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L'intrinseco connubio
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E-book378 pagine5 ore

L'intrinseco connubio

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Info su questo ebook

Doug, è un quarantenne obeso e complessato, cresciuto sotto il giogo dei genitori in Texas, all’interno di Harvey, un blindatissimo sito dedito alla produzione di micidiali armamenti; Vera, è una spietata criminale trentacinquenne dall’oscuro passato, che ha commesso il primo omicidio a soli quattro anni d’età.
Riacciuffata per l’ennesima volta nel cuore degli anni ’80, dopo esser fuggita compiendo un massacro perfino durante la propria esecuzione capitale, Vera viene ufficialmente data per morta e consegnata in gran segreto ad Harvey, per essere utilizzata come cavia da laboratorio.
Da tempo Doug brama il suicidio; ha perfino modificato uno stereo portatile, che con la semplice pressione d’un tasto lo spedirebbe all’istante all’altro mondo; ma non ha mai avuto il coraggio di usarlo, o forse, non vuole crepare senza prima vendicarsi sui propri famigliari.
Così, al sopraggiungere di Vera il da farsi gli è subito chiaro: egli intende liberare la donna, rovinando gli affari del padre e svelando al mondo intero la sua persistenza in vita, per poi lasciarsi semplicemente trucidare da lei, che non ha mai risparmiato nessuno, sul proprio cammino.
Ma le cose non andranno come previsto; e fra azione, irriverenza, situazioni grottesche ed una disperata ilarità, ecco partire la più rocambolesca, assurda delle fughe, verso il confine messicano!

 
LinguaItaliano
Data di uscita7 nov 2018
ISBN9788869321665
L'intrinseco connubio

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    Anteprima del libro

    L'intrinseco connubio - Marco Longoni

    L'Autore

    I

    In quell’assolato pomeriggio texano di maggio inoltrato, il bolide di derivazione nascar filava giù come un razzo verso il Messico sulla direttrice principale del grande stato nordamericano, mentre chi era alla guida, incurante che alla frontiera nugoli di agenti avrebbero fatto carte false, e scaricato migliaia di proiettili nella sua direzione pur d’arrestare quell’esplicito, ingenuo tentativo d’espatrio, zigzagava a destra e a manca per l’ampia autostrada a quattro corsie, dribblando con foga vetture e mezzi pesanti che compresa la situazione si facevano prontamente da parte, per permettere al nutrito gruppo d’inseguitori di avvicinarsi quanto bastasse a centrare con un colpo da cecchino le gomme dell’auto da corsa… se non il cranio del conducente!

    Eppure nessuno fra le centinaia di utenti dell’autostrada, poteva immaginare che i poliziotti al volante delle quindici auto di servizio in forze alla contea, né tantomeno gli agenti presenti sulle altre otto, appartenenti all’F.B.I., avevano l’ordine perentorio di non uccidere per nessun motivo l’autista del mezzo in fuga, e che perfino l’elicottero dei federali che sorvolava la scena con a bordo due tiratori scelti armati fino ai denti, non poteva far altro che stare a guardare; a tutti loro, sarebbe piaciuto in verità lasciar partire un colpo di troppo, in quel frangente; ma tutti loro ben sapevano cosa diamine avesse compiuto negli anni il conducente di quel mezzo, e nessuno, neanche l’ultimo dei novellini appena arruolati, avrebbe commesso l’imprudenza di togliere la vita in un modo tanto semplice e sbrigativo a quell’essere… che volevano marcisse sotto tortura per il resto dei suoi giorni!

    Intanto, poco dietro l’elicottero dei federali, quello dell’immancabile canale televisivo nazionale riprendeva ogni istante dell’inseguimento, trasmettendo il tutto in diretta a milioni e milioni di spettatori, che in ogni angolo degli States, comodamente affossati nelle loro poltrone o seduti in un fast food, godevano all’unisono del singolare spettacolo che era giunto improvviso, ad animare quel caldo pomeriggio del 1984.

