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Incantesimo d'amore
Incantesimo d'amore
Incantesimo d'amore
E-book355 pagine4 ore

Incantesimo d'amore

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Info su questo ebook

Una cotta e un incantesimo d’amore. Che cosa mai potrebbe andare storto?
Un nuovo amore e una maledizione. Tutto può andare storto!
Magia, streghe e.. fantasmi, non dimentichiamoci i fantasmi, ecco tutti gli ingredienti per una pozione perfetta.

Madison, Andrew, Tate e Sam non avrebbero mai pensato che le loro vite nascondessero tanti segreti, ma d’altra parte, se si parla di Salem, che cosa ci si potrebbe aspettare se non tanta magia, non solo bianca, qualche mistero, un incantesimo d’amore e... fantasmi?

Daisy Prescott ci accompagna a scoprire le vite di questi giovani dai poteri straordinari, immerse nell’eterna lotta fra bene e male, in quattro magiche novelle raccolte in un solo libro.
LinguaItaliano
Data di uscita16 set 2019
ISBN9788855310789
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    Anteprima del libro

    Incantesimo d'amore - Daisy Prescott

    Daisy Prescott

    USA Today Bestselling Author

    Incantesimo d'amore

    Volume unico

    1

    Titolo: Incantesimo d'amore - Bewitched serie completa

    Autore: Daisy Prescott

    Copyright © 2019 Hope Edizioni

    Copyright © 2014 Bewitched by Daisy Prescott

    Copyright © 2016 Spellbound by Daisy Prescott

    Copyright © 2017 Enchanted by Daisy Prescott

    Copyright © 2018 Charmed by Daisy Prescott

    Published by arrangement with Bookcase Literary Agency. 

    ISBN: 9788855310628

    www.hopeedizioni.it

    info@hopeedizioni.it

    Progetto grafico di copertina: Angelice Graphics

    Immagini su licenza Depositphotos.com

    Fotografo: Gstockstudio  | Cod. immagine: 175619252

    Fotografo: SergeyIT  | Cod. immagine: 6217564

    Traduttrice: Patrizia Zecchin

    Editor: Elisabetta Valeri

    Impaginazione digitale: Elisa Fasolo

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari è del tutto casuale. 

    Nessuna parte della presente pubblicazione può essere riprodotta, archiviata o introdotta in un sistema di ricerca, o trasmessa in qualunque forma e con qualunque mezzo (elettronico, meccanico, fotocopia, registrazione o altro) senza previa autorizzazione scritta dal detentore del copyright del presente libro.

    Tutti i diritti riservati.

    Indice

    Libro 1 - Bewitched: Madison

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Libro 2 - Spellbound: Andrew

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Libro 3 - Enchanted: Madison

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Libro 4 - Charmed: Madison

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Biografia

    Hope edizioni

    Libro 1

    Bewitched: Madison

    Capitolo 1

    1

    «Hester Prynne era una sgualdrina.»

    «Niente affatto. Sei un idiota troglodita!» La mia sedia stride sul pavimento di legno consumato, mentre mi alzo in piedi e urlo. Sì. Urlo. Sto gridando durante un corso di letteratura del New England, tenuto da un uomo in giacca di tweed con le toppe sui gomiti. Che problemi ho?

    «Miss Bradbury, si sieda per favore» mi rimprovera il professor Philips da un’estremità del lungo tavolo di mogano lucido.

    Incrocio le braccia al petto e cerco di controllare la mia collera, mentre fisso il troglodita conosciuto come Luke Hamilton, che si autoproclama Idolo del Campus e ragazzo d’oro. «Professor Philips, come può permettergli di sputare stron… cose senza senso, come chiamare sgualdrina Hester Prynne? Non aveva preso i voti religiosi né si era masturbata.»

    «Quello sarebbe stato eccitante.» Hamilton ridacchia a qualche sedia di distanza. I suoi capelli biondi, da bravo ragazzo, gli cadono sulla fronte mentre scarabocchia delle tette, con dentro delle A, ai margini del suo libro.

