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IN QUESTO STATO: Da spread a spread il trompe l'oeil del governo Monti
IN QUESTO STATO: Da spread a spread il trompe l'oeil del governo Monti
IN QUESTO STATO: Da spread a spread il trompe l'oeil del governo Monti
E-book111 pagine1 ora

IN QUESTO STATO: Da spread a spread il trompe l'oeil del governo Monti

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Info su questo ebook

Davvero questa è la salvezza dell'Italia? Imposto con discutibile procedura automatica, il governo Monti, cui la politica dei partiti ha affidato la gestione dello sfascio da essa stessa organizzato, ha se mai concluso il lavoro di spoliazione. Dopo nemmeno un anno dal suo insediamento, il paese è un cimitero di aziende, di negozi, ma soprattutto di speranze, di opportunità, di voglia di riscatto. E di uomini, che non ce l'hanno fatta più, che hanno deciso di arrendersi, abbandonando le loro famiglie a un destino difficile e tragico. Perché una cosa è certa. Questa crisi non si risolverà con le fantomatiche misure del governo Monti, ma arriverà al suo epilogo: consegnare il paese ad altre mani, ridurlo a un protettorato, una colonia. Un anno di annunci improbabili, di promesse disattese, di minacce mantenute con un'antipolitica irresponsabile fatta di tasse, tasse, tasse sempre più pazzesche, nel segno di un sogno delirante: trasformare un popolo partendo dall'imposizione fiscale, costruire un'etica sulle multe anziché il contrario. Un governo insediato senza mandato popolare ha potuto, nella vacanza complice dei partiti, ridurre il paese ad uno stato di polizia tributaria, senza rendere conto a nessuno. Pagare per pagare, multe sulle tasse, tasse sulle multe, fino a dover rendere conto del modo di alimentarsi, di vestirsi, di pensare. Ma la libera informazione che, quando vuole, butta giù chi vuole, questa volta s'è ammutolita, si è resa connivente, anzi correa: nessuno grida al regime, tutto quello che decide questo governo in libertà è sacrosanto. E sorge una domanda definitiva: ha ancora un senso riconoscersi, restare in questo stato, dove i cittadini non contano rispetto alla finanza drogata degli spread e dei bond, dove l'Europa è un'ombra lunga agitata da burattinai, dove la persona si risolve in una cartella esattoriale e non ha più il benché minimo margine di autonomia, di libertà, di individualità, di dignità?

LinguaItaliano
Data di uscita13 set 2012
ISBN9781301308026
IN QUESTO STATO: Da spread a spread il trompe l'oeil del governo Monti
Autore

Massimo Del Papa

Faccio il giornalista dal 1990. Ho scritto alcuni libri, di preferenza in formato ebook.

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    Anteprima del libro

    IN QUESTO STATO - Massimo Del Papa

    Massimo Del Papa

    In questo stato

    Da spread a spread, il trompe l'oeil del governo Monti

    Copyright Massimo Del Papa 2012

    Published at Smashwords

    Strapaese Sobrio

    Poche ore prima del ponte di Ferragosto il primo ministro Mario Monti ha ritoccato per l'ennesima volta l'accisa sulla benzina. Il Paese, stremato da nove lunghi mesi di lacrime e sangue, si è come arrestato: autostrade semideserte, prenotazioni disdettate all'ultimo momento, città piene come mai, località balneari desolatamente vuote. È stato il colpo di grazia per una stagione già compromessa, l'ultima impresa del nostro professore, un mediocre tecnocrate bancario imposto dal capo dello Stato il quale, pressato dagli Stati Uniti e dall'Europa comunitaria, da quell'astrusa manipolazione dei mercati che in gergo si chiama spread, lo aveva fatto senatore a vita pur di sostituirlo allo squalificato Berlusconi. In quella mattina di mezzo novembre era tutto uno scoppiettare di tappi, finalmente ce lo siamo tolto dai coglioni il nano malefico, l'impenitente puttaniere, adesso sì che si torna in sella, adesso ci pensa Monti l'europeo a risolvere i nostri guai, a renderci una immagine decente nel mondo. Sobrietà era la parola d'ordine, tutti nello strapaese dalle Alpi a Capo Passero si riscoprivano sobri, misurati, understatement. I pochi che non si fidavano, che non capivano come questo grigio burocrate avrebbe potuto rimediare ai danni non solo del Cavaliere ma di una intera epoca politica, danni giunti al redde rationem non senza malizie e strumentalizzazioni, venivano messi a tacere col fuoco sacro dell'indignazione: ma come, non ti sta bene il professor Monti? Ma allora dillo che sei un berlusconiano, un mignottaro anche tu, dillo che sei un irresponsabile, colluso idealmente con la mafia e perfino fascista, dillo che sei parte dell'Italia peggiore, quella che toglie il sonno allo scrittore Camilleri. Si arrivava al punto di sentire la sinistra comunista e postcomunista parteggiare per questo docente di una università liberista come per l'ennesimo salvatore della patria.

