e ci dovevi arrivare in Sudamerica
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Anteprima del libro
e ci dovevi arrivare in Sudamerica - Fabio Tittarelli
Indice
0. un sogno 5
1. l’ingranaggio 7
2. il cancello verso l’ignoto 19
3. e ci dovevi arrivare in Sudamerica? 28
4. il gigante freddo 34
5. a passo d’uomo 45
6. una sinfonia caotica 57
7. tanto affanno per poca impresa 63
8. una lotteria 76
9. la prossimità della morte 85
10. un villaggio di pescatori? 97
11. cadute d'acqua 103
12. luoghi non comuni 109
13. la noia 118
14. il collega 126
15. in gabbia o selvatico? 136
16. cromatismi 151
17. palle colorate 160
18. il pollo e la volpe 165
19. selva 176
20. la corrente 186
21. gli occhi 188
Fabio Tittarelli
e ci dovevi arrivare
in Sudamerica
I edizione: Gennaio 2019
© 2019 Fabio Tittarelli
Tutti i diritti riservati
Grafica di copertina: Fabio Tittarelli
ISBN: 9788831608350
Youcanprint Self-Publishing
www.facebook.com/fabio.tittarelli
www.facebook.com/eCiDoveviArrivare
Si comincia a invecchiare
quando si smette di crescere.
In viaggio non si invecchia.
un sogno
Mario stava realizzando un sogno. Era su quell'aereo da dieci ore, ancora quattro e sarebbe atterrato sul punto di inizio della sua avventura. Si stava dirigendo a tredicimila chilometri da casa per un lungo viaggio solitario, ma il suo stato d'animo era tranquillo come se quel mezzo lo stesse conducendo al centro della sua città per una passeggiata con gli amici. Probabilmente quell'esperienza era la cosa più naturale che potesse fare in quel periodo della sua esistenza, era il frutto di mesi di speranze, riflessioni, discussioni con amici e conoscenti, in quel momento davvero gli sembrava più ovvio sorvolare l'oceano che prendere l'auto per recarsi al lavoro.
Mario conosceva anche la lentezza di riflessi del suo lato emozionale, che impiegava sempre un certo tempo prima di reagire agli eventi della vita. Era una caratteristica che in alcune occasioni lo aveva protetto da dolori troppo forti da affrontare al momento, altre volte aveva diluito l'entusiasmo per eventi positivi. Non si trattava di una forzatura, non bloccava volontariamente le emozioni, semplicemente non le sentiva subito. A volte lo commuoveva di più immaginare qualcun altro in una determinata situazione, che viverla. Anche questa volta probabilmente la carica emotiva si sarebbe scatenata più avanti, ma ora non ne sentiva traccia.
Fino a quel momento il passaggio era scorso bene, il treno lo aveva portato da Ancona a Roma e poi all'aeroporto di Fiumicino, dove aveva imbarcato il suo grande zaino sfiorando il peso limite per il bagaglio e aveva atteso il volo. Roma-Madrid-Santiago. Solo Andata.
Non aveva intenzione di stabilirsi in Sud America, ma l'itinerario del suo viaggio era talmente ampio e indefinito da rendere impossibile prevedere quando e da quale luogo sarebbe rientrato. Aveva quei dodici mesi a disposizione, e intendeva sfruttarli per girovagare nella maniera più libera possibile, senza programmi o vincoli. Aveva solo stabilito due punti di riferimento, corrispondenti a luoghi già visitati e nei quali desiderava tornare: il Cile, in particolar modo la Patagonia cilena, e Cuba. La sequenza era dettata semplicemente dalla stagione: visto che in quel momento a sud era estate, aveva deciso di partire da lì, in modo da trovarsi nella Terra del Fuoco con temperature sopportabili. Il resto del percorso si sarebbe formato durante il cammino.
l’ingranaggio
L'aria di Santiago del Cile era calda e accogliente, la giornata luminosa somigliava a un benvenuto e camminando per le strade del centro Mario si sentiva leggero, la gioia cominciava a stimolare le sue corde emozionali. Aveva ancora addosso un po' di incredulità, che stava gradualmente evaporando al sole per lasciare posto all'euforia. Trovarsi al caldo estivo all'improvviso, con le ossa ancora infreddolite dall'inverno, era un vero e proprio piacere fisico. Si fermò a prendere un gelato, per gustarsi il momento e anche perché l'intruso che aveva sulle spalle lo stava infastidendo. Non era abituato a portare zaini pesanti, e i venticinque chili si facevano sentire. Aveva cercato di ridurre al minimo la zavorra, ma considerata la durata del suo viaggio aveva dovuto prevedere ogni situazione climatica. Inoltre, vista la natura spartana del suo andare, non sapeva in quali situazioni si sarebbe trovato: oltre a vestiti per tutte le stagioni, un sacco a pelo e qualche farmaco per le emergenze erano le minime precauzioni necessarie. Poi qualche libro e un walkman con la musica preferita come compagni di viaggio.
