Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Albert e Syssew
Albert e Syssew
Albert e Syssew
E-book317 pagine4 ore

Albert e Syssew

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Il dottor Albert sospetta che si voglia boicottare una ricerca di cui è parte attiva.

Per un intervento di pronto soccorso entra in contatto con una strana famiglia, il cui uomo, senza una logica apparente, in tempi successivi, sembra interferire sul prosieguo della ricerca.

La sorpresa va oltre ogni logica ed alla fine tutti rimangono a chiedersi...
LinguaItaliano
Data di uscita20 giu 2019
ISBN9788831606363
Albert e Syssew

Correlato a Albert e Syssew

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Albert e Syssew

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Albert e Syssew - Mariano Caminiti

    casuale.

    1

    Albert era seduto alla sua scrivania, intento a leggere alcune carte sparse sulla stessa in apparente notevole disordine, allorché udì suonare il campanello.

    Essendo ancora in vestaglia, rinunziò ad aprire, lasciando indirettamente tale incarico a sua moglie. Ad una successiva scampanellata seguì lo scatto della serratura. Ci fu uno scambio di parole, che Albert non cercò nemmeno di intercettare, certo che non potesse essere persona, che desiderava parlare con lui. Dopo qualche istante, la porta dello studio si aprì lentamente e Albert, girandosi, intravide la testa di Syssew, pronta a comunicargli che una signorina desiderava parlare con lui.

    Albert, sorpreso, guardò impacciato il suo vestiario, dopodiché storcendo le labbra e facendo spallucce rispose di farla accomodare.

    Alcuni istanti dopo, Syssew si spostava lateralmente invitando l’ospite ad accomodarsi

    Albert si trovò nel vano della porta una donna, alta, magra, scura di carnagione, con scarse forme femminili, col viso rotondeggiante, sul quale dominavano un naso aquilino, labbra rosso scarlatte ed il cui rossetto ne oltrepassava i bordi naturali e due occhi azzurri, dai quali traspariva uno sguardo energicamente deciso.

    Indossava una minigonna, dalla quale emergevano due gambe affilate, quasi senza traccia di polpaccio e un paio di scarpe dal tacco molto alto, che striminziva ulteriormente la circonferenza dei polpacci.

    - Dottor Albert, buongiorno! – esordì la donna, mentre con passo deciso, apparentemente per nulla imbarazzata, varcava la soglia della stanza.

    - Buongiorno a lei! – rispose Albert, che si era già alzato dalla sedia e si faceva incontro alla donna, mentre Syssew si allontanava.

    - Sono la dottoressa Jule Almeson – precisò la donna.

    - Piacere! Si accomodi! – disse Albert mentre stringeva la mano, che gli si era protesa.

    Jule Almeson! Il nome non gli era del tutto sconosciuto. Il giovane cercò di scavare nella propria memoria, finché riuscì a identificarla quale assistente del dott. Smuisseq.

    Si trattava, secondo quanto gli era stato riferito, in un casuale incontro, dallo stesso Smuisseq, durante una cena di lavoro, di una persona dall’indole ribelle, sempre pronta ad aggredire, sorretta da un carattere integerrimo, dotata di un intuito fuori del normale, tenace nella difesa dei propri sani principi e il più delle volte capace di raggiungere il traguardo, che si era prefissato. Gli era stata decantata anche una connaturata predisposizione ad adempiere sempre, con alto senso di responsabilità e con la massima dedizione, gli incarichi, che le erano affidati e di assistere con impegno e con affetto i pazienti del suo reparto.

    Infatti, a dire, ancora, da parte di Smuisseq, la dottoressa era sempre pronta, col suo naturale linguaggio umile e quieto, a confortare i sofferenti, a sostare presso un malato il tempo necessario per colloquiare, rispondere ad ogni loro domanda, farli sentire non un numero, ma esseri umani, con un corpo e con un’anima.

    Mentre Albert faceva riemergere tali notizie sulla donna, che le stava innanzi, chiudeva la porta alle sue spalle e si avvicinava alla scrivania, situata a sinistra rispetto alla porta d’accesso allo studio. Il giovane aveva notato, nello stringerla, che la mano della donna era umidiccia e le dita leggermente contratte, segno di un’evidente carica emotiva. Lanciò, ancora una volta, lo sguardo verso la vestaglia, quindi rivolgendosi all’ospite si scusò per l’abbigliamento ed il disordine che dominava sulla scrivania, giustificandolo con l’essere intento a mettere ordine tra fogli ed appunti sparsi sul piano del mobile. Avrebbe voluto aggiungere non attendevo alcuna visita, ma si trattenne perché riteneva che il precisarlo avrebbe potuto costituire una scorrettezza morale nei confronti dell’ospite. La donna fece seguire alle parole di Albert un leggero sorriso ed un movimento del capo, con cui intese dimostrare che le scuse erano state accolte, senza aggiungere alcun commento verbale.