    Disgustoso. Non riesco a capire perché sia in questa classe, dato che leggere non sembra sia il suo forte. Le uniche cose che gli interessano, a quanto pare, sono le tette, le feste a base di birra e se stesso.

    Continuo la mia sfuriata. «Ci vogliono due persone. Due. Hamilton e la sua mano non contano come due persone. Argh!» Getto la penna sopra il mio blocco. «Lui non afferra il concetto. Hawthorne non voleva far passare Hester per sgualdrina.» Agito le braccia in una sorta di goffa danza di accoppiamento degli oranghi.

    Il ticchettio di una penna che batte, dall’estremità opposta del lungo tavolo, attira la mia attenzione, e l’influsso magico della mia frustrazione si dissolve. Il rumore proviene da Andrew Wildes, specializzando, uomo del mistero, cupo, tranquillo, serio, bello e un po’ pericoloso. O forse è solo tranquillo. C’è qualcosa in lui che trovo affascinante, come il protagonista oscuro di uno dei romanzi delle sorelle Brontë.

    Arrossisco, mi siedo di nuovo, raddrizzo una pila di appunti e la mia copia de La lettera scarlatta piena di post-it. Il professor Philips ha bandito i portatili dalla classe, incoraggiandoci a prendere appunti scritti a mano, a causa di uno studio che ha letto riguardo il cervello e la memoria.

    «Ha qualcosa da aggiungere alla discussione, Mr Wildes?» chiede il docente, concentrando la sua attenzione all’altra estremità del tavolo.

    Andrew ha smesso di tamburellare con la penna e ora ha iniziato a picchiettare con le dita. Le fissa mentre indugiano in un punto e la polvere si solleva come una danza nel riflesso del sole di metà settembre. Il resto del suo corpo rimane nell’ombra e fa risaltare, ancora di più, il contrasto tra i folti capelli scuri e la pelle chiara. La maglietta nera non fa che aumentare l’aura cupa che lo circonda. Non parla mai in classe, a meno che il professor Philips non lo interroghi, e le sue risposte, così spesso strane, gli sono costate l’indifferenza della maggior parte degli studenti. La cosa si fa interessante.

    «Madison ha ragione. Hawthorne non stava denigrando Hester. I puritani lo facevano. L’autore era più interessato al peccato e alla consapevolezza, all’emarginazione e alla paura dell’ignoto. Sarebbe la stessa cosa se noi scrivessimo dell’epoca vittoriana. I puritani, per Hawtorne, erano storia antica e, semmai, penso che li stesse prendendo in giro.»

    Spalanco la bocca. Andrew mi sta difendendo, ha chiarito tutta la mia teoria in due frasi. Davo per scontato che non sapesse nemmeno che esistessi, anche se questa è una classe di solo dodici studenti.

    «Ben detto Andrew» lo elogia Philips. «Lei e Miss Bradbury siete sulla strada giusta con il vostro ragionamento.»

    Hamilton fa uno sbuffo ironico, poi si appoggia allo schienale e, facendo leva, solleva di qualche centimetro le gambe dal pavimento, borbottando: «Sgualdrina.»

    La testa di Andrew si volta di scatto verso di noi. Da dietro gli occhiali i suoi occhi castani guizzano sui miei, prima di concentrarsi sull’espressione compiaciuta di Luke.

    Vorrei cancellare lo stupido sorrisetto, tipico del ragazzo da confraternita, dalla faccia di Hamilton. Le mie dita fremono mentre mi concentro per resistere alla voglia di lanciargli addosso il mio libro. Per una volta mi piacerebbe vedere che fa una figuraccia con la sua presunzione. Arriccio il naso e socchiudo gli occhi mentre lo immagino rovesciarsi sul pavimento. 

    Delle nuvole coprono il sole, oscurando l’unica sorgente di luce della stanza. La sedia di Luke si inclina più indietro, superando il punto di equilibrio, ma lui sembra non accorgersene finché non è troppo tardi. Agita le braccia e cerca di fermare l’inevitabile. Con un forte frastuono, lui e la sua sedia si schiantano sul pavimento.

