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Il valzer dell'amore
Il valzer dell'amore
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E-book235 pagine3 ore

Il valzer dell'amore

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Info su questo ebook

Vienna, 1814 - Il principe austriaco Metternich è preoccupato per i risvolti che il congresso di Vienna potrebbe avere, soprattutto per le mire espansionistiche dello zar Alessandro. Per questo ha bisogno di una spia che si avvicini a lui e carpisca le informazioni che gli servono. La bella e innocente Miss Wanda fa al caso suo. Lei ha bisogno di denaro e giocare il ruolo della spia le può tornare utile. Peccato che anche lo zar abbia pensato di muovere le stesse pedine per paura di un complotto e chiede a un suo lontano parente che gli somiglia, Richard Melton, di sostituirlo. La finzione sembra funzionare da entrambe le parti finché un sentimento vero e inaspettato sorprende i due sotto copertura, che dovranno fare i conti con nemici pericolosi e onestà patriottica.

LinguaItaliano
Data di uscita19 ago 2015
ISBN9788858934906
Il valzer dell'amore
Autore

Barbara Cartland

Nata a Edgbaston, nei pressi di Birmingham, il 9 luglio 1901, negli anni Venti e Trenta fu una delle personalità più celebri dell'alta società londinese, acclamata oltre che per la bellezza e il fascino anche per gli audaci ricevimenti che organizzava e per la sua innata capacità di "fare tendenza" nel campo della moda. Nel corso della sua lunghissima vita ha dato il proprio sostegno a numerose cause umanitarie e caritatevoli, e nel 1981 è stata nominata dalla Regina Elisabetta Dama dell'Ordine dell'Impero britannico proprio per il suo impegno in ambito letterario, politico e sociale. Autrice di numerosi romanzi storici, biografie, commedie e persino saggi, è diventata famosa in tutto il mondo per aver scritto più di 700 romanzi rosa, impresa per la quale nel 1983 ha meritato un posto d'onore nel Guinness dei primati. Si è spenta alla veneranda età di 99 anni il 21 maggio del 2000.

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    Il valzer dell'amore - Barbara Cartland

    Immagine di copertina:

    Simona Reggimenti

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Enchanted Waltz

    Hutchinson & Co. (Publishers), Ltd

    © 1955 Barbara Cartland

    Traduzione di Marina Boagno

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-490-6

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    «Questa situazione è intollerabile!»

    Il Principe di Metternich batté il pugno sulla scrivania con tanta forza che gli accessori d’oro sobbalzarono, tintinnando.

    «Vi aspettavate che lo zar fosse difficile, caro» osservò sua moglie a bassa voce.

    «Sì, lo so» convenne lui, «ma non così difficile. Quell’uomo non è normale. È...» Il principe si interruppe, cercando la parola giusta.

    «Pazzo, come suo padre?» suggerì la principessa.

    «No, non a quel punto!» Il principe attraversò la stanza, con la bella testa aristocratica china leggermente in avanti, come sempre, quando era immerso nei suoi pensieri. «Vorrei poter esprimere a parole che cosa non va in lui. A volte sembra che nel suo corpo ci siano due persone diverse.»

    «È straordinario che diciate questo!» esclamò la moglie. «Solo ieri parlavamo di questa possibilità, e la Principessa di Lietchenstein ha detto che i nostri medici stanno lavorando proprio su questa teoria... che un uomo possa avere una doppia personalità ed essere Dio e il diavolo nello stesso tempo.»

    «Lo zar dovrebbe essere il loro primo paziente» affermò lui. «Un momento vede se stesso come colui che detta legge al mondo, il supremo potere in Europa... e un momento dopo è il benevolo benefattore cristiano che dona la libertà a tutti gli uomini.»

    La principessa sospirò di fronte alla palese esasperazione del marito. Sapeva che non si aspettava un suo contributo alla conversazione. Come sempre, quando si confidava con lei, lo faceva per parlare con se stesso, per chiarirsi le idee.

