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L'istinto materno nuoce gravente alla salute. Cronache estemporanee di una M.A.M.M.A. in divenire
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L'istinto materno nuoce gravente alla salute. Cronache estemporanee di una M.A.M.M.A. in divenire
E-book166 pagine1 ora

L'istinto materno nuoce gravente alla salute. Cronache estemporanee di una M.A.M.M.A. in divenire

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Info su questo ebook

CHI LO HA DETTO CHE DI MAMMA
CE N’È UNA SOLA?
Attraverso 52 cronache e altrettante settimane, l’io narrante racconta la propria nascita: dal parto al primo compleanno della figlia, in un tortuoso percorso che la vede nascere ogni settimana in una nuova versione di sé. La protagonista si ridefinisce man mano che si confronta con sua figlia, con il mondo esterno, ma – soprattutto – con se stessa, in un doloroso eppure divertente faccia a faccia.
Il libro spazia da una dolorosa comicità a uno sguardo disincantato e polemico sulla società; da una nostalgia per un ideale irrealizzabile a un consapevole ma sofferto bisogno di far esplodere gli stereotipi.
Superando la consueta dicotomia della maternità come benedizione o malaugurata sorte, questa raccolta di cronache dolce-amare descrive con ironia e schiettezza la costruzione di una nuova identità multivalente: quella di una M.A.M.M.A.
 
LinguaItaliano
Data di uscita16 mag 2018
ISBN9788868226886
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    L'istinto materno nuoce gravente alla salute. Cronache estemporanee di una M.A.M.M.A. in divenire - Debora Porfiri

    Debora Porfiri

    L’ISTINTO MATERNO NUOCE

    GRAVEMENTE ALLA SALUTE

    Cronache estemporanee di una

    M.A.M.M.A. in divenire

    Proprietà letteraria riservata

    © by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy

    EDIZIONE EBOOK 2018

    ISBN: 978-88-6822-6

    Via Camposano, 41 (ex via De Rada) - 87100 Cosenza

    Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672

    Sito internet: www.pellegrinieditore.it - www.pellegrinieditore.com

    E-mail: info@pellegrinieditore.it

    I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

    A Clizia Rosa, che ha saputo aspettarmi.

    A Mikaël, semplicemente superlativo.

    A Elia, che mi ha ingrandito il cuore.

    Che confusione sarà perché ti amo

    è un’emozione

    che cresce piano piano.

    Ricchi e Poveri

    1a SETTIMANA

    Sotto il segno del pesce

    Se devo essere sincera, il mio primo ricordo è quel gusto di zafferano sulle mie papille arse. Non il primordiale vagito di mia figlia, e nemmeno la sua nuca berlusconiana: improbabili capelli da Playmobil scolpiti a suon di bruciori di stomaco. Altri ricordi potrebbero sgomitare per occupare il podio di quella mattina: l’improvvisa senzazione di svuotamento – risucchio volgare e irriverente – o la pungente, sorprendente sutura: drastico ritorno alla realtà post-epidurale. No, tutto ciò non è che sottofondo al ricordo preponderante: lo zafferano. Tutto era cominciato pochissime ore prima. Come da copione, perdita delle acque in piena notte, da una parte e dall’altra del letto (Mosè stesso non avrebbe saputo far di meglio). Reduci da corsi pre-parto e letture post-coito, ci lanciamo a capofitto in quel breve tunnel che ci avrebbe portati da duo a trio, da dittico a trittico, da duetto a terzetto. Insomma, da noi a noialtri. Capeggiati da una zenitudine senza precedenti, attraversiamo incolumi le tappe abluzione-vestizione-colazione. Dopodiché saltiamo sul taxi che ci avrebbe traghettati all’ospedale accompagnati dal liquido caldo che mi accarezza le gambe. Una volta alla maternità, il mio pensiero si posa sulle calzette a righe grigie e nere che nella fretta avevo indossato: così infantili e quindi inadatte a diventare genitore, soprattutto se si considera che quelle calze sarebbero state in primo piano in sala parto! Avrei dovuto pensarci prima, invece di sprecare tempo a riempire una valigia di indumenti immettibili 24 ore dopo il parto. Le calze – dovrebbero dirti – le calze saranno l’unico dettaglio personale durante il parto. Sbucheranno da sotto il camice e vi ricorderanno chi siete e, soprattutto, chi state per divenire. Se qualcuno me lo avesse spiegato in questi termini, avrei selezionato delle calze lunghe e morbide, leggermente cascanti sul polpaccio, di un colore vivace, ma a tinta unita, per concentrarmi meglio. E invece eccomi con le mie calzette in mano all’ostetrica, da un lato, e a mio marito, dall’altro. Non saprei dire chi di più mi abbia piegato in due, se le contrazioni o il fou rire che mi ha colto a tradimento camminando verso la sala parto; poco importa che gli ormoni mi abbiano catapultato in una dimensione parallela dove mio marito fungeva da interprete tra il mio mondo e i camici bianchi; non conta sapere che malgrado le spinte a regola d’arte sia stato necessario ricorrere a medici e ventose. Ciò che conta veramente, se proprio devo essere sincera, è che era venerdì e a pranzo c’era pesce allo zafferano. Così quel giorno sono nata M.A.M.M.A.,

