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Lo pneumotorace non mi ha fermato
Lo pneumotorace non mi ha fermato
Lo pneumotorace non mi ha fermato
E-book164 pagine2 ore

Lo pneumotorace non mi ha fermato

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Info su questo ebook

Il protagonista di questa storia vera ha un problema di salute: pneumotorace spontaneo, ovvero un collasso improvviso del polmone.

A seguito di una cura momentanea in ospedale, gli viene detto che non sarebbe più stato libero di condurre la sua vita regolare.
Questo problema, infatti, si sarebbe potuto ripresentare da un momento all'altro.
Per un tipo come lui, abituato ad avere una vita piena di impegni, attività ed emozioni, lo stare fermo per evitare una recidiva significava la fine di tutto.
Voleva risolvere, voleva riprendersi la sua vita.

La ricerca della soluzione, la conseguente operazione e un particolare progetto per dimostrare che, in effetti, sono molte di più le cose possibili rispetto a quelle impossibili, anche quando tutto te lo farebbe credere.
In un vortice di caparbietà per fronteggiare le difficoltà, grazie a un linguaggio realistico, essenziale e scherzoso, riesce a far divertire anche nella narrazione delle situazioni più complesse.
LinguaItaliano
Data di uscita19 feb 2019
ISBN9788899735715
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    Anteprima del libro

    Lo pneumotorace non mi ha fermato - Francesco Magrini

    Prefazione

    Un libro che ti immerge nella vita.

    Semplice, diretto e senza troppi costrutti.

    La storia di Francesco. Una storia di vittoria, vittoria sportiva, vittoria della vita stessa.

    Devo ringraziarlo e fare un elogio speciale a questa grande persona che mi ha fatto immergere in un mondo nuovo e sensazionale. Ha saputo toccare, scrivendo di lui, le mie corde emozionali più profonde.

    A oggi si fa molta difficoltà a pensare al dolore, alla malattia, ai problemi; sono entità che la società demonizza e che, a nostra volta, decidiamo di allontanare dal nostro quotidiano.

    Eppure la sofferenza è parte integrante e determinante della nostra vita.

    Francesco ha pedalato i suoi 700km verso la libertà.

    Ma la sua vera bicicletta della vita l’ha abbracciata e iniziato a usarla quando un bel giorno gli diedero la notizia del collasso polmonare che lo avrebbe portato da lì a poco a stravolgere i suoi giorni.

    Bisogna però decifrare cosa davvero significa vivere la sofferenza- pensiamo ai nostri giorni, alla nostra vita, come se fossimo immortali, e perdiamo di vista la grandezza delle nostre vere potenzialità.

    La migliore qualità che possediamo è quella di sognare, di vivere dando un senso reale ai nostri giorni. Tramandare, trasmettere un messaggio che arrivi da un punto A, a un punto B.

    Raccontando la sua storia Francesco ha voluto condividere ciò che è stato il suo percorso di vita speciale, unico, coraggioso.

    Pedalare, pedalare e pedalare. Un obiettivo diventa sogno tangibile quando riusciamo a imprimere un valore a esso.

    Se solo ci rendessimo conto che sacrificare significa costruire sacralità, la nostra vita cambierebbe, trasformandosi in un capolavoro, come quella di Francesco.

    Non è un eroe, piuttosto è un Uomo. Un Uomo che sa cosa significa cadere, rialzarsi e vincere!

    Arturo Mariani

    Introduzione

    Ognuno di noi si trova davanti delle sfide. Delle situazioni in cui bisogna giocarsela, in un modo o nell’altro. Momenti in cui dobbiamo prendere decisioni, per andare avanti, per superare un momento difficile, per vivere un sogno. Il fatto è che, spesso, queste situazioni ci vengono un po’ a cercare. Si presentano improvvisamente. Potrebbero essere considerate come dei momenti di rottura di quella parte di quotidianità vissuta da ognuno di noi. E forse è proprio in questi momenti che abbiamo le opportunità più grandi. Le situazioni che, senza fare qualcosa di particolare, decidono di venirci a trovare. Insomma ci scelgono in qualche modo. Naturalmente possono essere emozioni bellissime oppure momenti complicati. E qua entriamo in gioco noi. Perché possiamo, effettivamente, decidere. Vivere o lasciar perdere una potenziale buona opportunità? Combattere o farsi travolgere da un problema? Direi che è una gran fortuna poter decidere, in un mondo fatto principalmente di schemi e cose imposte. Incredibilmente, grazie a certe situazioni, possiamo cambiare il facciamo in questo modo perché abbiamo sempre fatto così. Una possibilità di non adeguarsi per forza. Qualsiasi sia la nostra scelta, qualcosa cambierà. C’è chi sceglie di darci dentro, di non arrendersi davanti ad un problema. Trovarsi a terra e decidere che in qualche modo, questo problema, si risolverà. Impegnarsi nella ricerca di una soluzione. Decidere di essere, nonostante tutto, ottimisti. Perché se siamo ottimisti almeno una possibilità che le cose tornino a girare per il verso giusto c’è. Certo, l’ottimismo può non bastare a risolvere un problema se non è coniugato con uno studio della realtà effettiva. Comunque sia aiuta, e neanche poco. Abbandonarsi al pessimismo invece semplifica un po’ le cose. Sappiamo già in partenza che la situazione non migliorerà di certo.