    «Ah!» Mi guardo intorno per vedere chi ha sentito la mia esternazione. La maggior parte dei miei compagni di classe non reprime le risate e fissa lo spazio vuoto dove era seduto Luke. I miei occhi incontrano di nuovo quelli di Andrew. Lui abbassa la testa e si spinge gli occhiali sul naso con le dita lunghe e sottili, ma le sue labbra sono inarcate e una lieve fossetta è spuntata sulla sua guancia.

    «Ahi, penso di essermi fatto male alla testa» si lamenta Luke da terra.

    «Mr Hamilton, si tolga dal pavimento per favore, così possiamo continuare la lezione.» La barba brizzolata del professor Philips si contorce per l’irritazione.

    Luke borbotta e mormora qualche imprecazione creativa mentre riprende il suo posto al tavolo. Mi mordo l’interno della guancia per trattenermi dal ridacchiare di gioia.

    La lezione continua con altri studenti che espongono i loro pensieri sui puritani e il sesso. Mi isolo, ripenso alla caduta di Luke e mi chiedo se avevo desiderato talmente tanto che succedesse da farlo avvenire. Se posso far cadere dalla sedia qualcuno, che altro potrei fare se lo sogno con intensità?

    Dopotutto siamo a Salem, qui sono state uccise donne accusate di essere streghe, ma oggi le strade sono piene di negozi che vendono pozioni magiche, calderoni e libri sul percorso spirituale Wicca, alle streghe moderne e ai turisti. Non che io creda nelle streghe. O nella magia. È tutto un imbroglio e non la realtà. Posso amare gli eroi romantici, ma capisco la finzione quando la vedo. Anche quando tutti stavano aspettando la loro lettera da Hogwarts, io sapevo senza il minimo dubbio che ero una Babbana.

    Philips si alza e raccoglie le sue cose. «La prossima settimana parleremo de Il crogiuolo, l’interpretazione di Arthur Miller riguardo ai processi alle streghe che ha reso famosa Salem, o per meglio dire, tristemente famosa.»

    Mi sono distratta davvero e ho perso il resto della lezione.

    «Grande, ancora puritani e stronze» borbotta Luke.

    Gli lancio un’occhiataccia. «Sul serio?»

    Mi guarda e un risolino lento e sinistro si allarga sul suo viso gonfio a causa di tutta la birra bevuta.

    «Perché stai sorridendo?» domando con disprezzo.

    «Puritani e stronze: una lezione che potrebbe riguardare te.»

    «Chiudi quella bocca, Hamilton.» Mi alzo e gli giro intorno mentre mi avvio verso la porta.

    «Dimmi se i nomi non sono azzeccati…»

    Gli mostro il dito medio senza girarmi.

    «Su, non essere arrabbiata, Mad. Oh, aspetta, credo che tu non abbia scelta» mi grida dietro, ridendo della sua stupida battuta riguardo al mio nome, che abbreviato significa arrabbiata.

    Mi allontano con passo pesante lungo il corridoio. Fuori dalle porte di vetro grosse gocce di pioggia schizzano il marciapiede di mattoni. «Potrebbe andare meglio di così questa giornata?» dico ad alta voce. 

    Bene! Prima urlo in classe e ora parlo da sola.

    Una mano pallida, con dita lunghe e familiari, porta uno di quei piccoli ombrelli pieghevoli nel mio campo visivo. «Ecco.»

    Non sono sicura che la giornata possa migliorare, ma sembra che potrebbe diventare più imbarazzante.

    Alzo gli occhi per incontrare quelli scuri di Andrew. La sua figura emaciata mi sovrasta. Dalle All Star nere, fino ai capelli quasi corvini, potrebbe passare per un hipster, ma è troppo nerd, calmo, e troppo… non so, qualcos’altro, per essere uno alla moda. Forse sono gli occhiali; la spessa montatura nera è poco elegante. I suoi capelli arruffati suggeriscono una mancanza di pettine più che intrallazzi in camera da letto. Ha un aspetto intelligente, se certe caratteristiche possono intuirsi dall’espressione facciale. Fin troppo intelligente.

