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Viaggio in Egitto col libertino: Harmony History
Viaggio in Egitto col libertino: Harmony History
Viaggio in Egitto col libertino: Harmony History
E-book266 pagine7 ore

Viaggio in Egitto col libertino: Harmony History

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Info su questo ebook

The Sinful Sinclairs 2
Inghilterra, 1815
Quando Chase Sinclair, noto negli ambienti mondani di Londra per essere un libertino e un giramondo, arriva a Huxley Manor per rimettere ordine negli affari del cugino, l'incontro con la seria e razionale Eleanor Walsh accende il suo animo di un'improvvisa e ardente curiosità. Chase non riesce a togliersi dalla testa il pensiero che dietro al rigido autocontrollo di Eleanor, volto a risollevare le finanze della sua famiglia, ci sia in realtà il tenace desiderio di gettarsi alle spalle un' esistenza grigia e noiosa. Chase pensa di poterle dare ciò di cui lei ha bisogno e le propone un'eccitante avventura nel lontano e misterioso Egitto.
Se Eleanor deciderà di lasciarsi andare accettando quella folle proposta, lui è sicuro che in breve tempo avrà in pugno anche le chiavi del suo cuore.
LinguaItaliano
Data di uscita20 ago 2019
ISBN9788830501928
Viaggio in Egitto col libertino: Harmony History

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    Anteprima del libro

    Viaggio in Egitto col libertino - Lara Temple

    successivo.

    1

    Ho un'ultima, ma molto importante richiesta da farti...

    Chase fermò Brutus ai piedi di Huxley's Folly. L'ultima volta che aveva visto suo cugino, era stato proprio lì, sotto l'entrata ad arco della torre di pietra, i sottili capelli grigi che si agitavano alla brezza come una pianta acquatica. L'ultima volta che lo aveva visto, e la prima in cui l'altro aveva espresso qualche preoccupazione riguardo all'occupazione che lui aveva scelto.

    Spero che quello che fai per Oswald non ti metta in pericolo, Chase. Tessa sarebbe molto dispiaciuta se tu la raggiungessi troppo presto.

    Huxley si riferiva sempre alla madre di Chase come se la sua morte fosse solo un'assenza temporanea. Era una delle ragioni per cui lui trovava faticoso andarlo a trovare, ma non era una scusa per averlo trascurato, in quegli ultimi due anni, non importava quanto Oswald lo tenesse occupato.

    «È colpa mia, Brutus.» Strofinò il robusto collo nero del cavallo. «Sarei dovuto venire a trovarlo più spesso. Adesso è troppo tardi.» Sospirò e balzò giù dalla sella.

    Recarsi lì era sempre una prova, per la sua pazienza, ma senza Huxley il suo soggiorno sarebbe stato una penitenza. Niente di sbagliato, perciò, nel rimandare un po' la visita con una puntata alla torre diroccata. Ogni volta che la vedeva gli appariva un po' più misera. Quando lui, Lucas e Sam erano stati bambini, avevano fantasticato che fosse popolata da orchi, animali immaginari e principesse in pericolo.

    Si avvicinò al muro nel quale Huxley teneva una chiave dietro un mattone allentato, ma si accorse che la porta era leggermente aperta. Aggrottò la fronte e scivolò all'interno. L'esperienza di una decina di anni come emissario del governo entrò subito in azione, anche se Chase sapeva che probabilmente non ne aveva bisogno. Senza dubbio la persona che si trovava all'interno della torre era suo cugino Henry, il nuovo Barone Huxley. O forse il segretario, Mallory, pensò mentre saliva silenziosamente le scale.

    Non era nessuno dei due. Per un momento, sostando sulla soglia dello studio, si chiese se una delle loro vecchie storie – quella della principessa rinchiusa che piangeva per il suo principe – non si fosse realizzata. Torse la bocca in un sorriso divertito ed esaminò l'abbigliamento della donna. Di certo non era una principessa.

