L'estate interrotta: la ragazza dai capelli ardenti
Di Alessio Moa
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"Il futuro era una promessa da cogliere al volo; un sogno, una vaga inquietudine, un videoclip insolito ma suggestivo, senza una sceneggiatura definita, da vivere in prima persona. E adesso era alla sua portata. Sì, il futuro tremava già nelle sue mani. Bisognava solo raggiungerlo. Lui era pronto. Il mondo era pronto per accogliere i suoi sogni?
C’era un unico ostacolo. Qualcosa di brutto venuto non si sa da dove, come una nebbia troppo fitta che non si diradava e portava angoscia."
Una malattia. Suo padre che si ammala. D'improvviso tutto sembra cambiare.
Eppure, un pomeriggio, sulla spiaggia ancora sgombra di turisti, conosce una ragazza che sostiene possa aiutare suo padre.
Chi è quella strana ragazza i cui capelli sembrano ardere? Perché non riesce a capire di quali colori siano i suoi occhi? Cosa c'entra con lei una vecchia dea dimenticata dal tempo che ha il nome di Ecate?
Quell'estate che bruscamente s'interromperà, segnerà la vita di Alessio, nel bene e nel male: vivrà avventure incredibili, conoscerà la tristezza, la solitudine, l'amore; si perderà nel regno dei sogni e delle visioni. Poi niente sarà più come prima.
Una notte di luna piena, una radura incantata, tutto si farà indistinto...
"La luna risplendeva, ormai quasi sopra le cime degli alberi, lattea, luminosa, accogliente. Illuminava il sentiero di una luce stranamente solida, tridimensionale. Un chiarore luminescente, diffuso, come lanugine che abbagliava. Una ragnatela di luce che si insinuava tra i cespugli, bucava le cime degli alberi, si rifletteva sulle superfici biancastre dei piatti di plastica abbandonati in mezzo all’erba e sui fazzoletti di carta imprigionati negli arbusti più bassi. Una bagliore incantato di luna che illuminava i suoi occhi, incendiandoli; facendo ardere di fuoco bianco le sue pupille."
Tra il paranormal fantasy e il realismo magico, tra la letteratura contemporanea e lo young adult, un romanzo sulla scoperta dei sentimenti, sul mistero della vita, sulla difficoltà di diventare adulti.
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Anteprima del libro
L'estate interrotta - Alessio Moa
Prologo
decorationQuel mese compiva gli anni: quattordici, un numero magnifico. La scuola, già finita. Dimenticata, sepolta. L’esame di Terza media superato brillantemente; davanti a lui la prospettiva di una meravigliosa, interminabile estate. C’era di che essere felici. Se poi i suoi avessero davvero tenuto fede alla loro promessa, se veramente fosse saltato fuori anche il suo scooter... Aveva già scelto il colore: rosso, come il fuoco. Rosso come immaginava dovesse essere il colore della libertà, delle spiagge assolate, della sua estate. Se l’era guadagnata. Era sua. Come lo scooter, il suo mustang, il cavallo selvaggio che lo avrebbe trasportato oltre l’orizzonte del suo quartiere, d’improvviso così limitato, chiuso dentro, sbarrato.
Il futuro era una promessa da cogliere al volo; un sogno, una vaga inquietudine, un videoclip insolito ma suggestivo, senza una sceneggiatura definita, da vivere in prima persona. E adesso era alla sua portata. Sì, il futuro tremava già nelle sue mani. Bisognava solo raggiungerlo. Lui era pronto. Il mondo era pronto per accogliere i suoi sogni? C’era un unico ostacolo. Qualcosa di brutto venuto non si sa da dove, come una nebbia troppo fitta che non si diradava e portava angoscia. Un tormento improvviso si era fatto largo nella sua esistenza, caricandola d'incertezza.
Suo padre stava male.
Era successo tutto in pochi mesi. Una debolezza inspiegabile, un esame banale, responsi sussurrati in stanze buie. Il pianto di sua madre. Forse bisognava solo attendere e tutto si sarebbe sistemato. Rimandare i suoi progetti di poche settimane. La bella stagione sarebbe arrivata in ritardo per permettere a suo padre di guarire. Luglio avrebbe atteso ancora. Serviva solo un po’ di tempo per recuperare energie e ottimismo. Un po’ di tempo e poi…
L’estate venne comunque e fu puntuale. Si portò via il suo ottimismo e una manciata di sogni. E mai niente fu come prima.
La ragazza dai capelli ardenti
decorationSia lode alla Fanciulla dai capelli lucenti,
detentrice della chiave d'infiniti mondi,
creatrice della vita in forma di elica,
sorgente delle Tre Virtù, la bella.
Il medico era stato chiaro: le probabilità di una guarigione completa erano poche. La malattia di suo padre era a uno stadio avanzato; sebbene il suo organismo sembrasse reagire positivamente alle prime cure, non era possibile farsi troppe illusioni. Bisognava prepararsi al peggio senza tuttavia perdere completamente la speranza.