    Andrew si schiarisce la voce. Lo sto fissando. Di certo la situazione è sempre più imbarazzante e cerco di trovare qualcosa di vivace da dire.

    «Oh, grazie. Ho la felpa.» Allungo una mano dietro la testa e mi tiro il cappuccio grigio sopra i capelli per dimostrarlo. «Starò bene.»

    «Okay.» Mantiene lo sguardo sul mio mentre infila l’ombrello dentro lo zaino. «Nessun problema.»

    Non dice altro e decido anche io di tenere la bocca chiusa, così non sarò ancora più imbarazzata dalla goffaggine. 

    Oltre a quello, c’è qualcosa in lui che mi fa fremere, mi inquieta e non so ancora se sia una cosa bella o meno. Esito, poi gli rivolgo un breve sorriso ed esco di corsa dalla porta.

    La pioggia, mentre cade, forma una leggera nebbia lungo il percorso e mi tiro più giù il cappuccio. Forse la mia giornata ha cominciato a girare. Sorrido e cerco Andrew sulla soglia o sui gradini dietro di me, ma è scomparso.

    Capitolo 2

    1

    All’interno del bar del campus Sam siede al nostro solito tavolo. Oggi i suoi lunghi capelli biondi sono legati in due trecce avvolte intorno alla testa. Sembra una pastorella con il fisico di una ragazza di una birreria tedesca. 

    Noi due ci completiamo, siamo come lo yin e lo yang: lei è la bionda, io la mora. È alta, mentre io sono bassa. È divertente, e io seria. È il burro d’arachidi fuori di testa, e io la marmellata dolce.

    «Ti ho preso il tuo cappuccino di zucca speziato preferito» indica la tazza bianca fumante sul tavolo, davanti alla mia sedia.

    Inspiro il vapore profumato. «Grazie, ne ho bisogno.» La giornata piovosa richiede il calore autunnale in tazza. Mi tolgo il cappuccio bagnato e passo le dita tra i capelli appena tagliati a caschetto.

    «Giornata difficile con i puritani?»

    «Giornata impossibile con Hamilton» rispondo.

    «È un maledetto fungo velenoso.» 

    Sam non usa mai insulti tipici, ma l’intenzione è la stessa. «Lo è davvero.»

    «Cos’ha combinato quel cervello da lucertola, stavolta?»

    Le racconto dei suoi commenti in classe e ridiamo per il karma che lo ha fatto cadere.

    «Forse non è stato il destino. Hai desiderato che stesse zitto e si è avverato.»

    La guardo di traverso. «Sam.»

    «Maddy.»

    «Non sono una strega. Non ho poteri magici.» Agito le dita davanti al suo viso.

    «Non lo sai, non ci hai mai provato.»

    «Le mie antenate possono essere state di Salem, ma sappiamo tutti che non erano streghe.»

    «Magari non le innocenti che sono state uccise, ma non significa che qui non esista la magia.»

    Alzo gli occhi al cielo. «Penso che tu abbia passato troppo tempo nei negozi turistici del centro.»

    Sam ruota gli occhi, esasperata. «La solita scettica. Dov’è il tuo senso dell’immaginazione e della meraviglia?»

    «Li devo aver persi quando ho smesso di guardare i film delle principesse Disney.»

    «Mia madre non mi ha mai lasciato guardarli.»

    «Ah, allora questo spiega tutto. Più Biancaneve e meno Wicca ti avrebbero fatto bene.»

    «A proposito, verresti con me al The Spelling B dopo le lezioni? Devo comprare un altro mazzo di tarocchi.»

    «Cosa c’è che non va in quello che hai?»

    «Credo che l’energia negativa di Lucy abbia rovinato il loro influsso magico.»

    «Lucy, Lucy?» Fisso scioccata la mia compagna di stanza.

    «Lo so, lo so. Sì, quella Lucy, ma ha pagato venti dollari per una lettura.»

