul tavolo.

    «Der ti maledirà per questo!» esclamò il ministro del culto, indicando il principe e alzandosi di colpo.

    Lui non ascoltò quelle parole limitandosi a osservare il corpo, senza vita del padre, che sembrava fissarlo con occhi pallidi e vuoti. Il nero cavaliere, allora, giustiziò lord Emir nascostosi inutilmente sotto il tavolo, trascinandolo fuori e schiacciandogli la testa con lo stivale di ferro. Alastar fu il successivo. L’ecclesiastico non riuscì a opporre resistenza mentre la stessa lama che aveva trafitto Hanna lo squarciò da parte a parte senza nessuna pietà del carnefice. Entrò ora nella stanza Lari, sporca di sangue, avendo combattuto senza risparmiarsi per raggiungere quella sala. Lanciò un grido di disperazione alla vista del principe, il suo amato Lucas, morto, sul tavolo. Le lacrime di dolore e di rabbia si mischiarono alle macchie di sangue che le sporcavano il viso.

    «Uccidila.» ordinò Lucius al servo.

    Il nero cavaliere, avvicinandosi di scatto verso Lari, le trafisse il cuore, uccidendola sul colpo. Poi scaraventò il corpo della ragazza sul tavolo. Per ironia del destino cadde vicino a dove giaceva il corpo del suo Lucas, l’unico uomo che avesse mai amato. Anche da morti sarebbero stati accanto. Il principe, a questo punto, si guardò intorno emettendo una malefica risata.

    «Possiamo finalmente andare al castello.» disse tutto contento.

    Intanto che Lucius attraversava le vie della città, a bordo della sua carrozza, l’atmosfera era completamente cambiata. Le truppe a lui fedeli avevano preso il controllo delle strade. La gente era stata costretta a chiudersi in casa e quelli che tentavano di opporre resistenza finivano giustiziati sul posto, uccisi come animali, sporcando le strade del loro sangue. Arrivati al palazzo, le cui mura bianche torreggiavano sulla città, il giovane principe entrò nel maestoso castello dirigendosi verso la sala del trono a passo prepotente e pieno di orgoglio. I vessilli del regno erano stati gettati a terra e sostituiti con quelli che portavano l’emblema di Lucius: uno stendardo nero dai bordi rossi al cui centro si trovava un drago nero dai contorni bianchi.

    Il maestro di cerimonia, che tutto si poteva dire tranne che coraggioso, stava seduto in un angolo ben nascosto a pulirsi gli occhiali, cercando di non farsi vedere da nessuno. Si trovava lì da più di un’ora, pensando ai fatti propri, facendo finta di non sentire i tumulti e i rumori che arrivavano da fuori le mura del castello. Appena notò il principe e il nero sgherro, l’uomo si alzò lesto da dove era seduto e cominciò a seguirli.

    «Vostra eccellenza.» disse con tono tremolante e servizievole l’uomo.

    «Ah! Signor Edarg. La informo ufficialmente che mio padre il re e quella spina nel fianco di Lucas sono morti.» Lucius a questo punto sorrise. «Manda qualcuno a recuperare le loro teste. Le voglio su una picca non più tardi del calar del sole. Le lasceremo marcire per un po’ lì così che tutti possano ammirarle.»

    «Sarà fatto, vostra eccellenza.»

    Edarg non era contento. Servire Lucius, prima di questi eventi, sembrava una buona scelta. Il principe gli dava l’idea di essere più cosciente e maturo del fratello maggiore, con una persona giusta accanto sarebbe potuto diventare un grande principe, intelligente e amato dal popolo. Il povero maestro di cerimonia iniziò a pentirsi di essersi schierato dalla sua parte, ma adesso era troppo tardi per fare marcia indietro.

    «Qualche notizia di quel patetico di mio zio? È perito anche lui spero al momento della presa del palazzo.» chiese Lucius.

    «Si ecco... lord Feldmar e un centinaio di uomini della Guardia Argentea sono fuggiti verso la Foresta del Re, probabilmente in direzione dei Colli Rocciosi.»

    Il principe scosse la testa mentre Edarg cercò di scusarsi per l’inconveniente.

