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Il Sicario: Keller, #1
Il Sicario: Keller, #1
Il Sicario: Keller, #1
E-book337 pagine4 ore

Il Sicario: Keller, #1

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Info su questo ebook

Keller è un killer. Professionale, freddo, sicuro, competente, affidabile. Ma è anche una persona complessa: riservato e solitario, gelido e spietatamente efficiente, è portato alla solitudine e ai dubbi, agli incubi e al timore per la sua carriera. Il suo terapista lo crede un esperto che risolve i problemi delle società, ma il vero lavoro di Keller è l'omicidio. Fa la vita di un uomo d'affari ben pagato e che viaggia da solo, abituato a impersonali stanze d'albergo, noiosi tratti di autostrade su auto prese a nolo, anonime tavole calde. Newyorkese fatto e finito, nondimeno fantastica su come sarebbe bello vivere in campagna; e in ogni località che visita immagina di mettere su casa, lontano dalla pressione e i problemi morali che la sua professione comporta.

Il Sicario (Hit Man) è il primo dei cinque libri in cui compare Keller. Traduzioni degli altri  - Hit List, Hit Parade, Hit and Run e Hit Me - saranno presto disponibili. Per ora, ecco un paio di recensioni.

"Da qualche anno Block sta narrando le avventure di J. P. Keller, fatalista assassino a pagamento. Uscito dal suo appartamento sulla Prima Avenue per recarsi - su ordine del Vecchio di White Plains - in una città dopo l'altra, Keller riflette se può uccidere un uomo che ora gli piace, sistema le cose dopo avere colpito il bersaglio sbagliato, diventa la pedina di un killer inizialmente più astuto di lui, e si tormenta per decidere quale di due clienti, ognuno dei quali ha pagato per fare uccidere l'altro, dovrà deludere.

"Tra una e l'altra delle sue metodiche esecuzioni, Keller va a vedere case in vendita nell'Oregon, consulta un analista, inizia a collezionare francobolli, si chiede se sapendone di più sui fiori la sua vita sarebbe più piena, compera orecchini per la ragazza che porta a spasso il suo cane, e non sa quanto dovrebbe impegnarsi sia con la ragazza che col cane. E' la combinazione delle molte cose su cui Keller medita e di quelle sulle quali cerca di non meditare ("Questo è il mestiere sbagliato per prendere decisioni morali," lo ammonisce la segretaria del Vecchio) che gli conferisce il suo fascino melanconico. Il risultato è un romanzo o una serie di storie brevi? Gli avidi ammiratori di Block, - felici di vedere almeno tre piccoli capolavori (Keller a cavallo, Keller in terapia e Keller, il prode cavaliere)  raccolti nello stesso volume - non se ne preoccuperanno più di quanto se ne preoccuperebbe Keller."

~Kirkus Reviews

"Block ha scritto un romanzo da K.O. su di un sicario che inizia a vacillare nella crisi della mezza età... Block colpisce con una bella doppietta di humor e introspezione... Leggendo il libro, a un certo momento il lettore si chiederà come mai si trovi a desiderare che il killer trovi la propria pace interiore."

~Boston Herald

LinguaItaliano
Data di uscita26 giu 2018
ISBN9781386359012
Il Sicario: Keller, #1
Autore

Lawrence Block

Lawrence Block is one of the most widely recognized names in the mystery genre. He has been named a Grand Master of the Mystery Writers of America and is a four-time winner of the prestigious Edgar and Shamus Awards, as well as a recipient of prizes in France, Germany, and Japan. He received the Diamond Dagger from the British Crime Writers' Association—only the third American to be given this award. He is a prolific author, having written more than fifty books and numerous short stories, and is a devoted New Yorker and an enthusiastic global traveler.

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    Anteprima del libro

    Il Sicario - Lawrence Block

    Si chiama Soldato


    Keller volò fino a Portland con la United Airlines. Lesse una rivista nel tragitto dall’aeroporto Kenney fino all’O’Hare, pranzò a terra, poi guardò un film durante il volo diretto da Chicago a Portland. Erano le tre meno un quarto, ora locale, quando scese dall’aereo col bagaglio a mano, e poi c’era un’attesa di solo un’ora prima della coincidenza per Roseburg.