Alessio continuava a osservarlo disteso sul letto d’ospedale mentre gli sorrideva debolmente; sul comodino a fianco, i fiori di campo gialli e blu legati da un nastro rosso che aveva portato sua madre stavano già appassendo. Un odore di disinfettante misto a sudore e altri fluidi impregnava l’aria rendendola densa, soffocando ogni impulso vitale. Per oltre un’ora era rimasto accanto al letto, rispondendo meccanicamente alle domande sulla scuola che suo padre gli aveva rivolto con una voce esausta che quasi non riconosceva. Ora voleva solo andarsene da lì e tornare alla sua vita di piccoli impegni e di orari certi. Forse all’aria aperta sarebbe riuscito a cancellare dalla sua mente i fiori appassiti, l’odore di morte che regnava in quel posto e quella voce stentorea che lo atterriva. Suo padre sembrò capire perché, fingendo un’improvvisa sonnolenza, si girò dall’altra parte dopo avergli fatto un cenno con la mano. Lui lo salutò frettolosamente e si diresse verso la porta tirando un involontario sospiro di sollievo.
E invece, appena uscito dall’ospedale avvertì un peso opprimergli il petto e lasciarlo quasi senza fiato. D’improvviso si sentì colpevole e la realtà sembrò piombargli addosso. Suo padre stava male sul serio, forse stava morendo, e la sua unica reazione era stata quella di fuggire via, allontanarsi più in fretta possibile, dimenticarlo.
Eppure continuò a camminare, vagando senza una meta, con la mente in tumulto e una sensazione d'inadeguatezza che lo imprigionava. Intorno a lui le facce sorridenti dei primi turisti della stagione e grida giocose di bambini. L’aria era carica di salsedine, il sole splendeva ancora, poco sopra l’orizzonte.
Giunse sul litorale: vedeva la spiaggia in lontananza, intuiva le onde del mare. D’impulso imboccò le scale di pietra che scendevano fin sulla sabbia e si diresse verso il bar di cui intravedeva l’insegna. La brezza che veniva dal mare gli scompigliava i capelli castani, la salsedine cominciava ad appesantirli, incollandoli. Da dietro al bancone, una vecchia lo guardava con occhi spenti. Chiese un chinotto, si frugò nelle tasche dei jeans per raccogliere qualche moneta e pagò. Fuori un grande patio in legno accoglieva quattro o cinque grandi tavolini in plastica bianca circondati da sedie anch’esse bianche. Nessuno era occupato e Alessio si sedette davanti a quello più esterno; allungò le gambe fin oltre il bordo e si mise a osservare un gruppo di ragazzi e ragazze che, poco più in là, giocavano a pallavolo con un pallone di un colore giallo acceso.
Il bicchiere di chinotto giaceva davanti a lui, dimenticato; l’immagine del viso tormentato di suo padre continuava a riempirgli la mente. Nei mesi precedenti, quando ancora godeva di buona salute, si erano scontrati spesso, lanciandosi a vicenda accuse crude, spietate. Un giorno lui gli aveva gridato in faccia cosa pensava del suo lavoro, della sua vita, dei valori in cui credeva. Poi aveva gettato a terra con violenza i libri di scuola con cui stava studiando, mentre parole orribili che nemmeno immaginava di poter pronunciare sgorgavano inarrestabili dalle sue labbra. Per la prima volta aveva visto suo padre scosso, turbato, senza più difese. C'erano stati altri episodi simili anche se meno eclatanti e spesso si era trovato nella situazione di dover saltare i pasti pur di non essere costretto a discutere con lui. Un periodo terribile. Però da qualche giorno si sentiva completamente smarrito, incapace di comprendere quell'inquietante cambiamento di prospettiva. Era abituato a vedere il suo viso paonazzo mentre gli urlava con voce imponente di divieti e punizioni. Adesso osservarlo in quello stato gli regalava un oscuro, opprimente turbamento, come una vertigine che non svaniva.
A un tratto successe qualcosa.
Vi fu un rapido movimento che lui vide solamente con la coda dell’occhio, poi un rumore secco e un flusso di liquido che improvvisamente lo investiva: si ritrovò con il bicchiere di vetro in grembo e il viso e la maglietta ricoperti di chinotto. Mentre balzava in piedi cercando di trovare il pacchetto di fazzoletti di carta nei suoi jeans, ascoltò diverse persone soffocare risate appena abbozzate. Il bicchiere finì per terra senza infrangersi, continuando a rotolare sul pavimento di legno fino a che non cadde oltre al patio, sulla sabbia.
«Oddio, scusa!»
Il liquido gli bruciava gli occhi accecandolo. Sembrava che i fazzoletti fossero spariti; comunque lui non riusciva a trovarli.
«Tieni...»
Ancora quella voce femminile che gli parlava. Sentì anche il contatto con qualcosa e si trovò ad avere un fazzoletto in mano; si pulì il viso come meglio poteva. Il fazzoletto era profumato; un profumo strano, forse di ciclamino...