Un'estate per farti innamorare: Harmony Collezione
Di Annie West
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Info su questo ebook
Rafe Benton non crede nell'amore, perché la vita gli ha insegnato che con il denaro è possibile ottenere ogni cosa. Antonia Malleson, la figlia prediletta del suo rivale in affari, è solo l'ennesimo trofeo da aggiungere alla sua collezione. Per farla entrare nel suo letto non esiterà a mettere in pratica tutte le sue più raffinate tecniche di seduzione. Ma una volta raggiunto il suo obiettivo, Rafe è costretto a ricredersi: Antonia è molto più di un oggetto di piacere. La sua voce lo incanta, e la dolcezza che accompagna ogni suo gesto è come miele caldo sulla pelle. Sarà lei la donna che riuscirà a sciogliere il ghiaccio che circonda il suo cuore?
Annie West
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Un'estate per farti innamorare - Annie West
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Billionaire’s Bought Mistress
Mills & Boon Promo/Anthologies
© 2008 Annie West
Traduzione di Silvana Mancuso
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-259-1
www.eHarmony.it
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1
Antonia rimaneva immobile, mentre l’aria gelida e pungente le sferzava le guance.
Osservò le persone attorno a lei, il viso celato dietro gli occhiali scuri. Il prete emetteva sbuffi di vapore mentre parlava e gli altri cercavano di scaldarsi spostandosi da un piede all’altro.
Stuart Dexter era il più distante. Vederlo lì avrebbe dovuto farla infuriare, ma non ne aveva l’energia.
Osservare i presenti era più facile che ascoltare il discorso altisonante in tedesco svizzero con cui il prete intendeva confortarla, ma Antonia non trovava conforto nella banalità. La bara fu calata nella fossa ai suoi piedi, e tuttavia lei si sentiva estranea a quel processo.
Suo padre non era lì. Sbatté le ciglia, aspettandosi quasi di sentirgli bisbigliare parole irriverenti e inappropriate ma estremamente argute con cui l’avrebbe fatta sorridere.
Mandò giù un improvviso nodo in gola, ricordando che non avrebbe più sentito la sua voce.
L’amato padre pieno di vita, pronto a tutto, temerario, era morto. L’aveva lasciata sola.
Il senso di colpa le attanagliò il cuore. Sapeva di averlo deluso, e quel pensiero non le lasciava pace.
Il gelo del sagrato era nulla paragonato al freddo che sentiva dentro all’animo. Erano passati sei giorni dall’incidente, e si era abituata allo stordimento, ormai, trovandovi perfino conforto. Sospettava, infatti, che se il cuore si fosse sciolto il dolore l’avrebbe travolta e sarebbe stato insopportabile.
Guardò il limpido cielo alpino. Oltre il paese si innalzava una montagna innevata. Si distingueva perfino una strada tortuosa, ma da lì non riusciva a vedere il punto in cui la macchina, sbandando, era finita nella scarpata.
Colta da un tremore distolse subito lo sguardo.
Un movimento attirò la sua attenzione. Scrutò una figura alta appena arrivata, ora immobile nell’ombra della chiesa.
Pur da quella distanza riusciva a sentire il potere, il vigore e la solidità che emanava. Capì che era un uomo che non si mescolava facilmente alla folla.
L’uomo si spostò sotto il sole e lei si accigliò. Aveva già visto quella faccia, proprio la settimana precedente. La sera in cui quell’incubo era iniziato.
Aveva accettato d’incontrare Stuart Dexter da sola, per discutere delle sue preoccupazioni riguardo al padre, optando per la sicurezza di un bar frequentato anziché cenare nella sua suite. Tuttavia nell’atrio lui l’aveva palpata mentre la aiutava con la giacca, spingendola verso la sua suite per una festa privata.
Sentì salire la bile al ricordo dell’alito caldo che puzzava di vodka, la mano che le afferrava un seno.
E poi, il volto di quell’uomo. Uno sguardo di un azzurro irritante li aveva fissati, i lineamenti severi avevano espresso disgusto, mentre le sopracciglia si erano congiunte in una profonda smorfia di condanna.
Per un attimo le era sembrato che lui volesse avvicinarsi, quando Stuart l’aveva afferrata, e aveva pensato che quell’uomo l’avrebbe aiutata. Invece, dopo essersi finalmente liberata dalla stretta del suo viscido accompagnatore, si accorse che era svanito.
Cosa ci faceva lì adesso?
Le sopracciglia formavano una V. Con i capelli scuri, il lungo cappotto nero e i tratti severi, accentuati dalla luce obliqua, sembrava un angelo caduto venuto a sorvegliare la sepoltura del padre.
