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Il Sicario in Fuga: Keller, #4
Il Sicario in Fuga: Keller, #4
Il Sicario in Fuga: Keller, #4
E-book344 pagine4 ore

Il Sicario in Fuga: Keller, #4

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Info su questo ebook

Ormai da anni, Keller doveva andare in giro per il paese per uccidere persone.

Ma a un certo punto è il momento di smettere. Ancora un ultimo lavoro – pagato in anticipo – e si ritirerà.

Mentre a Des Moines aspetta il via libera del cliente che lo ha assoldato, Keller sta comperando francobolli per la sua collezione in un negozio di Urbandale. In quel momento, qualcuno ammazza a colpi d'arma da fuoco il carismatico governatore dell'Ohio.

Tornato al suo motel, Keller vede il volto dell'assassino sul televisore. Un volto che ha visto molto spesso. Ogni mattina. Allo specchio.

Keller telefona a Dot, sua socia d'affari, a White Plains, ma nessuno risponde. È bloccato nel mezzo del paese, e ogni poliziotto d'America ha appena visto la sua fotografia. La sua carta di identità e la sua carta di credito non possono più essere usate, e ha speso quasi tutto il suo contante per acquistare quei francobolli.

E adesso?

Recensioni:

"Un colpo da campioni…. Block piazza una micidiale doppietta di humor e di introspezione".

Boston Herald

"Uno dei migliori romanzi dell'estate. Block è sempre un vero maestro del giallo".

Chicago Sun-Times

"Se vi è attualmente uno scrittore di polizieschi in grado di emulare, in questo genere letterario, l'eredità di Raymond Chandler e di Dashiell Hammett, è Lawrence Block".

San Francisco Chronicle

"Block descrive con tali minuziosi dettagli la fuga iniziale del suo improbabile eroe e il suo tentativo di acquisire una nuova identità, che il lettore resta affascinato…. All'inizio, Keller decide che questo sarà il suo ultimo incarico. Possiamo solo sperare che non sia così".

Kirkus Reviews

"Vivace, divertente e pieno di suspense".

Library Journal

"Il caratteristico stile di Block, misto di humor e violenza, ben si adatta all'impassibile Keller…. Uno degli antieroi più insoliti della letteratura gialla".

Publishers Weekly

"Le continue considerazioni ironiche di Keller e degli altri due personaggi principali vi faranno sorridere fino a farvi dolere le guance".

New York Sun

"Una strana e accattivante combinazione tra il surreale, il bizzarro e lo stile dei gialli 'hard boiled'. Keller ci piace sempre di più".

San Francisco Examiner & Chronicle

LinguaItaliano
Data di uscita18 ott 2019
ISBN9781393849711
Il Sicario in Fuga: Keller, #4
Autore

Lawrence Block

Lawrence Block is one of the most widely recognized names in the mystery genre. He has been named a Grand Master of the Mystery Writers of America and is a four-time winner of the prestigious Edgar and Shamus Awards, as well as a recipient of prizes in France, Germany, and Japan. He received the Diamond Dagger from the British Crime Writers' Association—only the third American to be given this award. He is a prolific author, having written more than fifty books and numerous short stories, and is a devoted New Yorker and an enthusiastic global traveler.

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    Anteprima del libro

    Il Sicario in Fuga - Lawrence Block

    UNO


    Keller prese le proprie pinzette dalla tasca della giacca ed estrasse con cautela un francobollo dalla sua bustina trasparente. Era uno degli infiniti esemplari norvegesi con l’immagine di un corno postale, che valeva meno di un dollaro, ma che era stranamente difficile da trovare e che mancava alla sua raccolta. Lo esaminò da vicino, tenendolo controluce per verificare che la carta non fosse assottigliata nel punto ove era stata incollata una linguella per fissarlo alla pagina di un album, poi lo rimise nella busta, lasciandolo da parte per poterlo acquistare.

    Il commerciante, un signore alto e magro il cui volto era immobile da un lato per quella che – spiegò – era la ‘paralisi di Bell’, fece una risatina con mezza faccia. Una cosa che mi piace, disse, è quando qualcuno ha con sé le proprie pinzette. Appena lo vedo, so di avere in negozio un collezionista serio.