    Albert si sedette sulla poltrona, situata dietro la scrivania, non prima di avere invitato Jule a sedersi nella sedia davanti a lui. La donna accolse l’invito e si sistemò con molta calma ed altrettanta eleganza, mentre non disdegnava di guardarsi intorno come se volesse visionare l’ambiente in cui si trovava.

    Albert fu sopraffatto da un sorriso, che tentò di non fare emergere sul volto, nel momento in cui la considerò un investigatore privato, alla ricerca di un qualcosa, che non riusciva a scoprire. Il giovane, dopo che la dottoressa ebbe terminato la sua ispezione, prese la parola per primo:

    - Ho avuto già l’onore di sentire il suo nome, ma non quello di averla incontrata in precedenza. Le chiedo di conoscere il motivo della sua visita.

    La ragazza, chinandosi leggermente in avanti ed avvicinando maggiormente la parte superiore del tronco alla scrivania, fissando negli occhi Albert, esordì dichiarandosi lieta per non essere una semplice sconosciuta che si introduceva in casa d’altri senza essere preceduta da referenze indipendentemente dal giudizio, che aveva accompagnato la descrizione, che gli era stata fornita di lei. Albert gli lanciò un sorriso prima di dire:

    - Posso assicurarle, non le permetto di dubitare, che sono state alquanto positive. Mi è stata soprattutto esaltata una eccessiva scrupolosità, con cui lei tratta le situazioni che le si presentano.

    Jule sorrise sarcasticamente prima di ringraziarlo per le sue parole, che, per rispetto verso un uomo onesto, accettava come vere.

    Albert, che preferì mantenersi sul vago, precisò che esprimeva un giudizio che gli era stato propinato dai suoi colleghi in un incontro causale.

    La dottoressa ebbe in attimo di esitazione e rimase con gli occhi fissi in quelli di Albert, quindi puntualizzò che non stava a lei giudicare le valutazioni dei suoi colleghi sul suo conto, mentre si chiedeva se esse fossero state obiettive e motivate.

    - Posso assicurarle che sono state accompagnate da elementi giustificativi validissimi, che le fanno molto onore. – tenne a precisare col la massima naturalezza Albert.

    La donna mantenne un’espressione del volto impassibile, come se il commento del medico non la avesse minimamente sfiorata o fosse consapevole di quello che lo stesso avrebbe detto a quel proposito. Con disinvoltura proseguì:

    - Posso dirgli con molta sincerità che trovo difficoltà ad utilizzare la bugia e l’adulazione. Non accetto, per indole, non essere definita per quella che sono.

    Allorquando il medico ritenne giusto precisare che gli era stato assicurato che la dottoressa doveva essere considerata una donna d’altri tempi, una persona assolutamente irreprensibile, la quale aveva da sempre incentrato la sua vita sul vivere e non sull’apparire, Jule sorrise. Subito dopo abbozzò una timida smorfia, prima di precisare che aveva evitato l’apparire avendo la convinzione che un tale comportamento le avrebbe deturpato sia il volto che l’anima. Il che si sarebbe risolto in una sonante sconfitta. A questo punto la dottoressa si zittì qualche secondo, quindi dopo averlo fissato negli occhi, con tono di voce ancora maggiormente decisa, scusandosi della franchezza, asserì di volere anche lei essere sempre, nel bene e nel male, se stessa.

    - Il che le fa onore. – commentò interrompendola Albert e nel contempo manifestando la propria soddisfazione.

    - Come non posso nascondere i miei difetti fisici, così non intendo vergognarmi, ma andare fiera del mio modo di intendere la vita. Non ho mai vissuto in funzione del giudizio degli altri, ma solo per me stessa.

    - Ora sta a lei dimostrarmi che le suddette valutazioni siano state proferite da persone, capaci di emettere giudizi con oculatezza. – ribatté con un leggero sorriso Albert, il quale si rendeva conto che tra lui e la donna si era instaurato un rapporto cordiale, percepibile molto frequentemente tra due colleghi.