C’era qualcosa d’irreale nell’intensità di quell’uomo, nella posa intransigente della mascella, e nell’estrema immobilità.
Non era un angelo. La bocca soda e scolpita urlava esperienza, non innocenza. E nonostante l’espressione austera, lei aveva subito capito che era il tipo d’uomo che attirava le donne come una calamita.
Il prete si schiarì la gola, attirando la sua attenzione. Era giunto alla conclusione del servizio funebre e la osservava, in attesa. Lei si costrinse a guardare la bara che giaceva nella fossa davanti ai suoi piedi.
Per un attimo emozioni contrastanti si agitarono dentro di lei e gli occhi bruciarono minacciati dalle lacrime.
Poi, grazie al cielo, il gelido stordimento la riavvolse. Ovunque fosse il padre, non era lì.
Si chinò e raccolse della ghiaia, gettandola sulla bara. Il rumore che riecheggiò quando questa colpì il legno fu forte e definitivo.
Di colpo, Antonia si voltò, strinse la mano al prete e lo ringraziò in un tedesco impeccabile per il servizio funebre. Poi, senza aspettare di parlare con qualcun altro dei presenti, s’incamminò verso la strada.
Poteva sentire i loro occhi addosso, i mormorii. E sulla nuca avvertì una sensazione pungente che la fece esitare. Non si voltò. Un senso atavico le disse di chi si trattava: l’estraneo la stava guardando.
C’era gente a cui piaceva fissare. Be’, che lo facesse. In quel momento non le importava di nessuno.
Antonia sì sentì chiamare mentre sbottonava il cappotto nell’atrio. Era il signor Weber, il direttore dell’hotel, che in quella settimana si era dimostrato estremamente gentile e comprensivo. Lei abbozzò un sorriso. «Come sta?»
«Molto bene, grazie.» Il tono era formale, lontano dall’usuale affabilità. «Possiamo parlare? In privato.»
Sembrava a disagio. La linea dritta della bocca era in contrasto con il sorriso sempre pronto.
Il cervello di Antonia entrò in allerta. Benché fossero passati quattordici anni dalla morte della madre, ricordava bene il periodo in cui il padre era uscito dai binari, come se avesse cercato di nascondere il dolore in un turbine di facce nuove e vita dissoluta. E poiché alcune cose ti rimanevano dentro, riconobbe anche lo sguardo di un creditore sul punto di chiedere quietanza. Educato, ma inquieto. Non desideroso di affrontare lo spiacevole argomento, ma deciso a farlo.
Da quanto tempo stavano lì? Calcolò frenetica il costo della suite e il denaro che rimaneva sul conto. Il risultato non era rassicurante, ma cercò di mascherare la sua ansia.
Doveva aspettarselo. Tuttavia, nulla era stato importante negli ultimi giorni. Si era trascinata in un vuoto strano, notando a stento ciò che le accadeva intorno.
«Certo, signor Weber.» Abbozzò un sorriso più convincente camminando verso la porta aperta dell’ufficio che lui le indicava. «Anch’io volevo parlare con lei. Vado via e desidererei vedere il conto.»
«Ah.» Il viso dell’uomo si distese, visibilmente sollevato. «Come desidera, signorina Malleson. Capisco che vorrà tornare a casa adesso che...»
Adesso che era tutto finito.
Per poco non urlò per il forte dolore che le strinse il cuore. Il viso si paralizzò e dovette fare uno sforzo immane per imporsi di sorridere.
«Già» mormorò rauca. «È ora di tornare a casa.»
Inutile dirgli che non ne aveva una, e che ciò che vi si era avvicinato di più era stato un collegio inglese.
Casa era stata ovunque il padre si trovasse. E adesso...
La voce di Weber divenne un sussurro. «Mi dispiace infastidirla in questo momento, signorina Malleson, ma ho risposto a diverse telefonate. Mi sono permesso di dire che non poteva ancora essere contattata, ma...»
«Va tutto bene, signor Weber, capisco.» Il cuore sprofondò. Quanti conti in sospeso di cui non era a conoscenza avrebbe dovuto pagare?
Quando il padre aveva ricevuto l’ultimo referto del cardiologo, lei non c’era e ora era sicura che gli avessero dato notizie peggiori del previsto. Chiaramente lui lo aveva taciuto, e lei non aveva voluto approfondire pur sapendo che qualcosa non andava. Avrebbe dovuto capirlo.
Strinse il braccio di Weber per rassicurarlo. Il poveretto sembrava così in colpa, ma non ne aveva motivo. Chi poteva prevedere che Gavin Malleson avesse ripreso a vivere al di là delle sue possibilità, come aveva fatto da giovane o quando il dolore della vedovanza lo aveva risucchiato in un vortice?
