Il prezzo della libertà: Harmony Collezione
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Luca è consapevole che per preservare il trono e la discendenza prima o poi dovrà prendere moglie, e quando Callie gli rivela di aspettare un figlio si convince che quella è la soluzione perfetta: una moglie sexy e affascinante al proprio fianco e un erede in arrivo. L'unico problema, ora, è convincere Callie a rinunciare alla libertà appena conquistata.
Susan Stephens
Autrice di origine inglese, è un ex cantante professionista oltre che un'esperta pianista.
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Il prezzo della libertà - Susan Stephens
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Il funerale era imponente, come richiedeva l'etichetta, in virtù del rango del defunto. Secondo la tradizione, Luca, ora Principe Regnante, era arrivato per ultimo e aveva preso il posto d'onore nella maestosa cattedrale affollata. Devastato dal dolore, Luca si era assicurato che venisse tributato il massimo degli onori all'uomo a cui doveva tutto. Nel Principato di San Fabrizio, le bandiere sventolavano a mezz'asta. I sudditi erano allineati in file silenziose, lungo le strade. I fiori erano stati importati dalla Francia. Il coro, di fama mondiale, proveniva da Roma. Una processione di inestimabili carrozze trainate da cavalli aveva accompagnato dignitari da tutto il mondo, verso la cattedrale. Lo stallone nero di Luca, Force, con gli stivali del principe rovesciati nelle staffe, aveva trainato un affusto di cannone su cui giaceva la bara, avvolta nella bandiera. Era stato uno spettacolo commovente. Il fiero cavallo aveva tenuto la testa alta, come se sapesse che il suo carico era prezioso, come se fosse onorato di accompagnare un grande uomo verso la sua ultima dimora.
Come futuro sovrano del piccolo, ma favolosamente ricco Principato di San Fabrizio, a Luca, l'uomo che i fogli scandalistici amavano ancora definire il ragazzino dei vicoli, veniva tributato il più grande rispetto. Aveva fatto molta strada, da quei vicoli. L'innato senso degli affari lo aveva reso multimilionario, mentre l'uomo che stava seppellendo quel giorno lo aveva reso principe. Quel magnifico lembo di terra era lontano anni luce dalla miseria che aveva intriso la sua infanzia. La stanzetta fatiscente, sostituita da una squisita architettura gotica, stupende sculture e preziose vetrate. Nei suoi sogni più sfrenati, non aveva mai immaginato di diventare principe. Da bambino, si accontentava di avere qualcosa da mangiare e un posto asciutto dove dormire.
Inclinò gentilmente la testa quando l'ennesima principessa europea, bisognosa di un marito, gli rivolse un sorriso seducente. Per fortuna aveva mantenuto la particolare astuzia da strada, che lo metteva in guardia contro quel tipo di trappola. Non si sarebbe incatenato a una smorfiosa aristocratica. Anche se si era appena rasato e indossava l'uniforme, qualcosa in lui evocava l'immagine di un muscoloso portuale attaccabrighe, più che l'immagine di una testa coronata. Il suo aspetto, a tratti selvaggio, era qualcosa che il padre adottivo, il defunto principe, non era stato in grado di correggere.
Alto più di un metro e ottanta, con la pelle olivastra e un fisico muscoloso, da guerriero, Luca non poteva essere sicuro della sua discendenza. Sua madre era morta troppo giovane, consumata dalla fatica e dalla depressione, e di suo padre non aveva mai saputo nemmeno il nome. Il defunto principe era l'unico genitore che ricordava chiaramente. Doveva a lui la sua educazione. Gli doveva tutto.
Si erano incontrati nell'improbabile scenario del Colosseo, dove il Principe di San Fabrizio era in visita ufficiale, e Luca stava cercando di raggranellare qualche monetina dai passanti. Non si aspettava di venire notato da un uomo così importante, ma il principe, acuto osservatore e filantropo, lo aveva inquadrato e non si era perso nulla delle sue manovre, affascinato dall'atteggiamento dignitoso di quel piccolo angelo con la faccia sporca. Lo aveva fatto rintracciare e tenere d'occhio dal più fidato dei suoi uomini e quando dopo qualche giorno aveva saputo che sua madre era morta, ne aveva ottenuto rapidamente l'affidamento. Lo aveva portato a palazzo, dove viveva con suo figlio Max. Si sarebbero fatti compagnia, gli aveva spiegato, e se non gli fosse piaciuto vivere lì, sarebbe stato libero di scegliere un'altra sistemazione.
