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Il Sicario in Pericolo: Keller, #5
Il Sicario in Pericolo: Keller, #5
Il Sicario in Pericolo: Keller, #5
E-book364 pagine4 ore

Il Sicario in Pericolo: Keller, #5

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Info su questo ebook

Alla conclusione de Il Sicario in Fuga, Keller viveva in una grande e vecchia casa nel quartiere del Lower Garden in una New Orleans che si stava riprendendo dall'uragano Katrina. Aveva un nuovo nome (Nicholas Edwards), una nuova moglie (Julia), un nuovo lavoro (rimettere in sesto case) e un figlio in arrivo. Sembrava proprio che avesse smesso di uccidere persone a pagamento. Ma le vecchie abitudini sono dure a morire e quando la crisi economica mette in ginocchio il mercato edile, una telefonata di Dot lo riporta al vecchio mestiere. Gli incarichi lo portano a Dallas, per sistemare un problema familiare; in Florida, dove segue un testimone protetto dal governo in una crociera nelle Indie Occidentali; nel Wyoming, dove una vedova vuole vendere la collezione di francobolli del marito; e a New York, dove aveva vissuto per anni, e dove qualcuno potrebbe ricordarsi di lui.

Lawrence Block, leggendario autore di best-sellers del New York Times e Premio Edgar Grandmaster, torna con Il Sicario in Pericolo ad occuparsi uno dei suoi personaggi più amati. Bentornato, Keller. Ci sei mancato.

"Il mitico Keller, [è un] assassino a pagamento di una inquietante profondità umana. Che il protagonista sia lui, per me basta a votare pollice alto. [...] Keller è un individuo che riesce a unire perfettamente in sé l'assoluta indifferenza con cui compie i propri lavori da killer prezzolato, e l'incredibile slancio umanitario..."
—Giuseppe Pastore nel Thriller Café

"Nelle mani di uno scrittore meno geniale, i passaggi dedicati alla filatelia sarebbero insopportabili; ma Block li sa rendere interessanti di per sé, e anche perché diventano uno squarcio che ci permette di vedere nell'anima di un uomo che può liquidare senza rimorso innocenti che si trovano sul suo cammino, ma che non tradisce la moglie e vuole essere sempre scrupolosamente onesto quando compera o vende francobolli da collezione".
―Associated Press

"Benché avesse affermato di non voler più scrivere, Lawrence Block sembra non saper resistere dal bere qualche sorso dalla coppa avvelenata… Al di là delle trame ingegnose, ciò che rende così piacevoli questi manicaretti sono i dilemmi morali che Block introduce per rendere difficile il compito del suo filosofico anti-eroe".
―Marilyn Stasio, New York Times Book Review

"Nel quinto titolo della serie (dopo Il Sicario in Fuga), l'accattivante anti-eroe con il suo particolare codice morale continua a cedere agli inviti della sua lontana procacciatrice di incarichi e a decidere chi meriti di morire. Il collezionismo di francobolli in queste storie è qualcosa in più di un tema secondario, e ciò che Block ci spiega sulla storia dei francobolli è tanto vivace da attirare l'interesse anche di chi non ha nessuna inclinazione verso questo hobby. Il maestro del mystery è qua in piena forma".
 ―Michele Leber, Library Journal (starred review)

"È facile immaginare il sorriso ironico di Block quando inventa nuovi sviluppi del suo affascinante personaggio [Keller]. Block descrive in modo tanto invitante il mondo della filatelia, che qualche lettore potrebbe decidere di iniziare una raccolta di francobolli.  Il Sicario in Pericolo è un delizioso cambiamento di ritmo nella serie di Keller".
―Thomas Gaughan, Booklist (starred review)

"A volte del tutto senza scrupoli nell'ammazzare persone, Keller è anche onesto ed etico quando tratta i propri affari. L'ultimo incarico, che riguardava un ragazzino, suggerisce che Keller potrebbe perfino diventare - speriamo nel prossimo futuro - un 'eroe buono' ".
―Publishers Weekly (starred review)