    La dottoressa si risistemò meglio sulla sedia, si diede una scrollata di spalle e mentre i concetti da esporre mulinavano tumultuosamente nella sua testa, iniziò scusandosi per il tempo prezioso che gli avrebbe sottratto, anche se si impegnava di intrattenersi il tempo minimo indispensabile per esaminare, in modo più succinto possibile, un problema importante che coinvolgeva ambedue, anche se con mansioni e responsabilità diverse.

    - Ha detto ambedue? – chiese Albert, interrompendola ancora una volta.

    - Si proprio ambedue! La causa della mia presenza, non me ne faccia una colpa, è dipesa dal fatto che chiunque lo conosce me lo ha dipinto come una persona cortese, ospitale ed oltremodo irreprensibile.

    - Cortese ed irreprensibile. – ripeté con tono sobrio e molto educato Albert.

    - Per inciso, devo constatare che il giudizio espressomi su di lei gli è pertinente. Io faccio parte di un gruppo di ricerca, del quale lei è il responsabile in assoluto.

    - Se posso rendermi utile! – la interruppe Albert che aveva compreso a quale ricerca la collega facesse riferimento, mentre era incapace ad immaginare l’argomento di cui era venuta a discutere con lui.

    - Le stavo dicendo che faccio parte dell’equipe del professor Smuisseq, impegnata a collaborare nella ricerca.

    - Questo era già a mia conoscenza. So, inoltre, che siete uno splendido equipaggio! — commentò Albert elargendo un timido sorriso alla dottoressa, mentre desiderava che la stessa venisse all’esposizione del problema senza successive divagazioni.

    - La ringrazio per il complimento, che va senz’altro al nostro maestro. Poiché sicuramente si starà chiedendo il motivo per il quale, da sconosciuta, vengo a bussare alla sua porta ed importunarla a quest’ora e non la cerco, come sarebbe stato naturale ed educato, in ospedale, sarà subito accontentato.

    - Ottima puntualizzazione. – precisò Albert, incuriosito dal motivo, che aveva indotto una dottoressa, che non conosceva, a cercarlo a casa per discutere su problemi di lavoro.

    - Il motivo è legato al fatto che da domani dovrò assentarmi alcuni giorni e non intendevo procrastinare ulteriormente questo incontro ed anche perché desideravo dialogare con lei, soltanto in privato, senza alcun rischio di ufficialità. e.. — la donna rimase incerta sul come proseguire, almeno questa fu la sensazione captata da Albert che, per toglierla dal momentaneo imbarazzo, continuò:

    - Non trovo alcun motivo, fino a questo momento, e non credo possa presentarsi in seguito, che m’impedisca di accondiscendere alla riservatezza della sua visita.

    La dottoressa, rinfrancata continuò:

    - La ringrazio. Ero quasi certa che non me ne avrebbe voluto per la mia importunità e gliene sono oltremodo grata. In realtà alla quasi certezza contrapponevo il seppur minimo timore di non essere benevolmente accettata, ma, soltanto cristianamente sopportata.

    Albert sorrise prima di dire:

    - Augurandomi di non offenderla, mi permetto soltanto sentenziare che sa vendere bene la sua tela.

    - Tutto dipende dal volere essere o apparire. Desidero iniziare col chiedergli: secondo lei è giusto vivere sottomessi alle leggi create dall’uomo, il che potrebbe estrapolarci al di fuori del mondo terrestre, oppure dovremmo sentirci obbligati a vivere secondo le leggi della natura, della quale facciamo parte integrante?

    Albert, che non trovava alcun nesso tra l’inizio del discorso e l’argomento, con cui la ragazza tentava di introdurre la tematica, rimase alquanto perplesso. Fu tentato di confutarla, ma valutando la dissertazione con maggiore ponderatezza, preferì non interrompere il filo del discorso della donna e rispose che la sua domanda era alquanto imbarazzante e riteneva suo dovere non farla seguitare da alcuna risposta, giacché emettere un giudizio avrebbe significato porsi su un piedistallo di conoscitore della verità, mentre non riteneva che ci fosse umano, che potesse occupare quel livello.

    La donna manifestando un eloquente stupore, esclamò:

    - E’ stato molto bravo ad eludere la risposta. Quasi ha voluto significare, senza entrare in argomento, che dovrò trovare le risposte a tutti i miei quesiti laddove essi sono scritte o laddove è possibile dedurle.. — quindi, con tono esuberante ed accompagnando le parole con uno sguardo interrogativo, la dottoressa continuò — Sarà almeno d’accordo con me nel ritenere che non ci sia circostanza che non abbia bisogno di una guida!

