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Il buio su Milano
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E-book207 pagine2 ore

Il buio su Milano

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Il tempo passa per tutti, anche per il nostro anti-eroe per eccellenza Axel Zilco. Ora si barcamena tra una taglia cinquantadue e una cinquantaquattro, per colpa dello slim fit, della birra e della schiuma che affollano i suoi ex addominali, sebbene il cervello sia ancora snello e potrebbe ancora, solo lui, sfilare in passerella. Purtroppo è solo Axel Zilco. Per fortuna è solo Axel Zilco. E per sfortuna del solito serial killer, a piede libero per Milano, Axel tornerà in azione con l'aiuto dei suoi fidati compari, del Commissario suo amico, di una ex fidanzata ricomparsa dal nulla e di nuovi insospettabili compagni d'avventura. Natale si sta avvicinando ma nessuno ha troppa voglia di festeggiare, soprattutto gli immigrati che continuano a cadere come mosche sotto i colpi di un infaticabile cecchino dal grilletto infallibile. Tutti uccisi da un unico proiettile sparato da un fucile di precisione. Un lavoro da professionisti. Criminali, imprenditori e politici (spesso sono sinonimi) sembrano di colpo interessarsi alla nuova "emergenza immigrati". Per trovare una soluzione degna di questo libro, Axel dovrà scavare fino al cuore nero della sua città, dove niente è come sembra, dove sotto le luci sfavillanti, si agita una metropoli oscura, incazzosa e, purtroppo, sempre attuale.
LinguaItaliano
Data di uscita29 mar 2018
ISBN9788827823668
Il buio su Milano

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    Anteprima del libro

    Il buio su Milano - Alessandro Colzi

    Bukowski)

    NOTE BIOGRAFICHE

    Alessandro Colzi è caduto sulla Terra, esattamente a Milano, il 17 maggio 1974. E’ laureato in Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane e ha un Master in Marketing Strategico, ma nonostante l’impostazione accademica sostanzialmente economica/finanziaria ha sempre avuto una grande predisposizione per le materie umanistiche e la scrittura. Anche perché chi parla di economia, spesso a sproposito, lo annoia terribilmente.

    La sua prima opera letteraria, "La realtà di un sogno", avventura di vita reale in buona parte autobiografica, ha riscontrato un discreto successo nell’ambito di internet e del passaparola. Il suo secondo libro, il primo con protagonista Axel Zilco, suo alter ego, "Un giorno, forse.. ma non oggi", si è classificato 3° sia nel Concorso Nazionale GranGiallo CastelBrando 2013, che nel Concorso Giallo d’Autore 2013, suscitando forte interesse per il genere di scrittura utilizzato. Anche parecchi dei suoi racconti brevi sono risultati vincitori di diversi concorsi e sono stati pubblicati in svariate antologie e collane editoriali.

    L’autore ha collezionato una serie infinita di amici e nemici per la pelle nel corso della sua vita milanese. E’ uno dei pochi uomini viventi che possa essere definito contemporaneamente un romantico ma stronzo, un cinico, ma dal cuore d’oro. Ama il vino, le donne e lavorare il meno possibile. E non necessariamente in quest’ordine.

    Alessandro Colzi non è mai nato. Ciò nonostante lo trovate accasciato in qualche locale milanese rigorosamente di sera. Si può dire che sia immortale. Vive un’esistenza sregolata con frequentazione di strani personaggi e scrive improbabili racconti. Probabilmente tra le due cose c’è un nesso misterioso.

    Se tutto questo ancora non vi basta, l’autore vi aspetta al bancone di qualche pub milanese: lui ci metterà la sua buona volontà nel farvi cambiare idea. Voi pagategli da bere.

    INTRODUZIONE

    Il tempo passa per tutti, anche per il nostro anti-eroe per eccellenza Axel Zilco. Ora si barcamena tra una taglia cinquantadue e una cinquantaquattro, per colpa dello slim fit, della birra e della schiuma che affollano i suoi ex addominali, sebbene il cervello sia ancora snello e potrebbe ancora, solo lui, sfilare in passerella.

    Certo avrebbe voluto fare altre cose nella vita; per esempio gli sarebbe piaciuto occuparsi di astrofisica ed invece rimane un astro che non ha più il fisico.

    Non ha alcuna dipendenza dall’alcol e dal fumo. Sono loro i suoi dipendenti. Li paga in nero, li paga in noir. Può liberarsi di loro quando vuole, ogni volta che gli pare, nonostante i sindacati. Ma il fatto è, che loro due, i suoi indipendenti dipendenti, minacciano di licenziarsi. Sono pendagli da forca e la forca è Axel. Potrebbe anche liberarsi di loro ma gli dispiacerebbe creare dei nuovi disoccupati.