LinguaItaliano
Data di uscita24 gen 2020
ISBN9781393259428
Il Sicario in Pericolo: Keller, #5
Autore

Lawrence Block

Lawrence Block is one of the most widely recognized names in the mystery genre. He has been named a Grand Master of the Mystery Writers of America and is a four-time winner of the prestigious Edgar and Shamus Awards, as well as a recipient of prizes in France, Germany, and Japan. He received the Diamond Dagger from the British Crime Writers' Association—only the third American to be given this award. He is a prolific author, having written more than fifty books and numerous short stories, and is a devoted New Yorker and an enthusiastic global traveler.

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    Anteprima del libro

    Il Sicario in Pericolo - Lawrence Block

    Keller a Dallas


    ***

    UNO


    Il giovanotto, che avrebbe avuto un aspetto da gufo anche senza gli occhiali rotondi, spiegò un foglio di carta e lo posò sul banco davanti a Keller. E’ la perizia per Obock J1, disse, firmata da Bloch e Mueller.

    Sarebbe potuto essere un fan dei Red Socks che evocava Ted Williams, e Keller ne capiva la ragione. Herbert Bloch ed Edwin Mueller erano due filatelisti leggendari, e la loro affermazione che questo particolare francobollo fosse veramente un esemplare autentico del primo francobollo di Obock di ‘affrancatura insufficiente’ – designato J1 nel catalogo Scott – bastava a togliere ogni dubbio.

    Keller esaminò il francobollo, prima a occhio nudo, poi attraverso una lente di ingrandimento che prese dal taschino. Nel certificato vi era una foto del francobollo, ed egli studiò anche quella, con e senza lente. Bloch e Mueller avevano firmato la perizia negli anni Sessanta, cosicché anche quel documento era abbastanza vecchio da essere esso stesso un pezzo da collezione.

    Comunque, anche gli esperti talvolta erano approssimativi, e a volte sbagliavano. E, ogni tanto, qualcuno rifilava un facsimile per un francobollo periziato. Così, Keller prese un altro strumento, questa volta dalla tasca interna della giacca. Era un odontometro, un rettangolino di metallo che permetteva di contare il numero di dentellature per pollice sugli orli di un francobollo. L’Obock J1 non aveva dentellature, ma l’odontometro fungeva anche da righello, segnato in pollici su un lato e in millimetri sull’altro, e Keller lo usò per controllare le misure della sovrastampa.

    Essa, apposta a mano su un francobollo di ‘affrancatura insufficiente’ che inizialmente era stato emesso per le Colonie francesi nel loro insieme, recava il nome della città – Obock – in lettere maiuscole nere. Nel francobollo originale, la sovrastampa misurava 12 millimetri e mezzo per 3 e tre quarti. Nella ristampa, una copia della quale figurava nella collezione di Keller, lunghezza e altezza della sovrastampa erano mezzo millimetro minori.

    Così, Keller misurò la sovrastampa di questo esemplare e si trovò d’accordo con i signori Bloch e Mueller.

    Era l’articolo vero, il francobollo originale. Per portarselo a casa doveva solo battere tutti gli altri collezionisti che partecipavano all’asta. E avrebbe potuto farlo senza gravare sul proprio bilancio o ricorrere ai propri risparmi.

    Ma prima avrebbe dovuto uccidere qualcuno.

    La ditta Whistler & Welles di Dallas indiceva aste di prodotti da collezione per tutto l’anno. In vari momenti, vendevano monete, libri, autografi e trofei sportivi; ma i due soci erano partiti come commercianti di francobolli, e la parte filatelica era ancora la maggiore nei loro affari. Erano anni che Keller avrebbe voluto partecipare alla loro annuale Vendita dell’Equinozio di Primavera, che si svolgeva ogni anno nell’hotel Lombardo la terza domenica di marzo.