    Era seduta alla scrivania di Huxley e gli dava le spalle. Tutto quello che poteva vedere di lei era la curva della guancia, i capelli castani raccolti in una stretta crocchia sulla nuca e un cappotto dal colore scialbo privo di ornamenti visibili. Stava china su alcune carte con evidente concentrazione, e le parole d'apertura della criptica lettera di Huxley si presentarono con forza alla mente di Chase.

    C'è qualcosa che ho scoperto di recente, e che devo discutere con te. Penso sia meglio che tu non condivida questa rivelazione con nessuno, a parte forse con Lucas, perché può fare più male che bene alle persone a cui tengo di più...

    La lettera, con la data di quasi un mese prima, era stata ad attenderlo al suo ritorno da San Pietroburgo, insieme a un messaggio da parte del suo amministratore che gli comunicava la dipartita di Huxley e la convocazione per il testamento.

    Chase non aveva la minima idea di cosa intendesse, Huxley, ma aveva tutte le intenzioni di scoprirlo. Attraverso i secoli il nome Sinclair era diventato sinonimo di scandalo, ma adesso era deciso a tenerlo fuori dal fango in cui si era rivoltato tanto spesso. Se Huxley aveva scoperto qualcosa che potesse danneggiare la sua famiglia, l'avrebbe distrutto il più in fretta e con il minor scalpore possibile.

    Ecco perché la vista di una donna seduta alla scrivania del cugino defunto e intenta a leggere le sue carte non era la visione più gradita, al momento.

    Quasi avesse avvertito la sua tensione, la donna si irrigidì, poi si girò e si alzò in un unico movimento, facendo arretrare la sedia con un cigolio. Per un brevissimo istante i suoi occhi rifletterono la paura, quindi ogni espressione sparì dal suo volto.

    Si esaminarono in silenzio. Lei appariva priva di nota quanto il suo abbigliamento. Era forse un po' più alta della media, ma la figura che Chase poteva intuire sotto il cappotto informe era troppo sottile per adeguarsi all'idea corrente delle proporzioni femminili. Inoltre, la tonalità dell'indumento, tra il grigio e il marrone, conferiva una sfumatura giallastra alla sua carnagione pallida. Solo gli occhi erano degni di nota: grandi e di un profondo color miele. Anche privi di espressione, mostravano uno scintillio che lo fece pensare a una tigre che osservava la sua preda tra le tenebre.

    «Chi siete? E cosa state facendo qui?» lo apostrofò, la voce sorprendentemente profonda per qualcuno di così sottile. Un'altra bizzarria.

    «Potrei rivolgervi la stessa domanda» ribatté Chase. «Siete forse un'altra delle nipoti di Lady Ermintrude? Pensavo di averle incontrate tutte.»

    Mentre si avvicinava, lei si spostò lungo la scrivania, mettendola tra di loro. Gli occhi di Chase furono attirati dalle carte e dai libri che giacevano sul ripiano. Il tutto era più caotico di quanto ricordasse, e si chiese chi fosse stato, se il cugino o la giovane donna, a causare quel disordine. Guardò il foglio che lei stava esaminando con tanta concentrazione. Era la caricatura di un cammello che scrutava una tazza da tè attraverso una lente di ingrandimento, i capelli grigi convergenti in un impressionante ciuffo sopra una fronte patrizia. La somiglianza con l'amico antiquario di suo cugino, Phillip Carmichael, detto Poppy, era impressionante, e per una frazione di secondo la tensione di Chase si placò... ma solo per una frazione di secondo. Riportò la sua attenzione sulla donna. Era più giovane di quanto gli fosse parso all'inizio, doveva avere sui venticinque anni. Aveva l'aspetto di un'istitutrice: formale, impettita, un po' impaziente, come se lui fosse non solo un alunno tardo, ma anche recalcitrante. I suoi occhi avevano un'inclinazione esotica, un tratto che un pittore avrebbe usato se avesse voluto dipingere una dea di cui fosse meglio diffidare. Ed era ciò che lui stava facendo. Se c'era una cosa che Chase aveva imparato, era che le apparenze spesso ingannavano. Così si appoggiò contro la scrivania, incrociò le braccia e le rivolse il suo miglior sorriso.

