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Con Venature D'Oro
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E-book164 pagine2 ore

Con Venature D'Oro

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Info su questo ebook

Eroi imperfetti, vero amore e selvagge spiagge neozelandesi.

 

Alex Cox, quarantacinque anni, è un fotografo di fama internazionale finché un'esplosione mortale non comincia a farlo soffrire di disturbo post-traumatico da stress. Alla ricerca disperata di un senso di sicurezza, cerca rifugio in Nuova Zelanda, nella remota e selvaggia Kahawai Bay.

 

Nelle peggiori circostanze possibili, Alex incontra Joe, un giovane e timido autore di fumetti. La personalità gentile e giocosa di Joe si rivela un balsamo per la psiche ferita di Alex, che presto si innamora di lui e vorrebbe di più. Joe, però, sembra reticente. È soltanto timidezza? Oppure Joe non vuole avere un compagno più grande di lui e con molti problemi? O forse c'è qualcos'altro a tenerli separati?

 

Una storia romantica e positiva su creatività, avversità, vero amore e fumetti.

 

Italian translation: Cristina Massaccesi.

LinguaItaliano
EditoreLee Welch
Data di uscita2 feb 2019
ISBN9781386963288
Con Venature D'Oro
Autore

Lee Welch

Lee Welch lives in Wellington, New Zealand and likes dark and stormy nights, handsome magicians and fairy tales. Twitter: @leewelchwriter Facebook: https://www.facebook.com/leewelchwriter/

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    Anteprima del libro

    Con Venature D'Oro - Lee Welch

    Lee Welch

    ––––––––

    Con venature d’oro

    &

    Ad alta voce

    Eroi imperfetti, vero amore e selvagge spiagge neozelandesi.

    Alex Cox, quarantacinque anni, è un fotografo di fama internazionale finché un’esplosione mortale non comincia a farlo soffrire di disturbo post-traumatico da stress. Alla ricerca disperata di un senso di sicurezza, cerca rifugio in Nuova Zelanda, nella remota e selvaggia Kahawai Bay.

    Nelle peggiori circostanze possibili, Alex incontra Joe, un giovane e timido autore di fumetti. La personalità gentile e giocosa di Joe si rivela un balsamo per la psiche ferita di Alex, che presto si innamora di lui e vorrebbe di più. Joe, però, sembra reticente. È soltanto timidezza? Oppure Joe non vuole avere un compagno più grande di lui e con molti problemi? O forse c’è qualcos’altro a tenerli separati?

    Una storia romantica e positiva su creatività, avversità, vero amore e fumetti.

    Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, posti e avvenimenti sono prodotti della fantasia dell’autore o sono usati in maniera fittizia. Ogni somiglianza ad avvenimenti, posti o personaggi reali, in vita o meno, è una coincidenza.

    Copyright 2017 di Lee Welch

    Tutti i diritti riservati, incluso il diritto alla riproduzione intera o in parte in qualsiasi forma.

    Design di copertina: Aud Koch https://audkoch.com

    Traduzione di Cristina Massaccesi www.cristinamassaccesi.com

    Editing di Marina Alessandro @MarinaAlessan11

    Formato elettronico

    Prima edizione: MLR Press 2017

    Seconda edizione: Lee Welch 2021

    Il libro è di proprietà esclusiva dell’acquirente. Qualsiasi duplicazione o distribuzione dello stesso sono da ritenersi illegali e una violazione della legge internazionale sui diritti d’autore e saranno soggetti ad azioni penali che, in caso di colpevolezza, possono prevedere multe e/o periodi di reclusione.

    Un libro in formato digitale non può essere prestato o passato legalmente a un altro proprietario. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in alcuna forma o in nessuna maniera, sia essa elettronica o meccanica. Questo include fotocopie, registrazioni o qualsiasi sistema di deposito o recupero d’informazioni senza il permesso scritto dell’Autore.

    Marchi citati

    L’autrice riconosce lo status di marchio registrato e i proprietari dei marchi registrati dei seguenti prodotti nominati nel testo:

    Canon

    Skype

    Wal-Mart

    Honda

    Dr Martens

    Terminator

    Google

    Superman

    Batman

    Topolino

    Intagram

    Uber

    Balsamo di tigre

    Il carattere, come una fotografia, si sviluppa al buio.

    Yousuf Karsh, fotografo (1908-2002)

    Capitolo 1

    La prima casa visitata da Alex aveva della muffa nera che si arrampicava sulle pareti della camera da letto. Poi c’era stata la casa con una pompa nello scantinato perché «il fiume esonda quando c’è un temporale, ma niente di cui preoccuparsi, amico». Dopo era stato il turno di quella con la veranda inondata di sole, tutta bianca, e con alberi di palma nei vasi. Qualcosa nella qualità della luce e delle foglie impolverate lo aveva fatto pensare al Laos e Alex era indietreggiato senza dire una parola, riuscendo solo a mormorare un breve «no, grazie» al confuso agente immobiliare.