    Keller, che a volte aveva le pinzette e a volte no, pensò che era una questione più di memoria che di serietà. Quando viaggiava, si portava sempre dietro il Catalogo Classico Scott, un volume di 1100 pagine che elencava e illustrava tutti i francobolli del mondo dal primissimo esemplare (il Penny Black della Gran Bretagna, 1840) a quelli del primo secolo della filatelia; nel caso dell’Impero Britannico, fino a comprendere le ultime emissioni di Giorgio VI del 1952. Questi erano i francobolli che Keller collezionava, e utilizzava il catalogo non solo per informarsi ma anche come lista di controllo, facendo un circoletto rosso attorno al numero di ogni francobollo che aggiungeva alla sua raccolta.

    Il catalogo lo portava sempre in viaggio, perché non c’era altro modo per acquistare francobolli se non l’avesse avuto sotto mano. Le pinzette erano utili, ma non indispensabili; avrebbe sempre potuto farsele prestare da chiunque gli stesse vendendo francobolli. Quindi era facile dimenticare di metterle in valigia, e non si poteva infilarcele all’ultimissimo minuto, o tenerle nel bagaglio a mano. Perché se si saliva su un aereo, qualche idiota della sicurezza le avrebbe confiscate. Immaginiamo un terrorista con delle pinzette da francobolli. Perbacco, avrebbe potuto afferrare una hostess e minacciare di strapparle le sopracciglia . . . .

    Era sorprendente che questa volta le avesse portate, perché aveva quasi deciso di non mettere il catalogo nel bagaglio. Aveva già lavorato una volta per questo particolare cliente per un incarico che lo aveva portato ad Albuquerque, e non aveva avuto nemmeno il tempo per disfare i bagagli. In un insolito eccesso di cautela, aveva prenotato in tre diversi motel, fatto il check-in in tutti e tre, ma poi aveva eseguito il suo compito in fretta e furia, d’impulso, e aveva preso un volo di ritorno per New York lo stesso giorno, senza avere dormito in nessuno dei tre. Se questa missione fosse stata altrettanto veloce e facile non avrebbe avuto tempo per comperare francobolli; e chissà poi se a Des Moines vi erano commercianti?

    Anni prima, quando la sua collezione da ragazzino raramente gli portava via più di uno o due dollari la settimana, ci sarebbero stati molti commercianti a Des Moines, come del resto ovunque. In questi giorni l’hobby era sempre molto diffuso, ma i negozi veri e propri erano una specie in via di estinzione, e i tentativi di impedirla sembravano vani. Ormai, gli affari si svolgevano tutti tramite internet o per posta, e i pochi commercianti che ancora gestivano un negozio lo facevano per attirare potenziali venditori, più che clienti. Persone che non conoscevano i francobolli o non ne avevano alcun interesse avrebbero visto ogni giorno il negozio, e quando fosse morto lo zio Alfred lasciando una raccolta da poter vendere, avrebbero saputo dove portarla.

    Il commerciante, che si chiamava James McCue, aveva il negozio al piano terra della sua abitazione, presso Douglas Avenue in Urbandale, un sobborgo il cui nome sembrò a Keller un ossimoro. Urbandale, una ‘valle urbana’? Non sembrava nessuna delle due cose, ma era probabilmente un luogo gradevole ove vivere. La casa di McCue aveva una settantina d’anni, con struttura di legno, una finestra a bovindo e un portico al primo piano. Il proprietario era al computer, col quale, suppose Keller, conduceva la maggior parte dei suoi affari, e una radio suonava musica d’atmosfera a basso volume. Era una stanza tranquilla, piacevolmente disordinata, e Keller spulciò altri francobolli norvegesi trovandone ancora un paio che gli servivano.

    Che mi dite della Svezia?, suggerì McCue. Ne ho alcuni veramente belli.

    Con la Svezia vado molto bene, disse Keller. A questo punto, i soli che mi servirebbero sono quelli che non posso permettermi.

    So com’è. Che mi dite dei primi cinque?.

    "Sembrerà strano, ma non li ho. Ma non ho nemmeno il tre skilling arancione". Il francobollo che citava, catalogato come numero 1a, era un errore di colore, arancione invece che blu-verde, ed era probabilmente unico. Un esemplare aveva cambiato proprietario qualche anno prima per tre milioni di dollari. O forse di euro, Keller non ricordava.