    «Non è educato leggere la corrispondenza altrui» l'ammonì. «Anche se appartiene a un morto.»

    «Io non intendevo...» La facciata di imperturbabilità si increspò, ma il lampo di contrizione svanì in fretta come era apparso. Lei sollevò il mento, la bocca serrata in una linea caparbia che compresse la seducente pienezza del labbro inferiore. «Ho il diritto di essere qui, dato che sono la fidanzata di Lord Huxley. Potete dire altrettanto?»

    «Sfortunatamente no. Non sono il suo tipo.»

    La sconosciuta emise un piccolo ansito di riso che trasformò il suo volto. Poi qualcosa sostituì il divertimento: la comprensione. «Avrei dovuto immaginarlo subito. Dovete essere uno dei Sinclair, vero? Henry aveva detto che forse uno di voi sarebbe venuto a Huxley Manor, a causa del testamento.»

    «Uno di noi...» ripeté Chase. «Ci fate sembrare un gruppo di attori girovaghi.»

    «Molto più divertenti, a sentire Miss Fenella.»

    «Mia cugina Fen è sempre stata dedita ai pettegolezzi. Potete smetterla di scivolare verso la porta, non ho intenzione di balzare addosso alla fidanzata fresca di conio di Henry, qualunque cosa dica la mia reputazione. Sono sorpreso, però. Ignoravo fosse fidanzato.»

    «Noi... al momento lo stiamo tenendo segreto a causa della sua perdita. Solo Lady Ermintrude e le signorine Ames ne sono al corrente. Per piacere, non ditelo a nessuno. Sarebbe inappropriato... mentre lui è in lutto...»

    La voce, prima così decisa, svanì in un borbottio, mentre gli occhi color miele rivelavano una punta di disagio. Forse era ferita perché Henry si rifiutava di riconoscere pubblicamente la sua posizione?

    «Certo, le convenzioni vanno rispettate» convenne Chase, «ma questo ancora non spiega perché siate qui da sola, intenta a leggere le carte del cugino Huxley. Non dovreste essere al Manor a civettare con Henry, o a lusingare Lady Ermintrude come chiunque altro?»

    «Henry è occupato con il suo intendente, e Lady Ermintrude, Miss Ames e Miss Fenella sono impegnate con la preparazione di un incontro con alcune signore, che all'apparenza supera tutte le convenzioni del lutto. E dal momento che le mie abilità nel ricamo sono atroci, sono persona non grata, devo trovare un altro modo per passare il tempo.»

    «Questo continua a non giustificare la vostra presenza qui.»

    «Henry mi ha mostrato la chiave nascosta quando siamo venuti a esplorare, ieri. Cercavo solo un posto tranquillo per leggere.»

    «Leggere le lettere di altri» puntualizzò Chase piano. Lei arrossì ma non replicò, e lui provò una punta di rimorso. Stava diventando troppo simile a Oswald, pronto a sospettare di tutto. «Lady Ermintrude vi rende la vita difficile?» arguì. «Non mi stupisco. Ha sempre desiderato che mio cugino sposasse una delle sue nipoti.»

    «Sì, l'ha chiarito a sufficienza. Pensavo che Henry stesse esagerando, ma...» Lei si interruppe e si schiarì la gola, lanciandogli un'occhiata sospettosa.

    Chase sorrise e tentò un altro approccio. «In ogni caso non dovreste venire alla Folly da sola. La torre è abbastanza solida, ma tutte quelle scatole e cataste possono costituire un rischio. Il posto ha sempre dato l'impressione di essere stato attraversato da un tornado, ma sembra aver raggiunto nuovi livelli di caos, dall'ultima volta che sono stato qui. Lo studio sull'ala est del Manor è nelle stesse condizioni?»

