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Il destino di un Amore
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E-book344 pagine4 ore

Il destino di un Amore

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Info su questo ebook

Lily Brown giovane veterinaria di 25 anni, lavora in uno degli studi più prestigiosi della grande mela.
Un imprevisto lavorativo e l'imminente compleanno della sua amata prozia Marge, la spinge a far ritorno nella sua città natale, tra le amate montagne del Vermont, che in questo particolare periodo dell'anno si svestono dei loro caldi e vibranti colori per accogliere l'inverno.
Lily si ritroverà a passare le due settimane più sconvolgenti e intense della sua vita.
Tra balli, canti, gare, falò in riva al lago, Lily dovrà prendere una decisione importante, che ne andrà del suo futuro e anche del suo cuore.
Tra il calore della sua allegra e rumorosa famiglia, le fastidiose zie e l'incontro con un uomo che la travolge come mai nessuno altro è riuscito a fare, le sue convinzioni vacilleranno.
Lily capirà che ciò che ha sempre sognato di avere per essere felice, è proprio lì davanti ai suoi occhi e tra le sue amate montagne...?!
LinguaItaliano
EditoreAriel
Data di uscita28 giu 2018
ISBN9788828344896
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    Anteprima del libro

    Il destino di un Amore - Lucia Buono

    voi.

    Capitolo 1

    Ecco, come al solito sono in ritardo, un ritardo assurdo. Eppure la sveglia ha suonato, eccome se ha suonato, l’ha sentita tutto il vicinato e forse il sibilo è stato percepito persino su Marte. Corro da una parte all’altra della stanza, per trovare le mie scarpe preferite, un bel paio di converse usurate e quasi da buttare come direbbe la mia tanto amata mamma…ma io le definisco semplicemente vissute. Non riesco a separarmene. Mi hanno accompagnato nei più importanti esami che ho superato e persino durante la festicciola non tanto sobria, organizzata da alcune mie colleghe dopo il mio ultimo esame che mi dichiarava in maniera non ufficiosa, dottoressa in medicina veterinaria. Ho sempre preferito gli animali alle persone e ho seguito il mio istinto. Non è stato facile, ma il gioco n’è valsa la candela.

    Finalmente ritrovo una delle mie tanto agognate scarpe, di un bel colore verde menta, ma non vedo l’altra, così mi dirigo verso l’unico indagato. L’unico che potrebbe avere qualche interesse nel nasconderla, Zeus. Infatti, appena varco il salotto vedo un ammasso di peli marrone che mi dà il suo fondoschiena come benvenuto. Appena mi avvicino e mi sente, gira il suo testone e mi guarda con i suoi grandi occhi caramello in modalità non ho fatto nulla. È colpa tua se possiedi scarpe così buone con cui giocare. Ebbene, una delle mie amate scarpe è proprio tra le sue fauci.

    L’ha praticamente lavata, ed è inutilizzabile. Devo ricordarmi di metterla in lavatrice al più presto, così entro in piena modalità mamma cattiva ... mi riprendo la scarpa tutta sbavata e inizio a sgridarlo, ma il furbetto sa che basta guardarmi con i suoi occhi da cucciolo indifeso per impietosirmi e alla fine invece di punirlo finisco per fargli le coccole e dargli anche qualche croccantino in più. È difficile la vita di una mamma single!

    Appena arrivo in ambulatorio dove da parecchi mesi presto servizio come aiutante del pluripremiato dottor Henson, mi squilla il telefono che ho in borsa, lo tiro fuori e guardo chi è che mi cerca alle sette e mezzo del mattino. È Megan, la mia sorellona brontolona. Le rispondo al quinto squillo tanto per vedere se desiste dal suo intento, e invece no, continua imperterrita. Così cedo e rispondo nel modo più carino che mi riesce.