    «Mio zio spera che i nani di Nuz-Ar lo possano aiutare, ma non sarà di certo una manciata di uomini e nani a fermarmi... e mio fratello, il valoroso principe Hartur? Quali notizie mi porti su di lui.»

    «I miei informatori dicono si è barricato con la moglie a Salcar e probabilmente, una volta che la notizia dei fatti di oggi sarà diffusa, i nobili dalle Grandi Praterie alla Pianura dei Cristalli lo appoggeranno! Ci sarà una guerra civile.»

    Il principe si voltò e lo guardò dritto negli occhi, mettendolo in soggezione.

    «Io ho da Comandar alla Costa d’Oro sotto il mio controllo e ho fatto fuori mio padre e mio fratello per arrivare fino a qui. Nessuno può intralciare i miei piani. Nemmeno quello sciocco di Hartur.»

    Detto ciò, arrivato di fronte al portone della sala al trono, Lucius spalancò le porte con entrambe le mani abbagliato dalla luce che entrava dalle finestre della stanza. Con stupore, osservò il trono vuoto davanti a sé, avvicinandosi lentamente a esso. Aveva desiderato di sedarcisi sopra da tutta la sua breve vita, avendo solo sedici anni. Sotto lo sguardo del nero cavaliere e del timoroso Edarg, che rimasero immobili a guardare la scena, Lucius si accomodò sul lussuoso trono, come i suoi avi prima di lui, guardando con sguardo folle i due.

    «Ora sono io il re.»

    Parte I

    Capitolo 1

    Il lupo nella foresta

    La Foresta di Ferro era uno dei luoghi più tetri e oscuri di tutto il Regno di Jaldar. Pochi coraggiosi osavano avventurarsi dentro quel labirinto di rami e alberi, popolato da mostri e banditi. I folli che varcavano i suoi confini o erano matti o non avevano altra scelta che sfidare la sorte. Dicerie, mormorate da popolani e viandanti, parlavano di alberi che mangiavano le persone e di viaggiatori spariti nel nulla, inghiottiti dalla foresta. La gente che abitava i suoi confini, parlava di spiriti dei morti che, non trovando la via d’uscita, avevano scelto di infestare quella selva, dando ancora di più un’aura tenebrosa al luogo. Qualcuno però stava attraversando la foresta proprio in quel momento, camminando su un vecchio sentiero, battuto forse, nell’epoca in cui i coloni del nord giunsero in queste terre. Erano due viandanti e portavano un mantello col cappuccio alzato che rendeva difficile vedere il volto di chi lo indossava. Andavano a passo svelto ed evitavano con cura le radici degli alberi che avevano invaso il sentiero poco battuto. A ridosso di una vecchia quercia morente, i due decisero di fermarsi togliendo il cappuccio e mostrando il volto di due giovani ragazzi. Uno era un umano e l’altro era un alto elfo.

    «Senti Laroil.» fece l’elfo all’umano con voce tentennante. «È proprio necessario passare da questa parte? Non potevamo fare il giro della foresta e basta?»

    «Ascoltami elfo. Io, a differenza degli altri umani, ho vissuto per la bellezza di duecento anni. Per quanto possa essere strano e non possa dare una spiegazione logica a questa mia età, ho viaggiato in ogni dove in questo mondo e questa è una foresta come le altre, chiaro? Non c’è nulla di strano.»

    Laroil, un cavaliere errante che faceva da guida all’elfo, era stato ingaggiato da quest’ultimo per essere scortato il più lontano possibile da Jaldar verso ovest, visti gli avvenimenti spiacevoli che stavano colpendo il reame di questi tempi. La sua età, insolita per un umano, lo rendeva maggiormente esperto, poiché tanta era la sua conoscenza del mondo e dei suoi segreti. I motivi della sua longevità gli erano sconosciuti e, per quanto lui si sforzasse di cercare informazioni, non trovava nulla che potesse soddisfare il quesito.

    «Veramente pensavo solo avremmo potuto evitare di passare da questa parte, tutto qui. Gli alberi sembrano inqueti... riesco a percepirlo.» disse ancora l’elfo, provando un brutto presentimento a viaggiare in quella foresta.