    «Henry non mi ha portato là. Ha detto che il testamento dice che il contenuto dell'ala est andrà a voi e ai vostri fratelli, perciò non vuole intromettersi. Mi ha mostrato la Folly solo perché è così particolare, e io ero curiosa di vedere l'interno. Forse non avrei dovuto insistere.»

    Chase si interrogò sul proprio, crescente senso di disagio. C'era qualcosa, in quella giovane donna, che era... sbagliato. Lo faceva sentire in svantaggio, ed era una condizione che detestava. «È stato sempre un tipo docile» commentò.

    «Henry è educato e premuroso» lo rimbeccò lei. «È diverso dall'essere docile.»

    «Avete ragione. Mi scuso per la malignità.»

    Lei sbuffò, chiarendo la propria opinione riguardo a quelle scuse. L'esitazione e la vulnerabilità erano svanite ancora una volta ed era tornato lo scintillio cauto dello sguardo. Sembrava troppo morbida per essere così dura, un'altra nota discordante. Chase considerò se spostarsi, in modo che lei potesse raggiungere le scale, ma poi rimase dov'era.

    «Scusatemi, Mr. Sinclair.»

    «Per cosa?» domandò lui senza muoversi.

    «Non vi stavo chiedendo scusa» ribatté la donna, distanziando le parole come se si rivolgesse a qualcuno duro d'orecchi. «Vi stavo chiedendo di farvi da parte in modo che io possa passare.»

    «Subito. Congratulazioni per il vostro fidanzamento, comunque. Dove avete incontrato Henry?»

    Lei esaminò lo spazio tra lui e l'entrata, chiaramente calcolando le sue possibilità di scivolarvi attraverso. «Noi siamo vicini di casa, a Nettleton.»

    «Che cosa affascinante! Non sapevo che Nettleton nascondesse simili gemme. Vi piace Huxley?»

    «Siamo arrivati solo due giorni fa.»

    «Una risposta diplomatica, ma rivelatrice. Per niente, dunque.»

    La donna rise, e le sottili linee agli angoli dei suoi occhi suggerirono che lo faceva spesso, il che lo sorprese. «Giudicando dai commenti di Lady Ermintrude sui Sinclair, l'accoglienza che mi è stata riservata può essere più calda della vostra.»

    «Non dovreste dire certe cose con tale piacere.»

    «Vero. È stato molto poco caritatevole da parte mia. Spero che Lady Ermintrude vi accolga a braccia aperte, Mr. Sinclair.»

    «Sembra una prospettiva perfino peggiore. Posso chiedere come beneficereste di questo improbabile scenario?»

    «Qualunque cosa metta un sorriso sulla sua faccia sarebbe la benvenuta.»

    «Non avendola mai vista sorridere, non posso giudicare se sarebbe un miglioramento ma, se anche questo improbabile evento dovesse accadere, dubito che ne sarei io la causa.»

    «È sempre stata così? O la sua facciata marmorea è una conseguenza del lutto per suo cognato?»

    «Facciata implica che ci sia in lei qualcosa di nascosto, ma dopo anni di osservazioni posso dire con sicurezza che il suo intimo è del tutto coerente con l'esterno» rispose Chase. «Non sprecate tempo a cercarlo. Ermy è incline alle emozioni quanto lo è all'umorismo.»

    «È quanto sostiene anche Henry, ma non si può fare a meno di chiederselo... Tutti hanno qualcosa in grado di redimerli. Lei sembra devota alle sue nipoti, per esempio.»

    «Sì, le povere Dru e Fen. Sarebbero state meglio senza tanta devozione. Sebbene quella non sia proprio la parola giusta.»

    «Qual è, allora?»