    Lucy è la ragazza di Hamilton. Sguazzano nella stessa melma e, credetemi, si meritano a vicenda. Mi preoccupa il pensiero di loro due che procreano e allevano altri odiosi esseri umani.

    «Per la cronaca, la lettura è stata terribile.»

    «Questo è confortante.»

    «Maddy, vorresti ancora stare con Hamilton?» mi stuzzica.

    Rabbrividisco. «Non siamo mai stati insieme. Non definirei così quello che è successo quando eravamo matricole. A cosa pensavo?» 

    Non ero la fidanzata di Hamilton, ma eravamo usciti un paio di volte prima che mi rendessi conto di quanto fosse davvero disgustoso.

    «Non pensavi, eri una matricola arrapata.» La risata di Sam suona come delle delicate campanelle, finché non sbuffa. «Non riesco ancora a credere che gli hai tirato una ginocchiata sulle palle nel bel mezzo del salone del dormitorio.»

    «Mi ha afferrato una tetta davanti a tutti.» Incrocio le braccia per proteggere il mio seno dal ricordo.

    «Ancora non capisco cosa ci hai visto in lui, non riempie nemmeno il davanti dei jeans.»

    «Nemmeno io lo so. Bleah.» Ritorna il ribrezzo. «Diamo la colpa agli ormoni. Possiamo parlare di qualcosa che non sia Hamilton Troppa Lingua

    «Forse hai bisogno di una sorta di decontaminazione. Possiamo purificarti! O magari trovarti un incantesimo d’amore.» Sam muove su e giù le sopracciglia.

    «Purificarmi?» Il mio scetticismo riaffiora.

    «Con la salvia. Possiamo comprarne un po’ in centro.»

    «Ah, certo.» Aggrotto la fronte. «Non puzzerò come un pollo arrosto? Sono certa che quello attirerà tutti i ragazzi. Almeno quelli fumati o affamati.»

    «Alcuni di quelli fumati sono carini. A questo punto cos’hai da perdere?»

    Niente. È l’inizio del terzo anno e non c’è alcun single appetibile in vista. Sospiro. La scelta è più magra di una top model, ultimamente. I ragazzi decenti o sono fidanzati o sono gay. Anche quelli non proprio decenti, come Hamilton, sono accoppiati. Mi passano per la mente degli occhi castani dietro a una montatura nera, e immediatamente mi chiedo se Andrew abbia una ragazza. Probabilmente sarà una studentessa di matematica teorica o una interessata alla poesia esoterica francese, una di quelle che ostenta sigarette importate e rossetto rosso. O forse ha un ragazzo. Non penso di averlo mai incontrato con nessuno nel campus. D’altronde non ricordo proprio di averlo già visto qui in giro, fino a questo semestre. Forse si è trasferito.

    Depressa ma risoluta dico: «Hai ragione, non ho niente da perdere se non la mia dignità.»

    «Quindi verrai con me? Ha smesso di piovere. Non hai scuse.»

    «Il tempo non mi avrebbe fermato, non mi sciolgo sotto la pioggia. Questo dimostra che sono una strega?»

    «Solo a Oz.» Prende la sua borsa e infila dentro i libri e gli appunti che aveva sul tavolo, compreso un cucchiaio a caso. Mi sorprende a guardare il piccolo furto. «Non giudicare. Tutti i cucchiai continuano a sparire dalla nostra stanza.»

    «Forse stanno cercando la strada per tornare alle loro rispettive case» le faccio notare. 

    «O qualcuno li sta rubando.»

    «Non sarebbe ironico?» Le do una gomitata mentre usciamo dal bar. Come prevedibile, le nuvole sono ancora pesanti e minacciano altra pioggia.

    ***

    Un filo di campanelle, intorno alla maniglia della porta, tintinna quando entriamo al The Spelling B, il negozio preferito di Sam per tutto ciò che riguarda la stregoneria. Il profumo di incenso ed erbe aromatiche essiccate permea il piccolo spazio poco illuminato. Scaffali sbilenchi incurvati dal peso di vasetti, candele e libri, riempiono le pareti e formano stretti corridoi. Avvicino di più al corpo la mia borsa troppo piena, intimorita dal cartello scritto a mano sulla porta che dice: Se lo rompi il tuo karma lo paga.

