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Prima di innamorarmi
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E-book96 pagine1 ora

Prima di innamorarmi

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Info su questo ebook

Dall’autrice del bestseller E l’amore bussò

La serie dei desideri

Gabrielle Décarie ha smesso con gli uomini arroganti, ma questo non significa che non possa divertirsi un po’. Quando fa la sua mossa con Alex Blake, si ripromette di non andare oltre una sola notte. È troppo sicuro di sé, provocante e complicato. E ciononostante, si innamora follemente di lui.
G.J. Walker-Smith
Moglie e madre, vive vicino alla spiaggia in una località dell’Australia occidentale. È autrice di romanzi young adult di grande successo, in particolare la Serie dei Desideri, di cui E l’amore bussò è il primo capitolo, premiato come il miglior esordio letterario in Australia e Nuova Zelanda.
LinguaItaliano
Data di uscita13 dic 2016
ISBN9788854196834
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    Anteprima del libro

    Prima di innamorarmi - Smith

    1

    Una mocciosa

    Era una giornata infinita: controllavo di continuo l’orologio, sospirando, perché erano le sette ed ero ancora a scuola.

    I colloqui con i genitori non erano decisamente l’evento migliore del quadrimestre. Anche gran parte dei genitori che avevo incontrato quella sera non erano proprio entusiasti di passare del tempo con me.

    Misi la testa fuori dalla porta e guardai in corridoio, sperando di potermi finalmente dare alla fuga. C’era ancora una persona in attesa per me, ed ero piuttosto sorpresa di vederlo.

    Alex Blake era il fratello, nonché tutore, di una delle alunne più insolenti e difficili che avessi mai avuto.

    «Signor Blake», annunciai in tono altezzoso.

    Lui procedette tranquillo verso di me, sorridendo compiaciuto. «Sono Alex», mi corresse. «Siamo amici, Gabrielle. Prendi il caffè da me ogni mattina».

    «Oggi sono mademoiselle Décarie», precisai. «Questo è un contesto formale».

    Alex passò oltre e si diresse nella classe vuota. «Non mi sembra così formale», notò, guardandosi intorno nella stanza.

    I tacchi delle mie scarpe battevano sul pavimento di legno, mentre mi avviavo impettita alla cattedra e mi mettevo a sedere. «È il mio posto di lavoro».

    «Hai ragione». Si voltò a guardarmi. «Il bar è il mio posto di lavoro. Forse dovresti chiamarmi signor Blake quando ordini il latte macchiato».

    Lo guardai di traverso. Dovevo essere io quella in vantaggio: da settimane aspettavo di potergli dire che disastro fosse sua sorella, ma faticavo a tenergli testa.

    «Siediti, per favore», gli ordinai, indicando la sedia dall’altra parte della cattedra.

    Alex attraversò lentamente la stanza e si accomodò, tenendo gli occhi castani fissi sui miei. «Stamattina non sei venuta al bar. Come mai?»

    «Avevo da fare».

    «Mi sei mancata».

    Odiavo la sua insolenza, ma gliela perdonavo, perché Alex Blake era un uomo semplicemente strepitoso. In genere preferivo uomini eleganti che ci tenevano all’aspetto. Il mio ultimo fidanzato passava più tempo di me allo specchio. Era perfetto; peccato che poi passasse anche più tempo nei letti delle altre, e non nel mio.

    Non ero neanche sicura che Alex ce l’avesse, uno specchio. I capelli biondo-rossicci sempre in disordine gli cascavano sul viso e l’avevo visto sbarbato di fresco piuttosto di rado: nonostante ciò, era incredibilmente sensuale.

    Si rendeva conto dell’effetto che mi faceva, e questa sua consapevolezza ne accentuava l’atteggiamento di superiorità. Quel giorno mi ero imposta di fargli abbassare un po’ la cresta.

    «Parliamo di cose serie, d’accordo?», gli proposi, sfogliando i miei appunti.

    «Sì», concordò lui, incrociando le mani dietro alla testa, «va bene».

    «Charli non ha consegnato gli ultimi tre compiti che le ho assegnato», gli spiegai. «È sulla strada della bocciatura».

    «Le viene riconosciuto il merito di essere coerente?», scherzò lui.

    Sbattei la penna, che tenevo in mano, sulla scrivania. «Non la prendi sul serio. Sta andando malissimo, Alex».

    «Però in inglese prende otto», rispose lui con un’alzata di spalle. «Significa che sa leggere e scrivere, e anche piuttosto bene, sembrerebbe. In matematica se l’è cavata con un sei. Non sarà spettacolare, ma mi accontento. Non ritengo particolarmente importanti le sue competenze in francese».

    Mi fece infuriare. «Un’insufficienza non dovrebbe essere accettabile in nessuna materia!».

    Lui si sporse in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia. «Hai voglia di piangere, mademoiselle Décarie?».

    Mi drizzai a sedere. «Certo che no», replicai in tono di scherno.

    «Bene». Mi fece un sorrisetto. «Ho appena passato venti minuti con la signora Jennings, l’insegnante di cucina. Anche lei fa abbastanza fatica con Charli. Alla fine del colloquio era in lacrime», mi spiegò. «Ci vedi un senso logico?»

    «Sì. Tua sorella è una mocciosa», sibilai.

    Era una cosa terribile da dire. Non ero mai scesa tanto in basso nel descrivere un alunno, nemmeno uno pestifero come Charli. Mi scusai all’istante.

    «Non scusarti», rispose lui sorridendo. «È un’affermazione giusta, e puoi stare sicura che non rimarrà inascoltata. Devi capire però che quando si tratta di quella ragazzina, scelgo con estrema attenzione le mie battaglie. Se è capace di leggere, scrivere e fare i conti, sono soddisfatto. Se non sa cucinare o parlare francese, non ci perderò il sonno».

    Provai l’impulso di dargli uno schiaffo su quel volto perfetto per spazzarne via l’espressione spavalda. Volevo anche allungarmi sulla scrivania e abbracciarlo. In fondo, ero dispiaciuta per Alex: era troppo giovane per assumersi la responsabilità di crescere una ragazzina di sedici anni.

    «Intendi risolvere questa situazione?», gli domandai sventolandogli in faccia le mie pagine di appunti.

    Lui sorrise. «Certo che sì».

    «E come?». Ero curiosa di saperlo.

    «Ho i miei modi».

    Non potei fare a meno di ridergli in faccia e probabilmente fu un errore, perché la mia ilarità scatenò il suo lato da cascamorto.

    «Sei molto carina, soprattutto quando sorridi», mormorò. «Dovresti farlo più spesso».

    «Io rido sempre», mi schermii. «Solo che non lo faccio in presenza tua o di tua sorella».

    A quel punto, fu lui che scoppiò a ridere. Una prorompente risata profonda che si intonava alla sua voce. «Dammi i compiti che Charli non ha consegnato».

    «Scusami?».

    Tese la mano. «Dammi le tracce dei compiti che non ha fatto, e ci penso io. Lunedì saranno sulla tua scrivania».

    Mi chinai di lato e aprii il cassetto. «Ci credo solo quando li vedo», borbottai, sfogliando le carte all’interno.

    «Donna di poca fede», canticchiò lui, strappandomi i fogli di mano non appena li tirai fuori dal cassetto. «Li farà».

    «Bene, se è così, ne sarò molto colpita».

    Alex si alzò accingendosi a uscire. «Abbastanza da venire a cena con me?».

    Sobbalzai a quella proposta: non era affatto una novità che Alex facesse il cascamorto con me; però non mi aveva mai invitato a uscire.

    «Sì», riuscii a bofonchiare, incapace di

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