    Chase aprì la bocca per rispondere, poi si fermò, sorpreso dal proprio desiderio di soddisfare la curiosità della donna. Di solito non era così aperto con dei perfetti estranei. «Voi sapete che nel piccolo universo della zia Ermy che Henry sposasse una delle sue nipoti era ovvio quanto il sole che sorge a est, o che due più due fa quattro.»

    «Mio fratello puntualizzerebbe che mentre l'ultimo è un dato di fatto, non c'è niente che indichi che il sole debba sempre sorgere a est.»

    «Mio Dio, spero che non abbiate cercato di esporre le opinioni di Hume a zia Ermy!» finse di scandalizzarsi Chase. «È per questo che vi siete confinata alla Folly?»

    Il sorriso della donna lampeggiò di nuovo. «Farò meglio a tornare, adesso. Buongiorno, signore.»

    Fece un passo avanti ma, quando lui non si spostò dalla sua strada, si fermò ancora una volta. Era puerile giocare con lei, tuttavia Chase era incuriosito dalla futura moglie di Henry. Quel che ricordava del suo goffo ma bonario cugino non si accordava a quell'intelligente e curioso esemplare di femminilità.

    «Devo tornare al Manor, signore.»

    «Tra un momento. Dato che qui non c'è nessuno che possa aiutarci a seguire le convenienze, possiamo infrangerle e presentarci da soli? Io sono Charles Sinclair, sebbene i miei amici e anche i pochi nemici mi chiamino Chase. Posso conoscere il nome della mia futura cugina?»

    «Poi vi farete da parte e mi permetterete di passare?»

    Lui chinò il capo. «Vi do la mia parola.»

    «Miss Walsh.»

    «Walsh. Walsh di Nettleton.» Non avrebbe dovuto pronunciarlo ad alta voce.

    Al suo tono, gli occhi di lei si spalancarono, e la loro freddezza si trasformò in gelo.

    Non assomigliava affatto al Fergus Walsh che Chase aveva incontrato una volta a Londra. Il padre aveva avuto l'aspetto di un celta dai capelli rossi, con il fascino e il temperamento adeguati. Era stato anche un seducente perdigiorno e un inveterato giocatore che aveva frequentato tutti i club e le sale da gioco, finché i debiti non lo avevano precipitato in locali più infimi. Aveva portato la sua famiglia sull'orlo della rovina e poi aveva coronato la propria vergogna affogando in un fosso fuori da una sala da gioco del Fleet, mentre era ubriaco.

    Chase aveva sentito Huxley parlare di lui, sconcertato dall'amicizia del fratello minore con quell'uomo. Arthur Whelford, padre dell'attuale Lord Huxley, era un vicario, e possedeva tutte le virtù della sua professione. Ma, nonostante le differenze, i Whelford e i Walsh erano stati grandi amici. E adesso la figlia dello scialacquatore era fidanzata con il figlio del vicario, il nuovo Lord Huxley.

    «Non vi terrò più a lungo lontana dal vostro fidanzato, Miss Walsh. Passate pure.»

    «Com'è gentile da parte vostra, Mr. Sinclair.» Il risentimento era avvertibile nella sua voce profonda.

    Quando lei si mosse verso la soglia, Chase notò che stringeva nella mano un foglio di carta piegato. La pietà e quel che restava del divertimento per quell'assurda scenetta svanirono in un istante. Le strappò la lettera dalla mano. «Credo che mio cugino concorderebbe che il contenuto della Folly appartenga a me e ai miei fratelli, così vi suggerisco di lasciare qui questo foglio.»

    «Come osate! Restituitemelo subito!»

    Lei si allungò verso la lettera e Chase, sorpreso, la sollevò sopra la propria testa, come avrebbe fatto quando lui e Sam da bambini litigavano per qualcosa. E, proprio come Sam, la figlia di Fergus Walsh si protese per afferrarla. La sua mossa fu talmente inaspettata che riuscì quasi a farcela, ma proprio mentre le sue dita sfioravano il foglio Chase lo sollevò di più. Lei barcollò e si afferrò ai risvolti del cappotto di Chase, spingendolo verso la catasta di scatole che stavano accanto alla scala.