    «E non è tutto» continuò lui. «Alessandro sta affondando il Congresso, con il modo in cui insiste a condurre i suoi affari. Come sapete, ha detto molto chiaramente che i sovrani dovrebbero divertirsi mentre i loro plenipotenziari svolgono il vero lavoro. Invece infrange tutte le regole e insiste per negoziare personalmente con me e Castlereagh. Quel povero Conte Nesselrode sa a malapena che cosa succede da un giorno all’altro.»

    «Capisco quanto possa essere irritante» convenne la principessa.

    «Irritante?!» esclamò lui. «È intollerabile. Non può continuare. Bisogna fare qualcosa. Ma che cosa?»

    Allargò le belle mani in un gesto di disperazione. Guardandolo così, stagliato contro la finestra, con il pallido sole invernale che lo circondava di un’aureola di luce, la principessa pensò, come le accadeva ogni giorno da quando l’aveva sposato, che suo marito fosse l’uomo più bello che avesse mai visto.

    I suoi lineamenti non avevano una bellezza classica, ma erano aristocratici, e il volto aveva tali carattere e personalità, gli occhi un tale scintillio da sfidare le caricature più feroci. Era il viso di un uomo di cui le donne si innamoravano, pensò con una stretta al cuore.

    «Che cosa si può fare? Che cosa?» ripeté lui. «Se non facciamo nulla, il Congresso fallirà. Il Congresso danza, ma non avanza, è l’ultimo motto satirico che sento dappertutto. I miei nemici sostengono che sarà il peggiore fallimento della mia carriera e avranno ragione, Eleanore, a meno che, per qualche miracolo, io non riesca a impedire allo zar di rovinare tutto.»

    «Un miracolo? Non è chiedere molto?»

    «Senza, siamo perduti» ammise lui, cupo.

    Nessuno, tranne sua moglie e i suoi segretari, conoscevano le tensioni a cui era sottoposto. Il suo palazzo, che egli stesso aveva fatto costruire e arredato personalmente, era non solo il centro di tutti i festeggiamenti, ma anche il cuore e l’anima della diplomazia, perché il Principe di Metternich era l’asse attorno a cui ruotava tutto il Congresso.

    Era innegabile che un individuo simile mettesse in ombra le altre personalità arrivate in autunno con tutto il potere e la pompa di cui disponevano. L’Imperatore Alessandro di Russia era giunto con un enorme seguito, deciso a fare in modo che tutti riconoscessero che lui, e lui solo, aveva sconfitto Napoleone.

    C’erano poi Federico Guglielmo III di Prussia, il re di Danimarca, i re di Baviera e Württemberg, e il Visconte Castlereagh come rappresentante personale del principe reggente d’Inghilterra. E con loro erano riunite le più belle donne d’Europa e la più brillante società dei rispettivi paesi. Imperatori, re, principi, statisti, politici, gran dame e cortigiane erano calati su Vienna. Tuttavia, la figura centrale era ancora il Principe Clemente di Metternich. I suoi penetranti occhi azzurri, la fronte alta, il naso aquilino, la pelle chiara, la bocca lievemente ironica restavano impressi nella mente per molto tempo dopo che balli, maschere, parate e ricevimenti erano stati dimenticati.

    Il suo straordinario genio politico, però, gli aveva procurato molti nemici, anche troppo desiderosi di proclamare che il nuovo anno, il 1815, lo avrebbe visto battuto e screditato.

    «Un miracolo» ripeté. «Mi serve un miracolo, Eleanore.»

    L’attrattiva della sua voce profonda era qualcosa a cui lei non aveva mai saputo resistere. «Se solo potessi aiutarvi!» ribatté con un sospiro.

    Il principe le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla. «Voi mi aiutate» mormorò.

    Quelle parole semplici, pronunciate con un pacato affetto, fecero salire le lacrime agli occhi della principessa. Lei però voltò la testa, in modo che il marito non le vedesse. «Grazie» bisbigliò.

