Il mistero del convento
Di Gjo White
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Anteprima del libro
Il mistero del convento - Gjo White
Il mistero del convento
GJO WHITE
A Simone …
Proprietà letteraria riservata
Copyright 2017 Gjo White
© Immagine di copertina by SNEAKY DESIGN
Editato il giorno 3 novembre 2017
Buona lettura!!
Questo libro è un’opera di fantasia. I nomi, i personaggi, e gli eventi descritti sono frutto dell’immaginazione dell’autore oppure sono usati in modo fittizio.
Tuttavia i luoghi sono reali o esistiti. Le date rispecchiano il più possibile la storia reale. Qualsiasi somiglianza con persone, viventi o defunte, luoghi o fatti reali è puramente casuale.
PROLOGO
Pavia, 13 agosto
Due persone, al centro della piazza principale della città, abbracciate, osservavano i palazzi che li circondavano, in un semicerchio silenzioso.
Sarah, guardò l’ora sul display del cellulare: erano le sette.
Un via vai di persone, iniziavano a mettersi in coda, per poter visitare i pochi ingressi al palazzo, già aperti al pubblico. La piazza appariva semivuota. Tutti i visitatori infatti, si addensavano sotto le colonne dei porticati. Erano in fila, caoticamente allineati, sibilando tra loro, domandandosi come fosse possibile che la notizia, appresa dai telegiornali dei giorni precedenti, avessero potuto attirare un numero così considerevole di singoli curiosi.
«Jamie, sto morendo dalla sete…», esclamò Sarah.
«Se mantengo i posti, andresti a comperarmi una bottiglia d'acqua? Per favore…»
«Certo, piccola. Anch'io sono piuttosto assetato, sarà la staticità di questa fila, e il sole così caldo.», rispose il giovane fidanzato. Caricatosi lo zaino sulle spalle, si incamminò verso il bar più vicino, voltandosi continuamente verso di lei, facendole l’occhiolino.
La fila sembrava infinita, e l’inizio di quell’avventura, sembrava irraggiungibile!
CAPITOLO UNO
Sarah, appoggiandosi ad un muro, osservò Jamie allontanarsi con passo spedito, sino a vederne la sagoma, sparire dalla sua vista.
I raggi del sole, seppur mattutino, risultavano già insopportabili e, per sua sfortuna, sfogavano l'arsura proprio sulla lunga coda di persone.
La piazza era rettangolare, contornata in tutto il suo perimetro, da porticati e la fila di persone, aveva oramai raggiunta la quasi completezza del perimetro.
All'interno di quell'enorme piazza, i pochi inservienti già sul posto, iniziarono a posizionare barriere metalliche; tutto questo, per aumentare lo spazio calpestabile, e poter così contenere, un maggior numero di visitatori.
In quella moltitudine di persone, una giovane coppia di fidanzati, che avevano ascoltato, ciò che Sarah e Jamie, si erano detti, arrivò in suo sostegno, vedendola impallidire: «Grazie, ma il mio ragazzo arriverà presto, ne sono sicura.»
«Forza! Non vedi che i bar già aperti, sono veramente pochi e inoltre, noi ne abbiamo a sufficienza anche per te!» rispose la giovane donna.
«Non preoccuparti per noi, siamo veramente ben attrezzati. Andiamo spesso a visitare nuovi posti, nuove città e oramai, dopo anni di esperienza, abbiamo imparato a portare sempre tutto ciò che ci serve… anche qualcosa in più.»
«Va bene, dal momento che siete così gentili e io così assetata…» rispose Sarah mestamente, prendendo tra le mani la bottiglietta d'acqua che le stavano offrendo.
«Grazie, davvero.», e sorseggiò la bevanda appoggiando le labbra all'imboccatura dell'involucro.
«Davvero, non ti preoccupare. Io sono Laura, piacere, e lui è Fabio, il mio ragazzo.».
