Non uccidermi
Di Erika Caser
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Info su questo ebook
La giovane Elisa, dopo essersi attardata a leggere racconti di fate, folletti e incantesimi in biblioteca si affretta a rientrare a casa per cena. Lungo il percorso, la sensazione di essere osservata la costringe a voltarsi per controllare, scorge così fermo in fondo alla strada, lo straniero, un signore appena arrivato da Milano, taciturno e imbronciato che gira sempre con una macchina fotografica al collo. Incerta se salutarlo o meno, si avvede solo all’ultimo del bellissimo lupo che le si para davanti. Fissandola negli occhi, con un cenno del capo l’animale la invita a seguirlo nel folto del bosco e Elisa, senza sapere bene per quale motivo, lo fa. Intanto, i suoi genitori, preoccupati del ritardo della ragazza, allertano le forze dell’ordine e tutto il paese si mobilita alla sua ricerca interrogandosi sulle dinamiche della scomparsa. Elisa è stata rapita? Da chi e perché? Oppure è scappata di casa, lei animalista e vegetariana, per sfuggire al rapporto conflittuale con il padre, cacciatore convinto poco sensibile alle scelte di vita della figlia? C’entra qualcosa la melanconia, spesso così simile alla tristezza, con cui la madre gestisce la quotidianità della famiglia?
Sarà una lunga notte. Magica e surreale. Un misterico viaggio di iniziazione: l’autentica felicità ci è sempre accanto, ma chiede a ciascuno di noi il coraggio di saperla cogliere. Una storia che ci spinge a soppesare le scelte grandi e piccole di ogni giorno, parlando al cuore con l’unico linguaggio che esso comprende: quello dell’amore.
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Anteprima del libro
Non uccidermi - Erika Caser
2013
1
Ricordi
La mia è una storia che racconterei mille volte, mille volte la vorrei rivivere. La ricordo come se fosse ora. Con la stessa emozione, con la stessa paura, con la stessa adrenalina che mi sentivo scorrere nelle vene.
Accadde qualche anno fa… e ancora oggi quello che sono diventata, lo devo a quella giornata.
Una sera di metà febbraio. Il tempo mi era volato via e io ero ancora lì, tra i miei appunti di letteratura e l’odore di libri della vecchia biblioteca. Trascorrevo le ore tra quegli scaffali di legno scuro e mi piaceva sentire il fruscio delle pagine. Il silenzio era interrotto qualche volta da Luis, il bibliotecario, che se ne stava lì seduto a sfogliare il suo giornale e beveva il the portato da casa. Il profumo della tisane che sua moglie gli preparava si diffondeva nelle stanze. Erano le erbe che lui, con tanta cura, raccoglieva d’estate sui pascoli dei nostri monti. Chiunque entrasse si ritrovava immerso in odori che ricordavano i fiori.
Luis, era un signore gentile, dall’aria serena e pacata, sempre pronto ad aiutare noi studenti. Si intratteneva spesso con noi ragazzi e ci spiegava con quanta cura scegliesse le piante, di quanto fossero utili. Aveva un modo tutto suo di coinvolgerti che ne restavi sempre ammaliato. Conosceva tutte le erbe officinali, tutte le radici e gli alberi. Aveva anche un piccolo orto, per quando non riusciva a camminare. Passando davanti alla sua casa si odoravano l’aroma della camomilla, della menta, del rosmarino, della salvia. Le rose selvatiche decoravano il giardino e lui ne andava così fiero. Lo rendevano speciale. Di ogni pianta sapeva le sue proprietà e aveva imparato a curarsi con esse, e addirittura ad aiutare gli altri, tanto che le persone del paese lo chiamavano Luis, l’erborista. Quando ve ne era bisogno i paesani sapevano a chi chiedere. Lui aveva sempre un buon consiglio per ognuno. Era una passione che gli aveva lasciato in dono suo nonno.
Luis era un signore alternativo. Spesso quando avevo tempo mi piaceva ascoltare i suoi racconti. Da giovane aveva fatto teatro in una piccola compagnia e così si divertiva a mimare e a interpretare le sue storie. Riusciva a cambiare voci e i suoi personaggi prendevano vita. I luoghi narrati sembravano così veri. Tutti i ragazzi e i bambini del paese erano affascinati da Luis. Ormai era un signore anziano, certo, ma non gli mancava la voglia di lavorare. Diceva sempre che per lui non era un lavoro, bensì era grato di poter stare tra i libri. Gli permettevano di viaggiare anche stando semplicemente seduto in poltrona. Era una gioia immensa che voleva condividere con i paesani.
Io avrei potuto anche recarmi a Merano, la città più vicina al mio paese, che offriva sicuramente molte più sale e più materiale, ma benché piccola, la nostra, era un luogo a me caro. Lasciava che il mondo che mi circondava sfumasse nell’indistinto. Sono sempre stata legata a questo posto così raccolto perché mi ricordava i pomeriggi che trascorrevo con la nonna a scegliere i libri di fiabe. Mi piaceva anche stare seduta sulle vecchie poltrone, regalate da un signore che gestiva un negozio di antiquariato e che evidentemente non le aveva vendute. Ascoltare i racconti e sognare di fate, folletti, arcobaleni e magie e incantesimi era per me un momento di viaggio nella fantasia.
È tardi! pensai.
I miei genitori mi stavano aspettando per la cena.
Così presi il mio cappotto e la sciarpa. Li indossai velocemente, raccolsi i miei libri e me ne andai. Tanto più che la biblioteca stava per chiudere. Non mi ero nemmeno resa conto di avere fatto così tardi. Ma a quella ricerca ci tenevo particolarmente. L’indomani l’avrei presentata alla