    Qualcosa glielo aveva sempre impedito. Nel corso degli anni aveva segnato esemplari sui loro cataloghi, in qualche occasione anche partecipato, senza successo, a delle aste, e una volta aveva già prenotato un albergo e il volo prima che sopraggiungesse qualche altro motivo che l’aveva costretto a disdire tutto.

    Quando Whistler & Welles lo avevano messo nella loro mailing list, Keller viveva a New York. Ora viveva a New Orleans, e il nome sulla loro mailing list era quello che lui aveva trovato su una lapide di un cimitero locale. Ora era Nicholas Edwards, ed era quello il nome sul suo passaporto e tutti i documenti del suo portafoglio.

    Viveva in una vecchia e grande casa nel Lower Garden District, aveva una moglie e una figlia piccola, ed era socio di una ditta edile specializzata nell’acquisto e nel ripristino di proprietà danneggiate.

    L’anno prima, aveva guardato con desiderio il catalogo della Whistler & Welles. Dallas era molto più vicina a New Orleans che non New York, ma lui e Donny Wallings stavano lavorando dodici ore al giorno, sette giorni la settimana, solo per tentare di stare al passo di tutto ciò che dovevano fare.

    Ma questo era stato l’anno precedente, prima del collasso del mercato dei mutui subprime e di tutto ciò che ne era conseguito.

    Le banche non facevano più credito, le case non si vendevano più, ed essi erano passati dall’avere più lavoro di quanto potessero seguire al non averne quasi più.

    Quindi poteva permettersi di trascorrere qualche giorno a Dallas.

    Certo, perché no? Poteva anche andare e tornare da Dallas in auto. E c’erano moltissimi francobolli che era ansioso di aggiungere alla sua collezione; primo tra tutti, nella lista dei desideri, l’Obock J1.

    Ora, però, non se lo poteva permettere.

    • • •

    Il Lombardo, un vecchio hotel indipendente della città, che tentava di sopravvivere nel moderno mondo delle catene alberghiere, cominciava a mostrare la propria età. La moquette nella stanza di Keller, benché non lisa, sarebbe stata da cambiare. Un sofà nell’atrio era consunto sui braccioli e il rivestimento di pannelli di legno in uno degli ascensori avrebbe richiesto qualche ritocco. Queste cose non davano fastidio a Keller, che trovava piuttosto rassicurante la gloria appannata dell’albergo. Quale miglior posto per uomini di una certa età, in competizione tra loro per dei piccoli pezzi di carta che avevano fatto il loro dovere su buste spedite prima che essi fossero nati?

    Whistler & Welles avevano affittato una grande sala conferenze all’ammezzato per la loro vendita, che sarebbe durata tre giorni, iniziando alle nove di venerdì mattina. Tra New Orleans e Dallas vi erano poco più di mille chilometri, e Keller aveva guidato buona parte di giovedì, fermandosi per la notte in un motel Red Roof Inn presso una uscita dall’interstatale. Fece il check-in al Lombardo poco dopo mezzogiorno, e per l’una stava firmando come Nicholas Edwards il registro dei concorrenti all’asta, per poi dirigersi al lungo tavolo dove erano in mostra i lotti in offerta.

    Per le due e mezza aveva dato un’occhiata a tutti quelli che gli interessavano, mettendo note misteriose sul proprio catalogo dell’asta.

    Ogni articolo era illustrato con una foto a colori, così che non era assolutamente necessario vederli da vicino e di persona; ma a volte, così facendo, si notavano dettagli non visibili da una fotografia. Alcuni francobolli attiravano, mentre altri non dicevano nulla; probabilmente non aveva molto senso, ma in sostanza tutto quell’hobby era già piuttosto bizzarro di per sé. Insomma, spendere una fortuna per dei pezzettini di carta colorata? Prenderli con le pinzette, metterli in apposite bustine di plastica e sistemarli in un album? Ma perché, in nome di Dio?