«Piacere, il mio nome è Sarah, mentre il mio ragazzo si chiama Jamie. Siamo turisti, si capisce?», replicò con un italiano piuttosto ostentato, mentre con il dorso della mano si asciugava le labbra.
«Abbiamo già visitato alcune città italiane, alcuni luoghi qui nei dintorni, non pensavamo, però, di trovare tutta questa calca di gente stamane, qui a Pavia. Noi siamo studenti di storia a Milano.»
«Non è sempre così, qui in città. Di solito questa piazza a quest'ora, è una tomba. I bar, aprono più tardi e i musei, se aprono, è un miracolo.», si sentì rispondere.
«Ok! It's an usual fortune! Oh, sorry… Intendevo dire, la solita fortuna!» rispose immediatamente sorridendo Sarah che a volte dimenticava di tradurre in italiano.
Era una ragazza con i capelli color del grano, di circa vent'anni, piuttosto alta e formosa.
L'altra, bionda e quasi alta come lei, contraccambiò il sorriso.
Le due giovani, scoppiarono in una fragorosa risata alla quale si unì anche Fabio. «Tranquilla Sarah, anche se parli nella tua lingua, riusciamo a comprendere, siamo studenti all'università qui vicino.»
Nel frattempo, la fila non avanzava! Anzi, osservando meglio, diversi gruppi di giovani ragazzi, cercavano di intrufolarsi, senza aspettare il proprio turno.
Alle loro spalle, un fragore, attirò l'attenzione di tutti gli astanti sulla piazza. Gli inservienti al museo del Broletto infatti, avevano iniziato a districare le catene che obbligavano i cancelli a rimanere chiusi, trascinando queste ultime.
Piccoli gruppi di persone, una decina al massimo per volta, guadagnavano l'ingresso alle sale del palazzo risalente al XII secolo, e le persone davanti a loro, incominciarono a proseguire, seppur a piccoli passi.
L'orologio posto in alto, sulla parete frontale, indicava le otto: la vista delle lancette fece sperare di potervi entrare quanto prima.
L'attenzione di Sarah però, era rivolta a est, in cerca di segnali dell'arrivo del suo Jamie. Prese dallo zaino il suo cellulare e compose il numero del ragazzo. «Pronto, Sarah?», echeggiò l'altoparlante dello smartphone.
«Sto arrivando, resisti. Sono in fila in un piccolo bar appena dietro l'angolo, ma credo che come noi, molta altra gente abbia avuto la stessa idea. Appena mi serviranno, tornerò da te.», aggiunse Jamie con il suo inglese perfetto.
«Fai con calma Jamie, però, volevo avvisarti che hanno appena aperto i cancelli del palazzo e nonostante il numero considerevole di persone, credo che non ci metteremo molto ad arrivare all’ingresso.», replicò Sarah nella sua stessa lingua.
«Ok, Ok! I will come soon, trust me sweetie! Bye.» rispose tranquillo.
Sarah, voltatasi verso la giovane coppia che le era vicino, notò con stupore come loro si fossero dileguati e, preoccupata, iniziò freneticamente a osservare con attenzione i volti di tutti i presenti.
La confusione, le spinte, i volti accigliati e incuriositi, nonché il caldo torrido, furono elementi che iniziarono a farle vorticosamente girare la testa.
Tentò di aggrapparsi alle braccia di alcuni vicini e a invocare aiuto, ma la diffidenza verso gli estranei, incitò quelle persone a proseguire, lungo il loro lento e inarrestabile cammino, mentre lei rovinava a terra tragicamente, battendo la testa.
In fila, tra quelle persone, c’era un uomo sulla trentina, Roberto, che avendola notata già da alcuni minuti, spingendo la folla circostante la raggiunse velocemente.
Un giovane adulto lì vicino, risultò essere l'unico a voler prestare soccorso a Sarah.