    Ma dopo avere visto la grandezza dell’aereo, si recò allo sportello della Hertz e disse che voleva noleggiare un’auto per qualche giorno. Mostrò una patente e una carta di credito e loro gli diedero una Ford Taurus con cinquantamila chilometri e rotti. Non si preoccupò di tentare di avere il rimborso del biglietto da Portland a Roseburg.

    L’impiegato della Hertz gli indicò come arrivare sulla I-5. Keller puntò in quella direzione e regolò il cruise control cinque chilometri all’ora sopra il limite di velocità. Tutti guidavano più veloci di così, ma lui non aveva fretta e preferiva non dare occasione di controllare bene la sua patente. Probabilmente non sarebbe successo nulla, ma perché andare in cerca di problemi?

    Faceva ancora chiaro quando imboccò la seconda rampa d’uscita per Roseburg. Aveva riservato una camera al Douglas Inn, un albergo della Best Western in Stephen Street. Lo trovò facilmente. Lo avevano messo in una stanza a piano terra che dava sul davanti, ma lui se la fece cambiare con una al primo piano che dava sul retro.

    Disfece i bagagli e fece una doccia. Nella guida del telefono vi era una piantina del centro di Roseburg e lui la studiò per orientarsi, poi la strappò e la portò con sé quando uscì a piedi a fare un giro. Il piccolo negozio di copisteria era a pochi isolati di distanza, sulla Jackson a due numeri da un incrocio, tra un tabaccaio e un fotografo con la vetrina piena di foto di matrimoni. Un cartello nella vetrina del Quik Print offriva sconti sugli inviti ai matrimoni, forse per attirare l’attenzione delle coppie in procinto di sposarsi che stavano prendendo accordi con il fotografo.

    Il Quik Print naturalmente era chiuso, come lo erano il tabaccaio e il fotografo, e anche la gioielleria di fianco al fotografo e pure, per quanto Keller potesse vedere, tutto il quartiere. Non restò molto lì. Due isolati più in là trovò un ristorante messicano, abbastanza squallido da poter essere autentico. Comperò un giornale locale dal distributore vicino alla porta e lo lesse mentre mangiava le enchilada di pollo.

    La cameriera era una bionda magra, per nulla messicana. Aveva i capelli corti, occhiali vecchio stile e i denti davanti sporgenti, e sul dito appropriato esibiva un anello di fidanzamento, un solitario con un piccolo diamante. Forse lei e il suo fidanzato l’avevano preso alla gioielleria, pensò Keller. Forse il fotografo di fianco avrebbe fatto le foto del loro matrimonio. Forse sarebbero andati da Burt Engleman a fare stampare gli inviti. Stampe di qualità, prezzi ragionevoli, un servizio su cui contare.

    La mattina dopo tornò al Quik Print e guardò nella vetrina. Una donna dai capelli castani era seduta a una scrivania metallica grigia e parlava al telefono. Un uomo in maniche di camicia era in piedi accanto a una fotocopiatrice. Aveva occhiali rotondi, con la montatura di tartaruga, e i capelli sulla testa ovale erano tagliati corti. Stava iniziando a diventare calvo, e questo fatto lo faceva apparire più vecchio, ma Keller sapeva che aveva solo trentotto anni.

    Keller si fermò davanti al gioielliere e immaginò la cameriera e il fidanzato che sceglievano gli anelli. Nella cerimonia ne sarebbero serviti due, naturalmente, e ognuno avrebbe avuto inciso all’interno qualcosa che nessun altro avrebbe mai visto. Sarebbero andati a vivere in un appartamento? Per un po’ sì, decise, fino a che non avessero risparmiato abbastanza per pagare la prima rata della loro prima casa. Era una frase che si leggeva nelle pubblicità delle agenzie immobiliari, e a Keller piaceva. La vostra prima casa; qualcosa con cui allenarsi, fino a essersi abituati.

