L'eroe e il paziente
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Anteprima del libro
L'eroe e il paziente - Carla Fiorentini
paziente
Premessa
Molte fonti diverse esprimono lo stesso concetto: non conta ciò che accade, ma come lo gestiamo (Presupposto della PNL – Programmazione neurolinguistica), sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità (Albus Silente – Harry Potter e la camera dei segreti) e, ancora: ciò che conta, nella vita, non è ciò che accade o le esperienze che fai, ma cosa impari da ciò che accade e come usi le esperienze che fai (Otto Scharmer – Leadership in un futuro che emerge).
Non c’è dubbio che la malattia grave sia un’esperienza da gestire, per il paziente, ovviamente, e anche per i familiari o gli amici. Personalmente posso dire che la vita non mi ha fatto mancare quasi nulla in termini di esperienze difficili che richiedevano una profonda elaborazione e indubbiamente ciò mi ha portato, forse più di altri, alla ricerca di strumenti, modalità, consigli…
Conosco il viaggio dell’eroe da moltissimi anni: mia sorella, maggiore di me, fece la tesi di laurea sul mito e il viaggio dell’eroe nella letteratura, e io avevo imparato a conoscerlo in termini letterari e mitologici. Indubbiamente mi affascinava: l’osservazione di Joseph Campbell sull’esistenza di schemi e archetipi che si ripetono in ogni cultura umana è davvero attraente. Gli anni universitari mi allontanarono da quel mondo: sono laureata in chimica e tecnologie farmaceutiche ed ero ben più interessata alle reazioni chimiche che alla mitologia primitiva. Credo però, fermamente, che la vita e il tempo siano in qualche modo circolari e se qualcosa davvero ci riguarda, ci viene riproposto, magari più volte, finché non accettiamo di farlo nostro. Così è stato per il viaggio dell’eroe, che mi si è ripresentato diverse volte, e anche in diverse forme, fino a quando non mi sono resa conto che è ben più di una curiosità letteraria: è vera saggezza di vita.
Ho dunque cominciato a studiarlo, e a viverlo con consapevolezza. Poi è arrivata la malattia, la mia, e non solo il viaggio dell’eroe mi ha accompagnato, e mi accompagna, ma ho anche scoperto come viene utilizzato nel coaching e nel counselling proprio per la gestione dell’esperienza specifica.
E poi… si è messo in mezzo il mio lavoro, o almeno una parte del mio lavoro, e man mano l’idea di condividere come e perché utilizzare il viaggio dell’eroe come strumento di gestione del paziente affetto da patologie gravi è diventata sempre più reale, persino urgente, al punto che per scrivere questo volumetto ho posticipato altri progetti. Spero lo troviate utile.
L’eroe di cui si parla nel titolo è chiaramente il paziente, eppure questo testo è rivolto prima di tutto a coloro che in qualche modo si trovano a gestire, aiutare o supportare pazienti affetti da malattie gravi o croniche. Dunque è per il medico, il farmacista, l’operatore sanitario, l’infermiere e anche i familiari o gli amici dei pazienti. E su questa scelta credo di dovervi una spiegazione. Da tempo sto scrivendo, per il paziente, consigli, suggerimenti, e il racconto della mia personale esperienza che, forse, potrà essere utile a chi si trova in situazioni simili. Il mio è un progetto ambizioso, lungo, e per completarlo ci vorranno ancora alcuni mesi. Diciamo che scrivendo per chi aiuta il paziente mi sono presa una pausa di riflessione e ripensamento, guardando per un po’ l’altra faccia della medaglia.
Introduzione
Il viaggio dell’eroe è lo schema dei miti, il percorso della vita alla scoperta di se stessi, il cammino alla conquista di un regno, la via di gestione dell’esperienza. Il viaggio dell’eroe è tutto questo, e molto di più, almeno considerando quanto è stato scritto sull’argomento, come si ritrova nei contesti più impensabili e quanto affascina milioni di persone.
In letteratura troviamo il viaggio dell’eroe nell’Epopea di Gilgameš, un poema epico scritto su tavolette d’argilla, in caratteri cuneiformi, circa 4500 anni fa, e lo ritroviamo anche in Harry Potter, sia in ciascuno dei libri, sia nel disegno complessivo del ciclo. Troviamo il viaggio dell’eroe nei miti, nelle favole, nei film, nelle tecniche di coaching e di counselling. Possiamo identificarlo in noi, nella nostra vita, e nel percorso di chi ci cammina accanto.
È ovvio che qualcosa di così universale, passato attraverso i millenni, abbia infinite sfumature, letture e riletture, e punti di vista.
Il viaggio, nello schema tradizionale, porta alla ricompensa e alla conquista del regno (e della principessa) e nella metafora della vita conduce alla saggezza piena, quella che sa giocare come un bambino. Il viaggio, letto come gestione dell’esperienza, porta alla consapevolezza, e all’esperienza successiva. Certo, sto estremizzando la sintesi.
Eppure c’è un viaggio un po’ speciale che molti intraprendono e molti, ma non tutti, portano a termine: il viaggio che inizia con la diagnosi.
Può essere una diagnosi di tumore, di sclerosi multipla, di una malattia degenerativa, o la diagnosi al risveglio dopo un grave incidente che ha privato di una funzione fisica considerata, fino a quel momento, ovvia e consolidata.
Ogni viaggio dell’eroe ha connotazioni molto personali, eppure ritengo sia possibile trovare anche molte analogie nei percorsi, ed è in queste analogie che ritengo di aver trovato suggerimenti e considerazioni utili alla gestione del paziente. Chi compie il viaggio, il ciclo completo, trova un regno molto particolare: un completo cambio di prospettiva che induce alla felicità. Tutti sappiamo cos’è la felicità, molti pensano che sia solo un attimo, una condizione labile, che dura un istante. La contrapponiamo alla serenità, che consideriamo uno stato di lunga durata e dunque decisamente più auspicabile. Anch’io lo pensavo, l’ho pensato per molti anni. Ho cambiato, totalmente, opinione, e ora penso in termini di felicità come sensazione base della mia vita, anche se questo non annulla, ovviamente, problemi, dolori o preoccupazioni, è la felicità quella a cui si torna ogni volta che l’ostacolo temporaneo è stato rimosso o superato. Lasciatemi dunque, prima di andare avanti, prendere in prestito le parole di Bebe Vio: la vita è una figata!
La mia ricerca sul viaggio dell’eroe nel paziente nasce da qui. Ma questo riguarda il paziente ben più del medico o del terapeuta, eppure credo che questa premessa fosse necessaria.
Gli anni in cui viviamo possono essere considerati gli anni del cervello: la neurofisiologia sta facendo scoperte meravigliose e il fatto, incontestabile, che molte di queste siano la conferma scientifica di antiche saggezze non fa altro che rendere ancora più affascinanti le ricerche in corso.
Quella che viene chiamata medicina occidentale ha cambiato la vita di milioni di persone e sarebbe davvero sciocco negare il ruolo di farmaci, vaccini, metodi diagnostici, evoluzioni della chirurgia.
Poi, però, la medicina occidentale ha seguito la scia di tutta la società dei Paesi più industrializzati: la tecnologia è diventata preponderante rispetto all’essere umano. Sicuramente molte colpe sono anche delle industrie farmaceutiche, a cui vengono attribuiti di solito tutti i difetti possibili, tuttavia non è difficile osservare che l’atteggiamento verso i farmaci come beni di consumo non è diverso dal comportamento che teniamo verso molti altri elementi della nostra vita.
La vita media è aumentata, molte malattie che portavano alla morte in breve tempo sono oggi, parzialmente o