    Doug era fra loro, mentre sprofondato con tutti i suoi centocinquanta chili nel lercio divano in forze alla sala relax del piccolo complesso d’uffici appartenente al padre, svuotava contento un grosso pacchetto di chips accompagnato da una capiente bottiglia di bibita gassata; l’inseguimento era allettante, ed egli al pari dei suoi ignoti, numerosissimi compagni d’avventura lo seguiva attentamente… anche se molto probabilmente era uno dei pochi, o forse addirittura il solo fra tutti, ad auspicare che la sorte arridesse al fuggiasco!

    Secondogenito di Jonathan e Mariah, genitori del geniale, pluridecorato colonnello dei Marines Martin Zigwell, il paffuto quarantenne era da sempre cresciuto all’ombra del fratello di due anni più grande, vivendo la totalità della propria esistenza qual sottospecie di scarto perennemente messo da parte dai propri famigliari, che se per Martin provavano nient’altro che orgoglio, tanto da lasciargli delle libertà di scelta impensabili e tollerarne ogni comportamento sopra le righe, di contro da lui, un errore indesiderato e grassoccio, pretendevano con ogni mezzo la più totale e severa dedizione nei confronti della famiglia, dandogli fin da fanciullo ad intendere senza mezzi termini, che quello fosse il minimo risarcimento possibile nei loro confronti per essere così impunemente venuto al mondo.

    Suo padre, Jonathan Zigwell era figlio d’arte, giacché discendente d’un tizio che commerciava in armamenti con metà del globo già durante la prima guerra mondiale, e lui ancora bambino guardava ed apprendeva, tanto da rilevare l’azienda di famiglia per poi accrescerla a dismisura durante il successivo conflitto, potendo così rimanere in patria quale stimato, indispensabile fornitore del governo, e trovando perfino il tempo di metter su prole al contrario di molti, troppi suoi connazionali, spediti in ogni angolo del pianeta e mai più ritornati.

    Agli albori della guerra fredda poi, grazie alla complicità di alcuni membri del congresso, aveva ottenuto di poter occupare con la propria attività un’intera vallata desertica ad ovest di San Antonio, entro la quale negli anni a seguire erano sorti enormi, misteriosi capannoni corredati da chilometri di tunnel serpeggianti nelle montagne circostanti, nonché un piccolo insediamento urbano atto ad ospitare i numerosi lavoratori del sito e le loro famiglie, posto all’imbocco dell’unica strada di accesso alla valle e per questo denominato Armoured Door; certo, non c’erano dei ceck-point dentro la cittadina, che vantava invece infinite villette del tutto simili l’una all’altra, ed un corso principale munito di negozi, bar, cinema, scuole e l’immancabile chiesa, con annesso un piccolo cimitero.

    I posti di controllo, si succedevano numerosi un paio di chilometri oltre il centro abitato, e di lì in poi, per giungere al complesso industriale degli Zigwell se ne dovevano oltrepassare ben cinque; niente poteva entrare o uscire dalla vallata senza che i militari di guardia e le migliaia di occhi in forze ai cittadini ne fossero al corrente, e questo era proprio il risultato sperato da Jonathan, che terminato il secondo conflitto mondiale aveva reinvestito i propri capitali nell’innovativo, remunerativo campo del nucleare.

    La Zigwell Corporation insomma, armava gli uomini del governo dal più semplice sfollagente al più devastante missile intercontinentale, il tutto prodotto e distribuito da quell’isolata vallata desertica… nome in codice Harvey.

    Nessuno poteva risiedere ad Armoured Door senza lavorare per gli Zigwell, che della segretezza entro il sito produttivo facevano da sempre gran tesoro, giungendo perfino a formare gli insegnati in forze alle scuole della cittadina, affinché inculcassero negli alunni, oltre che le normali nozioni, anche un nutrito accorpamento di regole ed espedienti volti a mantenere la totale riservatezza su ciò che in valle si produceva.