    In un emporio un po’ oltre comperò un blocco note con fogli bianchi senza righe e un pennarello nero. Usò quattro fogli prima di essere soddisfatto del risultato. Tornato al Quik Print, mostrò il foglio alla donna dai capelli castani.

    Il mio cane è scappato, spiegò. Pensavo di farvi fare dei volantini e attaccarli in giro per la città.

    CANE SMARRITO, aveva scritto. MEZZO PASTORE TEDESCO. SI CHIAMA SOLDATO. CHIAMARE IL 555-1904.

    Spero che lo ritroviate, disse la donna. E’ un maschio? ‘Soldato’ sembra un nome da maschio, ma non è detto.

    Sì, è un maschio, disse Keller. Forse dovevo specificarlo.

    Probabilmente non è importante. Volevate offrire una ricompensa? Di solito lo si fa, anche se non so se faccia qualche differenza. Se io trovassi il cane di qualcun altro, non mi interesserebbe una ricompensa. Vorrei solo ridarlo al suo padrone.

    Non tutti sono premurosi come voi, disse Keller. Forse dovrei dire qualcosa circa una ricompensa. Non ci avevo nemmeno pensato. Appoggiò le mani sul bancone e guardò il foglio che vi aveva appoggiato. Non so, disse. Ha l’aria un po’ artigianale, no? Forse potreste stamparlo voi per bene. Che ne pensate?

    Non saprei, lei disse. Ed? Puoi venire a guardare questa cosa, per piacere?

    L’uomo con gli occhiali di tartaruga si avvicinò e disse di ritenere che un foglio scritto a mano sembrava più adatto per l’avviso di un cane smarrito. Lo rende più personale, disse. Potrei farvelo a stampa, ma penso che risponderebbero più facilmente lasciandolo così. Ammesso che trovino il cane, ovviamente.

    Non credo sia un problema di importanza nazionale, disse Keller. Mia moglie è affezionata all’animale e vorrei ritrovarlo, se possibile; ma ho il presentimento che non lo troveremo. Tra parentesi, io mi chiamo Gordon. Al Gordon.

    Ed Vandermeer, disse l’uomo. E questa è mia moglie, Betty.

    Piacere, disse Keller. Direi che cinquanta di questi dovrebbero bastare. Forse anche troppi, ma facciamone cinquanta. Vi ci vorrà molto?

    Li faccio subito. Ci vorranno circa tre minuti, e vi costerà tre e cinquanta.

    Non si può chiedere di meno, disse Keller. Tolse il cappuccio del pennarello. Lasciatemi solo aggiungere qualcosa circa una ricompensa.

    Tornato alla stanza del motel, chiamò un numero di White Plains. Quando una donna rispose, disse: Dot, fammi parlare con lui, ti spiace? Ci volle qualche minuto, poi disse: Sì, sono arrivato. D’accordo, è lui. Adesso si fa chiamare Vandermeer. Sua moglie è sempre Betty.

    L’uomo a White Plains chiese quando sarebbe tornato.

    Oggi cos’è, martedì? Ho un volo prenotato per venerdì, ma ci potrebbe volere un po’ di più. E’ inutile fare le cose troppo in fretta. Ho trovato un buon posto dove mangiare. Ristorante messicano, e il motel ha la TV che prende il canale HBO. Penso che farò le cose con calma e bene. Engleman non andrà da nessuna parte.

    Pranzò nel locale messicano. Questa volta ordinò un piatto misto. La cameriera chiese se voleva il chili rosso o verde.

    Quello più piccante, disse lui.

    Forse anche una casa mobile, pensò. Se ne trovano a buon mercato; una bella larga poteva essere una simpatica prima casa per lei e il marito. O forse la cosa migliore era che comperassero una duplex, e ne affittassero metà, e poi anche l’altra metà quando sarebbe stato il momento per qualcosa di meglio per loro stessi. In breve tempo avrebbero avuto una vera proprietà, e un certo guadagno mentre il loro acquisto aumentava di valore. Lei avrebbe smesso di servire ai tavoli; e anche suo marito non sarebbe più stato uno schiavo alla segheria e avrebbe smesso di preoccuparsi per possibili licenziamenti quando l’industria avrebbe avuto un brutto periodo.