    Le scatole in cima rotolarono giù per i gradini in una serie di schianti assordanti, e lui abbandonò la lettera per aggrapparsi allo stipite, prima di seguirle nel vuoto. Vide l'attimo in cui la collera negli occhi della donna si trasformò in terrore, mentre entrambi piombavano verso le scale. L'impatto contro le scatole e il primo gradino fu doloroso, ma nemmeno lontanamente quanto sarebbe stata la loro precipitosa caduta.

    «Mio Dio, sono così spiacente! Siete ferito?» Miss Walsh era ancora sopra di lui, una mano aggrappata al suo cappotto, l'altra aperta sul suo torace. Gli occhi color miele erano spalancati dalla preoccupazione, e Chase poté notare tutte le gradazioni di oro, ambra e giada mescolate insieme, intorno alle pupille dilatate. Ebbe la peculiare sensazione di stare ancora sprofondando, come se la caduta non si fosse arrestata, ma solo rallentata.

    «Siete ferito?» si informò di nuovo lei dando una piccola tirata al suo cappotto.

    Chase si costrinse a scuotere la testa. Alla fine la strana sensazione svanì, ma il suo corpo si destò e, invece di verificare il possibile danno, si focalizzò su qualcosa di completamente diverso. Lei era sdraiata su di lui, le gambe spalancate e la coscia infilata così strettamente tra le sue che, se solo si fosse spostata di poco...

    «Voi siete ferito» affermò lei, facendo scorrere lo sguardo su di lui come per cercare conferma.

    «Non... ferito. Solo... senza fiato» gracchiò lui tentando un sorriso.

    Miss Walsh aggrottò le sopracciglia in un cipiglio. «Vi sta bene! Era una mia lettera, non di Lord Huxley.» Si sforzò di alzarsi, spingendogli la coscia contro l'inguine con sconcertante efficacia.

    Il corpo di Chase, di solito disciplinato, lo sconvolse balzando sull'attenti. Istintivamente cinse un braccio attorno alla donna, la quale gridò, scivolò e gli ricadde addosso.

    «Non andate ancora... Ci siamo appena messi comodi» mormorò contro i suoi capelli, inalando l'aroma di gigli e di qualcos'altro, dolce e tentatore... Vaniglia?

    Miss Walsh gli affondò dolorosamente il gomito nella carne morbida sotto le costole, ma più del dolore lui sentì il resto della sua anatomia, mentre lei si dimenava per liberarsi e mettersi in piedi. «Henry ha assolutamente ragione sul vostro conto!»

    Chase si sollevò a sedere e la osservò afferrare la lettera. Non lo guardò neppure mentre lo superava e poi prendeva a scendere le scale.

    «E potete sistemare il disastro che avete fatto!» La voce echeggiò su per la scalinata un momento prima che il colpo della porta di legno facesse salire un refolo di aria fredda verso di lui.

    Chase esaminò il taglio sul retro dei suoi pantaloni di pelle, dove la scatola rovesciata aveva strappato il robusto materiale, e scoppiò a ridere.

    Non c'era niente da dire. Un inizio perfetto per quella che si prospettava come una tetra settimana!

    2

    «Ellie, fermati.»

    Lei si fermò a metà della scala, indulgendo in una serie di imprecazioni mentali. Al momento non aveva voglia di parlare con nessuno.

    «Sono sfuggito all'intendente e stavo giusto per venire a cercarti. C'è il tè... Buon Dio, cosa ti è successo? Sei caduta nello scivolo del carbone?» Henry spalancò gli occhi, esaminando la condizione delle gonne della sua fidanzata e l'inconsueta espressione di collera sulla sua faccia.

    «Devo cambiarmi, Henry.»

    «Vieni in salotto e dimmi che cosa

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