    Era vietato parlare del lavoro con i propri cari, perfino dentro casa, e gli studenti più grandi dovevano obbligatoriamente frequentare gli istituti superiori appositamente creati sul posto, scegliendo poi se accedere ad un’esclusiva, singola università militare, oppure prendere da subito a lavorare nel sito produttivo, e se invece volevano cercare fortuna altrove… allora l’esilio era per sempre!

    Chi partiva non poteva più tornare, se non come sporadico visitatore, trattato da tutti, perfino dai propri parenti al pari di un estraneo, obbligato a soggiornare nel motel fuori città assieme ai camionisti che rifornivano il sito, e per non più di due notti consecutive.

    Ad Armoured Door tutti sorvegliavano tutti, e Doug non faceva eccezione, anzi… egli era il re degli spioni!

    Fin dall’asilo, madre e padre lo iniziarono all’arte dello spionaggio, pretendendo che riferisse loro in gran segreto, ogni commento udito fra gli innocenti compagni di classe e perfino fra gli insegnanti; ma tutto questo suo sparlare alle spalle del prossimo non poté passare inosservato per molto, e ben presto i concittadini presero ad isolarlo sempre più, giacché svolgere qualunque attività in presenza di Doug Zigwell, era paragonabile a farlo dinnanzi al temutissimo Jonathan.

    Non appena terminati gli studi superiori, mentre il fratello frequentava la più prestigiosa accademia militare, Doug venne bandito dall’enorme villa di famiglia insita nel protettissimo complesso produttivo, e fu sistemato dai suoi in un piccolo monolocale sopra un box auto nei pressi del centro città, così da poter riferire al padre ogni minima incongruenza nella pacata, monotona vita dei concittadini, che ovviamente facevano a gara per tenerlo a distanza.

    Alto un metro e sessantacinque, palesemente obeso, Doug portava sul naso un paio di grossi occhiali dalle lenti quadrate, incastonate in una vistosa, spessa montatura di colore nero come i capelli che la sovrastavano, perennemente acconciati in una liscia onda che dipartiva dalla sommità della tempia sinistra e correva via, lateralmente fino ad infrangersi dall’altro lato del cranio; tutti in città odiavano Doug, ma non potevano esprimere in alcun modo tale risentimento, giacché ogni più piccola rimostranza nei suoi confronti sarebbe giunta in un batter d’occhio agli orecchi del padre, che se dal figlio pretendeva nei propri confronti la più totale fedeltà, a maggior ragione non poteva consentire che in valle qualcuno avesse da ridire sul suo comportamento, in quanto sarebbe stato eguale all’ammettere di voler esplicitamente celare qualsivoglia segreto al proprio datore di lavoro.

    Tutti, dovevano lasciarsi placidamente spiare da Doug; e coloro che in passato, vuoi per ingenuità infantile o per più seria insofferenza, gli avevano in qualche modo fatto dispetto o espresso platealmente le proprie rimostranze, erano immediatamente stati banditi dalla vallata con tutta la famiglia, costretti a passare il resto dei propri giorni lontano, costantemente sorvegliati e clandestinamente ascoltati da agenti federali, che a sorpresa irrompevano nelle loro abitazioni mettendole a soqquadro in cerca di qualche indizio su possibili fughe di notizie riguardanti il sito produttivo di Harvey.

    Questo, era ciò che toccava a chi osava ribellarsi allo status quo della valle, ove perfino ogni telefonata, da o verso il resto del mondo era attentamente ascoltata, ad eccezione ovviamente di quelle effettuate in casa Zigwell, dove al momento in gran segreto, Mariah stava per l’appunto contrattando per conto del marito la sorte che sarebbe toccata al conducente dell’auto in fuga, una volta che gli agenti l’avessero acciuffato ancora in vita.