    Personalmente, ho deciso di attaccare. Ovvero accettare che situazioni improvvise e non desiderate si possono sempre presentare, ma al tempo stesso di viverle senza arrendersi. Lavorarci sopra per risolverle. Essere umili. Credo che nei problemi può esserci sempre una piccola parte positiva, ed è lì che ho deciso (e decido) di lavorare. Di metterci le basi per combattere e far scaturire quella piccola scintilla che amo chiamare passione. Per risolvere, insomma. I problemi vanno rispettati ma non temuti: mai sottovalutare la gravità della situazione. Un’importante qualità è forse quella di convivere al meglio nelle situazioni complesse. Poi accade qualcosa. Ce la fai. Dopo tanta fatica, risolvi. Porti a termine un percorso. Realizzi un sogno. E, nei migliori dei casi, esci dal problema addirittura arricchito. Adesso sei cresciuto ancora un po’. La difficoltà ti ha fatto crescere. Sei conscio del tuo passato, lo hai bene in mente, ma contemporaneamente hai sempre più fame, quella fame incessante di voler raggiungere sempre nuovi obiettivi. Ecco quindi una storia che è scaturita da più storie. Difficoltà, momenti no, soluzioni, possibilità, vittorie. Qua, mescolate tutte insieme.

    Capitolo 1. 3 novembre 2014

    È sera e sto per andare a cena. Una giornata normale, la mattina all’università e il pomeriggio di studio. Breve corsa dopo pranzo. Perché il movimento fa bene, soprattutto quando si sta molte ore al giorno seduti. Con la scoliosi come ho, è quasi un obbligo fare movimento. Fortuna che mi piace, e nemmeno poco. Stasera vado pure a nuoto, quindi doppio allenamento. Nell’appartamento sotto il mio abitano i nonni paterni. Scendo le scale, li vado a trovare. Come tutti i giorni che posso. Ed è proprio mentre stiamo parlando, in piedi nella taverna, che la mia vita avrebbe conosciuto una situazione nuova, indesiderata. Una notizia dai nonni? No. È una novità che porto io a…me stesso e nemmeno so cos’è per adesso. Viene dal retro, anzi, dall’interno. Un dolore forte e improvviso è partito dalla parte alta della schiena, come un cazzotto fortissimo alle spalle. «Ma che cazzo è?» mi dico. Cioè sono in piedi fermo, non ho sbattuto da nessuna parte! Mi tocco la schiena.

    La nonna subito: «Ma che fai?».

    Io: «Che ne so, mi fa male forte quassù, in cima alla schiena».

    Nonna: «Hai fatto un movimento repentino? Hai preso fresco?».

    Io: «Ma scusami, sono qui in piedi fermo, che movimento dovrei aver fatto! Fresco? Ma che c’entra? No, questo è qualcos’altro, non capisco, mi inizia a far sempre più male. Non mi è mai capitato. Ora anche sotto il braccio sinistro e sul petto, respiro male. Che cazzo è?!».

    Torno subito su in casa, nell’arco di un minuto il dolore è insopportabile e diventa difficile respirare. C’è la mamma in casa. Le faccio subito presente la situazione, non so cosa ho ma qualcosa è. Le spiego cosa mi sento.

    Mamma: «Via, ora mettiti sul divano tranquillo, stai calmo. Che hai fatto oggi? Avrai preso fresco?».

    Io: «Dai con questo fresco! E due. Senti, portami al pronto soccorso, ho troppo dolore al petto e respiro male».

    Mamma: «Ora anche questa? Al pronto soccorso?».

    Cerco di alzarmi dal divano, provo ad andare a mettermi il giacchetto (abbia mai a prendere fresco per davvero!) ma è durissima. Non ho molta forza di muovermi. Intanto la mamma sta dando indicazioni a sua madre (la mia nonna materna), che è a cena a casa nostra stasera, su dove stiamo andando e sul fatto che a cena non ci saremo, tanto al pronto soccorso ci si mette sempre un sacco di tempo. Scendere le scale e salire in macchina. Mai stato così complicato. La mamma mi aiuta e, forse, si inizia a preoccupare. Da Montecatini Terme, dove abito, andiamo a Pescia, all’ospedale più vicino. Intanto in macchina piango dal dolore. Chiamo quindi il babbo, e cerco di spiegargli che…non so cosa ho, ma sto andando al pronto soccorso.

