Educazione all'amore. Dialoghi e considerazioni su un illustre sconosciuto
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Anteprima del libro
Educazione all'amore. Dialoghi e considerazioni su un illustre sconosciuto - Marco Ceccarelli
www.donmarcoceccarelli.it
Sigle e abbreviazioni
¹
Ti viene dato un breve precetto:
AMA E FA CIO’ CHE VUOI;
sia che tu taccia, taci per amore;
sia che tu parli, parla per amore;
sia che tu corregga, correggi per amore;
sia che perdoni, perdona per amore;
sia in te la radice dell’amore,
poiché da questa radice
non può procedere se non il bene
(sant’Agostino)
La vita mi ha insegnato che vivere è un po’ di tempo
dato alle nostre libertà per imparare ad amare
e a prepararsi all’eterno incontro con l’Eterno Amore
(Abbé Pierre)
Dove c’è infedeltà non c’era nessun amore;
dove c’è fedeltà non occorre che ci sia ancora amore
(H. U. von Balthasar)
La povertà più grande che c’è nel mondo non è la mancanza di cibo ma quella d’amore. La povertà della gente che non è soddisfatta di ciò che ha, che non è capace di soffrire, che si abbandona alla disperazione. La povertà di cuore spesso è più difficile da combattere e sconfiggere
(Madre Teresa di Calcutta)
Se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio,
questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita
(Papa Francesco, Evangelii Gaudium)
Prefazione
Questa seconda edizione di Educazione all’Amore presenta integrazioni agli argomenti già trattati nella prima edizione e aggiunge materiale per nuove riflessioni. Il volume non possiede le caratteristiche di un manuale e tanto meno di un’opera scientifica, come si evince anche dall’assenza di un ampio apparato critico. Con il suo approccio colloquiale piuttosto che sistematico, intende semplicemente offrire uno strumento per riflettere sulla grande questione dell’amore, e magari aiutare a colmare il fossato che intercorre fra una concezione vaga, soggettiva e spesso confusa di questo illustre sconosciuto, e una sua attuazione oggettiva e concreta nella vita quotidiana.
Che l’amore sia un illustre sconosciuto lo si può constatare fin dal modo improprio ed equivoco in cui il termine viene spesso impiegato sia nei mass-media che nel nostro uso quotidiano. Come ha osservato argutamente un filosofo tedesco: «Ostacoli, che potrebbero dissuadere dall’intraprendere un discorso sul tema dell’amore
, ve ne sono più che a sufficienza. Dopo tutto, basta sfogliare, dal barbiere, un paio di riviste illustrate, per nutrire il fermo proposito di non usare più, in questo nostro tempo, la parola amore
».² Ma se si ha l’occasione, come è capitato a me, di trattare tale argomento nelle classi liceali, nei gruppi giovanili parrocchiali, o negli ambienti universitari, ci si rende facilmente conto che educare le persone, soprattutto le nuove generazioni, al tema dell’amore è una necessità impellente. Da qui l’idea di raccogliere le risposte alle domande, considerazioni e obiezioni che mi venivano rivolte in tali incontri. Con l’auspicio che sempre più formatori intraprendano l’opera sublime e indispensabile di educare all’amore.
Voglio ringraziare tutti i ragazzi e le ragazze che hanno contribuito, con la loro dialettica, i loro stimoli e – perché no – le loro critiche, alla realizzazione di questo testo, partecipando alle varie riunioni in cui abbiamo discusso le tematiche relative all’amore. Fra essi, in particolare i membri del gruppo giovani Laboratorio della Fede con i quali condivido, ormai da diversi anni, buona parte delle mie esperienze pastorali.
Roma, 14 Febbraio 2015
festa di san Valentino,
patrono degli innamorati e dell’amore
d. Marco Ceccarelli
Introduzione
Possiamo dare un senso pieno alla nostra vita? Possiamo essere felici nonostante la crisi economica, la crisi occupazionale, la crisi dei rapporti umani, la difficoltà di vivere in una grande città, ecc.? Quando Papa Francesco dice ai giovani: Non lasciatevi rubare la speranza
, cosa vuol dire? Vuol dire quello che sentiamo ripeterci tante volte in televisione da persone illuminate
: Non rinunciare mai a perseguire i tuoi sogni? Non scoraggiarti perché le cose prima o poi si sistemeranno? Oppure intende: Non smettere di credere che, nonostante tutto, nonostante le difficoltà che puoi incontrare, nonostante che spesso le condizioni esterne siano sfavorevoli, puoi in ogni caso dare un senso pieno alla tua vita? In altri termini: può la nostra vita avere una pienezza, una realizzazione, una felicità – non di ripiego, ma assolutamente soddisfacente e appagante – anche se le cose non vanno secondo i nostri progetti? Certamente. Oppure la mia felicità è condizionata dalle circostanze esterne? Per fortuna no. Anche se sono malato, invalido, in un lettino di ospedale, o sono stato traumatizzato da piccolo, o non sono riuscito a realizzare i miei sogni e mi ritengo perciò un fallito, posso sempre dare un senso alla mia vita ed essere felice.