Antonia annuì all’uomo preoccupato. «Temo di aver trascurato i conti di mio padre dopo il suo incidente.»
«È del tutto comprensibile, signorina.» Il direttore chinò la testa, cortese, e le indicò di precederlo.
Antonia si accorse di un breve movimento in fondo all’atrio mentre lui chiudeva la porta. Lo svolazzo di un cappotto scuro, il passo sicuro di gambe lunghe.
L’estraneo del funerale.
Il cuore esitò poi riprese il suo ritmo, mentre lei si interrogava sulla coincidenza. Infine la porta si chiuse del tutto e lei si sforzò di concentrarsi su problemi più immediati.
Rafe guardò la porta chiudersi piano dietro di loro.
Il primo istinto era stato giusto, allora. Era al verde e si accingeva a usare la propria bellezza, facendo gli occhi dolci a un uomo che poteva essere suo padre per manovrarlo e cavarsi dai guai. Era impossibile fraintendere il calore intimo del sorriso, o la mano sul braccio del direttore, il sottile invito della voce suadente e rauca mentre accettava di parlargli in privato.
La delusione alimentò la rabbia. Negli anni aveva imparato tutto ciò che doveva sapere sulle donne avide. A causa della sua ricchezza, era stato il bersaglio di troppe arrampicatrici sociali che avevano usato ogni trucco immaginabile per attirare il suo interesse.
Era stato così stupido da credere che lei fosse diversa? Gli era bastato guardarla per capire che il suo atteggiamento freddo e distaccato non era che una copertura.
La bramosia con cui l’aveva desiderata a prima vista lo aveva sconvolto. Era stato in procinto di avvicinarla, quando qualcuno l’aveva raggiunta. Un uomo che lui conosceva fin troppo bene: Stuart Dexter. Aveva il doppio degli anni di lei e una reputazione che teneva lontane le donne per bene. Le sue conquiste avevano in comune una cosa: una venalità che superava la repulsione che dovevano provare nell’andare a letto con lui.
Da allora Rafe aveva raccolto notizie sulla donna che ancora, suo malgrado, attirava il suo sguardo e gli scaldava il sangue. Viveva una vita di piacere negli hotel di lusso, e chiaramente non si faceva scrupoli a vendere la bellezza per assicurarsi un amante facoltoso. Solo la settimana precedente l’aveva rivista in un night club con Dexter, dal quale si era quasi lasciata spogliare.
No, era superficiale come le altre. Egoista e avida.
Proprio come Stuart Dexter.
Il padre di Rafe, perso e per niente rimpianto.
Al funerale, pallida, immobile e composta, era stata distaccata e remota. Come se la perdita del genitore non significasse nulla. E Rafe si era chiesto se davvero fosse algida come dicevano i pettegolezzi. Nessuna relazione duratura. Nessuna amicizia.
Poi, guardandola più attentamente, si era chiesto se in quel riserbo si nascondesse un accenno di vulnerabilità. Gli era sembrata fragile, come se riuscisse a trattenere il dolore solo grazie a un disperato autocontrollo.
E lui l’aveva desiderata anche allora.
Il desiderio provato la prima volta che l’aveva vista si era trasformato in un bisogno viscerale. L’impatto lo tramortiva ancora, come un pugno sferrato al petto.
Senza rendersene conto, era stato indotto a seguirla con la scusa di sgranchirsi le gambe, e non perché, senza volerlo, era preoccupato per una donna che sembrava profondamente in stato di shock.
Ma ciò che aveva visto gli aveva tolto ogni illusione.
Guardò la porta chiusa dell’ufficio del direttore e provò repulsione. Il fatto che avesse appena seppellito il padre non significava nulla, visto che era più che pronta a manipolare un vecchio per i propri fini. Rafe si voltò e uscì dall’hotel.
Lo sguardo freddo e distante che aveva visto al cimitero parlava per lei. Non era sotto shock né addolorata.
Antonia Malleson si era rivelata per ciò che era e, nel farlo, gli aveva fornito un’arma perfetta. Non avrebbe avuto rimorsi a usarla a proprio vantaggio. La soddisfazione personale che gli sarebbe derivata dalla rovina della bella arrampicatrice sarebbe stata un incentivo.
Antonia strinse la cornetta e si raddrizzò. Benché lo avesse sospettato, sapere dall’avvocato che la rendita del padre cessava con la sua morte l’aveva sconvolta.
«Chiaramente» spiegò l’avvocato, il tono modulato con attenzione, «una volta autenticato il testamento, come unica erede lei riceverà i suoi beni.»
I suoi beni. Per poco Antonia non rise. Il padre non era mai stato