    Dopo quel gesto, lui si allontanò di nuovo, aggrottando le sopracciglia, immerso nei suoi problemi politici. Solo allora notò un valletto in piedi sulla soglia, in attesa del permesso di parlare.

    «Sì, che cosa c’è?»

    «Una signora desidera parlare in privato a Vostra Eccellenza.»

    «Una signora? Chi è?»

    «Non ha detto il suo nome, Eccellenza, ma ha chiesto insistentemente udienza. Viene dalla campagna.»

    «Non posso vedere nessuno, senza appuntamento» ribatté il principe, irritato.

    «Sì, Vostra Eccellenza, l’ho spiegato alla signora, ma lei ha insistito. Era sicura che avreste voluto vederla.»

    «Ditele che deve presentare le sue credenziali nel modo consueto» ordinò il principe. «Al momento sono occupato.»

    «Sì, Vostra Eccellenza.»

    Il valletto uscì, e il principe riprese a camminare avanti e indietro. «Non posso permettere che la Polonia sia uno stato sovrano controllato dalla Russia» pronunciò ad alta voce, ma in realtà parlando a se stesso. «Se ciò accadesse, lo zar avrebbe un dominio sull’Europa come non l’ha avuto neppure lo stesso Napoleone. Però Alessandro è deciso, e il Re Federico Guglielmo è per metà incline a concordare con lui, anche solo per fare dispetto a me e agli inglesi. Penso che quello che dovrò fare...» Si interruppe, perché il valletto era rientrato nella stanza. «Che c’è?»

    «La signora mi ha chiesto di consegnare questo a Vostra Eccellenza.»

    Il domestico mostrò un vassoio d’oro su cui era posato un pendente di turchese e diamanti. Era un oggetto grazioso, ma non di grande valore. Il principe lo fissò per un lungo momento, in silenzio. Ricordò il chiaro di luna su un corpo bianco, il tepore di due labbra morbide, i seni frementi sotto le sue mani, il battito selvaggio del cuore di lei contro il proprio.

    Tese la mano, adagio, e prese il pendente dal vassoio. «Fate entrare la signora» ordinò.

    La principessa si alzò. «Vado a riposare un po’, prima del ballo di stasera» annunciò.

    Sorrideva, e nessuno, meno che mai suo marito, avrebbe indovinato l’improvvisa fitta di paura che le aveva trapassato il cuore. Il principe le aprì la porta, e quando fu uscita si avvicinò lentamente al caminetto, fissando il pendente.

    L’ultima volta in cui l’aveva visto, l’aveva allacciato lui stesso attorno a un collo sottile. Gli era costato una somma che, all’epoca, aveva potuto a malapena permettersi, ma non aveva mai rimpianto la spesa. Poteva ancora ricordare il profumo dei lillà e le notti di luna in cui si erano incontrati nel tempietto nella foresta. Ricordava la magia di quelle ore, dopo tutti gli anni in cui c’erano stati tanti altri momenti di magia, tante notti di luna. Com’erano stati giovani, sventati e impetuosi, rischiando tutto per quei baci rubati!

    Sospirò. Carlotta doveva avere quasi quarant’anni, ormai. Era un peccato rovinare il ricordo di quell’estasi giovanile incontrandosi ancora, dopo tanti anni. Le donne erano tutte uguali, pensò. Non erano capaci di lasciare le cose dov’erano, nel passato.

    La porta si stava aprendo. Metternich si raddrizzò e attese. E poi, mentre la visitatrice entrava, il sorriso gli morì sulle labbra e l’espressione dei suoi occhi cambiò. Non era Carlotta. Era una donna molto diversa... una fanciulla che non aveva mai visto in vita sua.

    Lei entrò con un passo così leggero che sembrava quasi fluttuare attraverso il tappeto. Indossava un mantello da viaggio di velluto verde su un abito di mussolina bianca e sui capelli rosso oro portava un minuscolo cappello ornato di piume verdi. Gli occhi erano azzurri, azzurri come quelli dello stesso principe, orlati da ciglia scure.