    «Ciao, sorellona. Sono indaffaratissima, ho dormito poco e sono già esausta. Devo visitare e medicare i deretani di alcuni gatti e fare un’iniezione ad un porcellino d’india, quindi sii veloce.» Dall’altra parte vi è un iniziale silenzio e quasi esulto che sia caduta la linea e invece sento: «Ciao anche a te scorbutica che non sei altro. La mamma l’altro giorno pensava che non ti stessi facendo sentire perché lì a New York qualche tipo strano ti avesse rapita. Ma io ho cercato di tranquillizzarla nel dirle che sarebbe stato un vero miracolo che qualcuno decidesse di stare di sua spontanea volontà in tua compagnia.» Risponde in tono irriverente. Tutta routine. Io e mia sorella non potremmo essere più diverse, sin da piccole, lei era quella che si prendeva sempre troppo sul serio, mentre io ero semplicemente Lily, la combina guai e goffa della famiglia. Ma nonostante ciò ci vogliamo un gran bene e ci sentiamo quasi tutti i giorni. Lei continua a parlare mentre io cerco di legare i capelli con una mano sola.

    «Mi devi aiutare, è arrivato quel periodo dell’anno che odio più del giorno di San valentino! Ed è tutto dire…» Un attimo di silenzio e riprende: «Tra una settimana è il compleanno della prozia Marge, e non so mai cosa farle! Avevo pensato ad uno specchio dato l’abbigliamento con cui va in giro, ma poi ho pensato che mi odierebbe anche più di quanto già non faccia. E quindi mi rivolgo a te. Tu le sei sempre piaciuta, anche se non me ne spiego il motivo, ma questa è un’altra storia! Allora mi aiuti?» Ci penso un attimo e inizio a ridere, mia sorella Megan non chiede mai favori e sembra che niente e nessuno possa farle paura, solo la prozia Marge, che tutti in paese ritengono effettivamente una strega. Incute timore ma anche rispetto tra gli abitanti della cittadina. Comunque, mentre srotolo della carta per i pazienti che di lì a poco sarebbero arrivati, rispondo: «Perché non le compri un incensiere, o una scopa con cui possa volare tra le montagne, oppure dei talismani. Le potrebbero servire durante i suoi rituali pagani e danze liturgiche.»

    La sua risposta non si fa attendere «Stai scherzando? Faccio finta di non aver sentito. Dimmi cosa le regalasti l’anno scorso, mi ricordo che ne rimase molto felice. Cos’era?»

    Rispondo in maniera quasi orgogliosa: «Un grimorio»

    «Che cosa?» Risponde con voce stridula.

    «Un grimorio. Ogni strega possiede il suo Grimorio personale chiamato anche Libro delle Ombre dai Wicca. Esso va tenuto nascosto e al sicuro ed è una sorta di diario personale della strega, nella quale essa stessa, di proprio pugno, trascrive le formule, gli incantesimi, i riti, traccia i pentacoli e tutto ciò che le è utile per fare ciò che fanno tutte le streghe.» Mia sorella dopo alcuni secondi di esitazione dichiara: «Spero che quei gatti ti facciano i bisogni in testa!». Riaggancia senza neppure salutare. Quanto amore!!!

    Mia sorella ha pensato che stessi facendo la solita scema e invece non ho mentito. Sfortunatamente.

    La prozia Marge è una donnona di oltre un metro e settantacinque, io sono più bassa di lei, per esempio, ed è sempre stata una donna particolare, se non addirittura un po' squinternata. Sin da bambina ricordo i suoi vestiti lunghi e rigorosamente neri. La sua adorazione per i cappelli di varie forme e modelli e il suo amore spropositato per le erbe. Ricordo ancora tutti gli intrugli che realizzava per quelli del paese che le chiedevano consiglio. Ricordo anche le sue amiche, tutte alquanto surreali. Le loro incredibili Réunion, divennero leggenda, si danzava e venivano preparate delle pozioni che spacciavano per bibite profumate. così da sempre ho avuto la certezza che la mia cara prozia fosse una strega, scampata da qualche rogo di un’epoca lontana e sempre pronta a mettere il naso nelle faccende altrui.

    Ricevo il mio primo paziente e inizio a sorridere nel pensare a quanti anni avrebbe compiuto realmente quest’anno la prozia!?E chi può dirlo? Forse avrebbe compiuto anche più anni delle montagne che hanno accompagnato la mia infanzia, nel Vermont.