Qualcuno può pensare: ma non è possibile. Se non sono in grado di perseguire i miei sogni, i miei progetti, le mie aspirazioni – perché magari non riesco ad avere un lavoro sicuro, a trovare una persona con cui avere un rapporto stabile e formare una famiglia, a programmare il futuro, o perché non ho abbastanza salute per competere nella società – come posso realizzarmi? Ma che vuol dire realizzarsi
? I santi erano persone realizzate? Madre Teresa di Calcutta, Massimiliano Kolbe, Damiano de Veuster (che è morto a 49 anni dedicandosi a curare i malati di lebbra), erano persone realizzate? Io penso di sì. Eppure non avevano condizioni esterne molto favorevoli. La speranza che non dobbiamo farci rubare è dunque quella che la nostra vita può avere un esito positivo a prescindere dalle condizioni esterne. La chiave di questo esito sta in una parola: amore.
I. Educare all’amore?
1. Che significa educazione all’amore
? Amare non è qualcosa che avviene in maniera naturale
, spontanea, come è per il camminare?
Effettivamente parlare di educazione all’amore
può far sorgere qualche punto interrogativo (e questo è positivo). Per esempio, qualcuno si può chiedere se ciò equivalga a educazione sessuale
. Il che non è nemmeno sbagliato, perché la sessualità e l’educazione sessuale hanno a che fare con l’amore. Oppure ci si può domandare chi possa vantare la competenza di educare un altro su una realtà come quella dell’amore. Per quanto mi riguarda, mi rendo conto con il passare degli anni che uno dei (pochi) vantaggi dell’invecchiare – anche se non è sempre automatico – è quello di accumulare esperienze che possono insegnare qualcosa; e con l’esperienza la capacità di avere una visione più ampia e meno parziale delle cose. Fra le convinzioni maturate con l’età c’è quella che uno dei bisogni fondamentali della nostra epoca (se non il più fondamentale in assoluto) è imparare ad amare; imparare cosa sia l’amore. Che ci siano idee molto confuse sull’amore lo si può notare spesso, e non solo quando si sente dire: L’ho uccisa per amore!³
Però è vero: può sembrare stravagante ritenere che sia necessario educare all’amore. Infatti chi mai si preoccupa di fare qualcosa del genere? Non tanto educare all’affettività o alla sessualità, cose che oggi sembrano diventate piuttosto trendy; ma educare, innanzitutto, all’amore in quanto tale, che deve poi, certamente, essere declinato nei suoi vari aspetti, compreso quello affettivo e sessuale. E questa rarità si deve probabilmente al fatto che imparare ad amare può apparire qualcosa di spontaneo
, come lo è il respirare, il camminare, il mangiare; insomma, qualcosa che comunque viene da sé.⁴ Ma, d’altro lato, è ancora più paradossale pensare che si possa educare all’amore, come se esso fosse una scienza che si può insegnare ed imparare. Però, poniamoci una domanda ancora più a monte: È necessario e si può imparare a vivere? Fin da piccoli ci vengono insegnate tante cose. Per esempio ci viene insegnato a parlare in una determinata lingua. Certamente ogni italiano si esprime con un suo accento o con una sua particolare fraseologia. Però la lingua italiana è uguale per tutti, e si può insegnare ed imparare, come tante altre cose. Ma la scienza
del vivere chi ce la insegna, dove si impara?
2. Esiste forse anche una scienza del vivere?
A questo proposito ti vorrei citare alcune righe di un discorso tenuto dal cardinale Joseph Ratzinger per il giubileo dei catechisti il 12 Ottobre del 2000:
La vita umana non si realizza da sé. La nostra vita è una questione aperta, un progetto incompleto ancora da completare e da realizzare. La domanda fondamentale di ogni uomo è: come si realizza questo diventare uomo? Come si impara l’arte di vivere? Quale è la strada alla felicità? […] La povertà più profonda è l’incapacità di gioia, il tedio della vita considerata assurda e contraddittoria. Questa povertà è oggi molto diffusa, in forme ben diverse sia nelle società materialmente ricche sia anche nei paesi poveri. L’incapacità di gioia suppone e produce l’incapacità di amare, produce l’invidia, l’avarizia - tutti i vizi che devastano la vita dei singoli e il mondo […] Se l’arte di vivere rimane sconosciuta, tutto il resto non funziona più. Ma questa arte non è oggetto della scienza; questa arte la può comunicare solo chi ha la vita, Colui che è il Vangelo in persona (l’enfasi è mia).