    Quello non ce l’ho, disse McCue, ma ho dall’uno al cinque, e il prezzo è onesto. Quando Keller sollevò le sopracciglia, aggiunse: Sono le ristampe ufficiali. Come nuovi, centraggio decente, tracce di incollatura lievi. Secondo il catalogo, valgono 375 dollari l’uno. Volete dargli un’occhiata?. Senza attendere risposta cercò in un raccoglitore e ne estrasse una scheda che recava i cinque francobolli protetti da un foglio di plastica trasparente. Fate con comodo, guardateli bene. Sono belli, vero?.

    Molto belli.

    E potreste riempire quegli spazi vuoti senza rimorsi di coscienza.

    Se mai Keller avesse acquistato gli originali, cosa che sembrava improbabile, quella serie di ristampe avrebbe pur sempre meritato un posto nella sua raccolta. Chiese il prezzo.

    Be’, volevo 750 per tutti e cinque, ma penso che mi accontenterei di seicento. Mi risparmio la fatica di spedirli per posta.

    Se fossero stati cinquecento, disse Keller, non ci avrei pensato due volte.

    Pensateci bene, disse McCue. Non posso proprio scendere sotto i seicento. Ma posso accettare una carta di credito, se vi è più comodo.

    Era più comodo, indubbiamente, ma Keller non era sicuro se usare quel metodo. Aveva una American Express col suo nome vero, ma non l’aveva usata per questo viaggio, e voleva continuare a non usarla. E poi aveva una Visa che aveva utilizzato per noleggiare la Nissan Sentra alla Hertz e per registrarsi al Days Inn; il nome che recava era Holden Blankenship, lo stesso della patente di guida del Connecticut che aveva nel portafoglio, da cui risultava anche che l’iniziale del secondo nome di Blankenship era J, che avrebbe dovuto distinguerlo da ogni altro Holden Blankenship del mondo.

    Secondo Dot, che aveva un fornitore di carte di credito e patenti, quest’ultima avrebbe superato un controllo, mentre le carte di credito sarebbero state utilizzabili per almeno un paio di settimane. Ma, prima o poi, sarebbe risultato che i pagamenti erano respinti. Per quanto riguardava la Hertz e il Days Inn, la cosa non turbava Keller, ma quello che non voleva era fregare un commerciante di francobolli di denaro che era legittimamente suo.

    Presumeva che non sarebbe accaduto, e che la perdita sarebbe stata subìta dalla compagnia della carta di credito, ma anche così l’idea non gli piaceva. Il suo hobby era una parte della sua vita nella quale era completamente onesto e pulito. Se avesse comperato quei francobolli senza pagarli, in pratica sarebbe stato come averli rubati, e non importava se era un furto ai danni di James McCue o della Visa. Gli andava bene avere ristampe ufficiali di quei francobolli svedesi, ma non se erano rubate, o anche originali rubati. Se non ce la faceva in modo onesto, piuttosto ne avrebbe fatto a meno.

    Dot avrebbe fatto un commento sarcastico, immaginò, o almeno avrebbe alzato gli occhi al cielo. Ma secondo lui, molti collezionisti lo avrebbero capito.

    Ma aveva abbastanza contante?

    Non voleva controllare davanti a un pubblico, e chiese di usare il bagno, cosa che comunque non era una cattiva idea, dopo tutto il caffè che aveva bevuto a colazione. Contò il denaro che aveva nel portafogli e vide che aveva poco meno di ottocento dollari, quindi sarebbe rimasto con meno di duecento dopo avere comperato i francobolli.

    E lui li voleva assolutamente.

    Il problema nel collezionare francobolli è che era sempre possibile desiderare averne altri. Se avesse collezionato qualcosa si diverso – minerali, vecchi fonografi, od opere d’arte – prima o poi non avrebbe avuto più spazio dove metterli. Il suo piccolo appartamento era abbastanza spazioso per gli standard di New York, ma non ci si sarebbe potuto mettere più di un certo numero di quadri prima di non avere più pareti libere. Con i francobolli, invece, aveva una serie di dieci grossi album, che non occupavano più di un metro e mezzo di scaffale, e lui avrebbe potuto raccogliere francobolli per tutta la vita, spendendo milioni di dollari, senza mai riempirli.