    Come si è portati a fantasticare, pensò.

    Keller passò il pomeriggio passeggiando per la città. In un’armeria, un tizio di nome McLarendon staccò dal muro dei fucili e delle pistole e gli fece provare come le sentiva maneggiandole. Un cartello sul muro diceva LE ARMI NON UCCIDONO NESSUNO – A MENO CHE MIRIATE MOLTO BENE. Keller parlò con McLarendon di politica e di socioeconomia. Non era difficile intuire le sue posizioni e adottarle come proprie.

    Quello che in verità mi interessava comperare, disse Keller, era una pistola.

    Volete proteggere voi stesso e i vostri beni, disse McLarendon.

    L’idea è quella.

    E i vostri cari.

    Lasciò che l’uomo gli vendesse un revolver. La legge locale imponeva un periodo di riflessione. Si sceglieva un’arma, si compilava un modulo e quattro giorni dopo si poteva tornare a ritirarla.

    Siete una testa calda? gli chiese McLarendon. Volete pareggiare i conti sporgendovi dal finestrino e facendo secco un agente della polizia di stato?

    Non mi pare probabile.

    Allora vi faccio vedere un trucco. Retrodatiamo questo modulo, e avete già finito il vostro periodo di riflessione. Direi che mi sembrate abbastanza a posto.

    Sapete giudicare bene le persone.

    L’uomo sogghignò. In questo mestiere bisogna saperio fare.

    Una cittadina di quella dimensioni era gradevole. Si sale in auto, si guida per dieci minuti, e si è in campagna.

    Keller fermò la Taurus sul bordo della strada, spense il motore e fece scendere il vetro del finestrino. Prese la rivoltella da una tasca e la scatola delle cartucce dall’altra. L’arma – come McLarendon aveva continuato a chiamarla – era una calibro .38 con una canna da cinque centimetri. McLarendon avrebbe voluto vendergli qualcosa di più pesante e potente. Se Keller avesse voluto, probabilmente sarebbe stato felice di vendergli un bazooka.

    Keller caricò il revolver e scese dall’auto. C’era una lattina di birra di fianco a lui, lontana una ventina di metri. La prese di mira, tenendo il revolver con una mano sola. Da qualche anno nei polizieschi della TV avevano cominciato a tenere le pistole con due mani, e oramai si vedeva fare solo così. I poliziotti della televisione saltavano dentro una stanza e giravano gli angoli tenendo l’arma rigidamente, con due mani davanti al corpo, come se fosse un idrante. A Keller sembrava ridicolo. Se avesse tenuto una pistola in quel modo si sarebbe sentito imbarazzato.

    Premette il grilletto. Il revolver gli rinculò nella mano, e mancò il barattolo di circa un metro. L’eco dello sparo durò a lungo.

    Mirò ad altri oggetti: un albero, un fiore, un sasso bianco grande come un pugno. Ma non si decise a fare fuoco di nuovo, rompendo il silenzio con un altro sparo. A che serviva, comunque? Se avesse usato il revolver, sarebbe stato abbastanza vicino da non poter sbagliare. Ci si avvicina, si punta, si spara. Non era mica fisica nucleare, Dio santo. Non era neurochirurgia. Lo può fare chiunque.

    Sostituì la cartuccia che aveva sparato e mise il revolver carico nel cassetto del cruscotto. Si versò le altre cartucce in mano, si allontanò qualche metro dal bordo della strada e le sparpagliò attorno con un ampio movimento del braccio. Buttò via la scatola e tornò nell’auto.

    Bisogna viaggiare leggeri, pensò.

    Tornato in città, passò in auto davanti al Quik Print per controllare che fosse ancora aperto. Poi, seguendo la strada che aveva segnato sulla cartina, arrivò al 1411 di Cowslip Lane, una casa di stile coloniale olandese alla periferia nord della città. Il praticello era ben rasato e verdissimo, e vi erano siepi di rose sui due lati del sentiero che dal marciapiede portava all’entrata principale.