    Si avvicinò e fece una profonda riverenza. «Ringrazio Vostra Eccellenza per avermi ricevuta.»

    Aveva un visetto ovale, squisito, con un piccolo naso all’insù, una bocca carnosa e quegli occhi inaspettatamente azzurri.

    «Chi siete?»

    «Sono Wanda Schonborn» si presentò lei. «Mia madre ha detto che vi sareste ricordato di lei. Vi ha mandato una lettera.»

    Gliela mostrò, mentre parlava, e anche dopo tanti anni lui riconobbe la calligrafia. Prese il foglio, ancora fissando la fanciulla e osservando ogni dettaglio della pelle liscia, di pesca, il lieve colore delle guance, il lungo collo, la curva dei seni sotto il corpetto aderente del vestito.

    «Sì, ricordo vostra madre» confermò, e quasi non riconobbe la propria voce, tanto suonava strana e distante. Poi aprì il foglio e lesse:

    Sono molto malata. I medici dicono che non vivrò a lungo, ma quando sarò morta Wanda dovrà andare a vivere in Baviera con le sorelle del mio defunto marito. Sono anziane e autoritarie, e non capiscono i giovani. Fate in modo che abbia un po’ di felicità prima che sia costretta a partire, un po’ di gaiezza, di musica. Perdonatemi se vi chiedo questo, ma sento che quando vedrete Wanda capirete.

    Carlotta.

    Il principe ripiegò la lettera. «Vostra madre è morta?» domandò.

    «Sì, al principio dell’estate» rispose la ragazza. «Vi ricordate di lei?»

    «Sì, mi ricordo.»

    Il sorriso che le comparve sulle labbra fu come il sole che spuntava dalle nuvole in un giorno d’aprile. «Ne sono contenta. Avevo paura che si sbagliasse. Quando una persona sta male, ha delle fantasie, e mia madre è stata malata per molto tempo.»

    «Certo che la ricordo» ripeté il principe. Poi, guardando gli occhi azzurri dalle ciglia scure, chiese, un po’ roco: «Quanti anni avete?».

    «Ne compirò diciotto il mese prossimo.»

    «Il mese prossimo! E il vostro nome è Wanda?»

    «Wanda Maria Clementina, per l’esattezza.»

    Lui si lasciò sfuggire una piccola esclamazione. Se voleva una prova, eccola. Clementina... il suo stesso nome. I ricordi di quelle sere nel tempietto gli tornarono come un’ondata alla mente, tanto che per un momento non ci fu più Wanda, davanti a lui, ma Carlotta, che gli tendeva le braccia, le labbra tiepide e avide dei suoi baci, il corpo snello tremante di desiderio e di felicità. Carlotta però aveva gli occhi grigi, mentre quelli di Wanda erano azzurri... come i suoi.

    Con uno sforzo il principe si rese conto che la ragazza lo guardava con aria interrogativa. Ricordò perché era venuta e che aspettava la sua risposta, per sapere se poteva restare, se le avrebbe permesso di prendere parte alle feste che accompagnavano il Congresso.

    «Quindi andrete a vivere in Baviera» affermò, prendendo tempo per raccogliere le idee.

    «Così mi ha detto mia madre. Cerco di non pensare a come sarà vivere là senza di lei. Non ho altro posto in cui andare, ma... Oh, come odio l’idea!»

    C’era un’improvvisa nota di passione nella limpida voce giovanile.

    «Non vi piacciono le vostre parenti?»

    «Non è questo, sono abbastanza gentili. Il fatto è che devo lasciare tutto ciò che mi è familiare, e anche l’Austria, la mia patria.»

    «Amate l’Austria?»

    «Naturalmente.»

    Come sempre, quando gli veniva un’idea, al principe parve che un lampo improvviso illuminasse l’intricata scacchiera umana di cui muoveva le pedine. Il miracolo in cui aveva sperato... eccolo!

    «Sostenete di amare l’Austria» cominciò a bassa voce, «quindi immagino che sareste disposta a fare qualcosa per la vostra patria, non è così?»