    Doug intanto seguitava a godersi l’inseguimento, anche se in realtà avrebbe dovuto trovarsi nei locali attigui, a passeggiare ciondolando fra il frastuono delle macchine da scrivere elettriche e delle innovative stampanti ad aghi, osservando con la coda dell’occhio i dipendenti intenti a fissare le scritte verde intenso sugli scuri monitor dei terminali, in quel piccolo distaccamento d’uffici facente capo all’impianto di riciclaggio posto in fondo alla vallata, al limitare del sito produttivo; lì, finivano i progetti scartati, oppure le decine di prodotti che non superavano i rigidi controlli qualitativi, che venivano poi ispezionati, smantellati e riutilizzati previa attenta relazione dei tecnici preposti, così da migliorare ulteriormente gli elevati standard dell’azienda.

    L’isolamento della sezione riciclaggio, ed il poco lavoro che quotidianamente toccava a quella branca del sito, avevano generato voci in città secondo le quali gli operatori dell’area in questione fossero particolarmente felici di prestarvi servizio, e sulle scrivanie dei dirigenti era pervenuta qualche sporadica richiesta di trasferimento avanzata da alcuni dipendenti di altre sezioni… fattore, che aveva fatto immediatamente piombare sul piccolo complesso d’uffici una spada di Damocle chiamata… Doug!

    Lavoravano sodo gli impiegati, col grassoccio quarantenne che saltuariamente svolgeva la propria passeggiatina fra le scrivanie, ed anche se quel pomeriggio non lo vedevano da un pezzo, nulla vietava che costui stesse osservando il loro operato da un terminale lontano, uno dei tanti, piazzati per tutto il complesso.

    Nessuno poteva tentare di corrompere Doug e sperare di farla franca, vittima com’era delle continue vessazioni subite fin dalla più tenera età, giacché quei farabutti dei suoi genitori, ogni qualvolta il bimbo cadeva ingenuamente in errore per un non nulla, avvalendosi di rimostranze, punizioni e scenate oltre ogni limite immaginabile, gli avevano instaurato nell’animo un potente blocco psicologico, dandogli modo di credere che la più piccola disobbedienza ai loro voleri, o inattenzione verso la propria famiglia, gli sarebbe costata nientemeno che il carcere a vita… se non la dannazione eterna!

    Egli ovviamente, già da adolescente si rese perfettamente conto che quei dannati lo stavano sfruttando, eppure nonostante ciò, l’incredibile forza sprigionata da quell’insormontabile blocco psicologico seguitava ad impedirgli la fuga; nel box sotto il suo monolocale aveva una piccola berlina Doug, che gli serviva per spostarsi avanti e indietro lungo tutta la valle e non solo, giacché essendo l’unico uomo di fiducia del padre, godeva perfino del permesso di uscirne a piacimento al fine di sbrigare delle urgenti commissioni; il tutto sotto lo sguardo vigile dei suoi adirati concittadini, che però potevano solo annotare orario di partenza e di arrivo dell’uomo, giacché la sua destinazione doveva restare ignota a chiunque.

    Come tutti, anche lui all’inizio era stato attentamente sorvegliato e seguito dagli agenti preposti, ma una volta stabilita con certezza la sua assoluta sudditanza nei confronti del padre, costui aveva revocato ogni pedinamento e liberato la sua auto dalle immancabili microspie; a Doug, venivano affidati incarichi talmente delicati, che unicamente i suoi familiari dovevano esserne al corrente!

