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La sposa del principe: Harmony Collezione
La sposa del principe: Harmony Collezione
La sposa del principe: Harmony Collezione
E-book149 pagine2 ore

La sposa del principe: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Dalle stalle alle stelle...



Lucy Abbott farebbe qualunque cosa per proteggere la sua bambina: da mamma single non lesina gli sforzi nel lavoro ed è prodiga di attenzioni per la sua piccola, ma tutto questo sembra non essere sufficiente per garantire la stabilità che ogni famiglia dovrebbe avere. Così, quando alla vigilia di Natale il principe Massimo d'Aquila le offre la perfetta via d'uscita da quella precaria situazione, non ha il minimo dubbio nell'accettare la sua incredibile proposta: un matrimonio di convenienza che durerà solo tre mesi, in cambio del quale riceverà più denaro di quanto ne guadagnerebbe in una vita intera. Ma è davvero tutto oro ciò che luccica?
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2017
ISBN9788858969557
La sposa del principe: Harmony Collezione
Autore

Jennie Lucas

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La sposa del principe - Jennie Lucas

    1

    L’aveva trovata, finalmente!

    Il principe Massimo d’Aquila parcheggiò la lucida Mercedes lungo la strada male illuminata. Osservò la stazione di servizio; la luce che filtrava dalla vetrina del negozio accendeva la notte innevata come una fiamma nell’oscurità, delineando il profilo della ragazza che, sola, lavorava all’interno.

    Lucia Ferrazzi.

    La nipote del suo acerrimo nemico.

    L’ex amante del suo rivale in affari.

    Il destino, pensò stringendo forte il volante. Era stato il destino. Non esisteva altra spiegazione, dopo tutti quegli anni di ricerca.

    Il suono del cellulare lo riscosse dalle sue riflessioni.

    «Signore?» si annunciò Ermanno, una delle sue guardie del corpo, che lo attendeva nella macchina parcheggiata dietro la sua.

    «Aspetta il mio segnale» rispose lui richiudendo il cellulare con un colpo secco. Riportò lo sguardo verso la stazione di servizio. Erano le dieci di sera della notte di San Silvestro, e il negozio avrebbe dovuto essere affollato di clienti impegnati negli ultimi acquisti.

    Al contrario, quel quartiere di Chicago era buio e deserto, sonnolento sotto la neve che cadeva incessantemente.

    La ragazza stava servendo il suo unico cliente. Il viso senza trucco la faceva apparire più giovane dei suoi vent’anni. Gli occhiali con una vistosa montatura incorniciavano grandi occhi castani, conferendo ai suoi lineamenti l’aspetto di una scialba bibliotecaria.

    Convincerla non sarebbe stato facile, meditò Massimo tra sé. Per niente.

    Il solitario cliente lasciò il negozio nello stesso istante in cui una berlina grigia scivolò lungo la strada, fermandosi proprio di fronte alla pompa di benzina.

    Un uomo magro scese dalla macchina e, sorridendo, gettò una rapida occhiata alla ragazza prima di avviarsi verso il negozio.

    Massimo colse il terrore negli occhi di lei, il movimento quasi impercettibile delle sue labbra che tremavano mentre l’uomo avanzava, sicuro, in direzione della porta.

    Lucia aveva paura di lui!, constatò. Sorrise fra sé. Quella ragazza non poteva sapere che la sua vita era cambiata e che, da quel momento, sarebbe stata sotto la protezione del principe Massimo d’Aquila.

    Prima della mezzanotte sarebbe diventata sua moglie, e la sua vendetta si sarebbe compiuta. Per quanto riguardava l’altra faccenda... Scacciò con decisione il pensiero dalla mente.

    Tutto si sarebbe esaurito in breve tempo e, nell’arco di tre mesi al massimo, lui sarebbe stato libero. Completamente libero, concluse sollevato.

    «Oh, no!» gemette Lucy Abbott ad alta voce. «Per favore, non stasera!» Le sue parole echeggiarono nel negozio vuoto.

    Appoggiò il capo contro la vetrina senza distogliere lo sguardo da quell’individuo viscido che si avvicinava a ogni passo, inesorabile.

    Si era augurata di non vedere il gestore del locale, quella sera, aveva sperato che fosse a una festa. Dovunque, purché lontano da lei.