    Intanto Mario Monti si metteva all'opra segnalandosi per un irragionevole contabile, un tecnico, come lo chiamano i giornali per non dire uno sciocco, incapace di concepire la più elementare visione politica, strategica. Errori, svarioni, brutte figure sue e dei suoi ministri hanno cominciato a piovere senza tregua, inaugurate dall'incredibile pianto in pieno consiglio dei ministri, sotto gli occhi del paese esterrefatto, della titolare del dicastero del Lavoro, questa acidula maestrina promossa a cattedre troppo più grandi di lei. Elsa Fornero arriva subito a guadagnarsi il titolo di ministro più insopportabile in un governo di antipatici, di frigidi, di indifferenti alle sorti dello stato che dovrebbero raddrizzare. Gente anaffettiva, psichicamente impotente a sintonizzarsi sulla lunghezza d'onda della sofferenza. Gente con tutta l'aria dei soddisfatti, degli appagati di un mondo che si erano costruiti a loro misura, molluscoide, noioso ma confortevole, improvvisamente travolti dall'ebbrezza del potere vero, quello che spalanca tappeti di lingue, che apre tutte le forze, che la mattina ti fa trovare i giornali che scrivono quello che vuoi tu, come soleva dire Napoleone III che proprio per questo non li leggeva mai. L'atteggiamento della libera informazione in occasione dell'insediamento all'italiana del governo dei tecnici ha segnato una pagina mortificante, peggiore del peggiore servilismo riservato al Cavalier Berlusconi. Monti nel suo annus horribilis non è mai stato davvero attaccato da nessuno, tutti i media di una qualche rilevanza lo hanno sostenuto contro qualsiasi evidenza e decenza. Mai era apparso tanto evidente come in questo caso l'intreccio, fatale, irreversibile, tra potere politico e potere finanziario e industriale: giornali e televisioni, possedute da industriali in politica o in odor di politica, a loro volta bisognosi delle mille coperture e connivenze politiche per protrarre i loro Monòpoli, hanno fatto a gara nel dipingere una politica dissennata e demenziale come l'unica possibile. I pochi, come Oscar Giannino, che attaccavano il mediocre professore imputandogli di non avere pensato ad alcuna azione di rilancio per tempo, venivano silenziati o derubricati a personaggi pittoreschi. Ma Giannino, vox clamans in deserto, si sta prendendo la sua rivincita mettendosi a capo di uno schieramento, chissà quanto credibile, di liberal-liberisti che non ne possono più dell'arancia meccanica di Monti. Una manovra, subito, come regalo di Natale, da 20 miliardi che ha traumatizzato una nazione già sfibrata da una crisi mondiale a lungo sottovalutata, e che il precedente superministro economico Tremonti, forse il peggiore dei sottovalutatori, aveva cercato in extremis di arginare con ulteriori 30 miliardi cavati dalle tasche degli italiani. Ma Monti niente, si accaniva, gli premevano i parametri europei, gli importava di salvare il sistema bancario da lui giudicato il migliore, se non l'unico, dei mondi possibili. Per chi può accedervi, gli altri si impiccassero pure. E infatti hanno cominciato, uno, due al giorno, un ritmo infernale, mentre 30 aziende o fabbriche ad ogni spuntar del sole seguivano identica sorte. E tanto accanimento fiscale non serviva. Dicevano i tecnici veri, i bene informati nella comunità finanziaria internazionale: è assurdo, Monti ha tarato la sua manovra su un pil in decrescita dello 0,5% quando noi sappiamo che è almeno lo 0,8% su base trimestrale, il che significa -3% su proiezione annua. Vedrai mi diceva un analista che lavora a Londra che già a Pasqua dovrete subire un'altra manovra, e per l'estate una terza. E nessuna di queste servirà. Ci ha preso, altroché se ci ha preso, Monti ad ogni cambio di stagione assicurava, mai più stangate, e intanto stangava. La benzina non ha mai smesso di salire, le bollette venivano ritoccate in media una volta al mese, in agosto osservatori e studi di settore diffondevano un maggior costo per le famiglie italiane di ulteriori tremila euro annui, con i mutui schizzati fuori controllo e le varie voci di spesa salite di otto, dieci, cento volte tanto negli ultimi 10 anni. Non c'era più spazio per ulteriori aumenti ma Monti non se n'è curato, ha continuato ad infierire. Nell'estate più fiacca dalla fine della guerra, la più depressa e breve, la più spenta e angosciata, queste cifre sono suonate come il deprofundis per qualsiasi prospettiva di rinascita. Ma, non paga la solita Fornero poteva dichiarare, da nessuno contraddetta: Noi abbiamo salvato l'Italia. A conferma della paranoica distanza di questi tecnici dal cosiddetto paese reale, quello che in questi mesi non ha fatto che morire. Nelle stesse ore il premier Monti andava a chiedere legittimazione allo squalificato meeting di Rimini, la kermesse della famigerata Comunione & Liberazione, squassata da scandali a ripetizione che gravitano nell'orbita del gran capo Formigoni detto il celeste. Ma i ciellini, come tutti i fondamentalisti, credono che Dio sia con loro a prescindere e Monti, mediocre ma esperto nell'annusare dove tira il vento, ha subito ustato quello dei soldi, del potere che permane, che potrà farlo durare anche domani a dispetto dei suoi mistificanti annunci di ritiro dopo avere portato il sistema alle elezioni del 2013. Al meeting ciellino dei grandi sponsor e dei grandi affari, Monti ha regalato una delle sue banalità, non si capisce mai se tragiche o solamente ciniche: I giovani sono molto penalizzati ha scandito con la sua voce metallica, con la sua faccia inespressiva. Trascurando di precisare che l'ultimo a penalizzarli è proprio lui, e che comunque dal computo delle penalità restano fuori, come si conviene, i figli e nipoti suoi e, naturalmente, della illuminata compagine di governo.