Riflettiamo un attimo su questo. Come si realizza il nostro diventare uomo/donna? Non è automatico. Ci sono vite meglio riuscite e altre meno. Una delle cose che ci distingue dagli animali è che essi, secondo la loro specie, hanno una esistenza ben determinata
dalla loro natura.⁵ Un essere umano invece ha una gamma di possibilità enorme. Un bambino, quando nasce, potenzialmente può diventare o Hitler o san Francesco. E fra i due estremi c’è una serie infinita di possibilità. Questo mi ha sempre incuriosito e fatto pensare, perché alla base del destino della nostra vita e del destino delle sorti umane, delle società, ci sta l’arte del vivere. E l’arte del vivere – come dice Ratzinger – ha molto a che fare con l’arte e l’educazione all’amore. Se esistono tanti problemi sociali, tanti conflitti e, in definitiva, tanta sofferenza e infelicità che sono causate non solo da problemi economici, è perché non abbiamo veramente imparato ad amare. Imparare ad amare è una necessità fondamentale per imparare a vivere e a creare una società più giusta e umana.
3. Questo non mi è immediatamente chiaro.
Diciamola in un’altra maniera. La nostra vita è fatta di azioni e l’arte del vivere si esercita attraverso le azioni. Alla fine di una giornata abbiamo compiuto un numero considerevole di azioni. Anche nel caso fossi rimasto tutto il giorno a letto ho fatto un’azione. Poniamoci una domanda: le nostre azioni hanno o dovrebbero avere un fine? E se sì, quale dovrebbe essere il fine delle nostre azioni? Se le nostre azioni infatti non raggiungono il fine che dovrebbero avere allora anche la nostra vita – che è appunto fatta di azioni – non raggiungerà il suo fine. Nella Bibbia, per indicare un’azione che non raggiunge il suo fine si usa il termine peccato
. Il senso etimologico di peccare
è quello di mancare il bersaglio
. Se una freccia non colpisce il bersaglio significa che non è andata a buon fine; e a volte potrebbe avere combinato un danno. Così le nostre azioni. Secondo la visione biblica e cristiana il fine di ogni azione dovrebbe essere l’amore. Da qui possiamo capire perché sant’Agostino ha detto Ama e fa quello che vuoi
, perché chi ama non fa il male, non pecca. Come dice san Paolo, «l’amore non fa nessun male al prossimo» (Rm 13,10).
Ma anche se non partiamo da una prospettiva di fede penso che possiamo nondimeno porci la domanda se il fine delle nostre azioni non dovrebbe essere sempre e comunque l’amore. Non soltanto le piccole azioni quotidiane, ma anche quelle che si operano a grandi livelli e che coinvolgono i destini di popoli interi. Se così è, allora capiamo quanto sia importante essere educati all’amore. Nelle facoltà di economia, di giurisprudenza, di scienze politiche e quant’altro, dove si formano i futuri professionisti della nostra società, si dovrebbe anche e soprattutto insegnare loro che il fine di tutte quelle discipline scientifiche e della loro applicazione nella vita reale deve essere l’amore. A che serve conoscere i segreti dell’economia, della chimica, della medicina, dell’informatica, se poi quel mio sapere lo uso magari per il male invece che per il bene? Per dirla di nuovo con san Paolo (1Cor 13,2):
Se anche conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, ma non ho l’amore, non sono nulla.
4. Per educare a qualche cosa occorre che quella cosa abbia una sua oggettività. Ma riguardo all’amore che si può dire di oggettivo?
Questa è una bella domanda; anzi è la domanda chiave. Diciamolo in maniera ancora più provocatoria: l’amore può essere trattato alla stregua di una scienza? Può essere considerato come una realtà che si può studiare e imparare, con delle sue basi oggettive, come si può fare per esempio con la medicina o con l’economia? Potremmo istituire una cattedra o addirittura una laurea in agapologia
?⁶ In effetti, trattando dell’amore, pare piuttosto che si abbia a che fare con un argomento di cui si può dire di