    Dopo aver terminato tutte le visite e aver preso una bella limonata fresca a un chioschetto di fronte l’ambulatorio penso a quanta strada ho fatto in pochissimo tempo. Ho lasciato la mia famiglia, la mia amata casa e le mie adorate montagne del Vermont per trasferirmi nella sfavillante New York per conseguire gli studi, e dopo ben cinque anni di sacrifici e lontananza, adesso lavoro in uno degli studi veterinari più prestigiosi per la cura degli animali, accanto al famoso ed eccelso dottor John Henson, che rilascia interviste solo sulle riviste più all’avanguardia del settore. È un onore essere una sua discepola, ma a volte, anche se poche, l’incrollabile forza e coraggio che mi ha sempre contraddistinta vacilla. Di notte, nel mio fin troppo grande appartamento che si affaccia su Madison Avenue, sola nel mio letto oversize, la mente mi riporta ai ricordi della mia amata terra, i miei tanto venerati boschi così profumati e silenziosi che mutano forma e colore con il passare delle stagioni e che hanno il potere di regalare panorami mozzafiato. E la cosa che più mi mancava era un posto, il posto che più di tutti mi faceva sentire libera e a casa: il lago Salem. Un gioiello incastonato tra le montagne. Un paradiso in qualsiasi momento dell'anno. In estate, l’acqua del lago stupisce con le sue varie sfumature di verde smeraldo e acque così limpide che diventano la meta preferita per chi ha voglia di bagni ristoratori sino al tramonto; in primavera i boschi che circondano il lago creano una poesia di colori: muschi e fogliame assumono tutte le sfumature del verde più brillante; in autunno i colori iniziano a mutare e dal verde si passa ad un tripudio di colori accesi, vibranti, superlativi e anche l’acqua del lago sembra cambiare, i suoi colori si spengono leggermente ed essa assume un colore più tendente al grigio, ma allo stesso tempo rimane limpido e trasparente; in inverno, invece i colori caldi dell’autunno ci abbandonano e le foglie cedono il loro posto ai rami spogli e secchi che a loro volta si preparano ad accogliere le temperature più basse e all’arrivo della coltre bianca. Quest’ultimo periodo, il mio preferito, è perfetto per gli sport sulla neve e per ammirare il meraviglioso paesaggio circostante che risulta quasi fiabesco.

    Assorta nei miei pensieri vengo riportata alla realtà, dall’ennesima telefonata che ricevo in giornata. Chissà chi sarà adesso? Il papà, o forse di nuovo Megan? Oppure questa volta la piccola Jenny, mia sorella minore?! Chi? Chi?! Sono così stanca da volere solo tornare nel mio appartamento, fare una doccia bollente, indossare un enorme pigiama e immergere la faccia in un pacchetto di patatine al formaggio, e se non fossi crollata subito, avrei finito quel romanzo che ormai giaceva da fin troppo tempo sul comodino.

    Ripesco il telefono dalla borsa e rispondo al quarto squillo, la mamma, Janet.

    «Ciao, polpettina mia. Come stai? Hai mangiato? Lavori tanto eh? Non ti stancare troppo mi raccomando…» Dopo altri dieci minuti di continue domande, finalmente riesco a far partire una parvenza di comunicazione tra madre e figlia. «Sto bene, nonostante mangi tante schifezze sono ancora viva, cammino, curo gli animali ma non prometto nulla sul proferire parola ... magari tra un po' non mi sentirai più e non potremmo comunicare per qualche giorno, o settimana o anche addirittura qualche mese, ma tu non temere a volte capita, soprattutto alle figlie che lontane miglia da casa devono subire tutti i giorni lo stesso interrogatorio.» Possibile che la mamma non si rendesse conto che la sua cara figlia di mezzo, di ormai venticinque anni è in grado di sopravvivere anche senza le sue intromissioni giornaliere? Mia madre non risponde immediatamente perché è abituata alle mie stoccate, che lei per giunta continua a pensare che siano siano battute…è da scusare, era così abituata con le mie sorelle, con mio padre e con tutta la sua enorme e chiassosa famiglia che ricorda tantissimo Il mio grasso grosso matrimonio greco.