    Sam si dirige verso la parte posteriore del negozio borbottando qualcosa su salvia e tarocchi.

    «Posso aiutarti?»

    Mi volto verso la voce e incontro un paio di occhi azzurro chiaro, quasi incolori, sul viso di una donna di mezza età con un elaborato chignon scuro tenuto insieme da bastoncini rosso laccato, con un vestito largo e multicolore che la fa somigliare più a Madre Terra che a una strega dei cartoni animati.

    «Oh, ehm, no. Non sono una strega.» Incespico sulle parole. «Voglio dire, una Wicca. Non che ci sia niente di male a occuparsi di magia, a meno che non sia il diciassettesimo secolo e ci si trovi in questa città.» Continuo a farfugliare, finché una mano morbida mi avvolge il polso.

    «Sei sicura?» Il suo sorriso è gentile, quasi familiare, ma in qualche modo penetrante, come se potesse vedere dentro di me e si rendesse conto di quanto sia confusa.

    «Scusi. No, è che ho appena avuto una lezione sul New England del passato, c’è stata un’accesa discussione su Hester Prynne e la prossima settimana studieremo i processi alle streghe» farfuglio di nuovo.

    «Ah, studi al college Hawthorne?» chiede, portandomi verso un bancone dove c’è un assortimento di mortai, pestelli e vasetti di vetro trasparente, sparsi sulla superficie piana.

    «Sì.» Osservo l’etichetta di un’ampolla: Enotera. Sembra abbastanza innocuo.

    «Frequenti la classe del professor Philips? Era molto popolare quando studiavo lì.»

    «È andata anche lei all’Hawthorne?» La mia voce suona più incredula di quanto intendessi.

    «Era già anziano allora. È acqua passata, lo so, e in un certo senso lui non invecchia mai. Indossa ancora le giacche con le toppe sui gomiti?»

    Rido e mi scrollo di dosso l’inquietudine che ho provato entrando nel negozio. «Sì!»

    Apre dei vasetti e aggiunge varie erbe in un colino, sopra una tazza di ceramica blu, con un pentagramma disegnato su un lato. Quando versa l’acqua calda sopra il miscuglio, l’odore di menta e di qualcosa di terroso mi arriva al naso.

    «Tieni, bevi questo.»

    «Cosa?» Mi allontano di scatto dal bancone, la mia borsa colpisce una ciotola con alcuni piccoli sassi che cadono sull’irregolare pavimento di legno provocando un gran frastuono. 

    Mi piego per raccoglierli, ma una delicata spinta mi sposta. «Ferma. Lascia che te li legga.» Si china sopra per studiare le pietre. «Interessante, molto interessante.» Con il dito elegante si picchietta il mento. «Oh, guarda qua. Non lo vedevo da anni.»

    Abbasso gli occhi sui sassolini: alcuni hanno dei segni e somigliano alle rune che Sam tiene sulla sua scrivania, dentro a un sacchettino di velluto. Rimango lì, incerta su cosa fare con le mani, mentre lei continua a esaminarli, parlando sommessamente tra sé e sé. Alla fine si alza e mi fissa.

    Per un sacco di tempo.

    Almeno un’ora.

    O, per lo meno, sembra così lungo il suo esame approfondito.

    Mi sento il viso accaldato e mi prude la fronte. Mi guardo intorno, incapace di sostenere il suo sguardo fisso, e mi gratto un prurito inesistente sopra il sopracciglio.

    Alla fine si riscuote dalla sua gara di sguardi in solitaria. «Il tuo tè si sta raffreddando.»

    «Tè?»

    «Sì, te ne ho preparato una tazza alla menta. Cosa pensavi che fosse?»

    «Ehm, ecco…» Vago con lo sguardo intorno al negozio e scrollo le spalle.