La osservò da vicino, rendendosi subito conto, come fosse svenuta, quindi la sollevò con le sue possenti e forti braccia, mettendosela su una spalla.
Abbandonò la fila di gente, per poi dirigersi verso le pareti dei portici col suo carico.
Una saracinesca vicino a loro, iniziò a sollevarsi, lasciando intravedere l'interno di un pub. Lesse l'iscrizione sulla parete: «V2», mentre, una giovane ragazza, che iniziava la propria giornata lavorativa, li fece entrare, prodigandosi nel porger loro due bottiglie d'acqua fresca appena tolte dal frigo.
«Pensa a lei, queste ve le offro io!»
Quell'uomo, del resto, nonostante la sua imponenza fisica, infondeva in chiunque un senso di tranquillità e serenità.
Proprio per quel motivo, in città, tutti lo conoscevano e rispettavano; in cuor suo, si sentiva effettivamente spinto ad aiutare chiunque si trovasse in difficoltà e quella era una situazione decisamente gratificante per se stesso.
Un po' di acqua fresca versata sulla fronte della sconosciuta, aiutò Roberto a destarla.
Utilizzò il resto della bevanda per dissetarla, quando vide, due occhi di un verde abbagliante, squadrarlo con molta riconoscenza.
Roberto allungò una mano e l'aiutò a sollevarsi, facendola sedere con cautela a uno dei tavolini ancora vuoti.
«Come ti senti?», le domandò preoccupato.
«Va molto meglio, ora. Non so cosa mi sia capitato, comunque ti ringrazio, chiunque tu sia!» replicò Sarah.
«Mi chiamo Roberto, qui tutti mi conoscono: ero anch'io in coda per poter visitare il palazzo, quando per puro caso ti ho vista svenire, e subito ho capito che avevi bisogno di aiuto. Sarà stato questo caldo soffocante…» le rispose.
«Lo credo anche io, nonostante i due ragazzi vicino a me mi avessero dato da bere dell'acqua» replicò la giovane: «ma non riesco più a vederli!».
«Ragazzi? Quali ragazzi? Eri a terra da sola in mezzo a un gruppo di anziani visitatori, o almeno è così che ti ho trovata io».
«Hanno detto di chiamarsi Fabio e Laura, mi pare. Tra l’altro, mi domando che fine abbia fatto Jamie, quello stordito del mio ragazzo, che era andato ad acquistare delle bottigliette d’acqua e non è ancora tornato. Provo a chiamarlo!», e recuperato il cellulare dalla borsa, iniziò a comporre il numero.
Roberto intanto, senza farsi notare, abbozzò un sorriso di conforto, avendo sentito pronunciare il nome dell'amico.
Non ottenne nessuna risposta, solo la solita voce gentile della segreteria del gestore che però, la avvisava come l'utente non fosse raggiungibile. A quel punto il panico si impossessò di lei.
«Se vuoi e se ti fidi, posso accompagnarti, e insieme potremmo cercarlo.», si propose Roberto.
Con la scusa di andare al bagno, Sarah, affiancò la giovane barista e chiese se al suo posto, lei si sarebbe fidata.
La ragazza, le sorrise: «Di Roberto? Certo che sì, quello è l'uomo più gentile e caritatevole che possa esistere. Fidati, se ti aiuta lui, sei in una botte di ferro!».
Un salto veloce alla toilette del locale, e ritornò dal suo soccorritore, riprendendo il discorso da dove lo avevano lasciato: «Avrai altro da fare che perdere tempo a cercare uno straniero.» si affrettò rivolgendosi a Roberto, pensando di avergli sottratto già, molto tempo prezioso.
«Tranquilla… Ripeto; se vuoi e se ti fidi di me, ti aiuterò a ritrovarlo. Quel palazzo può aspettare: rimanderò la sua visita a un altro giorno.», le rispose lui ancora più determinato.
«Ok, non so perché lo fai, ma mi fa molto