Guardandosi intorno, Mario avvertiva un'aria quasi familiare, era passato appena un anno da quando Lucia lo aveva guidato per quelle vie, deridendolo perché a ogni frase pronunciata la guardava perplesso chiedendole di ripetere. Non aveva studiato spagnolo, e quel poco che aveva appreso in brevi soggiorni in Spagna e a Cuba non gli era risultato sufficiente a digerire la pronuncia cilena, impastata e masticata com'era. La loro era stata una breve avventura iniziata in una discoteca di Madrid, dove Mario si trovava in vacanza con gli amici e Lucia si stava godendo il suo giorno di riposo tra un volo e l'altro della compagnia aerea cilena per la quale lavorava. Dopo quel breve incontro si erano tenuti in contatto e Mario era rimasto attonito quando lei lo aveva invitato in Cile: fino a quel momento non aveva mai pensato a un viaggio del genere, il Cile non era che un posto in fondo alla geografia, potenzialmente inesistente, per quanto lo riguardava. Poi aveva pensato che proprio per questo doveva accettare l'invito, cogliere l'occasione per visitare un luogo altrimenti ignorato. Erano stati insieme come nell’epilogo di un flirt estivo, sapendo entrambi che tutto sarebbe finito con il suo volo di ritorno. Questa volta infatti non c'era lei ad aspettarlo, e quando l'aveva chiamata dall'aeroporto aveva appreso con una buona dose di sconcerto che il suo nuovo compagno rappresentava un ostacolo troppo grande anche per un breve saluto in un bar. Aveva riportato lentamente la cornetta al suo posto con un senso di amarezza, quella che reputava un’amicizia lontana si era dissolta in poche parole di incomprensione lungo la linea telefonica.
Paula aiutò la madre ad apparecchiare la tavola, poi si vestì e uscì di casa. Mancava ancora un po' all'appuntamento, ma aveva voglia di camminare e approfittò per fare un giro in centro. Aveva conosciuto Mario attraverso Internet, per caso. Quando lui le aveva parlato del viaggio, che sarebbe iniziato proprio nella sua città, aveva offerto volentieri il suo aiuto a cercare una sistemazione per i primi giorni. Non poteva ospitarlo a casa, dove non c'era spazio per un letto in più, però gli aveva trovato un albergo economico nelle vicinanze e lo aveva invitato a pranzo.
Quando si incontrarono vissero l'attimo di sorpresa che si prova al vedere materializzarsi una foto, il momento in cui la curiosità lascia definitivamente posto a delusione o compiacimento. Finché la moneta è in aria è sia testa che croce, e ognuno è libero di assegnargli l’immagine che desidera. Quando poi cade a terra rimane una sola possibilità, la fantasia ha terminato il suo lavoro. Paula provò subito una decisa attrazione, il ragazzo che aveva di fronte non era esattamente bello, però era alto, aveva un bel fisico asciutto e uno sguardo intenso e sincero. La sua attenzione fu catturata soprattutto dal grigio indefinito degli occhi, che contribuiva a distaccarlo nettamente dai lineamenti a lei più familiari. Dopo i saluti e le consuete domande sulla qualità del viaggio, si diressero verso l'hotel, dove Mario desiderava rilassarsi un po' prima di pranzo. Era partito da casa ventisei ore prima e anche se aveva dormito quasi sempre durante la prolungata notte in aereo, era stanchissimo e frastornato dal fuso orario. Paula lo salutò nella reception e si diresse a casa, dopo avergli spiegato la strada per raggiungerla.
L'hotel era economico a ragione, la camera discretamente spaziosa ma poco pulita, le pareti scrostate in più punti. Mario sentì una piccola morsa allo stomaco, avrebbe gradito iniziare il soggiorno in un ambiente più accogliente, ma non aveva assolutamente voglia di mettersi a cercare una sistemazione migliore. Sapeva anche per esperienza che qualsiasi ambiente, per quanto squallido, disturba la sensibilità umana per non più di un paio di giorni, poi ci si abitua a tutto. Appoggiò quindi lo zaino su uno sgabello e prese il necessario per fare una doccia rigenerante. Anche il bagno era in linea con il degrado della camera, con sanitari usurati e scie di ruggine vicino ai rubinetti. Fortunatamente la doccia produceva un bel getto caldo e Mario cancellò la brutta immagine godendosi l'acqua a occhi chiusi.