    Devo resistere una sola settimana, cercò di rincuorarsi Lucy. Una settimana in cui avrebbe dovuto sopportare le odiose battute di Darryl, l’insistenza con cui le puntava gli occhi addosso, i suoi continui tentativi di strusciarsi contro di lei negli angusti corridoi del negozio.

    Aveva presentato il proprio curriculum per un nuovo impiego nell’esercizio vicino, ed entro una settimana avrebbe ricevuto una risposta.

    Finalmente avrebbe detto addio a Darryl per sempre e, meglio ancora, avrebbe ottenuto un aumento di stipendio. Per la prima volta da quando era nata sua figlia avrebbe potuto permettersi di fare un solo lavoro, anziché tre, e avere del tempo prezioso per stare con lei ogni giorno.

    Sua figlia!, sospirò fra sé. Chloe non sarebbe stata piccola ancora per molto. Non riusciva a credere che il giorno successivo avrebbe festeggiato il suo primo compleanno. Nella costante lotta per affrontare le difficoltà quotidiane, aveva perso molto del suo primo anno di vita. I primi sorrisi e i pianti, i suoi versetti gioiosi.

    Basta!, s’impose Lucy trattenendo a stento le lacrime. È inutile recriminare.

    Darryl spalancò la porta facendo tintinnare rumorosamente la campanella e portando con sé una forte raffica di vento e neve.

    «Ehi, Luce» l’apostrofò, un’espressione untuosa sul viso. «Buon anno!»

    «Buon anno» ricambiò lei l’augurio sottovoce, detestandolo per il fatto che l’avesse chiamata con il nomignolo affettuoso che il suo ex usava con lei.

    «Ci sono stati molti clienti, questa sera?» si informò l’uomo.

    «Sì, moltissimi» mentì Lucy deglutendo il nodo che le chiudeva la gola.

    «Fammi vedere.» Darryl passò dietro la cassa senza perdere occasione per sfiorarla. «Ma come...? Piccola bugiarda!» inveì contando i pochi dollari dell’incasso giornaliero.

    Sforzandosi di sorridere, lei arretrò. «C’è stato parecchio movimento, davvero. Non vedi tutte le impronte di neve sul pavimento? Anzi, farei meglio a prendere uno spazzolone per asciugare...»

    «Sembri una formichina affaccendata» sogghignò l’altro trattenendola con una mano nervosa e ossuta. «Ti consideri superiore a me, vero?»

    «No, certo che no... Io...» Di nuovo il tintinnio della porta attrasse la sua attenzione, ma prima che potesse volgere il capo in quella direzione, Darryl l’afferrò per il grembiule.

    «Sono stanco di essere gentile con te.» La afferrò per la nuca e accostò le labbra a quelle di lei, il respiro affannoso. «Senza mai aver niente in cambio.»

    «Che... che cosa stai facendo?» balbettò Lucy. «Lasciami andare!»

    «Ti comporti come una santarellina...» ansimò l’uomo, viscido. «Ma so che hai avuto altre relazioni. Hai anche una figlia, non è così?» Curvò le labbra in un detestabile sogghigno. «E so che mi desideri.»

    «No!» gridò Lucy divincolandosi dalla sua presa. Poi vide una mano abbassarsi sulla spalla di Darryl, costringendolo a voltarsi.

    Un uomo alto e possente, dallo sguardo scuro e severo, lo agguantò per il bavero della giacca, sollevandolo dal pavimento. «Vattene» gli intimò a pochi centimetri dal viso, la voce fredda e implacabile.

    «Sì... sì» annaspò Darryl dopo aver lottato invano. L’uomo era di gran lunga più alto e più forte di lui.

    Il gigante lo depose a terra. Darryl si ritrasse come una tartaruga nel proprio guscio e corse alla porta, incespicando nella fretta di andarsene. «Sei licenziata!» sibilò dall’ingresso, prima di uscire in fretta, scomparendo nella notte buia e nevosa.

    Licenziata? Era stata licenziata? Il cuore di Lucy prese a battere al ritmo di un tamburo. Guardò l’eroe che l’aveva salvata dalle avance del gestore.

    L’estraneo la stava osservando con attenzione. I suoi espressivi occhi azzurri cercarono i suoi. Non si avvicinò, non la sfiorò nemmeno, non era necessario. Solo il calore del suo sguardo si trasmise al suo corpo, risvegliando in lei qualcosa nel profondo.

    «Ti ha fatto male?» le domandò.