    Per il momento, non è che non potesse permettersi seicento dollari per le ristampe svedesi, per lo meno non col il compenso che avrebbe avuto per l’incarico che lo aveva portato a Des Moines.

    E il prezzo di McCue era certamente onesto. Li avrebbe avuti per un terzo del valore di catalogo, anche se avrebbe tranquillamente pagato una cifra vicina a quel valore. Che importava se restava con poco contante? Avrebbe lasciato Des Moines in uno o due giorni, tre al massimo; e in ogni caso, oltre a qualche quotidiano o un caffè ogni tanto, a che gli serviva il contante? Forse cinquanta dollari per un taxi dall’aeroporto a casa, e basta.

    Spostò seicento dollari dal portafoglio alla tasca della giacca e tornò a dare un’ulteriore occhiata ai francobolli. Nessun dubbio: quelle bellezze sarebbero venute a casa con lui. Se pagassi in contanti, chiese, potrei avere qualche tipo di sconto?.

    Non vedo più molti contanti, disse McCue, e sogghignò. Un lato della sua bocca salì, mentre il resto restò immobile. Sapete una cosa, possiamo togliere le tasse sulla vendita, basta che non lo diciate al Governatore.

    Sarò muto come una tomba.

    E aggiungo quei francobolli Norvegesi che avevate tirato fuori, anche se non credo che vi faranno risparmiare molto. Non saranno più di dieci dollari, no?.

    Forse sei o sette.

    Be’, potete comperarvi un hamburger, se non prendete anche le patatine. Facciamo seicento tondi, e siamo a posto.

    Keller gli diede il denaro e McCue lo contò, mentre Keller si accertava di avere tutti i francobolli che aveva comperato. Stava mettendoli nella tasca interna della giacca, per poi riprendere le proprie pinzette e chiudere il catalogo, quando improvvisamente McCue disse: Oh cazzo! Aspettate!.

    Le banconote erano false? Keller si bloccò, chiedendosi che cosa fosse successo, ma McCue era balzato in piedi, avvicinandosi alla radio per alzarne il volume. La musica si era interrotta ed era subentrato un agitato annunciatore con un notiziario. Cazzo!, disse nuovamente McCue. Adesso siamo nei guai.

    DUE


    Dot doveva essere proprio accanto al telefono. Rispose al primo squillo e disse: Non sei stato tu, vero?.

    Ovviamente no.

    Non lo pensavo. La foto che hanno fatto vedere alla CNN non somigliava affatto a quella che ci avevano mandato.

    Parlare in questo modo con un cellulare lo innervosiva. La tecnologia continuava a migliorare, al punto che si doveva dare per scontato che ogni chiamata potesse essere registrata da qualche parte, e che le autorità potessero avere accesso alle informazioni in un batter d’occhio. Se si usava un cellulare, potevano identificare il punto in cui si trovava quando la chiamata era stata effettuata. Le loro trappole erano sempre migliori, e i topi dovevano diventare altrettanto astuti. Recentemente, quando aveva un incarico, Keller comperava in contanti due cellulari prepagati in un negozio della 23esima strada, inventando un nome e un indirizzo per i loro documenti. Uno lo dava a Dot e l’altro lo teneva lui, e le sole chiamate che venivano fatte erano tra i due apparecchi. Aveva telefonato qualche giorno prima, per confermare il suo arrivo a Des Moines, e aveva chiamato ancora quella mattina per riferirle che gli avevano detto di aspettare ancora un giorno, benché avrebbe potuto colpire il bersaglio ed essere già in viaggio verso casa.

    E la stava chiamando ora perché qualcuno aveva appena ucciso il Governatore dell’Ohio. Cosa che sarebbe stata notevole in ogni caso, dato che John Tatum Longford, il miglior running back del football americano della Ohio State University dai tempi di Archie Griffin, che si era iscritto a Giurisprudenza dopo essersi rovinato un ginocchio durante una delle sue stagioni con i Bengals, era simpatico, carismatico, e il primo Governatore di colore che la sede del governo a Columbus avesse mai ospitato. Ma il Governatore Longford non si trovava a Columbus quando una pallottola ben mirata gli ebbe colpito ben altro che un ginocchio; in realtà non si trovava nemmeno nell’Ohio. Il politico era un possibile candidato presidenziale e lo Iowa era uno stato importante, così la sera prima Longford si trovava ad Ames, per parlare a un gruppo di studenti e professori della Iowa State University. Da là, il Governatore e il suo seguito si erano recati giù a Des Moines, ove aveva passato la sera a Terrace Hill, ospite del Governatore dell’Iowa. Alle 10:30 del mattino seguente era comparso sul palco dell’auditorium di un liceo, e verso mezzogiorno aveva parlato a un banchetto del Rotary. Poi il colpo d’arma da fuoco e la corsa verso l’ospedale, dove, una volta arrivato, era stato dichiarato morto.