La mamma di Paula era una signora gentile e intelligente. Insegnava matematica alle scuole superiori e dopo la separazione dal marito, andato a vivere in un'altra città, si era presa cura da sola di Paula. Ora che la bimba era cresciuta e richiedeva meno attenzioni, l'insegnamento e lo studio erano tornati protagonisti della sua vita. Fisicamente era simile alla figlia, capelli e occhi neri, carnagione scura, non molto alta. Manteneva una figura più snella di Paula e, grazie anche all'eleganza dei movimenti, appariva molto giovanile. La casa, di piccole dimensioni, era pulita e ordinata, lasciando intuire una certa cura da parte delle occupanti, ma non un' attenzione maniacale. Era comunque una casa femminile, priva del disordine che quasi immancabilmente accompagna la presenza di un uomo.
Dopo il buon pranzo Mario si intrattenne volentieri a chiacchierare con madre e figlia. Loro facevano mille domande sull'Italia e Mario si sorprese del loro interesse. Si rese conto per la prima volta che il suo paese possedeva un fascino unico al mondo, dovuto alla sua storia, alle opere d'arte ospitate, e perché no, alla sua forma curiosa. Vivendoci, confrontandosi quotidianamente con la corrosione prodotta da decenni di governanti corrotti e da un popolo ormai incapace di indignarsi anche di fronte alle più scandalose malefatte, gli era impossibile realizzare che il suo paese avesse avuto un passato così glorioso. Anche conoscendo la storia faceva fatica a identificare la Repubblica delle banane
con la patria di Leonardo, Michelangelo e Dante. Eppure, all'estero il mito era ancora intatto, l'Italia era ancora quella dell'Impero Romano, del Rinascimento e dei grandi geni della cultura e dell'arte. Non era ancora arrivato il momento di essere derisi in tutto il globo a causa di un improbabile presidente del consiglio, curiosamente sfuggito alla legge e al cabaret.
Gradualmente le domande si orientarono sul viaggio, che incuriosiva alquanto le due donne. Mario spiegò loro, in uno spagnolo ancora stentato, i motivi che lo avevano spinto a partire, come aveva già fatto con parenti, amici e conoscenti, semplificando ogni volta a seconda degli interlocutori, perché non tutti erano disposti ad accogliere le ragioni profonde che lo avevano ispirato. Paula era incuriosita soprattutto dai luoghi che Mario intendeva visitare, mentre la madre era più interessata a conoscere le motivazioni che lo avevano spinto a partire. Capiva quello che Mario intendeva, anche lei da giovane aveva avuto dei momenti in cui avrebbe voluto staccarsi dalle solite abitudini, fermarsi a riflettere sulla vita e sul futuro, magari viaggiando in un paese lontano. Poi era stata travolta dagli eventi, si era innamorata di un uomo che non comprendeva le sue perplessità, troppo impegnato com'era a guadagnare punti nella scala sociale, e aveva trovato lavoro nella scuola. La nascita di Paula l'aveva poi assorbita completamente, togliendole in maniera molto naturale ogni possibilità di scelta. Quando si separò dal marito si era ormai abituata a quella vita, le ambizioni giovanili si erano affievolite e non pensò neanche per un istante di stravolgere la sua vita e quella di sua figlia. Dalle sue parole non traspirava rimpianto, era felice della sua vita, però la curiosità e la vitalità erano ancora in forma, si riconosceva in Mario e nel suo desiderio di ricerca. Gli disse che le avrebbe fatto molto piacere rivederlo alla fine del viaggio, per farsi raccontare dettagliatamente quell’esperienza, che sarebbe finalmente diventata anche un po’ la sua. Mario si sentì onorato da quella richiesta, e non escluse di passare di nuovo per Santiago, prima di rientrare in Italia. Non si lasciò però strappare promesse, non gli piaceva disattenderle e non voleva cominciare subito a costruire vincoli al suo itinerario.
Mario si svegliò con un pessimo umore. Già prima di alzarsi dal letto la sua mente aveva cominciato a esibirsi in elucubrazioni negative, mettendo in discussione tutti i buoni motivi che lo avevano portato lì. La sua parte pessimista si era destata prima del resto del corpo e borbottava che trovarsi lì non aveva senso, che passato quell'anno sarebbe tornato al suo lavoro senza che nulla fosse cambiato, che quel viaggio era solo una perdita di tempo, un allontanamento artificioso dalla sua vita. Stette a sragionare per un po', quindi si decise a uscire e cominciò a passeggiare per la città. Il sole già alto riscaldava la pelle e rendeva