L'altra faccia della musica
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Anteprima del libro
L'altra faccia della musica - Luigi Fiorentini
Ponnau)
Premessa
Le motivazioni che mi hanno spinto alla stesura di questa breve raccolta di saggi, sono nate in seguito alla mia personale difficoltà nel dover teorizzare tutte quelle scelte linguistiche presenti nelle mie composizioni musicali. In realtà, i miei primi veri e propri tentativi li ho già espressi in un precedente libro di narrativa, da cui ho preso spunto per poter così scrivere un romanzo a sfondo esoterico e quindi tornare, con il presente lavoro, al mondo della musica.
Per poterla realizzare, dunque, mi sono dedicato al recupero di alcuni tra i vari articoli che scrissi quando collaboravo con lo staff di un periodico d’informazione artistica; ad essi, però, ne ho aggiunti altri di più recente fattura.
In questo opuscolo ho cercato di trattare tutti gli argomenti da una prospettiva spiccatamente critica – se non propriamente provocatoria – allo scopo di poter mettere in risalto il lato meno nobile e dignitoso della musica, di cui tanti ignorano o fanno finta di ignorare; tutto ciò, però, nella speranza di trovare un modo adeguato per poter consigliare ai giovani di come cercare di migliorare le condizioni umane di una società sempre più tendente al collasso.
Le conoscenze trattate nel presente libro, sono il solo frutto di esperienze sperimentate e maturate in ambito prettamente personale, ma anche di lunghi anni di analisi e accurate osservazioni. La libera esposizione delle mie considerazioni – talvolta pur azzardate – dimostrano palesemente la mia chiara estraneità dall’apparire un servo di partito o il portaborse
di qualche illustre personaggio sempre pronto a indirizzare il proprio pupillo
– ma mai in maniera del tutto disinteressata – in qualsivoglia canale privilegiato.
Un altro motivo piuttosto significativo, che mi ha convinto di realizzare il presente lavoro, è stato quello di voler fornire qualche suggerimento utile a tutti quegli studenti – o semplici appassionati di musica – che esprimano il desiderio di voler approfondire alcuni tra i molteplici aspetti più insoliti della musica. Inoltre, ho pure sentito la necessità di scoprire tutto ciò che di davvero nocivo si possa nascondere all’interno della buona arte, cercando così di effettuare un tentativo atto a sviare gli ignari dal potenziale rischio di cadere nella morsa delle più spiacevoli situazioni: anoressia, intolleranza razziale, vacuità del consumismo, ottusità di determinate tendenze, illusioni del male...
A tal proposito, voglio augurarmi che l’umanità stia sempre in guardia da ogni sorta di speculazione o da ignobili manovre affaristiche che spesso mirano a sfruttare la buona essenza della musica, sempre e comunque a scapito di quegli artisti sensibili e onesti: proprio di coloro i quali si sentono veramente animati da intenzioni sane e costruttive.
Luigi Fiorentini
Bergamo, 7 dicembre 2014
La danza, un’arte da rivalutare
C on l’avvicinarsi dell’estate, si avvicina anche la stanchezza: è il momento più atteso, il momento in cui si decide di staccare la spina
, di riposarsi. Prima del tanto meritato riposo, però, è quasi necessario, d’obbligo – se non proprio d’obbligo – esporre il proprio prodotto finale, il degno risultato dello sforzo come sintesi di tutto il lavoro accumulato nel corso nell’anno scolastico appena conclusosi.
Tale prova, tale dimostrazione, dunque, consiste in brevi spettacoli chiamati saggi
. In questo determinato periodo, si avverte un frenetico susseguirsi di saggi e spettacoli di fine anno, per cui accademie, corsi civici comunali, istituzioni scolastiche pubbliche e private si mobilitano fino allo stremo. Spesso la loro riuscita è dovuta al sostegno morale dei genitori di quei ragazzi che dovranno affrontare le suddette prove; certe volte, purtroppo, anche se molto raramente, il giudizio negativo e avventato di qualche papà o di qualche mamma con l’intento di sminuire il lavoro degli insegnanti, rischia di causare un eventuale calo dell’autostima nel proprio figlio! A parte l’ignoranza e l’alterigia, intrinseche nell’essere umano, è gratificante per tutti gli elementi coinvolti la dimostrazione di quanto acquisito e maturato durante tutto l’anno scolastico così, talvolta, uno scrosciante applauso potrebbe risultare molto più eloquente di lunghi e ripetitivi discorsi.
Nonostante la mia esperienza fosse circoscritta al solo ambito musicale, ho potuto constatare quanto entusiasmante sia la danza
. Essa è vista come un’arte d’ èlite per le sue fattezze delicate e soavi, però, tanto per la sua valenza pedagogica quanto per l’affinamento della postura corporea e della coordinazione dei movimenti, dovrebbe estendersi – se non alla massa – almeno ad una più alta percentuale della popolazione infantile e preadolescenziale.