Forgiato dalla strada, Luca era prudente e guardingo, ma aveva deciso di provare a fidarsi, forse per la prima volta in vita sua. Quella scelta lo aveva portato dove si trovava ora ed era il motivo per cui onorare il principe era così importante per lui. Il padre adottivo aveva intuito le sue qualità innate e gli aveva insegnato come costruirsi una vita, anziché esserne vittima. E dal letto di morte, gli aveva lanciato un'ultima sfida.
«Max è un debole. Voglio che sia tu a succedermi sul trono. Devi sposarti e preservare la mia eredità, per il bene del Paese che entrambi amiamo.»
Luca aveva stretto la fragile mano del padre e aveva giurato. Se avesse potuto avrebbe trasfuso la propria forza nel corpo, ormai logorato dal tempo, dell'uomo che amava senza riserve. Avrebbe fatto di tutto per salvare la vita a chi aveva salvato la sua.
Come se stesse leggendo i pensieri di Luca, il fratellastro, Maximus, lo fissava dall'altra parte della navata. Sul suo viso non c'erano né amore né rimpianto. Il padre non era riuscito a creare alcun tipo di rapporto con Max e anche Luca aveva fallito. Max preferiva occuparsi di donne e gioco d'azzardo, piuttosto che di questioni di Stato. Non aveva mai mostrato alcun interesse per la famiglia. Preferiva la sua personale corte di parassiti, che lo compiacevano sperando di ottenere il suo favore. Luca aveva capito presto che, mentre il principe era il suo più grande sostenitore, Max sarebbe sempre stato il suo peggior nemico.
Distolse lo sguardo e tornò a concentrarsi sul programma della cerimonia, scrutando con grande tristezza la lunga lista di successi e titoli del padre. Non ci sarebbe mai più stato un uomo del genere e quel pensiero lo rendeva ancora più determinato a mantenere alla lettera il suo giuramento. Sei un leader nato, gli aveva detto il padre, e quindi ti nomino mio erede. Non c'era da stupirsi che Max lo odiasse.
Luca non aveva mai pensato o cercato di diventare l'erede al trono di San Fabrizio. Non aveva bisogno di soldi. Era ancora in grado di girare il mondo con qualche spicciolo in tasca. Era stato uno studente brillante e, dopo aver assillato il padre per mesi con l'idea di traghettare San Fabrizio nel nuovo millennio, aveva ottenuto di poter studiare tecnologia all'Università. Dopo la laurea, era diventato uno degli uomini di maggior successo nel settore. Le sue partecipazioni a livello globale erano così vaste che la sua società si gestiva quasi da sola. Ed era un bene, visto che ora avrebbe dovuto governare un Paese e cercare la donna adatta a diventare la Principessa di San Fabrizio.
«Se non riuscirai ad avere un erede entro due anni» aveva sussurrato il padre sul letto di morte, «la nostra costituzione prevede che il trono passi a tuo fratello.» Entrambi sapevano cosa questo avrebbe comportato. Max avrebbe distrutto San Fabrizio. «Questo è il tuo destino, Luca» aveva aggiunto. «Non puoi rifiutare la richiesta di un moribondo.»
Luca non aveva nessuna intenzione di negarsi, ma un matrimonio regale, combinato a tavolino, con una nobile lagnosa, era decisamente fuori dalle sue corde. Aveva bisogno di una pausa di riflessione, per tirare il fiato e prendere decisioni importanti. Se ne sarebbe andato per qualche giorno sulla Costiera Amalfitana, per sovrintendere alla raccolta dei limoni nella sua tenuta. Adorava sporcarsi le mani, occuparsi della terra e i suoi frutti a fianco dei lavoratori stagionali. Non c'era modo migliore per comprendere le loro difficoltà e riuscire ad aiutarli. Il pensiero di essere legato a una fragile bambolina di porcellana lo atterriva. Lui voleva una donna vera, grintosa, col fuoco nelle vene.
«Ci sono tante donne là fuori, Luca» gli aveva detto il principe. «Sta a te trovare quella giusta. Scegline una forte. Cerca l'insolito. Esci dagli schemi. Usa la testa e ascolta il cuore.»
All'epoca, Luca aveva pensato che non sarebbe stato facile. Guardandosi intorno in quel momento, pensò che fosse impossibile.
Il funerale era modesto, ma più che dignitoso. Callie se ne era assicurata. La piccola chiesa era quasi vuota. A piangere la scomparsa di suo padre, oltre a lei, c'erano solo i vicini di casa, i rumorosissimi Brown. Era una cerimonia intima e tranquilla, perché Callie desiderava controbilanciare la vita rozza e spericolata del padre. Una vita trascorsa senza sapere da dove sarebbe arrivato il loro prossimo pasto. Se non fosse stato per i suoi amici, i Brown, che riuscivano a farla ridere anche nelle situazioni più disperate, molto spesso si sarebbe strappata i capelli.