    Albert, che era rimasto bene impressionato, dal primo impatto con la giovane collega, incominciava a dubitare sull’esattezza del suo primo giudizio e su di quello udito dai colleghi della dottoressa. Infatti, la stessa era stata brava ad introdursi, ma sembrava molto restia ad esporre il motivo del colloquio. Egli non sospettava minimamente che la collega, posta di fronte alla cruda realtà di dovere colloquiare con un estraneo ed un suo superiore, in quel preciso frangente si considerava alla stregua di una analfabeta, in assoluta soggezione di fronte al maestro. Addirittura, era fuori da ogni sua supposizione che quella ragazza esuberante e determinata potesse essere dominata dal tarlo del dubbio sulla giustezza di quanto era venuta a riferire. Albert avrebbe voluto dirle: Andiamo al dunque, senza girovagare. Non farmi perdere tempo. Pur tuttavia, rimanendo calmo, disse:

    - La sua osservazione merita una risposta, che è facile e difficile. E’, infatti, alquanto facile se la risposta è data con un semplice monosillabo: , mentre potrebbe diventare veramente difficile se cercassimo di identificarla.

    - Sono perfettamente d’accordo con lei! -- rispose soddisfatta e senza alcun imbarazzo la dottoressa.

    - La ringrazio per dichiararsi d’accordo con me! – commentò Albert, mentre il suo sguardo ora interrogativo fissava gli occhi di Jule, la quale dopo un attimo di silenzio, proseguì:

    - La sua risposta mi è stata veramente utile ed oltremodo interessante per proseguire il mio discorso. – e portandosi l’indice della mano destra al centro della fronte, come se stesse arrivando ad una conclusione logica, proseguì – Lei ha ben detto allorquando ebbe a sentenziare che in tutto ci deve essere una guida, ma che l’identificarla è piuttosto difficile. – e mentre stringeva tra pollice ed indice il labbro inferire dall’esterno verso l’interno con movimenti ripetuti, continuò col precisare che da qualche tempo si chiedeva ed ora la domanda la poneva a chi aveva di fronte, chi guidasse veramente il loro progetto.

    Nella mente di Albert quest’ultima frase scatenò una reazione di notevole portata.

    Più che sorprendersi per la considerazione in se stessa, egli tentava di analizzare la richiesta per dare una spiegazione razionale, ma non gli rimaneva che assaporare uno sconcerto assoluto, intuendo dove la sua collega volesse arrivare, anche se non riusciva a comprendere.. ma fu la donna ad interrompere le sue riflessioni:

    - Riconosco quanto sia difficile fare una netta demarcazione tra.. un probabile.. ed un possibile.. tra un tutto.. e la parte emergente del tutto.. in conclusione tra.. essere ed apparire.

    Albert si rese perfettamente conto del motivo per cui la collega trovasse difficoltoso introdurre un discorso piuttosto pesante e rischioso. Aveva di fronte una ragazza piena di mordente, capace non di abbaiare, ma di mordere. Comprendeva quanto fosse evidente nelle parole della collega la convinzione di trovarsi di fronte ad una persona che ella giudicava una pedina, mossa da persone che agivano di certo nell’ombra o nell’anonimato e quest’accusa, addirittura a casa propria da parte di un’estranea, gli era troppo offensiva.

    Il sangue gli ribolliva nelle vene per affluire, rapidamente, nel suo cervello ed esteriorizzarsi sul volto, ma, prima che egli esplodesse con la sua difesa, la dottoressa, corrugato il naso e le sopracciglia e torcendo le labbra, intervenne:

    - Sarebbe assurdo che lei possa giudicarmi una donna, capace di andare a casa di una persona, di cui ha elogiato i pregi, per insultarla od umiliarla. Avrei provato ripugnanza e disgusto verso me stessa..—e fissandolo negli occhi, quasi a volergli dimostrare la propria onestà d’intenti, continuò—Dal suo sguardo sto comprendendo di essermi spiegata male e cercherò, dopo averle posto le mie scuse, di riformulare il discorso. Sono convinta che se è vero che lei sia il responsabile legale del nostro progetto, c’è qualcuno o alcuni, che al di sopra o in parallelo cerca o cercano, forse riuscendoci molto bene, di boicottarlo.