    Il tizio che ho io è un bianco, disse a Dot, e basso e grasso, come da fotografia.

    Ma gli hanno preso solo la testa, no? Intendo nella foto, non quello che è successo ieri. Quindi non sai bene se era basso. E forse nemmeno grasso.

    Aveva il doppio mento.

    Be’ . . ..

    E si può ben dire che era bianco.

    Su questo non discuto. Ora che farai?.

    Non so. Ho visto il mio uomo ieri. Gli ero così vicino che avrei potuto sputargli addosso.

    Perché avresti dovuto?.

    Voglio solo dire che avrei potuto eseguire l’incarico ed essere a casa a quest’ora. Stavo per farlo, Dot. Con una pistola o a mani nude. Avrei dovuto aspettare, ma avevo pensato ‘ma perché mai?’. Il cliente forse si sarebbe seccato, ma io sarei stato già lontano; invece sono qua nel bel mezzo di una caccia all’uomo. Il killer non è stato ancora identificato, a meno che vi sia qualcosa negli ultimissimi notiziari.

    Ho la TV accesa, disse Dot, ma non vi erano novità. Forse dovresti tornare a casa.

    Ci pensavo, ma considerando che razza di controlli ci saranno negli aeroporti qua attorno . . ..

    No, non provarci nemmeno. Hai un’auto a noleggio, no? Vai, non so, fino a Chicago, e prendi un aereo da là.

    Potrei.

    O guida fino a casa. Quello che preferisci.

    Non credi che possano avere dei posti di blocco?.

    Non ci avevo pensato.

    Naturalmente io non ho fatto nulla, ma i miei documenti sono falsi, e attirare l’attenzione . . ..

    Non è una grandissima idea.

    Keller tacque per un momento, pensando. Sai, disse, il bastardo che ha fatto questa cosa probabilmente lo prenderanno entro qualche ora. Immagino che potrebbe anche finire ucciso mentre cerca di sfuggire all’arresto.

    Così che qualcuno si risparmierebbe la fatica di mandargli un moderno Jack Ruby per farlo fuori.

    Mi avevi chiesto se ero stato io.

    Sapevo bene che non lo eri.

    Certo, disse Keller, perché sai che non mi occuperei mai di qualcosa di simile. Roba di alto livello. Qualunque cifra paghino: perché non vivresti abbastanza per godertela. Se non ti uccide la polizia, lo farà il tuo boss, perché non è sicuro lasciare che tu sia in giro. Sai che cosa farò?.

    Che cosa?.

    Starò fermo e zitto, disse Keller.

    In attesa che la cosa si sgonfi.

    O si spenga da sola, o qualcosa. Non ci dovrebbe volere troppo tempo. Entro qualche giorno o lo prendono, o si rendono conto che è riuscito a sfuggire, e alla gente comincerà a non fregare più nulla di quello che sta succedendo a Des Moines.

    E poi potrai tornare a casa.

    Veramente, potrei anche portare a termine il mio incarico. O anche no. Ora come ora, non mi peserebbe dovere restituire i soldi.

    Forse per la prima volta nella vita, disse Dot, la penso nello stesso modo. Però, tutto considerato . . ..

    Qualunque cosa voglia dire.

    Me lo sono chiesto spesso. Ma apre bene una frase. Tutto considerato, i soldi preferirei poterli tenere. Ed è l’ultimo lavoro.

    È quello che avevamo detto, fece notare Keller, del lavoro precedente.

    Lo so.

    Ma poi è arrivato questo.

    Ma era una situazione speciale.

    Lo so.

    Sai, se veramente ti avesse dato fastidio, avresti dovuto dirlo.

    Non mi dava veramente fastidio fino a pochi minuti fa, quando la radio è passata da ‘La Ragazza di Enfisema’ a ‘Comunicato Urgente’ .