    Uno dei dépliant del motel diceva che le rose erano una specialità locale. Ma la città aveva preso il nome non dal fiore, ma da Aaron Rose, uno dei primi fondatori.

    Si chiese se Engleman lo sapesse.

    Fece il giro dell’isolato e parcheggiò due case più in là, sul lato opposto alla residenza di Engleman. La guida telefonica diceva Vandermeer, Edward. A Keller sembrò uno pseudonimo insolito. Si domandò se lo avesse scelto Engleman, o se avessero deciso i federali. Probabilmente la seconda, decise. Ecco il tuo nuovo nome, avrebbero detto, Qua è dove andrai a vivere, e questo quello che farai. In questo vi era una arbitrarietà che Keller trovava in qualche modo gradevole, come se evitasse il peso di una decisione. Ecco il tuo nuovo nome e la patente col nome già scritto. Nella tua nuova vita ti piacciono le patate al forno, sei allergico alle punture delle api e il tuo colore preferito è il blu cobalto.

    Betty Engleman adesso era Betty Vandermeer. Keller si chiese perché il nome fosse rimasto lo stesso. Non si fidavano che Engleman lo ricordasse? Si immaginavano che fosse un imbranato, che si lasciasse sfuggire ‘Betty’ nel momento sbagliato? O era solo una coincidenza e trascuratezza da parte loro?

    Verso le sei e trenta gli Engleman tornarono a casa dal lavoro. Erano in una utilitaria Honda Civic con una targa locale. Evidentemente tornando si erano fermati a fare compere. Engleman parcheggiò nel vialetto mentre la moglie prendeva la borsa della spesa dal portellone posteriore. Poi lui mise l’auto in garage e la seguì in casa.

    Keller vide le luci che si accendevano all’interno. Rimase dove si trovava. Quando tornò al Douglas Inn cominciava a fare buio.

    Sul canale HBO, Keller guardò un film su una banda di gangster andati in una città del Texas per rapinare una banca. Uno dei criminali era una donna, sposata a uno dei membri dell’altra gang, e che aveva una relazione con un altro ancora. Keller pensò che fosse la ricetta giusta per un disastro. Alla fine vi fu una lunga sparatoria, nella quale tutti morivano al rallentatore.

    Quando il film terminò si alzò per spegnere l’apparecchio. L’occhio gli cadde sul pacco di volantini che Engleman gli aveva stampato. CANE SMARRITO. MEZZO PASTORE TEDESCO. SI CHIAMA SOLDATO. CHIAMARE IL 555-1904. RICOMPENSA.

    Ottimo cane da guardia, pensò. Bravo con i bambini.

    Si alzò che era quasi mezzogiorno. Andò nel locale messicano e ordinò huevos rancheros mettendogli sopra un bel po’ di salsa piccante. Guardò le mani della cameriera quando portò il cibo, e poi ancora quando ritirò il piatto vuoto. La luce brillò sul piccolo diamante. Forse anche lei e il marito sarebbero finiti a Cowslip Lane, pensò. Non subito, naturalmente; sarebbero dovuti partire con la duplex, ma è quello a cui potevano aspirare: una casa in stile coloniale olandese con quello strano tipo di tetto inclinato. Che poi, come si chiamava? Era un tetto a mansarda, o questo termine descriveva qualcos’altro? Era forse un attico mansardato?

    Pensò che avrebbe dovuto imparare queste cose. Si sentono delle parole e non si sa che cosa vogliono dire, si vedono delle case e non le si sa descrivere adeguatamente.

    Mentre andava al locale aveva comperato un giornale, e ora lo aprì alle pagine degli annunci leggendo quelli sulle case in vendita. Le case non sembravano care. In effetti, si poteva comperare una casa economica per il doppio di quello che lui avrebbe preso per il lavoro di quella settimana.

    Aveva una cassetta di sicurezza di cui nessuno sapeva l’esistenza, affittata sotto un nome che non aveva mai usato per altri scopi, e in essa vi era abbastanza denaro da poter comperare una casa lì, pagando in contanti.