    Egli conosceva i segreti di tutta la valle; poteva avere accesso ad ogni materiale in entrata o in uscita, i progetti in fase di sviluppo, le password di ogni terminale, i collaudi dei prodotti e le specifiche di questi ultimi, ma non solo; era infatti al corrente dell’ubicazione delle telecamere nascoste, delle microspie, delle più segrete procedure d’emergenza in caso di attacco o incidente nucleare; conosceva ogni porta o botola della vallata, e per ognuna poteva risalire alla chiave; godeva insomma di un sapere immenso, che nemmeno i suoi genitori s’erano accorti d’avergli ingenuamente concesso, presi com’erano dalla mania di spiare il prossimo; sapeva più di chiunque altro su Harvey, perfino del padre… ma per fortuna di quel bastardo era troppo devastato nell’animo, per poterne approfittare.

    Certo, anche lui era come tutti oggetto di sorveglianza, almeno dentro la vallata… peccato solo che nessuno si fosse reso conto che Doug, in effetti, conoscesse l’identità nonché le più segrete abitudini di coloro che avrebbero dovuto tenerlo d’occhio!

    All’interno del sito produttivo, tal compito era frequentemente assegnato a Bruce Macquiwe, ingegnere di lungo corso e amico del padre, che al momento era però terribilmente impegnato nel risolvere le grane di un nuovo modello di carro d’assalto, ed il re degli spioni ovviamente ne era al corrente, monitorando giorno per giorno tramite terminale i lenti progressi dell’uomo, e stimando per sé stesso una buona settimana di pacchia da passare oziando davanti la TV senza che nessun’altro si avvedesse di nulla.

    Era nel bel mezzo dei suoi sette giorni di relax Doug, e stava per alzarsi dal divano unicamente allo scopo di fare una veloce capatina in bagno, prima che l’inseguimento dell’auto misteriosa volgesse inevitabilmente al termine; con la sua innata capacità di prevedere lo svolgersi degli eventi tramite complessi ragionamenti di logica pura, aveva stimato che a quella velocità entro cinque minuti il bolide avrebbe raggiunto la frontiera, e lì strisce chiodate e proiettili a raffica non sarebbero mancati di certo… ma ecco, che un solerte camionista dinnanzi al fuggiasco, carpendo alla radio la descrizione dell’auto volle dare una mano alle forze dell’ordine, scartando improvvisamente di lato e centrando con il proprio, pesante rimorchio il muso della vettura in sorpasso, che finì fuori strada schiantandosi dentro un banco di sabbia.

    « Ah… diavolo! »

    Esclamò allora il paffuto telespettatore, ben sapendo d’essersi perso una sparatoria coi fiocchi, e sperando almeno che il tizio a bordo del bolide fosse ancora abbastanza lucido da vender cara la pelle, prima di farsi trucidare da quell’orda d’inseguitori probabilmente infuriati; tifava per l’ignoto delinquente Doug, se non altro perché aveva avuto almeno il coraggio di tentare la fuga… non come lui, che da anni abitava sopra la propria vettura senza mai riuscire a trovare la forza per accenderla e svignarsela, da quella valle di matti.

    Gli sarebbe piaciuto vederlo giungere alla frontiera, dribblare in qualche modo agenti e proiettili per poi rifugiarsi al sicuro in Messico; ma fin dall’inizio di quell’imponente inseguimento, ben sapeva che la vicenda si sarebbe invece conclusa in tragedia; così come per lui, niente libertà per lo scapestrato delinquente, che nel migliore dei casi ne sarebbe stato privato per molti e molti anni ancora… sempre ammesso che non opponesse resistenza all’arresto, giocandosi perfino la vita!

    Poi, ecco un nugolo di agenti schierarsi ad armi spianate intorno alla vettura semidistrutta, chiudendo lentamente il cerchio finché uno di loro, in abiti borghesi non si decise ad aprire la portiera, estraendone a forza il disarmato conducente palesemente privo di conoscenza: un tizio alto, snello e dal cranio pelato, con indosso nient’altro che un paio di shorts ed una canottiera di colore scuro; indumenti, che lasciavano ampiamente scorgere numerosi tatuaggi sparsi per il corpo intero; costui, non appena fuori dall’abitacolo tornò improvvisamente lucido, e tirò un pugno dritto sul muso del poliziotto, per poi tentar d’alzarsi e fuggir via di corsa, salvo essere immediatamente raggiunto da un taser che lo costrinse a fermarsi, ma non a cadere, permettendo a Doug di notare il grosso teschio che portava tatuato sul cranio.