    Ipanema.

    Eh?.

     ‘La Ragazza di Ipanema’, Keller.

    È quello che ho detto.

    Hai detto ‘La Ragazza di Enfisema’ .

    Sei sicura?.

    Non importa.

    Perché avrei dovuto dirlo?.

    Santo Cielo, non importa.

    È solo che non sembra una cosa che potrei dire.

    Diciamo che è un lapsus auditivo, Keller, se preferisci. Siamo entrambi un po’ scossi, chi può darci torto? Torna nella tua camera e aspetta gli eventi.

    È quello che farò.

    E se ci sono novità . . ..

    Ti faccio sapere, disse Keller.

    • • •

    Keller chiuse il cellulare. Era al volante della Nissan che aveva noleggiato, fermo nella prima area commerciale che aveva trovato dopo avere lasciato il negozio di McCue. I suoi nuovi francobolli erano in una tasca, le pinzette in un’altra e il catalogo Scott su un sedile posteriore. Aveva ancora il telefono in mano, poiché appena messolo in tasca aveva cambiato idea e lo aveva ripreso. Lo aprì per cercare il tasto ‘Richiama’ quando il cellulare squillò. Il numero di chi chiamava non si vedeva, ma poteva essere una sola persona.

    Rispose e disse: Stavo per chiamarti.

    Perché hai pensato quello che ho pensato io.

    Immagino di sì. O è una coincidenza . . ..

    Oppure no.

    Già.

    Ho come la sensazione che abbiamo avuto entrambi quel pensiero non appena sentito il flash di agenzia.

    Credo che tu abbia ragione, disse Keller, perché quando adesso mi è venuto, mi è sembrata una cosa che mi dovevo aspettare.

    Ma ultimamente, disse Dot, prima della notizia di Longford, avevi dei cattivi presentimenti?.

    Li ho sempre.

    Davvero?.

    Di recente, sì. È Uno dei motivi per cui volevo chiudere baracca. Ricordi a Indianapolis? Là, il piano era di uccidermi dopo che io avessi fatto fuori il bersaglio. Avevano messo un segnalatore nella mia auto per potermi trovare sempre.

    Ricordo.

    Se io non avessi per caso sentito parlare quei due . . ..

    Lo so.

    E poi quell’altro lavoro fatto per Al, quello ad Albuquerque. Ero così paranoico che avevo prenotato tre diversi motel con tre diversi nomi.

    E non eri rimasto in nessuno, se ben ricordo.

    Né nei motel, né altrove. Avevo eseguito il lavoro ed ero tornato immediatamente. La maggior parte delle volte tutto va bene, Dot. Le armi da fuoco non mi piacciono, e cerco sempre di evitarle. E quando comincio a rilassarmi, qualcuno spara al Governatore dell’Ohio.

    Dot restò in silenzio per un momento, poi disse: Stai attento, Keller.

    È quello che intendo fare.

    Resta tranquillo per tutto il tempo che devi, se sei certo di essere in un posto sicuro. Non pensare nemmeno di eseguire l’incarico per conto di Al, se c’è la minima possibilità che sia una trappola.

    D’accordo.

    E dammi tue notizie, disse Dot, prima di chiudere la comunicazione.

    TRE


    Era una trappola?

    Questo avrebbe spiegato i ritardi. Il suo presunto obiettivo, un bianco basso e grasso, che chiaramente non era il Governatore dell’Ohio o di alcun altro luogo, non era una bersaglio troppo difficile. Circa un’ora dopo che era atterrato, l’uomo che lo aveva accolto all’aeroporto lo stava portando in auto tra le vie alberate di un sobborgo di Des Moines, presso Holiday Park. Il guidatore, un uomo grande e grosso, con tratti marcati e molti peli che gli spuntavano dalle orecchie, rallentò quando passarono di fronte a una villa con davanti dei cespugli maniacalmente simmetrici. Un uomo con dei bermuda e una maglietta sformata stava innaffiando il perfetto praticello con una canna da giardino.

    Chiunque metterebbe un innaffiatore automatico e lo lascerebbe andare per i cavoli suoi. Questo coglione deve starsene lì in piedi con la canna in mano. Forse è un tipo che vuole essere responsabile di tutto.

    Be’, disse Keller.