    Keller aveva da tempo accettato l’assurdità di base di quel passatempo, e non se ne lasciava intimorire. Era un collezionista, trovava grandissima soddisfazione nella ricerca dei pezzi e questo gli bastava. A ben vedere, quasi tutto, negli esseri umani, era ridicolo e senza scopo. Il golf? Lo sci? Il sesso?

    Tornato nella sua stanza, Keller riguardò le note che aveva preso.

    Vi erano francobolli che inizialmente aveva considerato e ai quali ora aveva deciso di rinunciare, altri che avrebbe potuto comperare se il prezzo fosse stato giusto, e alcuni per i quali avrebbe partecipato con impegno all’asta. E poi, c’era Obock J1. Era raro, non veniva offerto spesso, e questo particolare esemplare era bello, con tutti i margini perfetti.

    I francobolli senza le perforazioni dovevano essere staccati tagliandoli con le forbici, e a volte un impiegato disattento tagliava anche un po’ del francobollo stesso. Ciò non impediva che la lettera giungesse al destinatario, ma lo rendeva considerevolmente meno desiderabile per un collezionista.

    Secondo il catalogo Scott, l’Obock J1 valeva 7500 dollari.

    Nel loro catalogo, Whistler & Welles avevano prudentemente valutato l’esemplare 6500 dollari. Il prezzo finale, come Keller sapeva, sarebbe dipeso dalle offerte dei concorrenti, quelli nella sala e quelli che avrebbero partecipato per posta, per telefono o tramite internet. La cifra battuta non era quella definitiva: vi si doveva aggiungere un quindici per cento di ricavo per la casa d’aste e la tassa di vendita che lo stato del Texas aveva deciso di imporre. Keller, che – ora che l’aveva visto – desiderava il francobollo più che mai, pensava che avrebbe dovuto offrire anche 12.000 dollari, e l’assegno che alla fine avrebbe firmato sarebbe stato sgradevolmente prossimo ai 15.000 dollari.

    Avrebbe voluto spendere una cifra così elevata?

    Be’, è per questo che si tengono le aste, e perché i partecipanti sono presenti di persona. Si è sulla propria sedia e si era deciso in anticipo fino a quanto si sarebbe arrivati e quando ci si sarebbe ritirati. Poi arriva il lotto che si aspettava e si scopre che cosa si prova veramente. Forse si fa esattamente quello che si era deciso, ma forse no. Forse si scopre che il proprio entusiasmo non era grande come previsto e ci si ritira prima. O forse ci si trova a continuare oltre il limite predeterminato, spendendo parecchio più del proprio massimo.

    Non si poteva sapere come sarebbe andata questa volta. Era giovedì; le sessioni di venerdì, mattina e pomeriggio, sarebbero state dedicate a emissioni degli U.S.A., alle quali Keller non era interessato. Non si sarebbe dovuto trovare nella sala fino a sabato mattina, e gli esemplari delle Colonie francesi, compreso l’Obock J1, non sarebbero stati offerti fino al primo pomeriggio di domenica. Keller scese le scale e uscì. Era fresco, ma non in modo sgradevole. Tempo adatto al football, si sarebbe detto, se non fosse che secondo il calendario era Marzo. Fresco, frizzante . . . una perfetta giornata di Ottobre.

    Camminò per un paio di isolati fino a un altro hotel, davanti al quale vi era una fila di taxi in attesa. Salì nel primo della fila, si sistemò nel sedile posteriore e disse al guidatore di portarlo all’aeroporto.

    DUE


    Stava lavorando ai suoi francobolli quando suonò il telefono.

    Era a casa da solo. Julia era uscita per andare a prendere Jenny all’asilo nido, e avrebbe lasciato che rispondesse la segreteria, poiché le telefonate erano quasi sempre per Julia. Ma c’era sempre la possibilità che si trattasse di Donny, così andò a rispondere appena prima che lo facesse la macchina, e scoprì che era Dot.