    Un altro agente, dovette sparare il proprio arpione elettrico soltanto per metterlo in ginocchio, ed in seguito ce ne vollero altri due per bloccarlo a terra fra le convulsioni; allora, contorcendosi come un pesce fuor d’acqua il fuggiasco si voltò supino, mostrando alla telecamera le due vistose protuberanze che portava sul petto:

    «… una donna? – Addirittura una donna! »

    Sbottò incredulo Doug, sputacchiando patatine a destra e a manca per tutto il pavimento, prima di vedere l’agente in borghese avvicinarsi nuovamente alla delinquente e poi il nulla, o meglio un’enorme macchia scura, che non appena a fuoco si rivelò essere l’elicottero dei federali che copriva la scena, con una mitragliatrice palesemente puntata contro quello della TV che senza obiettare alcun che virò di lato, allontanandosi in fretta dal luogo dell’incidente.

    « Uff… pazienza! »

    Esclamò scocciato il telespettatore alla vista dei due conduttori in studio che riprendevano la linea commentando l’accaduto, per poi alzarsi con somma fatica dal divano e raggiungere il tanto agognato bagno, uscito dal quale si prese la soddisfazione di passeggiare con aria inquirente fra i poveri impiegati, ed una volta indossato un elmetto, di spingersi perfino ad osservare lo smantellamento di un missile terra – aria, portandosi infine alla propria berlina e partendo alla volta di casa.

    Ridacchiava Doug, attraversando Harvey al volante del mezzo; non poteva fare a meno di pensare a quell’inseguimento, all’incredibile forza d’animo di quella donna che anche braccata come un animale non s’era data per vinta, e proprio come una bestia ferita aveva seguitato a cercare la fuga perfino colpita dal taser, senza nemmeno concepire l’opzione di arrendersi, di fronte a quel nugolo di agenti armati fin sopra le orecchie; l’avesse avuta lui quella forza d’animo, quella resistenza al dolore, quella capacità di ribellarsi alla pubblica autorità e al mondo intero… e invece eccolo lì, a passare uno dopo l’altro i cinque ceck-point senza che i militari s’accingessero nemmeno a fermarlo per un controllo.

    Tutti gli abitanti di Armoured Door venivano controllati, in entrata e in uscita dal sito produttivo, ed egli non poteva non chiedersi cosa vedessero in lui gli uomini di guardia alle sbarre, per lasciarlo così placidamente passare: vedevano il figlio del temutissimo Jonathan?

    O forse il fratello del rispettabilissimo colonnello Zigwell?

    Oppure nient’altro che un ciccione, talmente incapace e complessato da non costituire pericolo alcuno per l’incolumità della vallata?

    Quest’ultima opzione in realtà lo spaventava a morte, giacché sarebbe equivalso all’ammettere di aver gettato alle ortiche una vita intera, e lui, dopo quarant’anni trascorsi sotto il giogo dei suoi ben si guardava dal concepire una simile evenienza, in quanto non appena aperti gli occhi sulla propria, inconcludente esistenza, altro non gli sarebbe rimasto se non tentare il suicidio!

    Oltrepassato l’ultimo posto di guardia per mezzo di un semplice cenno al militare di turno, che dopo avergli sfoderato un falso sorriso prese a scuotere il capo, senza curarsi d’essere ancora ben visibile negli specchietti dello sconsolato conducente, ecco che Doug fece al solito una capatina a trovare il signor Swany, colui che in città aveva il formale incarico di sorvegliarlo fuori dal sito produttivo.