    «Tranquillo, stammi sempre vicino e non ti accadrà nulla.» gli rispose Laroil con fare da sbruffone.

    Detto questo, i due, ripresero il cammino. Laroil viaggiava molto velocemente, anche se addosso portava un’armatura pesante, nascosta sotto il mantello, mentre l’elfo a stento riusciva a seguirlo pur essendo vestito con abiti ben più comodi. Dopo circa venti minuti di corsa Laroil si fermò per vedere lo stato del compagno.

    «Scusami se vado troppo veloce, ma sai, prima usciamo di qui e meglio è.»

    Appena si voltò, l’elfo non c’era più, si era completamente volatilizzato. Il ragazzo tornò un po’ indietro per cercarlo, ma trovò soltanto, non molto distante da dove si erano fermati prima, il braccio sinistro mozzato dell’elfo, lasciato a terra da chissà quale bestia. Non un urlo, non un rumore, era come se la foresta lo avesse inghiottito senza se ne accorgesse.

    «Dannazione!» imprecò Laroil. «Come cavolo fa un fottuto alto elfo a non starmi al passo? Loro vivono circondati dalle foreste! Avrei dovuto essere io a doverlo seguire, non viceversa!»

    Laroil allora continuò per la sua strada, pensando solo a come uscire da quell’infernale posto. Continuando a vagare senza una precisa meta. Il cavaliere errante si muoveva rapido e scattante tra gli alberi, ma ecco che, all’improvviso, udì in lontananza dei rumori alquanto sospetti. Che sia quell’elfo ancora vivo? pensò, decidendo di avvicinarsi a dove aveva udito tali rumori. Giunto non troppo lontano dalla fonte di tale baccano, notò immediatamente che non si trattava del compagno scomparso, ma al contrario di una banda di malviventi che aveva circondato una ragazza. Laroil si nascose dietro un gruppo di cespugli per osservare meglio la scena.

    I banditi erano sei: cenciosi, luridi, sporchi, malamente armati, cioè, con armi per lo più mezze arrugginite e lunghi bastoni, la peggiore specie della razza umana. A prima vista non sembrava, ma quelli erano una banda di malviventi abbastanza famosa nella zona, macchiatasi di vari omicidi e violenze contro gli sventurati che gli capitavano a tiro. La ragazza attirò subito l’attenzione di Laroil. Quelle lunghe e grosse orecchie pelose e quella maestosa coda gli ricordavano i lupi. Non aveva mai visto in duecento anni una creatura con quelle fattezze e la cosa stuzzicava molto la sua curiosità. Il più grosso dei banditi si avvicinò alla ragazza, osservandola come un cacciatore fa con la preda.

    «Dimmi dolcezza.» fece con fare rozzo e volgare. «Cosa ci fa una donna come te in questa foresta tutta sola? Non ti sarai mica persa?»

    Il resto della banda di malviventi ridacchiò alle parole del loro capo. La strana ragazza rimase immobile, sulla difensiva, pronta ad agire se fosse stata attaccata. Stringeva i denti e continuava a voltarsi, avanti e indietro, cercando di tenere d’occhio tutti i banditi. Non avrebbe permesso a nessuno di avvicinarsi a lei così facilmente e avrebbe venduto cara la pelle piuttosto che finire nelle loro grinfie.

    «Coraggio, vieni via con noi. Ti prometto che saremo gentili con te vedrai. Nessuno può venirti a salvare.»

    Laroil allora decise di intervenire. Estrasse la spada dal fodero e, lanciandosi da dietro i cespugli, colpì uno dei banditi alle spalle, senza che esso se ne accorgesse. La maestria con cui il cavaliere errante impugnava quell’arma era a un livello nettamente superiore alla media e gli servì solo un colpo, preciso e netto, per abbattere il suo nemico. Il denso sangue del bandito, rimasto sulla lama, fu pulito con una leggera scollata della spada, il tutto senza il minimo sforzo per Laroil. Tutti si voltarono sorpresi verso il ragazzo non immaginando un attacco a sorpresa.

    «Chi diavolo sei tu?» disse il più grosso dei banditi, rimanendo sbigottito nel vedere sbucare Laroil all’improvviso.