    Lei, ovviamente, non si preoccupò di identificarsi. Senza preamboli, disse: Ricordi quel cellulare che avevi?. E chiuse la comunicazione prima che lui potesse replicare.

    Keller ricordava il telefono, prepagato e non identificabile, e ricordava anche che lo aveva lasciato nel cassetto dei calzini.

    La batteria si era esaurita da tempo e, mentre la metteva in carica, Julia e Jenny tornarono a casa, così che passò una buona mezz’ora prima che potesse tornare nel suo studio col cellulare.

    Per anni Keller aveva vissuto a New York, a pochi isolati dalle Nazioni Unite, e Dot viveva a nord della città, a White Plains, in una vecchia grande casa con un portico tutto intorno.

    La casa adesso non esisteva più, bruciata da cima a fondo, e la stessa tempesta che lo aveva portato a New Orleans aveva rapito anche Dot, depositandola a Sedona, Arizona. Ora si chiamava Wilma Corder, così come lui era Nicholas Edwards, e aveva una nuova vita. In precedenza era lei a organizzare le uccisioni su contratto che egli eseguiva, ma quello era il passato.

    In ogni caso, Keller chiuse la porta prima di telefonare.

    Vengo subito al sodo, disse lei. Sono di nuovo in affari.

    E gli affari . . ..

    Procedono. Non c’è un boom, ma nemmeno una stagnazione totale, come sembra facciano gli affari di tutti gli altri.

    Io intendevo . . ..

    Lo so cosa intendevi. Vuoi sapere che tipo di affari sono, ma devi chiederlo? Gli stessi di prima.

    Ah.

    Sei sorpreso? Non sei il solo. Vedi, c’è questa cosa di cui sono entrata a fare parte, la Athena International.

    Sembra una compagnia di assicurazioni.

    Dici? E’ quello che chiamano un club di servizio, come il Rotary o il Kiwanis. Solo che è esclusivamente per donne.

    Le donne non possono entrare nel Rotary?.

    Certo, perché sarebbe sessista escluderle. Ma gli uomini non possono far parte della Athena.

    Non mi sembra equo.

    Keller, se ti secca, metti una gonna e una parrucca e io ti porto con me a un meeting. Se alla fine sei ancora sveglio ti regalo un paio di scarpe col tacco.

    Ma a te piace.

    Col cavolo. Dovevo essere stordita quando mi sono iscritta. Facciamo cose come raccogliere la spazzatura attorno a Bell Rock, una volta al mese, ed è una cosa che approvo. Ho una vista di quella dannata montagna dalla finestra della camera da letto e sta meglio senza bottiglie di birra e cartacce. Non vado matta per stare sotto il sole a cercare i rifiuti degli altri, ma una volta ogni tanto ci vado. E raccogliamo fondi per offrire una borsa di studio a qualche ragazza meritevole; e se non sono là a gestire il tavolo dove vendono le torte – o, che Dio me ne scampi, cuocerne una – posso firmare un assegno. Ma di solito rinuncio ai meeting mensili. Non sono mai stata una che ama le riunioni. Chiacchiere infinite, e poi quel cacchio di canzone.

    Che canzone?.

    L’inno del club; e no, non te la canto. Ma è così che si concludono gli incontri. Stiamo tutte in piedi, in cerchio, incrociamo le mani sul petto e cantiamo questa canzone che sembra quella di Topolino.

    Di Minni, suggerì Keller.

    Sì, mi correggo. Fatto sta che la maggior parte delle socie ha qualche tipo di lavoro, e non raccogliamo solo i rifiuti. Intratteniamo rapporti sociali, e questo significa che ci favoriamo l’un l’altra.

    In che senso?.