    Benjamin Swany, altri non era che lo storico gestore dell’unico emporio presente ad Armoured Door, e proprio per questo dall’alto gli era giunta indicazione di sorvegliare attentamente il più giovane degli Zigwell, giacché con gli appetiti che costui quotidianamente nutriva, altro non poteva fare se non entrargli in negozio almeno una volta al dì… quando non erano due o più!

    Con Doug era gentile il signor Swany, ed era l’unico che in qualche modo cercava sempre d’attaccar bottone con lui; gli aveva dato indispensabili dritte su come cucinare, pulire la casa, fare il bucato e quant’altre informazioni necessitino ad un ragazzo diciottenne ed inesperto, scaricato d’improvviso a vivere da solo; ne era passata d’acqua sotto i ponti da quando un’auto l’aveva prelevato fuori la scuola, il giorno del diploma all’istituto superiore, per poi abbandonarlo con il suo pezzo di carta in mano di fronte al box con sopra il lercio monolocale… e dinnanzi, una selva di scatoloni contenenti tutte le sue mercanzie.

    « Bravo… ti sei diplomato! – Visto che bel regalo? – Una casa tutta tua! »

    Gli aveva detto la madre per telefono, quel giorno, aggiungendo:

    « Da domani prenderai a lavorare per tuo padre, e riceverai un congruo stipendio che ti permetterà di cavartela da solo! – Non disturbarti per venirci a trovare… ci faremo vivi noi! »

    E ovviamente s’erano fatti vivi per davvero… solo ed esclusivamente per loro necessità!

    Doug, aveva accesso alla dimora di famiglia molto di rado, unicamente quando veniva ufficialmente invitato a pranzo dai suoi; ma ben sapeva che l’invito a tavola era solo la scusa per ritirare i rapporti che gli erano stati commissionati e richiedergliene di nuovi, sulle migliaia di persone che popolavano la vallata; durante quei brevi pranzi, egli doveva educatamente rivolgersi ai suoi come gli era da sempre stato insegnato a fare, ossia tenendo lo sguardo basso sul tavolo e limitandosi a rispondere, quando interrogato:

    « Sì, signore! – Sì, signora! »

    Guai in quei frangenti a proferire domande, e non appena terminato l’interrogatorio veniva immediatamente allontanato da casa, che avesse terminato di mangiare o meno.

    Per questo, gli piaceva considerare il signor Swany come un padre, ciarlare con lui del più e del meno, anche se sapeva che costui in realtà non lo stimava affatto, e che al pari dell’intera cittadina fosse semplicemente costretto a recitare il proprio ruolo nei suoi confronti, dovendo anch’esso far settimanalmente rapporto ai due farabutti riguardo le abitudini del loro figliolo in missione, il quale talvolta, sfruttando l’invadente curiosità del negoziante si prendeva la soddisfazione di mettere in subbuglio l’intera vallata, come quando, alcuni anni orsono, aveva acquistato tra l’altro un test di gravidanza, facendo immediatamente sbiancare l’esercente che ammiccando amichevolmente tentò di scucirgli ulteriori dettagli sulla destinataria della confezione, ricevendo in risposta nient’altro che un occhiolino, coadiuvato da un gongolante:

    « Spiacente, signor Swany… ma se lo scoprissero i miei, mi scorticherebbero vivo! »

    Non ebbe neanche il tempo di giungere a casa Doug, quella sera, che una berlina di colore scuro prese a stazionare di là della strada, e a partire dal giorno seguente venne fermato e perquisito a tutti i ceck-point, nonché stranamente guardato da concittadini e militari, che probabilmente non si chiedevano affatto chi fosse la misteriosa destinataria di quel test, bensì… come ciò fosse stato possibile!