    Purtroppo è solo Axel Zilco. Per fortuna è solo Axel Zilco.

    Per sfortuna del solito serial killer, a piede libero per Milano, Axel tornerà in azione con l’aiuto dei suoi fidati compari, del Commissario suo amico, di una ex fidanzata ricomparsa dal nulla e di nuovi insospettabili compagni d’avventura. Natale si sta avvicinando ma nessuno ha troppa voglia di festeggiare, soprattutto gli immigrati che continuano a cadere come mosche sotto i colpi di un infaticabile cecchino dal grilletto infallibile. Tutti uccisi da un unico proiettile sparato da un fucile di precisione. Un lavoro da professionisti. Criminali, imprenditori e politici (spesso sono sinonimi) sembrano di colpo interessarsi alla nuova emergenza immigrati. Per trovare una soluzione degna di questo libro, Axel dovrà scavare fino al cuore nero della sua città, dove niente è come sembra, dove sotto le luci sfavillanti, si agita una metropoli oscura, incazzosa e, purtroppo, sempre attuale.

    ALEX COLZI

    Alessandro Colzi (Alex per gli amici e nemici) colloca le avventure del suo personaggio in un tessuto della più bella tradizione: il romanzo poliziesco d’azione (seppur ironico), con tutti gli elementi costitutivi ormai divenuti canonici: la situazione di morti ammazzati, l’eroe, il cattivo (spesso più d’uno), il Commissario della Polizia, la donna (necessariamente bella), gli amici fidati. Ma poi svuota questi elementi della loro serietà, ne rode la carica aggressiva, mette in discussione la loro posizione in un universo letterario preordinato, in modo che la realtà della finzione decade e il lettore viene coinvolto in un procedimento consapevolmente fittizio, quasi in un racconto di gioco. La tecnica che usa, per arrivare a questo scopo, consiste nel costruire l’intero meccanismo narrativo sulla contrapposizione dei due livelli del racconto, la storia ed il discorso. Infatti, mentre la storia si struttura, secondo le regole fondamentali del codice giallo-thriller prefissato, il discorso nega tale sovrastruttura, denunciandone la banalità e l’ironia, attraverso alcuni procedimenti che possono essere ricondotti all’uso della prima persona in funzione dissacrante (dell’eroe stesso) e all’uso della lingua italiana spesso in modo spregiudicato e di rottura della tensione.

    Alessandro Colzi – forse senza saperlo – ma non ci credo, dà una mano decisiva all’evoluzione del moderno giallo.

    Paolo Roversi – Corriere della Sera

    PROLOGO

    Alle porte della stagione invernale, chissà perché, Milano diventa più cinica ed infame del solito. La foschia, l’umidità, ti scendono addosso di colpo, avanzando con fendenti al basso ventre che s’insinuano fra le crepe fisiche ed emotive del tuo corpo. E’ la stagione in cui la gente si adatta a vivere come sott’acqua, col buio che arriva presto, in una sorta di bolla piena di echi che nessuno ascolta. Qualche pensiero cattivo di troppo si affaccia nelle menti asfittiche e finisce su decolleté plastificati o su improbabili status di Facebook e Twitter. E’ anche la stagione dove si muore di più: secondo le statistiche, tra i morti suicidi, uno su due, decide di compiere l’ultimo passo proprio nei mesi tra Novembre e Febbraio. Certo la malinconia del Natale, i forzati festeggiamenti di Capodanno e le delusioni post San Valentino non fanno che accrescere il malcontento.. se poi ci aggiungiamo anche i morti ammazzati di proposito allora siamo messi proprio male. Evidentemente, un cattivone in libera uscita, quest’anno aveva deciso di aggiornare le statistiche. In peggio.