    Beth ha un’agenzia di viaggi, Alison è agente immobiliare, Lindsay organizza i party della Tupperware.

    E quindi tu comperi contenitori della Tupperware, e case, suggerì Keller.

    Case, no. Ma quando sono andata alle Hawaii per una settimana ho fatto le prenotazioni da Beth, disse Dot. e una socia è avvocato, e quando me ne serve uno è da lei che vado. E naturalmente compero i Tupperware. Se vai al party, li comperi.

    E bevi Kool-Aid. Scusa, continua.

    Comunque, disse Dot, erano tutte lì, con i loro lavori, e io ero lì, con tutto il denaro che mi può servire, ma non potevo fare a meno di pensare che il tempo passava e io . . ..

    E’ così che fa il tempo.

    Lo so, ma non potevo scacciare la sensazione che dovrei fare qualcosa. Ma cosa? Volontariato in un ospedale? Aiutare in una mensa per i poveri?.

    Non mi sembra da te.

    Così, ho preso il cellulare e ho fatto qualche telefonata.

    Come hai fatto? Dico, ufficialmente non sei morta?.

    Morta e sepolta, disse Dot. Due colpi di pistola nella testa, e carbonizzata in un incendio. Se cerchi ‘Dorothea Harbison’ con Google, è quello che trovi. Ma quelli che mi chiamavano per combinare un affare non avevano mai sentito parlare di Dorothea Harbison. Qualcuno di loro mi conosceva come Dot, ma la maggior parte nemmeno quello. Ero un numero di telefono, una voce, e una casella postale dove mandare i pagamenti. Questo è ciò che bastava sapere a tutti quanti.

    E tu quanto sapevi di loro?.

    Dei miei clienti? Quasi nulla. Ma avevo un paio di numeri privati.

    Così Dot un giorno era andata fino a Flagstaff e aveva affittato una casella postale da qualche parte di South Milton Road, a un isolato dall’Embassy Suites hotel. Tornando a casa, aveva acquistato un cellulare prepagato, e verosimilmente non rintracciabile, e nei giorni seguenti aveva fatto alcune telefonate.

    Mi chiedevo dove fossi finita, aveva detto il primo uomo. Ho provato a chiamarti, ma il tuo numero non esisteva più.

    Mi ero sposata, gli aveva detto Dot, e non stare a congratularti con me, perché non ha funzionato.

    E’ stata una cosa veloce.

    Per te, forse; ma tu non c’eri. Comunque, per farla breve, ora sono qua, se hai bisogno di me. Ti lascio il numero.

    Dot aveva anche altri numeri, di uomini che facevano quello che aveva fatto Keller. Non tutti i numeri erano ancora attivi, ma lei era riuscita a ristabilire uno o due contatti, e uno dei tizi aveva detto che un lavoro gli avrebbe fatto proprio comodo. Poi Dot si era messa tranquilla in attesa che accadesse qualcosa, non del tutto sicura di volere che il suo nuovo telefono squillasse. Invece aveva suonato entro una settimana.

    Ma c’è una cosa interessante, Keller. La telefonata era da una persona che non avevo chiamato direttamente, ma da qualcuno con cui non avevo mai lavorato. Quindi, un mio vecchio cliente aveva fatto girare la notizia, ed ecco che improvvisamente mi chiama questo tizio, con un lavoro da fare nel grande stato della Georgia. Allora ho telefonato all’uomo che mi aveva detto di volere lavorare, il quale non riusciva a credere che lo avessi richiamato così presto. Mi sono messa tranquilla, e mi hanno pagato.

    Come ai vecchi tempi, commentò Keller, e Dot si disse d’accordo. Sono sempre io, disse. Sono una signora ricca e ho un aspetto migliore di prima. Mi sono trasferita a Sedona e i chili hanno iniziato subito a sparire. Questo posto è pieno di vortici di energia.

    Che diavolo sono?.