    Mostruosamente Affamata Malgrado il Mio Affanno.

    2a SETTIMANA

    La canzone di Mutandella

    Se devo essere sincera, mi ero illusa che la transizione sarebbe stata rapida e indolore: da gravida a sgravida, da pancione a pancino, da mutande premaman a mutande e basta. E invece! Invece vivo intrappolata in un limbo tra un prima e un dopo che tarda ad arrivare. Basti pensare alla valigia che innocentemente mi ero portata all’ospedale, colma di vestiti normali – chiaramente comodi e ampi – e straboccante di tante speranze su come sarei stata, poi. Inutile dire la mia delusione quando ho scoperto che in quei vestiti non solo non ci entravo, ma neanche mi andava di indossarli avendo perso qualsiasi interesse per la mia apparenza. Altro che pacchetto-estetista-post-parto-per-foto-fantastiche-da-pubblicare-sui-social. Ho girato in camicia da notte per una settimana e, ovviamente, nessun photoleak rileva quella negligenza. Non che oggi come oggi la situazione si sia del tutto normalizzata, infatti conservo gelosamente una reliquia dei primi giorni: le tanto inestetiche ma così comode mutande a rete. Premetto che mai prima d’ora ne ero venuta a conoscenza, trattandosi probabilmente di un segreto ben conservato nella setta delle partorienti. Poi, in ospedale, ho scoperto la necessità di questa rete da pesca usa-e-getta per intrappolare la sogliola assorbente di mezzo chilo che ancora oggi mi ritrovo tra le gambe. E da lì è bastato poco per ritrovarmi, anch’io, imprigionata nelle maglie di questa soluzione di facilità, ma di certo non di felicità per chi mi sta accanto. Lo stesso inaspettato bimbo-limbo lo sto sperimentando riguardo ai sentimenti post-parto. Anche in questo caso, partita all’ospedale gonfia di liquido amniotico e di aspettative, mi ritrovo qualche contrazione e giorno dopo sgonfia di entrambi. Un po’ come se l’anestesia peridurale si fosse diramata al mio sistema emotivo, condannandomi in un luogo dove le emozioni non sono più quelle che furono, ma ancora non sono quelle che un giorno (spero) saranno: sospesa tra un fresco ricordo e una vana speranza. Nell’attesa, non mi resta che occuparmi della creatura che mi hanno estratto dal corpo, cercando di sentire quello che so che dovrei provare, ciò che vorrei fosse scattato al momento del parto, così come una fetta tostata salta fuori al momento opportuno. Pure con un solenne drin. Lo vedo anche negli occhi altrui che mi scrutano per individuare i primi segni di amore materno sul mio volto. Però, se proprio devo essere sincera, io faccio di tutto per dissimulare ciò di cui mi vergogno ma che al momento è ineluttabile: come le mutande a rete. Chissà, forse cambiando queste anche il resto seguirà, liberandomi dal mio limbo di M.A.M.M.A.,

    Maledetta Appesa in Mutande a Mezz’Aria.

    3a SETTIMANA

    Nessuno mi può medicare

    Se devo essere sincera, a questo non ero preparata. A tutto il resto sì, grazie ai corsi pre-parto, le letture pre-parto, le amiche pre-parto. Tutti eccellenti canali informativi riguardo alla montata lattea, le notti insonni e persino il baby blues, che ormai è così in voga che se al terzo giorno non ce l’hai ti senti fuori moda. Ma a questo no, nessuno ti prepara. Anzi, in gravidanza tutto sembra volto ad attirare l’attenzione sulle floride metamorfosi corporee e sulla consapevolezza carnale per vivere appieno il parto. Poi, tutto d’un tratto e senza alcun preavviso, il corpo della puerpera passa non in secondo, ma in terzo, quarto piano quando l’accento viene posto sui sentimenti, la relazione con il neonato, le gioie e le difficoltà di un neo-genitore. Ma il corpo in tutto ciò? Vuoi vedere che tra un pre- e un post-

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