    «Oh, che birbantella che sei, comunque io ti aspetto per venerdì pomeriggio così poi sabato ci aiuterai nell’organizzare la festa di compleanno alla Prozia Marge… Ho pensato che potresti prendere l’aereo nel primo pomeriggio così…» Io, però non la sento quasi più, la sua voce mi arriva ovattata. Non è possibile. Mi sono dimenticata di dirle che non ce l’avrei mai fatta ad andare. Dovevo lavorare. Non potevo lasciare i miei pazienti pelosi nelle grinfie degli specializzandi appena arrivati. Chissà cosa avrebbero potuto combinare con i loro deliri di onnipotenza. Dovevo dirglielo e subito. Un po' come si fa con i cerotti. Si levano in un colpo solo per non sentire molto più male dopo.

    Mentre sto per dirle No, mamma non posso. Io lavoro a New York, sai? Non proprio dietro l’angolo. Mi pagano un botto solo per fasciare la zampa di una cagnetta che ha dei vestiti più costosi e alla moda dei miei, ho delle responsabilità, e poi la prozia è vissuta per secoli, sfuggendo anche alla caccia alle streghe di Salem, resisterà all’anno prossimo per festeggiare nuovamente insieme. Sento la mamma dirmi delle parole che a orecchie estranee potrebbero sembrare innocue, mentre a me suonavano come velate minacce: «Devi esserci, la prozia ci tiene e poi sai, andando avanti con l’età non si può mai dire quale sia l’ultimo compleanno che si festeggia…quindi vorremmo organizzare una festa indimenticabile, una che quelle che nei dintorni di Burlington non vedono da anni. Parteciperà tutta la cittadina.» Quando cerco di ripetere e formulare il discorso fatto in precedenza, mi esce solo: «Certo, mamma come potrei perdermi uno degli innumerevoli COMPLI-CENTENARI della mia amata Prozia?! Ci sarò.»

    «Ecco brava polpettina, non vedo l’ora di vederti, sono sicura che non stai mangiando come si deve, lo sento… non è che poi mi diventi un’acciughina?! Buona serata tesoro, ci sentiamo domani.» Mentre mia madre ancora straparla penso che: A) avrei dovuto trovare il modo per prendermi dei giorni dal lavoro e purtroppo in quello studio era difficile ottenerne … e B) non sarei mai stata un’acciughina. Mia madre ci vede?! Ma come ci sarei mai potuta diventare? Ho le ossa grosse, o almeno è la scusa che più mi piace usare. La verità è che non sono mai stata una silfide, anzi non mi si può dire che non abbia curve, ne ho fin troppe, pari alla Lombard Street. Ma questo è il prezzo da pagare se ci si ingozza di gelati Ben & Jerry’s e si trangugia solo cibo d’asporto, e si è recidivi, oltretutto!

    Capitolo 2

    Un uomo mi sta palesemente palpando e baciando e sembra essere anche molto sexy dai capelli folti e scuri che sto sfiorando con le mie dita…ma dopo neppure due, tre baci di prova mi sento come se fossi in una lavatrice…praticamente una cosa disgustosa. Vi è mai capitato di fare un sogno che poi si trasforma in un incubo? È soprattutto vi è mai capitato che in sogno stia accadendo una cosa molto simile a ciò che sta avvenendo nella realtà? È quello che sta succedendo a me! Il mio inconscio mi stava avvertendo. Non so cosa sia peggio se lo sbavatore umano o canino. Esatto è Zeus che mi ha lavato completamente la faccia. Lo fa per dispetto l’indemoniato quando per tutta la notte mi giro e rigiro nel letto non prendendo sonno in maniera del tutto compulsiva. Evidentemente con la mia agitazione ho disturbato anche il suo sonno di bellezza e lui per ripicca mi fa un bagno con la sua bava. Ormai ci sono quasi abituata e per giunta penso che questa sostanza appiccicosa abbia degli effetti benefici sul viso un po' come quella delle lumache. Presto o tardi prenderà piede e la useranno nella cosmesi. Purifica e dona lucentezza alla pelle, ora non so se sia veramente per via della bava o per il tempo in più che impiego sfregandomi la pelle per essere sicura di essermela tolta. Comunque è uno dei risvegli più affettuosi che ricevo da tempo. Non ho una relazione da troppo tempo se non contiamo quella che ho con il divano. L’ultimo con cui sono uscita era un avvocato, un uomo tutto d’un pezzo… appunto, pensava solo con un pezzo…quello! Dopo qualche serata di semplice conoscenza che puntualmente aveva offerto la sottoscritta, (alla faccia della cavalleria) il signorino mi saltò addosso quando eravamo ancora nel taxi. Più volte con tutta l’educazione e la calma possibile lo intimai ad allontanarsi perché non gradivo quella vicinanza forzata, ma non mi diede altra scelta, mi difesi nell’unico modo che avevo imparato tanto tempo prima da un ex militare adesso in pensione, mio padre, un bel pugno sul naso. Neanche a dirlo cominciò a piangere come un bambino e per finire in gran bellezza dovetti pagargli anche la corsa che lo avrebbe portato in ospedale, questo perché non portava con sé contanti per paura di essere rapinato, neanche fossimo in New Mexico.