    La sua risata rispecchia le campanelle sulla porta, lieve ed eterea. «Pensavi fosse una pozione?»

    Annuisco, sentendomi stupida. Ne prendo un sorso e lascio che il calore mi rilassi i nervi.

    «Oh, mia cara. No. Non ti darei mai una pozione, a meno che non me ne chieda una.» Mi studia di nuovo. «Ne vuoi? Magari qualcosa per concentrarti e ottenere voti migliori? Anche se dubito che tu ne abbia bisogno. Mmm… forse per l’amore?»

    Incontro i suoi occhi per un istante e arrossisco.

    «Ah, e amore sia.»

    «No, veramente no. Al momento non c’è nessuno.»

    Sposta lo sguardo verso il pavimento, poi si inginocchia per raccogliere le pietre e dice: «Ne sei sicura?»

    Penso alla mia totale mancanza di vita amorosa. Non sono così disperata da uscire di nuovo con qualcuno come Hamilton, ma la situazione è triste. Più triste che mai. Sabati sera passati da sola o a sentirmi a disagio a una festa al campus, con un bicchiere di birra sgradevole e scadente in mano. Accidenti, ho permesso a Paul Uccello di baciarmi due settimane fa. Il suo cognome, in gergo italiano, significa pene. Non potrei mai sposarlo e finire per avere un cognome tanto imbarazzante. Stranamente puzzava di pollo arrosto. Forse il suo compagno di stanza lo aveva purificato prima di andare alla festa, oppure mangia con frequenza un sacco di erbe e spezie.

    «Vedi la runa vicino al tuo piede?» La prende e la mette sul mio palmo.

    «Sembra una B.» La tengo in mano e traccio le linee con il dito.

    «È il simbolo dei nuovi inizi e dell’amore.»

    Sollevo un sopracciglio, scettica.

    «Forse hai un ammiratore segreto.»

    Scuoto la testa. «Deve essere immaginario oltre che segreto.»

    Studia il mio viso e aggrotta la fronte. «Così piena di dubbi.»

    Sam arriva al bancone con una scatola di tarocchi e qualche mazzetto di salvia.

    «Ehi, ti sei fatta fare una lettura? Forte!»

    «Veramente no. Ho rovesciato la ciotola di sassi con la borsa.»

    «Non c’è niente di casuale» dicono entrambe nello stesso momento.

    Alzo gli occhi al cielo.

    «Non è una credente, eh?» chiede la signora.

    Sam fa un sospiro esagerato. «No, e le sue antenate sono di Salem, voglio dire Salem del diciassettesimo secolo.»

    «Sam, te l’ho detto, non significa niente. Dieci generazioni e nessuna strega nel mucchio.» Lancio un’occhiataccia alla mia migliore amica.

    «Qual è il tuo cognome?» mi chiede Occhi Di Ghiaccio.

    «Bradbury.»

    «Ah sì? Be', questo spiega la lettura.»

    Guardo la runa che ho ancora in mano.

    Gli occhi di Sam vanno sul mio palmo. «Vedi? Te l’avevo detto che le cose stavano cambiando per te e con il Mabon dietro l’angolo!» Praticamente saltella eccitata.

    «Mabon?» chiedo.

    «L’equinozio d’autunno» spiega Sam. «Giorno e notte uguali. Equilibrio tra luce e buio. È tra una settimana, a partire da sabato.»

    La proprietaria del negozio annuisce con la testa. «È il momento di abbracciare l’oscurità.»

    Le sue parole mi provocano un brivido lungo la schiena e tremo, anche se la stanza rimane della stessa temperatura.

    «Dobbiamo decisamente purificarti presto. Prima si fa, meglio è. E sicuramente prima dello Samhain.» Alla mia espressione confusa, Sam spiega: «Halloween. Oh, dobbiamo farlo questo week-end.» Annuisce, d’accordo con se stessa.

    Mi strofino le braccia nel tentativo di scaldarmi e una familiare sensazione mi pizzica la pelle, quindi volto la testa per trovare quegli

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