    Lucy dovette appoggiarsi alla parete per guardarlo in viso. Nonostante lei fosse di statura media, quell’individuo la sovrastava. Il lungo cappotto scuro ed elegante delineava spalle ampie, e il suo viso... Naso diritto, lineamenti marcati, adombrati appena da un accenno di barba incolta, e piccole rughe che si diramavano dagli angoli degli occhi. Quanti anni poteva avere? Trenta?

    Di fatto, la sicurezza con cui era intervenuto con Darryl e il modo in cui la stava scrutando le fecero letteralmente mancare il respiro.

    Lucy non aveva mai pensato che un uomo potesse essere tanto forte e affascinante.

    Era il principe azzurro di un sogno dimenticato da lungo tempo.

    «Se quell’uomo ti ha fatto del male...» Lo sconosciuto tese la mano per accarezzarle la guancia.

    Quel fugace contatto suscitò in lei un’esplosione di emozioni; rabbrividì, come se si fosse appena tuffata in un letto di neve. «No, va tutto bene.» Inspirò a fondo. «Sono stata licenziata.»

    A poco a poco Lucy iniziò a prendere coscienza della situazione.

    Non avrebbe potuto pagare la signora Plotzky, la babysitter di Chloe. E, senza di lei, non avrebbe più potuto svolgere gli altri due lavori part time. Inoltre era in arretrato di un mese con l’affitto. Il suo padrone di casa aveva già minacciato di sfrattarla, se non avesse saldato anche il mese precedente.

    Il vento gelido di Chicago sibilò come il pianto di un bambino. La sua bambina! Un futuro difficile si proiettò davanti ai suoi occhi, e sembrò risucchiarla come in un vortice. Lucy si sentì mancare.

    «Tu hai chiuso, qui» dichiarò l’uomo sorreggendola, un attimo prima che lei cadesse a terra. La tenne stretta a sé e la guidò, adagio, verso la porta.

    Ancora stordita, con la testa leggera, lei si lasciò condurre attraverso il negozio, verso la cassa, dove raccolse la sua borsa e il romanzo che stava leggendo.

    Quell’uomo assomigliava all’eroe di Cime Tempestose, sognò a occhi aperti.

    Ma lui non era Heathcliff, e lei non era la coccolata e viziata Cathy. Le storie romantiche non avevano niente a che vedere con la vita reale, lo sapeva per esperienza diretta.

    «Dove mi stai portando?» chiese a un tratto.

    «Lontano da qui» rispose lui.

    «Lasciami andare...» gli intimò, agitandosi tra le sue braccia. Sembrava che tutti i malati di mente di Chicago si fossero dati appuntamento al suo negozio, quella sera, per complicarle la vita.

    «Dovresti ringraziarmi» le fece notare lo sconosciuto allentando la presa.

    In effetti Lucy doveva essergli grata per averla difesa da Darryl, ma in quel momento che importanza potevano avere le avance del suo capo, quando sua figlia rischiava di restare senza una casa?

    «Ringraziarti?» ripeté furibonda. «Per cosa? Per avermi fatto licenziare? So badare a me stessa. Avrei saputo gestire Darryl, se tu non fossi intervenuto!»

    «Certo, certo.» Lui sorrise, ironico. «È ovvio che avevi la situazione sotto controllo.»

    «Adesso lo richiamerai e gli farai le tue scuse» gli ordinò.

    «Niente affatto. Anzi, mi dispiace di non aver usato la sua faccia per pulire il pavimento del negozio.»

    «Ti prego!» lo supplicò lei in preda al panico. «Tu non sai che cosa significhi per me questo impiego!»

    Senza risparmi e in possesso di poche competenze spendibili sul mercato del lavoro, Lucy era stata costretta ad accettare mansioni sottopagate dal giorno in cui il padre di Chloe l’aveva abbandonata, una settimana prima della sua nascita. Aveva dovuto lavorare sodo per far fronte alle necessità quotidiane, da quando, ingenuamente, aveva rinunciato alla borsa di studio per l’università, conquistata a fatica, solo per stare insieme a lui. E lui l’aveva lasciata con sua figlia ancora in grembo, e con il ricordo di false promesse.

    Nell’anno precedente era riuscita a malapena a sopravvivere, ma un errore come quello avrebbe potuto costarle caro, e lei non poteva permetterselo.

    «No, non hai bisogno di questo lavoro» la contraddisse l’uomo con alterigia.

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