    Scendo di macchina e sono aiutato dalla mamma. Ora purtroppo la vedo davvero preoccupata, e me ne dispiace, poiché non posso fare niente per rassicurarla. Nel breve tragitto verso l’accettazione del pronto soccorso cerco di smettere di piangere e provo ad andare oltre il dolore dicendomi: «Su, Francesco, cerca di non fare grosse figure di merda, magari hai preso fresco davvero e non hai niente, si metteranno tutti a ridere». Eccomi al pronto soccorso, mi sento leggermente meglio. Il dolore c’è, ma stando seduto respiro un po’ meglio. I medici fanno un primo accertamento. Pressione a posto, battito cardiaco regolare, saturazione buona. Solo il dolore che continua in corrispondenza della parte alta della schiena, sotto il braccio sinistro, lungo il collo e sul petto. E ora sento come delle bolle che vanno su e giù lungo il petto. Sono incredulo, sto male e ho dolore ma al tempo stesso è tutto a posto!

    Dottore: «Bimbo, ma che hai? ».

    Io: «Lo chiedo io a Lei, non lo so, quello che le ho spiegato prima».

    Dottore: «Mah, senti bimbo, hai mai avuto attacchi di panico?».

    Me lo immaginavo, è da quando siamo partiti da casa che aspettavo questa domanda. Anzi, già la leggevo un po’ nella mente dei miei familiari.

    Io: «Si, ma quando ero più piccolo, ora è da tempo che sono completamente superati, e poi adesso è diverso. Il dolore che ho non ha niente a che vedere con gli attacchi di panico. Dottore, imparai a riconoscerli sa, a controllarli e a superarli senza problemi da solo. Lo escludo, non è un attacco di panico. Mi conosco, ho imparato a leggere molto bene il mio corpo. E poi, ripeto, sono anni che li ho superati ormai».

    Dottore: «Va bene, ora stai sdraiato e vediamo come va, non ti agitare. Più tardi controlliamo la situazione».

    Così resto fermo 4 ore. Sdraiato. Semi-sdraiato. In attesa. Al pronto soccorso è normale attendere, ed è giusto così. Il dolore ora sembra diminuito. «Non avrò mica uno strappo muscolare?» inizio a pensare. La realtà è che non so che pesci prendere. Forse non è niente di grave e ho preso fresco. Fatto sta che se mi muovo leggermente il dolore aumenta un po’. Se invece resto fermo immobile, lentamente, cala. Una dottoressa e un infermiere mi portano a fare un’ecografia all’addome. Così penso «ora mi mandano a casa, tanto non è nulla, sarà qualcosa che si cura con un po’ di riposo».

    Contro ogni previsione.

    La dottoressa, quasi subito esclama: «È uno PNX! Ascolta, tu stasera devi rimanere qua in ospedale. I tuoi genitori sono fuori?».

    Io, da buon ventunenne terrorizzato: «Ma cos’è uno PNX? Quindi mi ricoverate? È grave? Sì, i miei genitori sono fuori…di testa alcune volte, però mi vogliono tanto bene! Sì, sono fuori…».

    Cerco di sdrammatizzare un attimo la situazione, reagisco così alla tensione e alla paura. Anche perché non era un attacco di panico. Io ve lo dicevo. Stavo per trascorrere la mia prima notte in ospedale, da ricoverato, e ancora non avevo bene capito cosa avessi. Paura, tanta paura. I miei entrano e parlano con la dottoressa, insieme anche a me naturalmente. Insomma ho uno PNX, abbreviazione di PNEUMOTORACE, ovvero ho avuto un collasso spontaneo del polmone, il sinistro nel mio caso. Alcune bolle nella parte alta del polmone sono improvvisamente scoppiate e hanno fatto andare l’aria fra la pleura e il polmone, facendolo di fatto collassare. 1,7 centimetri di collasso (visto dalle radiografie fatte nel momento). I dolori erano proprio per questo. La forte fitta alla schiena, eccetera. Tutto, lentamente, iniziava ad avere un senso. È spontaneo, accade nei giovani ragazzi alti, magri e spesso fumatori (io non fumo). È una lieve malformazione del polmone, che non crea alcun tipo di problemi, salvo quando decidono di scoppiare queste bolle che si sono formate nella parte alta!

    Il dottore dice che:

    Con il termine pneumotorace (Pnx) s’intende una raccolta di aria nel cavo pleurico (lo spazio, normalmente virtuale, tra polmone e parete toracica, condizione patologica che determinando il collasso del polmone ne ostacola l'espansione durante la respirazione in misura proporzionale alla quantità

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