All’inizio di giugno del 2011, una prestigiosa accademia di danza della pianura bergamasca ha presentato uno strepitoso spettacolo coreografico presso il palazzetto dello sport di quella città. È stato suggestivo assistere ai sinuosi balletti che si sposavano magnificamente con alcune immagini pittoriche di Raffaello, Picasso, Monet, Matisse ed altri, che facevano da sipario alle immortali melodie di grandi musicisti come Shostakovic, Delibes, Adam, Vivaldi e Offenbach. Dal raffinato snodarsi della danza classica
alla frenetica e accesa hip hop
, dal propedeutico ai più alti livelli accademici, tutte le allieve della scuola di ballo hanno manifestato grande impegno e serietà, nonostante dal loro viso trapelasse serenità mista a divertimento.
A rendere memorabile questo particolare evento, ci hanno pensato le coreografie di esperti istruttori provenienti dalle più prestigiose accademie di danza della Lombardia.
Ah, dimenticavo, vorrei aggiungere una considerazione che non si riferisce tanto a una particolare istituzione, ma che è legata a questa realtà e al suo complesso di idee nel suo insieme. Forse non sarà alquanto significativa per i tuttologi
dell’arte della danza, probabilmente perché il business che comporta questo tipo di addestramento supera di gran lunga il semplice divertimento che preferirebbe, invece, la maggior parte di chi lo pratica, e cioè di quell’elevato numero di giovani promesse
che vivono nel quotidiano questa esperienza, e che vorrebbero viverla senza condizionamenti: mi riferisco al fatto che, spesso, pur di raggiungere livelli ineguagliabili, tante scuole e accademie spronano le più sprovvedute e ingenue di esse a spingersi oltre il limite di situazioni alquanto autolesive, come l’anoressia, a patto di poter continuare a praticare non tanto la danza per il proprio soddisfacimento, ma per il sadico piacere di altri.
Se l’arte, anziché portare ad un sostanziale arricchimento socio-culturale, sia dell’individuo che la sperimenta che di un certo pubblico sempre pronto a valutare ed apprezzare la creatività dell’artista stesso, mirasse invece a condurre verso l’impoverimento delle proprie possibilità umane, dando spazio solo ad un gratuito masochismo, credo sia il caso di lasciarla perdere, scaricando così il peso delle responsabilità a chi è privo di scrupoli e non ha rispetto per la persona in quanto tale.
La danza classica, che nasce intorno alla metà del XVII secolo, ha sempre e comunque le sue radici nella danza popolare che, al contrario, le affonda in tempi lontanissimi. A differenza della coreografia dei giorni nostri, però, nella danza antica non mancava la presenza maschile o, volendo essere più precisi, non era priva di quella determinata essenza virile che – a dir poco – era invece più sostanziale di quella femminile.
Nell’antica Grecia, nel secondo millennio avanti Cristo, la danza si era già affermata, e in essa la figura del danzatore era predominante, così come lo è diventata nel famoso ballo moderno ma di origini popolari: il sirtaki. Per non parlare dei più recenti danzatori spagnoli di flamenco o dei nobili cavalieri che accompagnavano le loro dame nell’esecuzione dei valzer viennesi, basti pensare che intorno al XIV secolo, presso l’Impero Ottomano, la danza individuale maschile anticipava di oltre seicento anni le sinuose e spettacolari performance di Isadora Duncan. Anche tra i sovietici – come il balletto dell’ Amata russa che esegue sia balli folcloristici che danze dei soldati cosacchi – la coreografia è tutta al maschile ed esprime le sue brillanti movenze grazie al solo intervento di uomini al culmine della loro virilità.
Oggi, la figura del ballerino classico è quasi esclusivamente monopolizzata da quella scontata e fuorviante idea che l’arte della danza debba essere prerogativa degli individui con tendenze omosessuali! Se da un lato ci poniamo il compito di contrastare l’insorgere dell’anoressia, nella speranza di poter vedere snodarsi sul palcoscenico ragazze più in salute
, perché non sfatare il mito del ballerino gay? Se la danza nasce con l’intento di rappresentare simbolicamente il movimento corporeo di una collettività, facendone rivivere sia l’aspetto mitologico che l’importanza sociale, sarebbe egualmente giusto valorizzare la natura delle figure umane che la esprimono: donne e uomini, dunque!
Da Rudolf Nureyev a Roberto Bolle – tanto per citare i nomi più eccelsi della coreografia internazionale – sembra che nessuno abbia mai fatto mistero della loro particolare tendenza sessuale. Fermo restando che ognuno debba sentirsi in dovere di manifestare liberamente le proprie inclinazioni, senza porre limiti alle proprie capacità – correndo, a volte, il rischio di comprometterle – dovrebbe essere altrettanto giusto e comprensibile che le scuole di danza o le accademie aprano le loro porte a chiunque, in egual misura – cioè anche agli eterosessuali, senza preclusione alcuna – evitando ogni forma di lottizzazione o di favoritismo,