    «Io?» rispose, ironicamente il ragazzo, toltosi il mantello e sfoggiando la sua armatura di un colore bianco perla. «Io stavo solo passeggiando da queste parti, quand’ecco che vedo sei uomini armati minacciare una ragazza nel bel mezzo d’una foresta. Beh forse ho esagerato a chiamarvi uomini, ho visto troll più belli di voi nei miei viaggi.»

    «Moccioso impertinente, come ti permetti? Ragazzi, prendetelo e dategli una lezione!» ordinò sempre il più grosso della banda ai suoi scagnozzi.

    Quattro banditi si fiondarono sul ragazzo sbraitando e agitando le loro armi, senza un preciso piano d’attacco. Laroil, senza battere ciglio, li abbatté uno a uno, muovendo la spada con tanta abilità e classe da riuscire a non sporcare l’armatura di sangue. La lama si muoveva con leggiadria nel momento in cui mozzava braccia, gambe, teste, squarciava le pance penetrando nella carne come se questa fosse fatta di burro. Il cavaliere sembrava danzare in quel combattimento, se tale si poteva definire. Non appena l’ultimo bandito morì, Laroil, piantò la lama nel terreno e cominciò a scrocchiarsi le dita e a stiracchiarsi le braccia.

    «Insomma, tutto qui? Pensavo di avere almeno il piacere di sollazzarmi un po’. A dire la verità mi sto solo annoiando.»

    Laroil si prese gioco dell’energumeno soltanto per lo sfizio di vederlo arrabbiato. Questo, su tutte le furie, cominciò ad agitarsi e gridare, con la bava alla bocca, muovendo l’enorme mazza che teneva come arma, caricando contro il ragazzo. Laroil, riprese la spada in mano con celerità e, con un colpo netto, gli tagliò la gola facendo crollare a terra l’ultimo di quella banda di malfattori. La ragazza osservò la scena senza emettere fiato. Laroil, pulita la spada dal denso sangue con un panno, si sedette su di una roccia lì vicino e, con tutta la calma del mondo, prese la sua pipa dalla bisaccia, la riempì di tabacco e cominciò a fumarla.

    «Non c’è di che.» disse Laroil con la pipa in bocca.

    «Che cosa scusa?» chiese lei, alquanto sorpresa dell’affermazione.

    La misteriosa ragazza usò immediatamente un approccio molto diretto e confidenziale verso il ragazzo, il quale, un po’ per gioco un po’ perché non se ne accorse, fece finta di nulla e cominciò a usarlo pure lui.

    «Ho detto non c’è di che! Sai, una persona beneducata ringrazia dopo essere stata salvata.»

    «Io avevo tutto sotto controllo, sei tu che sei venuto a salvarmi.»

    La ragazza incominciò a usare un tono arrogante, non sopportando a sua volta l’arroganza, a detta sua, che Laroil aveva nei suoi confronti.

    «Oh, scusami, non avevo capito che tu sei una di quelle.» disse Laroil e, nel dire quest’ultima parola, fece delle virgolette con le dita.

    «Che intendi?»

    «Con quelle intendo: quelle ragazze che dicono di non aver bisogno di essere salvate, ma in realtà è proprio ciò che vogliono. Non è molto originale ed è anche abbastanza prevedibile.»

    «Che impertinente.» gli rispose lei scocciata.

    «Non ero io quello circondato da una banda di banditi, signorina…?»

    «Se proprio ci tieni a saperlo, il mio nome è Limiru.»

    Laroil si sentì stranamente soddisfatto nel conoscere il nome di quella ragazza. Tuttavia questo lo incuriosiva ancora di più, poiché mai aveva udito un tale nome prima di allora.

    «Bene, Limiru. Io sono Laroil e sono un cavaliere errante.»

    «Felice di saperlo.» disse lei con sarcasmo.

    «Dica signorina Limiru: cosa porta una ragazza della sua specie in questa foresta? Non è qui di sicuro per fare una passeggiata suppongo.»

    «Sono un toruk per la precisione e no, non sono qui per fare una passeggiata.»

    Limiru allora fu interrotta da Laroil. Lui aveva solo letto in qualche ammuffito libro e sentito da

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