    Ammesso che fosse ancora possibile farlo. La gente ora reagiva in modo strano con i contanti, temendo di prestarsi a riciclare denaro sporco proveniente dal traffico di droga.

    In ogni caso, che importava? Non sarebbe venuto a vivere a Roseburg. Ci poteva vivere la cameriera, in una graziosa casetta con tetto a mansarda, o come si chiamasse.

    Quando Keller entrò al Quik Print, Engleman era appoggiato alla scrivania della moglie. Ehi, salve, disse. Avete avuto fortuna nel ritrovare Soldato?

    Ricordava il nome, notò Keller.

    In realtà, disse, il cane è tornato a casa da solo. Forse voleva la ricompensa. Betty Engleman rise.

    Avete visto come hanno funzionato bene i vostri volantini? continuo. Hanno riportato a casa il cane prima ancora che potessi appenderli in giro. Ma prima o poi li userò. Il vecchio Soldato è un cane inquieto, e un giorno o l’altro scapperà di nuovo.

    Basta che poi ritorni, disse la donna.

    La ragione per cui sono tornato, disse Keller, è che sono nuovo in città, come forse avrete capito, e ho una impresa commerciale che sta per partire. Mi servirà una tipografia, e pensavo che potremmo sederci e parlarne. Avete tempo per una tazza di caffè?

    Gli occhi di Engleman erano difficili da decifrare attraverso gli occhiali. Certo, disse. Perché no?

    Camminarono fino all’angolo, mentre Keller parlava del bel tempo che faceva, ed Engleman diceva ben poco oltre che assentire. All’angolo Keller disse: Allora, Burt, dove andiamo a prendere un caffè?

    Engleman si raggelò. Poi disse: Lo sapevo.

    So che lo sapevi. L’ho capito appena sono entrato nel negozio. Come l’hai capito?

    Il numero di telefono del volantino. La notte scorsa ho provato a chiamarlo. Non conoscono nessun Mr. Gordon.

    Quindi lo sapevi dalla notte scorsa. Ma avresti potuto fare il numero sbagliato.

    Engleman scosse la testa. Non l’ho fatto a memoria. Ho tenuto una copia del volantino e ho fatto il numero avendolo davanti. Niente Mr. Gordon e nessun cane disperso. Ma credo di averlo saputo anche prima. Penso di averlo capito nel momento in cui sei entrato dalla porta.

    Prendiamo quel caffè, disse Keller.

    Andarono in un locale chiamato Rainbow Diner e presero il caffè a un tavolo laterale. Engleman usò un dolcificante, mescolandolo così a lungo che avrebbe potuto sciogliere pezzetti di marmo. Era stato un ragioniere, quando viveva a Est, e lavorava per l’uomo che Keller aveva chiamato a White Plains. Quando i federali avevano cercato di mettere in piedi un’accusa di criminalità organizzata contro il capo di Engleman, Engleman era la persona logica su cui fare pressione. Non era veramente un criminale, non aveva fatto un gran che, e loro gli dissero che sarebbe finito in carcere a meno che avesse acconsentito a testimoniare. Altrimenti avrebbe potuto parlare a sua moglie una volta al mese attraverso una rete metallica, e avrebbe avuto dieci anni di tempo per abituarcisi.

    Come mi avete trovato? volle sapere. Qualcuno a Washington ha parlato?

    Keller scosse la testa. E’ stata una cosa strana, disse. Qualcuno ti ha visto per strada, ti ha riconosciuto e ti ha seguito fino a casa.

    Qua a Roseburg?

    Non credo. Sei stato fuori città circa una settimana fa?

    Oddio, disse Engleman. Siamo andati a San Francisco per il weekend.

    Credo sia stato così.

    Pensavo che fosse sicuro. Non conosco nemmeno nessuno a San Francisco, non ci sono mai stato in vita mia. Era il compleanno di mia moglie, abbiamo pensato che fosse la cosa meno rischiosa. Non conosco neanche una persona, là.