    Al consueto pranzo di lavoro i suoi lo torchiarono oltremodo, senza tuttavia riuscire ad estorcergli niente, giacché in effetti nulla aveva da confessare, e quando dopo una settimana di subbuglio, una sera nel rincasare accese la luce e trovò l’appartamento a soqquadro non si scompose affatto, anzi; incurante di tutti i propri averi sparpagliati a terra, raggiunse il frigorifero, prelevò una bibita gassata e si abbandonò sul divano semidistrutto a ridere di gusto: ce l’aveva fatta!

    Con quel semplice acquisto, aveva portato a termine una delle tante, piccole vendette nei confronti dei suoi genitori e dell’intera vallata; certo, gli era stato sfasciato il mobilio, ma quel branco di bastardi aveva sicuramente perso il sonno per una settimana intera, e chissà per quanto ancora non avrebbero più potuto dormire tranquilli, senza sapere dove diamine fosse finito lo stramaledetto test, che Doug aveva immediatamente triturato e gettato nel water non appena rincasato, così da far scervellare tutti quanti per mesi, su come avesse fatto a recapitarlo comunque e in gran segreto, all’inesistente destinataria!

    Per il resto, gli altri scherzetti del bambinone consistevano perlopiù nell’acquistare strani medicinali o accessori palesemente femminili, facendo ogni volta sudare freddo il povero Swany, che doveva personalmente riferire tutto alla madre di lui, sorbendosi al posto suo gli sguardi irati e gli interrogatori, nonché i furibondi commenti che in seguito ne scaturivano.

    Quella sera comunque, Doug non aveva tempo di orchestrare qualche strano teatrino, mentre al solito girovagava fra gli scaffali del negozio arraffando generi di conforto a destra e a manca; il suo cervello era troppo impegnato ad elaborare i dettagli dell’inseguimento visto in TV, della sua conclusione, della determinazione di quella fuggiasca… poi, vedendolo palesemente sovrappensiero, ecco Swany azzardare:

    « Che hai Doug? – Qualche grana sul lavoro, oggi? »

    E riavutosi dallo stato di trans, il paffuto cliente immediatamente glissò:

    « Ehm… no, signor Swany! – Fortunatamente no! »

    Aggiungendo al volo, per star tranquillo di poter passare la serata in solitaria:

    « Ho sentito al telegiornale, che il pollo surgelato potrebbe contenere sostanze tossiche! – Così, stavo cercando di calcolare a mente quanti legumi dovrei acquistare, per sostituire le proteine presenti nella carne di pollo! »

    Il negoziante, dando l’idea di aver appreso ben poco sull’argomento, si limitò a tergiversare:

    « Tranquillo Doug! – Il vecchio Benjamin non vende robaccia… dovresti saperlo! – E poi non ti fidare di quello che dicono in TV… quelli, cercano solo di fare ascolti! »

    E Doug, infilando nel carrello un paio di confezioni di pollo surgelato raggiunse la cassa, concludendo:

    « Già! – Ha proprio ragione, signor Swany! – In fondo, lo mangio da quarant’anni e non sono ancora crepato… perché diamine dovrei privarmene ora? »

    « Bravo ragazzo… tu sì che ragioni! – Ecco a te, sono undici dollari e sessantacinque! »

    Incassato il contante e salutato il cliente, Swany afferrò il telefono e contattò chi di dovere, riferendo ciò che l’uomo aveva millantato sul pollo e le conclusioni cui fosse giunto a seguito del colloquio sull’argomento, mentre il diretto interessato una volta salito in macchina riprese la via verso casa, stando ben certo di poter passare tutta la nottata a rimuginare indisturbato su quell’inseguimento, che in qualche modo l’aveva scosso nel profondo.

    Giunto all’appartamento, per prima cosa accese la TV sul notiziario… che non lo deluse affatto!

    Tutti, avevano notato quel grosso teschio tatuato sul cranio della fuggitiva, e gli svariati reporter sapevano bene a chi appartenesse: Vera Mannerly, meglio conosciuta nell’ambiente come The Jaw, grazie alla brillante idea che aveva avuto di farsi molare a punta gli incisivi, così

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