    Non so proprio, Keller. Una specie di incrocio, solo che le strade sono immaginarie. In ogni caso, alcune delle donne che conosco sono grasse come maiali, eppure hanno i miei stessi vortici. Vado in palestra, ci credi?.

    Me lo avevi detto.

    E ho un personal trainer. Ti avevo detto anche questo? Si chiama Scott, e a volte ho l’impressione che gli piacerebbe entrare un po’ più in confidenza con me, ma forse mi sbaglio. Non è che io sia diventata una civettuola a cui gli uomini fischiano dietro; e cosa potrebbe volere costui da una donna tanto vecchia da usare un termine come ‘civettuola’, per amor del Cielo?.

    Non credo che si usi molto, ormai.

    E nemmeno più fischiano. Senti, Keller, ho sbagliato, vero? Non avrei dovuto telefonarti.

    Be’ . . ..

    Santo Dio, adesso tu devi vivere la tua nuova vita. Hai una bella moglie e una figlia straordinaria, e sei il re delle ricostruzioni edili di New Orleans. Quindi, augurami solo buona fortuna nella mia nuova attività, e ti lascerò stare.

    TRE


    Andando all’aeroporto, Keller si limitò a pochi monosillabi e diede al tassista una mancia non abbastanza grossa né troppo piccola per essere notata. Prese l’ingresso verso i voli in partenza, poi scese di un piano con la scala mobile e al banco della Hertz una vivace ragazza trovò subito la prenotazione per l’auto che Keller aveva noleggiato.

    Lui esibì una patente e una carta di credito con lo stesso nome – che non era J. P. Keller e nemmeno Nicholas Edwards – ma che bastarono perché gli dessero le chiavi di una Subaru familiare verde. Poco dopo era al volante, diretto in città.

    La casa che cercava era in Caruth Boulevard, nel quartiere di University Park. L’aveva trovata online e si era stampato una mappa, così ora la trovò senza difficoltà. Era una tra altre eleganti case in stile spagnolo, con grandi giardini, non lontane dal campus universitario della Southern Methodist.

    Pareti di stucco decorate, tetto di tegole rosse e un garage a tre posti. Si sarebbe pensato che in una casa simile una famiglia sarebbe stata felice; ma in questo caso non era così, perché la casa ospitava Charles e Portia Walmsley, nessuno dei quali sarebbe potuto essere felice fino a che l’altro non fosse morto.

    Keller rallentò mentre passava di fronte alla casa, poi fece il giro dell’isolato per darle una seconda occhiata. Vi era in casa qualcuno? Per quanto vedesse, non c’era modo di capire. Charles Walmsley se n’era andato via qualche settimana prima, e Portia era rimasta nell’abitazione con la domestica salvadoregna. Keller non sapeva il nome della donna, né quello dell’uomo che passava spesso la notte nella casa di Mrs. Walmsley, ma gli avevano detto che guidava un SUV Lexus. Keller non lo vide nel vialetto, ma non poteva escludere che fosse nel garage.

    Il tizio ha un SUV, aveva detto Dot, e una volta giocava a football con la TCU. So cos’è un SUV, ma . . ..

    E’ la Texas Christian University, spiegò Keller, a Forth Worth.

    Lo supponevo. Hanno qualcosa a che fare con le Rane Tradite?.

    Rane Cornute. Sono uno strano rettile del Texas. È la loro squadra di calcio, e sono acerrimi rivali della SMU.

    Che sarebbe la Southern Methodist.

    Esatto. Loro invece sono i Mustang.

    Rane, cavalli . . . come fai a sapere queste bazzecole, Keller? Non dirmi che sono sui francobolli. Non fa nulla, non è importante. Quello che importa è che capiti qualcosa di definitivo alla signora Walmsley. E sarebbe bene se accadesse qualcosa anche al suo amichetto.

    Sì?.

    Pagherebbe un extra.

    Che tipo di extra?.