In quella triste occasione, la tribù dei Brown si stava comportando al meglio, anche se i loro cinque cani stavano abbaiando furiosamente intorno al pullmino un po' sgangherato della famiglia, parcheggiato a poca distanza dal piccolo cimitero di campagna. I Brown erano un esempio di famiglia felice. Quella che Callie non aveva mai avuto e aveva sempre desiderato.
«Addio, papà.» Gettò una manciata di terra fresca sulla bara, sopraffatta dal dolore e dal rimpianto di ciò che non erano mai stati l'una per l'altro.
«Non preoccuparti, tesoro» disse Ma' Brown, mettendole un braccio intorno alle spalle. «Il peggio è passato. La tua vita sta per iniziare. È un libro di pagine bianche su cui potrai scrivere qualsiasi cosa. Chiudi gli occhi e pensa a dove ti piacerebbe essere. Questo è quello che mi rende sempre felice, nei momenti di crisi. Non è vero, Rosie?»
Rosie, la migliore amica di Callie e figlia maggiore dei Brown, si unì all'abbraccio della madre. «Esatto, mamma. Il mondo è la tua ostrica, Callie. Puoi fare tutto quello che vuoi, ora. E a volte» aggiunse, «devi ascoltare i consigli delle persone che ti vogliono bene e accettare il loro aiuto.»
«Vorrei essere... dovunque mi portino dieci sterline?» disse Callie, esibendosi in un debole sorriso.
Rosie sospirò. «Qualsiasi posto sarà meglio del porto. Scusa, mamma, so che a te piace qui, ma sai cosa voglio dire. Callie ha bisogno di un cambiamento.»
Quando furono tutti stipati nel pullmino, Callie si sentì meglio. Stare con i Brown era come fare un'overdose di ottimismo, e dopo gli abusi verbali e fisici che aveva sopportato vivendo con il padre, ne aveva proprio bisogno. Era libera. Per la prima volta nella sua vita, era libera. Ora c'era solo una domanda: come avrebbe usato quella libertà?
«Non preoccuparti per il lavoro» disse Ma' Brown, voltandosi sul sedile per guardarla. «Rosie può occuparsi del tuo turno al pub, per un po'.»
«Certo!» confermò Rosie, stringendole il braccio. «Quello di cui hai bisogno è una vacanza.»
«Dovrebbe essere una vacanza di lavoro» disse Callie, pensierosa. «Non ho abbastanza soldi per permettermi una vera vacanza.» Suo padre non aveva lasciato nulla. La casa in cui avevano vissuto era in affitto. Lui era un ubriacone e un giocatore d'azzardo. Il lavoro di Callie, come addetta alle pulizie al pub, era stato appena sufficiente a mettere qualcosa in tavola. Almeno quando aveva l'accortezza di nascondere il suo misero stipendio, prima che il padre lo arraffasse e corresse a giocarselo.
«Pensa a quello che vorresti fare» insistette Ma' Brown. «Ora tocca a te decidere, Callie.»
Le piaceva studiare. Aspirava a qualcosa di meglio che fare le pulizie al pub. Il suo sogno era quello di lavorare all'aperto, con l'aria fresca da respirare e il sole sul viso.
«Non si sa mai» aggiunse Ma' Brown, voltandosi di nuovo sul sedile, «quando domani sgombriamo la casa, potremo scoprire che tuo padre ha lasciato per errore una favolosa vincita, in qualche tasca dei suoi pantaloni.»
Callie sorrise tristemente. Sarebbero stati fortunati a trovare qualche spicciolo... Il padre non aveva mai avuto soldi e loro non sarebbero sopravvissuti senza la generosità dei Brown. Pa' Brown aveva un orto dove coltivava la maggior parte delle verdure per la sua famiglia e non mancava mai di rifornire Callie.
«Non dimenticare che puoi restare con noi finché vuoi, fino a quando non ti sarai sistemata» disse Ma' Brown girandosi di nuovo dal sedile del passeggero.
«Grazie, Ma'.» Callie si sporse in avanti e le diede un bacio affettuoso sulla guancia. «Non so cosa farei senza di voi.»
«Puoi farcela benissimo» insistette la donna, con fermezza. «Sei sempre stata capace e intelligente, e ora sei libera di volare in alto, come tua madre avrebbe voluto. Sognava grandi cose per la sua bambina. È una tragedia che non sia vissuta abbastanza da vederti crescere.»
Avrebbe scoperto presto cosa poteva e non poteva fare, pensò Callie, mentre i Brown scendevano dal pullmino. Non poteva restare con loro a lungo. Sarebbe stata un peso. Avevano già abbastanza problemi per tenere la testa fuori dall'acqua. Una volta pagati i debiti del padre,