    È uguale alla foto, no? È lui, il vostro uomo. Okay, adesso sapete dove abita. Ora passeremo davanti al suo ufficio.

    Nel centro di Des Moines, il guidatore indicò un edificio di dieci piani, al sesto del quale Gregory Dowling aveva il suo ufficio. Solo che sareste matto a colpirlo qua, disse a Keller, con tutta quella gente attorno; nell’edificio hanno un servizio di sicurezza, e inoltre col traffico è difficile andarsene quando il lavoro è finito. Se andate a casa sua, lo beccate mentre annaffia il prato e gli cacciate la canna in gola fino a che gli esce dal culo.

    Ottima idea, disse Keller.

    Era tanto per dire. Sapete dove vive, sapete dove lavora, adesso è ora di portarvi a casa.

    A casa?

    Vi abbiamo messo in questo posto, il Laurel Inn. Non di lusso, ma nemmeno troppo malandato, sapete? Bella piscina, bar decente, e dal lato opposto della strada c’è una Denny’s Steakhouse. Siete vicino a un’entrata dell’Interstatale, così potete essere fuori in un attimo. È tutto pagato, non dovete preoccuparvi di nulla. Mettete sul numero della camera qualunque spesa extra, è tutto a carico del boss.

    Dalla superstrada il posto sembrava attraente. Nel parcheggio posteriore il tizio consegnò a Keller una piccola busta di cartone che conteneva la chiave elettronica. Sulla tessera compariva soltanto il nome del motel; il numero della stanza, 204, era scritto sul cartoncino.

    Non mi hanno mai detto il vostro nome, disse l’uomo.

    Non mi hanno detto nemmeno il vostro.

    Vuol dire che lasciamo le cose così? Mi sembra giusto. Il nome con cui siete registrato è Leroy Montrose, e non prendetevela con me, non l’ho scelto io.

    I capelli del tizio erano tagliati e acconciati decorosamente, e Keller si chiese come mai il suo barbiere non avesse fatto qualcosa per quei peli che gli spuntavano dalle orecchie. Keller non si era mai ritenuto una persona particolarmente schizzinosa, ma guardare tutti quei peli gli dava veramente fastidio.

    Leroy Montrose, Stanza 204. Per qualunque spesa, mettete il vostro nome. Be’, quello di Leroy. Se mettete il vostro vero, che penso sia segreto, vi guarderebbero in modo strano.

    Keller non disse nulla. Forse i peli dalle orecchie funzionavano come antenne, e il tizio riceveva segnali dal suo pianeta di origine.

    Fatto sta, disse l’uomo, che va bene che ora siate arrivato, ma potrebbe volerci un po’ prima che possiate fare quello che dovete.

    Ah.

    C’è un tizio che deve essere sicuro di trovarsi da un’altra parte quando la cosa accade, se mi capite. E poi ci sono un altro paio di variabili, diciamo. Quindi, quello che vogliono che voi facciate è di stare abbastanza vicino al motel, così vi possiamo chiamare e tenervi aggiornato. Tipo, proseguire o non proseguire, mi seguite?.

    Come il giorno segue la notte, disse Keller.

    Ha. Bella questa. Cosa altro dimentico? Ah, sì. Aprite lo sportello del cruscotto. Vedete il sacchetto di carta? Prendetelo.

    Era pesante, e non gli serviva aprirlo per sapere che cosa contenesse.

    Ce ne sono due, Leroy. Va bene se vi chiamo Leroy?.

    Fate pure.

    Vedete cosa ve ne pare e prendete quella che preferite. Senza fretta. Con comodo.

    Erano pistole, naturalmente. Una era un’automatica, l’altra un revolver. Keller avrebbe preferito non maneggiarle, ma non voleva fare il difficile. L’automatica se la sentiva in mano meglio, ma le automatiche possono incepparsi, il che dava al revolver un sicuro vantaggio.

    Ma ne voleva veramente una?

    Non sono sicuro di voler usare una pistola, disse.

    Vi piace veramente l’idea di cacciargli in gola la canna da giardino, eh? Però, non scartate la possibilità. Sono entrambe cariche, e da qualche parte ho un secondo caricatore per la Glock auto. Per il revolver, più tardi vi posso fare avere una scatola di cartucce.

    Potrei tenerle tutte e due.

    "E avvicinare il tizio con un’arma in ogni mano? Io non direi.

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