    Non specificato, il che rende difficile sapere cosa aspettarsi. E raddoppierebbe l’extra se incolpassero l’amico per l’omicidio della moglie; ma raddoppiando una cifra non specificata, cosa si ottiene? Due volte quanto?.

    Keller passò una seconda volta davanti alla casa dei Walmsley, senza apprendere nulla di nuovo. Consultò la piantina, stabilì il percorso e lasciò la Subaru in un parcheggio a tre isolati dal Lombardo.

    Nell’hotel, prese il telefono per chiamare Julia, poi ricordò che le telefonate venivano addebitate. Charles Walmsley pagava fior di soldi ma, extra o no, chiamare dalla camera era gettare i soldi dalla finestra. Keller usò il proprio cellulare, assicurandosi prima che fosse l’iPhone che Julia gli aveva regalato per il suo compleanno, e non quello prepagato che usava solamente per telefonare a Dot.

    La camera era bella, le disse. E aveva guardato bene i francobolli che gli interessavano, che era sempre utile. Lei gli passò Jenny, lui le disse paroline carine e lei balbettò di rimando. Le disse che le voleva bene e, quando Julia riprese l’apparecchio, disse la stessa cosa anche a lei.

    Portia Walmsley non aveva figli. Ne aveva il marito, da un precedente matrimonio, ma vivevano con la madre in Oklahoma, oltre il Red River. Nella casa di Caruth Boulevard non ci sarebbero stati bambini di cui preoccuparsi.

    Per quanto riguardava la domestica salvadoregna, Dot gli aveva detto che al cliente non importava cosa ne avrebbe fatto. Non avrebbe pagato un extra per lei, questo era certo. Aveva anche fatto notare che era una migrante illegale, e Keller si era chiesto che cosa questo avesse a che fare con tutto il resto.

    • • •

    La sera in cui Dot aveva telefonato, non le aveva ritelefonato subito. Prima lui e Julia avevano sistemato Jenny per la notte – o almeno per le ore di sonno che avrebbe fatto tutte di seguito. Poi si erano messi in cucina a bere caffè, e lui aveva riferito che aveva chiamato Donny, non perché fosse arrivato del lavoro, ma per chiedere se per caso lui volesse andare a pescare.

    Ma non ci volevi andare, vero?.

    Keller scosse la testa. Nemmeno Donny, in realtà. Aveva solo voglia di telefonare.

    E’ dura per lui, vero?.

    Non è abituato a stare senza fare nulla.

    E nemmeno tu, in questi giorni. Ma immagino che sia come col tuo vecchio lavoro. Cioè, con molto tempo libero tra un incarico e un altro.

    La collezione dei francobolli serviva a tenermi occupato.

    E credo lo faccia tuttora, disse lei. E non si deve nemmeno pulire il pesce.

    Keller andò al piano di sopra e sfogliò i suoi album per qualche minuto, poi chiamò Dot. Dunque, sei di nuovo in affari, disse. E non mi avevi telefonato, ma poi l’hai fatto.

    E forse è stato un errore, e mi scuso. Ma come potevo avere ricominciato, e non fartelo sapere? Non mi sembrava giusto.

    No.

    E non è che tu sia un alcolizzato in terapia per perdere il vizio, e io ti apra davanti agli occhi delle bottiglie di vino. Sei un adulto; se non ti interessa, me lo dici ed è finita. Keller? Ci sei sempre?.

    Sì, sono qua.

    Però non mi hai detto che non ti interessa.

    Aperto davanti a lui c’era uno dei suoi album, ed egli guardò una pagina di francobolli italiani sovrastampati per l’uso nelle isole dell’Egeo. Ne mancavano alcuni che, benché non cari, si erano rivelati difficili da trovare.

    Keller?.

    I miei affari ristagnano, disse lui. "Non vi sono finanziamenti. Non possiamo comperare case né rivenderle, e nessuno ci commissiona lavori

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