    Una donna più sventurata di me esisteva?!

    Non che mi piacesse poi tanto, anzi a dirla tutta non mi piaceva affatto. Ma almeno mi autoconvincevo di avere una qualche parvenza di vita sentimentale. Mi dicevo: almeno frequenti un uomo in carne ed ossa e non solo esseri pelosi a quattro zampe che come regalo ti lasciano solo peli e bava.

    Per giunta, cosa più importante, quanto mi era mancato l’essere corteggiata! Non che l’abbia fatto in maniera impeccabile, anzi. Solo la prima sera a stento mi ha portato un mazzo di fiori con delle gerbere al suo interno e dopo neanche cinque minuti ho rischiato l’asfissia. Già quell’avvenimento mi avrebbe dovuto fermare dal continuare a trovarci qualcosa di bello in maniera forzata. Non sono mai stata brava in questo tipo di cose, ma almeno speravo di riuscire a provare qualcosa. E invece nulla, neanche un aumento impercettibile del battito cardiaco oppure uno sciame di farfalle impazzite nello stomaco che mi potessero indicare che fossi sulla strada giusta, quella dell’innamoramento. Cattivo segno. Forse non ero destinata a quello. Oppure a pensarci bene, forse, le farfalle le ho uccise prima che potessero svolazzarmi nello stomaco a colpi di antiacido, che assumevo tutte le volte che tornavo dai ristoranti super chic e super costosi che sceglieva l’avvocatuccio dei miei stivali.

    Riluttante mi alzo e corro a lavarmi e penso ininterrottamente dalla sera prima a cosa fare, se lasciare un messaggio in segreteria a mia madre (dato che non ce la farei a dirglielo a voce) e così deludere tutta la mia famiglia nel non andare alla festa della Prozia, un evento che non mi sono mai persa per nulla al mondo; oppure, chiedere un miracolo e riuscire a convincere il dottor Henson a darmi la libera uscita per qualche giorno. A pensarci appare tutto molto difficile, nessuno MAI si prende delle ferie, soprattutto non al primo anno di stage. E soprattutto non in quello studio, dove appunto lavoro e per giunta uno dei più rinomati della città. La mia vita è cambiata, loro dovevano comprenderlo e accettarlo!

    Arrivata in ufficio leggermente in anticipo per proporre al mio responsabile l’idea che mi era balenata in testa, cioè avere almeno tre giorni liberi da passare in Vermont, e che poi avrei recuperato all’occorrenza…mi sarei prostrata ai suoi piedi se fosse stato necessario. L’avrei fatto. Non potevo dare un dolore alla prozia. Appena entrata negli spogliatoi del personale, noto una calca di gente. Wow, tutti in largo anticipo stamani. Penso, in religioso silenzio. Che strano. Saluto, come faccio di solito con il mio enorme sorriso a trentadue denti ma non ricevo alcuna risposta, così mi avvicino alla lavagnetta alla quale tutti gli occhi dei presenti sono puntati. Di solito vi erano appesi i turni, ma questa volta rimango di sasso, impietrita, a leggere le uniche parole che mi rimbombano in testa: Licenziamenti. Tagli del personale. Siamo spiacenti.