    Aamar non lo sapeva ma presto anche lui sarebbe finito dentro le statistiche. Quanto presto? Siccome sono uno preciso, vi dico otto minuti esatti. Evidentemente questo ragazzo, immigrato clandestino dal Sudan, non lo poteva sospettare, altrimenti credo che avrebbe trascorso questi ultimi pochi minuti in una maniera diversa da ciò che stava facendo ora, rollarsi una canna dietro un cespuglio di fronte ad un distributore di benzina a Lampugnano, zona nord ovest della città. Fumava e beveva troppo e stava già mentalmente contando i soldi che avrebbe guadagnato da quel colpo. Magari dopo avrebbe chiamato sua madre, in Sudan, per salutarla, e poi sarebbe andato a farsi un kebab, perché da bambino, i vecchi del villaggio gli avevano raccontato che il viaggio per il paradiso è lungo ed è sempre meglio riempirsi la pancia quando se ne ha la possibilità. Aamar era un tipo a posto, e quando dico così, voglio dire che non pippava la droga che spacciava. Ogni tanto arrotondava i compensi lavorando per una banda di bulgari specializzati in furti elettronici. Cosa che proprio in quel momento si stava accingendo a fare. Sei minuti prima di morire avvistò una Nissan Micra grigia fare il suo ingresso nell’aerea di servizio; vide il suo conducente affaccendarsi al quadro comandi del distributore automatico soffiando di tanto in tanto sulle mani e pestando i piedi al suolo per difendersi dal freddo. Cinque minuti prima di morire, Aamar aspettò pazientemente che il cliente avesse finito di fare rifornimento, avesse riappeso la pistola e fosse risalito sulla propria auto. Poi si diresse verso il distributore guardandosi intorno circospetto per evitare d’incrociare un’altra auto, magari della Polizia – sai che ridere – bisognosa di fare il pieno. Quattro minuti prima di morire, una volta accertatosi di essere solo, estrasse dalla tasca posteriore dei jeans, una pinzetta e con quella afferrò il sottile skimmer che era stato preventivamente introdotto nella fessura del Bancomat del benzinaio; lo skimmer, gentilmente fornito dai bulgari, consisteva in una pellicola trasparente metallica e flessibile, simile ad una carta di credito ma in realtà di debito per chi ci infilava incautamente la propria. Su di essa rimanevano impressi i dati della banda magnetica della precedente tessera. Tre minuti prima di morire, tornò col suo bottino, dietro al solito cespuglio e posizionò delicatamente lo skimmer su un lettore ottico delle stesse dimensioni ed inserì il tutto in un laptop appena acceso. Due minuti prima di morire, mentre il vento gelido novembrino gli sferzava la faccia, si collegò ad internet e rilasciò i dati bancari in un apposito sito, dove un hacker uzbeko o filippino, avrebbe finito per clonare la carta di credito/bancomat dell’ignaro automobilista; il sudanese provò un po’ di pena per quella persona: l’auto era solo un’utilitaria e magari aveva famiglia e faceva fatica ad arrivare a fine mese.. il rimorso durò circa cinque secondi. L’ultimo minuto della sua vita lo passò a cambiare la scheda Sim usata per la connessione internet (come gli avevano suggerito gli esperti bulgari) e a fantasticare di come stava salendo, passo dopo passo, la gerarchia del crimine, all’interno della sua fazione. Il mercato della clonazione delle carte di credito era ormai planetario, redditizio e abbastanza poco rischioso; si alternava con i più classici ed intramontabili smazzo di braccia extracomunitarie, smercio di merce avariata o contraffatta e i sempreverdi stupefacenti e prostituzione. Si concesse un secondo joint mentre si alzava nuovamente in piedi sgranchendosi le gambe intorpidite. Fece appena in tempo a notare come la precedente utilitaria fosse tornata indietro e avesse parcheggiato sull’altro lato della carreggiata, spegnendo ora sia il motore che i fari. Amanti pensò.. forse troppo poveri o troppo sposati per potersi permettere un hotel o una casa. O magari erano cittadini di Skullbone, in Tennessee, dove vige una legge per cui una donna non può dare piacere ad un uomo mentre sta guidando e i trasgressori possono finire dietro le sbarre fino a trenta giorni. Questo fu il suo ultimo pensiero. Almeno, un pensiero formulato da una testa tutta intera. La coda del suo occhio registrò un lampo di luce nel buio e subito dopo cominciò a sentire uno strano prurito in mezzo alla fronte..in due secondi qualcosa di scuro gli scese davanti gli occhi.. Aamar morì ancora prima che le sue ginocchia, piegate forzatamente, toccassero terra. Se ne andò, in pratica, come aveva sempre vissuto: da uomo qualsiasi e senza lamentarsi.