    «Ma certo... qualunque cosa!»

    «Ne siete certa?»

    «Come potete chiedermi di rispondere a parole? Datemi qualcosa da fare e, per quanto sia difficile, lo farò, ve l’assicuro.»

    «Vi credo» le assicurò il principe. «E adesso, prima di continuare, perdonatemi per aver dimenticato le buone maniere. Avete fatto un lungo viaggio e dovete essere stanca e assetata. Sedetevi, vi verserò un po’ di vino.»

    «No, non è necessario» si affrettò a rifiutare Wanda. «Mi sono fermata in una locanda alla periferia di Vienna. Volevo rimettermi in ordine, prima di venire qui.»

    Lui sorrise di quella piccola civetteria, e nello stesso tempo apprezzò il suo spirito pratico. Aveva voluto fare una buona impressione. Dal suo punto di vista, molto dipendeva da quel colloquio, perciò non aveva voluto presentarsi stanca e impolverata. Si era preparata, aveva anche mangiato e bevuto, il che dimostrava un’avvedutezza apprezzabile. Gli occhi azzurri non erano la sola cosa che aveva ereditato.

    «Almeno accomodatevi» la invitò, con il sorriso a cui nessuna donna era mai riuscita a resistere. Wanda accettò la sedia che le offriva e si sedette con grazia. «Prima del vostro arrivo stavo pregando che un miracolo mi aiutasse a risolvere un dilemma» cominciò il principe. «Ritengo che voi siate la risposta alle mie preghiere.»

    «Che cosa posso fare?»

    «È quanto sto per dirvi. Vi avverto, però, che avrete bisogno di coraggio e intelligenza. E soprattutto di presenza di spirito.»

    «Non ho paura.»

    «Benissimo, allora. Cercherò di spiegarvi nel modo più semplice possibile cosa desidero da voi. Come immagino sappiate, è stato indetto un Congresso delle grandi potenze per cercare di stabilire una pace durevole in Europa. A mio parere, la pace può essere assicurata solo se esiste una relativa uguaglianza tra le posizioni della Russia, della Prussia, dell’Austria e della Francia. In altre parole, un equilibrio di poteri.»

    «Credo di capire.»

    «Lo zar di Russia, l’Imperatore Alessandro, desidera fare della Polonia uno stato sovrano sotto la propria egemonia. L’Austria non può accettarlo, e la Francia e l’Inghilterra la pensano allo stesso modo. Lo zar è un uomo strano... a volte è un idealista, altre volte è astuto e calcolatore. La più grande difficoltà, nella mia posizione, è restare sempre un passo avanti agli avversari, e questo si può ottenere solo se si ha un’idea delle loro intenzioni. È tutto chiaro, finora?»

    «Sì, certo.»

    «Uno dei modi più facili per prevedere l’atteggiamento dei propri avversari è apprendere i loro piani dalle persone che li circondano, e dall’inizio dei tempi le donne sono state le confidenti degli uomini.»

    «E voi mi state chiedendo di aiutarvi in questo modo?»

    La voce di Wanda era ferma, e il principe si compiacque nel vedere che non abbassava gli occhi sotto il suo sguardo penetrante.

    «È ciò che vi chiedo» confermò. «Siete nuova, a Vienna, siete bella, nessuno sa niente di voi.»

    «Ma lo zar... Potrei non piacergli... Potrei non interessargli» obiettò Wanda.

    «Questo, naturalmente, è da vedersi. Lo zar ha un debole per le belle donne, ma non dovete aver paura di lui. Perdonatemi se vi parlo con franchezza, ma è meglio che siate informata di certe cose. Ha un’amante, Madame Marie Naryshkin, con la quale vive da molti anni. Per non mettere in imbarazzo l’Imperatrice Elisabetta, che è qui con lui, Madame Naryshkin è alloggiata alla periferia di Vienna. Ha una straordinaria ascendenza sullo zar, tanto che pretende da lui

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