    Ma la cosa che più mi stordisce è che fra i tanti vi è il mio nome. Il MIO! Lilian Brown.

    LILIAN BROWN. Dev’esserci un errore. Assolutamente.

    Inizio a balbettare e a non capire neppure io cosa voglio dire. Sono frastornata, furente e incazzata come non mi capitava dalla serata del ballo del diploma, quando il mio dolce cavaliere di allora mi vomitò sul vestito. Dato che non era abituato al ponce non lo resse e pensò bene che facesse pendant con la tonalità del mio vestito. Inizio a riformulare i miei pensieri e mi dirigo nell’ AREA AMMINISTRATIVA. Devo parlare con il dottor Henson.

    Mi trovo davanti alla sua orribile e silfide segretaria e così inizio a vomitargli addosso tutta la mia rabbia, ma lei in maniera così composta, facendomi sentire ancor di più un camionista in sua presenza, replica: «Il Dottor Henson ha semplicemente dovuto fare dei tagli e tra le teste che sono dovute cadere vi è la tua. Non è poi così grave.»

    Respiro profondamente. «La mia?? Ma brutta stronza che non sei altro! Altro che testa, a te farei cadere quegli artigli da velociraptor che ti ritrovi al posto delle unghie!»

    Il suo viso diventa rosso, un po' come quei pomodori troppo maturi che hanno le chiazze più vivide e continuo con il mio sproloquio.

    «Devo parlare immediatamente con il Dottor Henson! Deve darmi una spiegazione!». Ma la vipera bionda che fa?? Chiama la sicurezza…e prima di farmi portare via come una donna instabile e pericolosa, mi informa festosamente che il Dottor Henson è partito per un convegno in Sud Africa e che non tornerà prima di qualche settimana. Il tutto seguito da un ghigno malefico. La odio!

    Così scortata fuori, da due energumeni a cui ho sempre rivolto un sorriso da nove mesi a questa parte, irrimediabilmente ricevo occhiate di rimprovero e vengo trattata come un’invasata. Come cambia la vita! Riprendo i miei effetti personali e torno nel mio appartamento con l’animo in subbuglio e l’orgoglio sotto i piedi.

    Capitolo 3

    Dopo aver passato la serata tra depressione cronica, pianto disperato e la stranissima sensazione di libertà riconquistata, e solo dopo aver svaligiato la dispensa e aver mangiato di ogni, perché si sa, il cibo dona conforto e attiva le sinapsi, ho realizzato una cosa: posso partire per il Vermont. Stare anche più di quanto avessi previsto in precedenza e poi tornare per farmi riassumere. Perché DEVE farlo. Sicuramente ci sarà stato qualche errore.

    Sono una delle più brave stagiste di quest’anno. Non mi sono mai presa un giorno, neppure quando avevo l’influenza e con la mia andatura da bradipo ammalato attraversando la strada stavo per essere falciata viva da un taxi. Deve ringraziare anche quella volta che non picchiai un cliente. Mi aveva dato della pazza solo perché mi aveva ripetuto un triliardo di volte la storia del perché avesse chiamato il suo gatto Palla di neve …Lo volevo MORDERE! Ero in preda ai deliri da ormoni impazziti dovuti al ciclo mestruale. Ma non lo feci. Frenai la lingua e soprattutto i denti e non proferii parola. Neanche questo è stato apprezzato!

    Bene, posso partire. Yuppi. Tornare dalle mie amate montagne. Sentire l’inconfondibile profumo del bosco, dell’acero e del liriodentro e se fossi stata abbastanza fortunata avrei potuto assistere al foliage, uno degli spettacoli più belli al mondo quando la natura vira le sue chiome da verde speranza ai toni caldi del sole, prima di abbandonare le foglie al suolo. È un evento affascinante e suggestivo, regala emozioni uniche e ineguagliabili. Le foglie di ogni colore: rosso, giallo, arancione, marrone ci regalano il loro ultimo saluto.

    Mentre mi dirigo in cucina continuo a pensare.

    "Forse non

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