    CAPITOLO PRIMO

    Era proprio il tipo di giornata nella quale non succede niente di niente. Appena alzati, ci si sente disperatamente quotidiani. Il tempo è grigio, il caffè sa di caffettiera e nella casella della posta solo pubblicità e bollette. Gli strilli giocosi dei ragazzini giù in strada, mi rendono noto che oggi è Sabato; niente scuola di Sabato per la maggior parte dei ragazzi. E siccome bisogna pure che prima poi sia Sabato almeno una volta alla settimana, non ho obiezioni da fare su questo punto, quindi scrivo e riconfermo che è Sabato. Ho un blocco di cemento nel cervello e i succhi gastrici in assetto da guerrilla, acqua è la prima cosa a cui penso, prima ancora di aver completamente aperto gli occhi e prima che i miei bulbi oculari mi schizzino dai gusci, come due lumache sotto un acquazzone primaverile. Mentalmente ringrazio di non vivere in uno dei diciotto stati, sui cinquanta totali americani, dove una legge vieta assolutamente di avere un’erezione visibile attraverso i pantaloni. Devo avere un faccia, post alcolizzata, tendente al blu, come la pista di Linate in una serata di nebbia. La seconda cosa a cui penso è la serata di sesso appena trascorsa, probabilmente l’ultima, con questa tizia con la quale ho trascorso le ultime settimane. Non chiedetemi il suo nome; non perché non me lo ricordi ma perché rappresenta il classico stereotipo di finta relazione tipica milanese: una pseudo-frequentazione ascrivibile alla categoria storia-tra-due-persone-che-escono-da-altre-storie, una cosa così, senza futuro anche se può dimostrarsi mediamente piacevole. Continuava a trascinarmi a presentazioni, mostre, vernissage, feste dove non mancavano mai i free drink e nemmeno quella sorta di mobilio umano che in condizioni normali non sarebbe utile nemmeno per un fare un falò sulla spiaggia. Posti dove, all’ingresso, potevo regolarmente fregiarmi del titolo nobiliare di più uno. Giusto ieri sera ci siamo imbattuti in una tipica tavolata milanese del venerdì sera, dove sono tutti, in qualche modo distorto, artisti e liberi professionisti, vanno tutti dall’analista o ci dovrebbero andare, dove il 90% di loro ha fatto l’Erasmus a Granada, ha girato un cortometraggio, scritto poesie, è stato vegano e stanno valutando l’idea di trasferirsi in qualche posto figo all’estero per esaminare un’interessante opportunità di lavoro. Che palle. Ma chi sono io per giudicare la Sagra della tartina a scrocco, del Prosecco spesso servito nei bicchieri di plastica, per giudicare una serata iniziata rincorrendo discorsi di lavoro, proseguita con lo svacco completo e conclusasi nella dissipatezza più totale? Proprio nessuno. Infatti, non giudico, ci sguazzo dentro. Perché io, per chi avesse l’ardire di non conoscermi ancora, sono Axel Zilco, noto sfaccendato milanese doc, che trascorre il tempo senza preoccuparsi di dover guadagnare il pane quotidiano grazie ai proventi di una casa vinicola, di cui sono co-erede, ben avviata. Ma non pensate che io sia un clone di quell’imbelle pseudo latin lover di barbetta bianca munito, che impazza in questo periodo sui rotocalchi di gossip e social network, anch’esso erede nullafacente di un’importante azienda farmaceutica. Tutt’altro. Tra i miei hobby non figuravano yacht, improvvisate da DJ, lancio di idee imprenditoriali tutte fallite miseramente e il rischiare la vita praticando sport estremi.. piuttosto, io preferisco rischiare la vita in senso classico, nel corso d’indagini non ufficiali sulle recenti inchieste milanesi circa alcuni assassini, in veste di informatore degli sbirri – grazie alla mia amicizia con il loro Commissario - , scrittore a tempo perso e, ultimamente, blogger su alcuni siti di divulgazione news meneghine, una sorta di MilanoNotizieH24. Di solito con i miei interlocutori abituali ometto la prima qualifica; agli occhi della tipica fauna notturna milanese, asessuati ed arrivisti con tanta autostima mal riposta, non importa nulla. Quella me la tengo per quando voglio fare colpo veramente. Si deve pur sopravvivere in una città post-Expo, che tutto doveva abbellire, e dove ora, tra i nuovissimi palazzi sembra esserci uno schizzo di pittura dato fuori tempo massimo e che rilascia un senso di tristezza, come un clown che arriva in scena sorridendo quando il circo sta già levando le tende. Bisogna barcamenarsi tra professionisti disillusi, che quando si rendono conto che nemmeno a loro succederà qualcosa di memorabile e che tanto auspicavano, mentre si specchiano tra i suddetti nuovi grattacieli, cominciano ad esagerare.. con i ritocchi estetici, con gli status borderline sui social network, con le dimensioni delle case (donne) e delle auto (uomini), qualsiasi cosa pur di aggrapparsi all’illusione di ciò che manca loro dentro. IO al vuoto ho dichiarato guerra. IO, a Milano, ci sguazzo. E, nel frattempo, cosa faccio? Beh, come diceva Massimo Ciavarro, Io,

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