    Albert, le cui fattezze del volto evidenziavano un grave turbamento interiore, con una forza espressiva che stava ridimensionando l’espressione minacciosa di un momento prima, rispose:

    - Mi rendo conto che lei non è per niente una ragazza stupida, anzi.. — fece una discreta pausa, quindi scrutandola attentamente quasi a dimostrarle che si sentiva sul banco degli imputati – Quanto lei ha detto in modo alquanto crudo, senza peli sulla lingua, mi dà molto a riflettere e mi costringerebbe a prenderla in seria considerazione.

    - Vorrebbe mettere in dubbio le mie certezze?

    - Indipendentemente da ogni sciocca convinzione, devo risponderle che non sono portato a correre dietro alle supposizioni. Esiste sempre un momento in cui dobbiamo fermarci, controllare con molta obiettività il come prosegue un lavoro, fare un profondo e meticoloso esame di coscienza del nostro comportamento e, di poi, scegliere come proseguire.

    - Lo faccia e subito! -- propose istintivamente la dottoressa.

    - Per rispondere alla sua perplessità posso assicurarle che tutto procede secondo il piano prestabilito, anche se un po’ a rilento e quanto da lei prospettato non credo abbia alcuna probabilità di essere accertato come possibile, tranne che lei non abbia notizie che io sconosco. – terminò Albert, anche se, in cuor suo, era cosciente della veridicità del concetto formulato dalla collega. Sapeva di doversi blindare e non fomentare tensione e contrasti, né arricchire di certezze una persona a lui sconosciuta. Jule, imperterrita, continuò chiedendogli se non riteneva che il rilento, cui lei aveva fatto riferimento, potesse essere una mina vagante, indirizzata ad impedire alla nave di arrivare al porto, al quale avrebbe dovuto approdare entra la data prevista.

    Albert la guardò compiaciuto della capacità espressiva della collega, soggetto veramente indomito e rispose di non essere affatto convinto che ci fossero in campo forze avverse che lottavano per insabbiare la ricerca. In ogni caso, essendo il primo responsabile del lavoro, accettava le sue critiche al proprio comportamento.

    La dottoressa, rossa in volto, mentre assisteva alla possibilità di essere considerata una persona scorretta o in mala fede, precisò che la sua risposta esulava dalla sua domanda. Manifestò la propria convinzione che Albert, anche se non lo aveva incontrato prima, era la prima persona, cui maggiormente stava a cuore la riuscita della ricerca e non perché ne era il responsabile, ma per il semplice fatto che credeva nel suo lavoro e si gratificava ogni qualvolta riusciva a togliere la sofferenza dal volto di un paziente. La dottoressa riteneva che bisognava impedire che un qualche interesse non manifesto potesse boicottare il loro lavoro.. a vantaggio degli altri.. per gli altri.. a danno di coloro che ne avrebbero dovuto beneficiare.

    Albert guardò la donna che le sedeva di fronte, la quale, nella sua arringa appassionata, aveva manifestato apertamente la sua agitazione ed il proprio smarrimento. Non era ingenua, ma, forse perché ancora giovane, poca matura e poco saggia. Osava lamentarsi ad alta voce e con estranei dei torti che subiva nel proprio lavoro, ma, soltanto perché le riteneva causa di un’interruzione o di un abbandono, il che si sarebbe riflettuto negativamente su innocenti. Avrebbe voluto abbracciarla e gridarle che anch’egli era d’accordo, ma si disse che se era vero che il bene ed il male coesistono, è altrettanto vero che bisogna adattarsi alle circostanze. Da medico pensava alle persone, che fingendo di favorire la ricerca, tentano di ostacolarla senza pentimento, senza colpevolizzarsi, ma insensibili alle conseguenze più o meno gravi a carico dei propri simili. A bruciapelo le chiese se credeva che si navigasse in un ambiente corrotto.

    La dottoressa, che ormai era riuscita a superare il primo empasse, consapevole della gravità della circostanza, cui aveva accennato e certa che il medico, che le stava di fronte, in cuor suo era con lei d’accordo, rispose:

    - Non posso, né potrei di certo escluderlo. E’ molto facile che succeda, specialmente se si intersecano con altri interessi. Credo sia facile E’ ovvio scoprire spesso persone, talora anche insospettabili, che si rendono promotori ed esecutori di boicottaggi, di furti di idee.

    - Il mondo è pieno di ladri.. e di onesti. – sentenziò Albert.