    Ma La Crisi Non E' Uno Spread

    Ma che cos'è questa crisi con la quale ci hanno insegnato a convivere, come per un morbo che non se ne va, che si lega al sangue e al destino? Il grande infingimento dell'informazione che conta, quella che fa da anello di congiunzione tra gli altri anelli, politici, economici, industriali, è stato di presentarcela come legata a cose volatili, ai differenziali, agli spread che nessuno capisce anziché agli uomini con le loro fatiche quotidiane e banali. Sì, certo, la libera stampa racconta le difficoltà del fare la spesa, ma contabilizza anche quella, la nuova stangata si tradurrà in un costo di 3000 euro a famiglia, che detto così significa poco. La crisi delle borse, dei mercati è solo la punta di un macigno fatto di esseri umani, che non vivono, costretti ora ad arrabattarsi, ora a rubare, agli espedienti più umilianti, ai ritardi nel pagare, alle fughe davanti ai creditori. Ecco, un effetto diretto è questa fuga continua, collettiva, questa frantumazione necessaria o opportunistica dell'etica, non è proprio che non ci sia lavoro, lavorare bene o male si lavora, è che i soldi non girano, i compensi non corrono, tutta una catena debitoria che spesso parte dallo Stato, dai suoi ritardi biblici nel saldare enti periferici e singoli committenti. D'altro canto la crisi diventa un alibi potentissimo, per chi può: c'è crisi, non ti pago, arrangiati, fammi causa e ne riparliamo a babbo morto. Così le aziende, così i giornali, così chiunque possa trattare da una posizione di vantaggio, incrementata anche dalla continua offerta di chi pur di lavorare, specie in certe attività, è disposto anche a svendersi, a prostituirsi. Da cui l'inflazione di truffe e raggiri da magliari, di quelli sui quali campano programmi moralistico-pubblicitari quali le Jene o Striscia la notizia.

    Non tutti reggono. Due, tre, cinque suicidi al giorno, a Bologna come a Padova, in Sicilia come in Lombardia, dappertutto. Chi ha chiuso la fabbrica e non si dà pace per quanti rimasti sulla strada. Chi non accetta la frantumazione dei sogni di una vita.

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