    Ancora dopo era toccato all’appartamento vicino al quale viveva un cane che abbaiava senza sosta come un metronomo, poi una casa che puzzava di vecchio e la villa degli anni Venti costruita accanto a una discarica. Infine, c’era stata la casa con il giovane attraente addormentato sul vecchio divano Chesterfield nella veranda.

    Alex si era fermato sulla soglia, con le foglie dei rovi del giardino incolto impigliate fra i capelli e il ruggito del mare e del vento che gli urlava nelle orecchie. Molte vecchie case neozelandesi avevano quel genere di verande: tutte in vetro, erano posti caldi e luminosi, anche se di solito non contenevano dei begli addormentati.

    Il ragazzo doveva avere circa vent’anni, magro, con i capelli castani scarmigliati e la carnagione pallida. Era bellissimo in un modo angolato e sorprendente, con delle lunghe ciglia e una bocca ben delineata. Respirava serenamente, in pace, con una guancia appoggiata su una mano, dando così ad Alex il tipo di immagine intima che avrebbe potuto vedere se si fossero svegliati insieme la mattina. Se fosse stato fortunato, certo.

    Il bell’addormentato indossava un maglione troppo grande decorato con dei fiocchi di neve verdi e beige. Era abbastanza giovane, e abbastanza attraente, che probabilmente lo indossava con ironia. Alcuni degli studenti di Alex si vestivano in quel modo; scegliendo apposta vestiti trasandati e da sfigati, sapendo benissimo che li facevano sembrare ancora più carini. Gli occhi di Alex scivolarono lungo il corpo del giovane. Portava un paio di pantaloni neri sbiaditi che erano macchiati di... sangue?

    Alex fece un passo indietro, con il cuore che gli batteva velocemente, prima di notare gli altri colori, blu chiaro e giallo canarino, e rendersi conto che il sangue non si sarebbe comunque visto su quella stoffa nera. Era vernice. Forse era un imbianchino? Un artista? Nel secondo caso, di sicuro pensava che la fotografia non fosse vera arte, ma solo un mezzo per farsi dei selfie. Non indossava scarpe, ma Alex ormai aveva imparato che quel dettaglio non ne faceva per forza un senzatetto, come sarebbe invece successo a Londra, New York o Toronto. Le scarpe sembravano essere spesso un optional in Nuova Zelanda e in una località di mare come quella, dovevano esserlo ancora di più. C’era qualcosa in lui, tuttavia, che suggeriva un’idea di povertà. I suoi polsi magri facevano pensare a pasti poco sostanziosi e la pelle sottile al di sotto degli occhi aveva l’aspetto livido di chi è mortalmente esausto. Un tratto che Alex, dopo averlo visto spesso nello specchio, conosceva fin troppo bene.

    Nonostante tutto, sarebbe stato un soggetto perfetto per una fotografia; l’uomo addormentato, con le labbra socchiuse, vulnerabile, sfiorato da un raggio di sole che aleggiava su di lui come una divinità in visita. C’era qualcosa di mitico e di ordinario in quel ragazzo. Sembrava un moderno Endimione, caduto in miseria insieme a quel brutto maglione con i fiocchi di neve. In un mondo ideale, avrebbe dovuto essere nudo. Il rivestimento del Chesterfield era sbiadito e i fiori avevano preso un colore grigio chiaro, simile a quello delle nuvole. Dal soffitto pendeva una lampada di carta semi disintegrata. Non sarebbe stato facile catturare la luce giusta, con il sole che entrava dalla finestra e il ragazzo in ombra.

    Alex aveva con sé la macchina fotografica, la sua Canon preferita, con una lente standard perché aveva pensato di fare qualche foto alla casa. Adesso moriva dalla voglia di fare qualche scatto, ma quando si trattava di ritratti, chiedeva sempre il permesso alle persone coinvolte e in questo caso chiedere avrebbe voluto dire svegliare il ragazzo e rovinare la foto. Era uno di quei momenti che ci si lascia sfuggire dalle mani per poi ricordarsene, svegliandosi, alle tre del mattino. Se non altro, sarebbe stata una bella immagine a cui ripensare nelle fredde ore mattutine.

    Chi era quel ragazzo? Era entrato di nascosto nella casa con l’intenzione di rubare qualcosa e, trovandola vuota, aveva deciso di fare un pisolino? Era un senzatetto? Secondo l’agente immobiliare, la casa era rimasta vuota per mesi. La porta non era stata forzata e anche se una delle finestre era mezza rotta, non c’era alcun segno ovvio di infrazione.

    In fondo, non erano problemi di Alex. Non era casa sua, anche se nel momento stesso in cui l’aveva vista, a ridosso della collina, mezza nascosta dall’erba alta e dai cespugli incolti, aveva sentito lo stesso colpo al cuore che aveva provato nel vedere il bell’addormentato. Qualcosa dentro di lui gli aveva detto sì, oh, sì.