    - Il tutto si ripete ogni qualvolta ci si trova innanzi a situazioni, da cui si può trarre vantaggio. La vita è piena di affaristi, intendendo con questo termine quelli che lo sono in realtà, quelli che vorrebbero esserlo ma non hanno avuto l’opportunità ed infine quelli che hanno timore delle conseguenze.

    Albert restò alquanto sorpreso da quell’arringa, di cui condivideva il contenuto, ma non era per nulla propenso ad incoraggiare la donna nella sua dissertazione. Si appoggiò allo schienale della poltrona e cercò di riflettere. A dispetto di quella verità, schietta e genuina, manifestò una certa esitazione, convinto che il mondo fosse pieno di imbroglioni o, forse, che una tendenza all’imbrogliare, sfruttata per celia o per interessi, fosse insita nell’animo umano. Tuttavia era infastidito dal modo con cui Jule aveva esternato la sua arringa, ritenendo da sfrontati, da presuntuosi, parlare accusando tutti di essere imbroglioni e, nel frattempo, asserire forzatamente che solo lei e chi le stava di fronte fossero esenti da quest’onta. Avrebbe voluto obiettare che alla base della disonestà c’è sempre l’indifferenza verso il prossimo, una mancanza di sentimenti, di premure, di altruismo, ma sapeva che all’interlocutore non interessava quest’aspetto del problema. Fu colto da un attimo di incertezza sul come proseguire, esternando i suoi dubbi, ma subito dopo riferì di non comprendere dove voleva arrivare e quindi il motivo della sua visita.

    Jule si giudicò, improvvisamente, una debole presuntuosa, una persona priva del diritto di pungolare persone che, forse contro la loro volontà, intendeva coinvolgere in tematiche da trattare con la massima delicatezza e circospezione, convinta di averne il diritto, giacché riteneva che stare molto vicino o addirittura a ridosso della verità ed il non poterne sfruttare i diritti ad essa collegati sarebbe stata pura follia, un suicidio. Si definì soggetto imbecille, capace di ingannare se stessa, per essersi fatta attrarre da un’euforia fuori luogo. Ormai, tuttavia, non poteva ritornare indietro, per cui si scusò per essersi lasciata andare. Non desiderava essere giudicata per quella che poteva sembrare, ma soltanto per quella che era in realtà, ossia una persona che pretendeva di non deviare, per alcun motivo, da una rigorosa onestà.

    Albert tentò di intervenire, nel tentativo di permettere alla collega un maggiore autocontrollo, ma lei, intrappolata in un argomento, che le stava a cuore oltre ogni sua aspettativa, puntualizzò che anche se era stata riluttante a venire da lui, il proprio amore verso il prossimo la aveva indotto ad una decisione senz’altro discutibile, anche se protesa al bene collettivo.

    Subito dopo gli puntualizzò che poteva assicurare l’interlocutore, che si trovava di fronte ad una persona giovane, ma non ingenua, anzi molto oculata, osservatrice e riflessiva cui, difficilmente, sarebbe potuto sfuggire qualcosa e temeva che il dottore potesse attribuire ad una semplice cattiva amministrazione tutto quello che di negativo vedeva scorrere sotto i suoi occhi vigili.

    - Si calmi. E’ molto eccitata. – riuscì a dire Albert, ma ormai la bocca della dottoressa era una macchina inarrestabile che mulinava parole dopo parole fino a concludere di essere venuta a dirgli, in modo ufficioso, di essere certa che il boicottatore era, quasi sicuramente, il professore Westnuk.

    Dal momento in cui aveva iniziato a proferire la sua arringa, Jule aveva evidenziato uno stato di notevole eccitazione che incontrollata rapidamente si era accentuata e si era accompagnata ad un progressivo aumento del tono della voce.

    Albert notò che lo sguardo freddo e crudele della ragazza ed il timbro della voce si attenuarono soltanto dopo ch’ebbe pronunziato quel nome o lanciato quell’accusa.

    Di poi la ragazza, raggiunto il controllo di se stessa, continuò col precisare di non conoscerlo, anche se aveva cercato di scavare nel suo passato e nel suo presente, ricerca che le avevano apportate notizie che lo inchiodavano alle sue responsabilità, non ultimo il sapere che aveva un notevole debito nei confronti di una persona importante, la quale avrebbe un particolare interesse a che la ricerca non desse i frutti previsti.

    - Non credo che avere debiti o altre negatività autorizzino a collegare un uomo ad altri misfatti. – precisò Albert.

    Jule

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1