    La casa era piccola, vecchia e alquanto malandata. Un tempo dipinta di blu, era adesso di un grigio sporco. Niente di che, avrebbe detto la gente del posto, ma la sua forma squadrata e la semplicità stile anni Cinquanta avevano un che di affascinante e non pretenzioso. Era battuta dal vento e guardava verso nord attraverso una serie di finestre rettangolari tutte della stessa dimensione. Uscendo dalla macchina, il ruggito della selvaggia costa occidentale aveva riempito le orecchie di Alex mentre il cielo era coperto da una nebbiolina causata dagli spruzzi d’acqua marina. Aveva aspettato l’agente immobiliare per un paio di minuti e poi, avendo deciso di fare qualche foto alla casa, era entrato e si era ritrovato nella veranda.

    Sulle assi impolverate del pavimento accanto al Chesterfield c’era un vecchio libro tascabile. Un intruso penetrato nella casa per leggere in pace? Alex diede un’occhiata alla copertina e rise con incredulità vedendo che era una copia del Diario del ladro di Jean Genet. Si portò una mano alla bocca per nascondere il suo sorriso, come se il ragazzo potesse vederlo e sentirsi preso in giro. Tuttavia, era una cosa talmente inaspettata, così perfetta, che smettere di sorridere era difficile. E così il bell’addormentato amava la letteratura. Anzi, la letteratura gay. Di che colore aveva gli occhi? Sembrava europeo. I suoi occhi potevano essere blu, o marroni. Verdi sarebbero stati incredibili.

    In lontananza, appena al di sopra del boato del mare e del vento, si sentì il rumore di una macchina. Alex prese il cellulare. Le quattro e venti. Si trattava di certo dell’agente immobiliare con le chiavi. Finalmente. Guardò di nuovo il volto del ragazzo addormentato, i suoi capelli scarmigliati e si chiese se avrebbe dovuto svegliarlo. Dirgli di andare via? Evitargli di mettersi nei guai?

    Qualcosa, invece, lo spinse a girarsi. Forse era soltanto una stanca riluttanza a parlare con chiunque non fosse assolutamente necessario, anche quando si trattava di un giovane attraente. O forse era un impulso più generoso, perché c’era qualcosa in quei polsi magri, in quel maglione malandato e nel viso stanco che gli davano l’impressione di essere davanti a una persona che avrebbe preferito non essere trovata.

    Alex tornò verso la strada facendosi largo attraverso i rovi e l’erba sbiancata dal sole e sbatté lo sportello della sua macchina un paio di volte e il più forte possibile. Proprio sull’ultimo colpo, l’agente immobiliare gli si avvicinò scusandosi, cercando di aggiustarsi la cravatta e riavviarsi inutilmente i capelli contro il vento. In quel posto, circondato dalle colline invase dalla vegetazione e dai cespugli di lino, il suo abito blu sembrava un po’ ridicolo. Alex sorrise, gli strinse la mano e cercò di continuare a fare rumore. La sua mente ritornava sempre alla veranda, calda e dorata. Il bell’addormentato non poteva essere un ladro. In quella casa, non c’era nulla da rubare.

    L’agente aprì la porta d’ingresso e Alex entrò nel soggiorno un po’ cavernoso. Sulla destra, c’era una porta interna che portava alla veranda. La porta era fatta di vetro ed era coperta da una tenda ormai sbiadita a quadretti bianchi e rossi. Era impossibile capire se il bell’addormentato fosse ancora lì oppure no, ma Alex pensò di sentire uno scricchiolio e il soffice rumore di piedi nudi in movimento.

    Diede la schiena alla porta della veranda. Il soggiorno era lungo e stretto, esposto a nord, luminoso ma con un odore un po’ stantio dopo essere rimasto chiuso per molto tempo. Le assi del pavimento in legno non erano levigate. I muri erano di un grigio-rosa sporco e i davanzali ruvidi e con la vernice che si staccava a pezzi. Ovviamente, non c’era alcun radiatore; tutte le case neozelandesi erano fredde e deprimenti d’inverno. Almeno, in questa, c’era una stufa a legna piatta e con una spessa porta di vetro coperta dai residui di anni di fiamme e fumo. Sul retro del soggiorno c’era una cucina a vista con un lavandino d’acciaio inossidabile e un pavimento di linoleum un po’ rovinato. Sul piano della cucina c’erano tre barattoli vuoti di marmellata ormai coperti di polvere.

    La polvere era dappertutto, ma nonostante questo, la stanza aveva un certo fascino. Era calda e luminosa e c’era un’atmosfera sicura, privata. Sembrava un posto in cui potersi rilassare. Il panorama era drammatico, con il fondo della valle e la strada che scomparivano fra le alte colline verso nord. Da lì si vedevano soltanto altre quattro case, tutte malandate ed esposte in direzione del mare che era a poche centinaia di metri. Stando in piedi vicino alla finestra, si riusciva a vedere, sulla sinistra, la spiaggia di sassi e il blu caotico di Kahawai Bay, con le onde bianche che si infrangevano contro gli scogli neri. Come sarebbe stato trovarsi lì durante una tempesta invernale, con il fuoco che ruggiva nella vecchia stufa?

    Fecero un giro del resto della casa: due stanze da letto, entrambe piccole, una sul fronte e l’altra sul retro della costruzione. Entrambe le camere erano grandi abbastanza per contenere un letto matrimoniale, ma non molto di più. Ovviamente,

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