    Qualcuno conosceva te.

    E mi ha seguito fino a qua?

    Non saprei. Forse hanno preso la tua targa e qualcuno ha controllato. O forse hanno visto la tua registrazione all’albergo. Che importa?

    Non ha importanza.

    Engleman prese il suo caffè, guardando nella tazza. Keller disse: Lo sapevi dall’altra sera. Sei nel programma di protezione testimoni. Non c’è nessuno che avresti dovuto chiamare?

    Qualcuno c’è, disse Engleman. Posò la tazza. Non è un gran che, come programma, disse. Sembra bello quando te lo descrivono, ma in pratica lascia molto a desiderare.

    L’ho sentito dire, disse Keller.

    Comunque, non ho chiamato nessuno. Che cosa potevano fare? Diciamo che potevano sorvegliare la mia casa e il negozio, e poi beccarti. Se anche potevano accusarti di qualcosa, a che mi servirebbe? Dovremmo trasferirci di nuovo, perché quel tizio manderebbe qualcun altro, giusto?

    Suppongo di sì.

    Be’, io non mi muovo più. Ci hanno fatti spostare già tre volte, e non so neppure perché. Credo sia automatico, una parte del programma; ti spostano un po’ di volte per un anno o due, all’inizio. Questo è il primo posto dove ci siamo veramente sistemati da quando è cominciata la cosa, cominciamo a guadagnare col Quik Print, e mi piace. Mi piace la città e mi piace il lavoro. Non voglio spostarmi.

    La città sembra carina.

    Lo è, disse Engleman. E’ meglio di quello che pensavo.

    E non volevi un altro lavoro come contabile?

    Mai più, disse Engleman. Ne ho avuto abbastanza, credimi. Guarda dove mi ha portato.

    Non dovresti necessariamente lavorare per dei delinquenti.

    Come si fa a sapere chi è onesto e chi no? In ogni modo, non voglio un lavoro in cui devo sempre guardare negli affari di qualcun altro. Preferisco avere la mia piccola attività e lavorarci fianco a fianco con mia moglie. Siamo in un negozio sulla strada, puoi guardare nella vetrina e vederci. Se a qualcuno serve materiale di cartoleria, biglietti da visita, moduli per le fatture, noi glieli stampiamo.

    Come hai imparato questo mestiere?

    E’ una di quelle cose in franchising, ti danno tutto pronto. Chiunque può imparare in venti minuti.

    Sul serio?

    Sì, veramente. Chiunque.

    Keller bevve un po’ del suo caffè. Chiese a Engleman se avesse detto qualcosa a sua moglie, e seppe che non le aveva detto nulla. Bene, disse. Non dire nulla. Io sono un tizio che sta progettando un’attività commerciale, gli serve una tipografia, e deve sistemare le cose in modo che non vi siano problemi di liquidità. Siccome non mi va molto di parlare d’affari davanti a delle donne, noi due ogni tanto ce ne usciamo a prendere un caffè.

    Come vuoi, disse Engleman.

    Un poveraccio spaventato, pensò Keller, e disse: Senti, io non voglio farti del male, Burt. Se avessi voluto, non staremmo qua a parlare. Ti avrei puntato una pistola alla testa e avrei fatto quello che dovevo. Vedi una pistola?

    No.

    Il problema è che, se non lo faccio io, manderanno qualcun altro. Se torno a mani vuote, vorranno sapere perché. Quello che dovrò fare è di inventarmi qualcosa. Sei sicuro che non vuoi scappare?

    No. Al diavolo scappare ancora.

    Va be’, penserò a qualcosa, disse Keller. Ho un po’ di giorni. Qualcosa troverò.

    La mattina seguente, dopo colazione, Keller andò con l’auto all’ufficio di una delle società di vendite immobiliari di cui aveva letto gli annunci. Una donna circa dell’età di Betty Engleman lo portò in giro e gli fece vedere tre case. Erano modeste, ma decorose e comode, e costavano tra i quaranta e i sessantamila dollari.

    Avrebbe potuto comperarne una anche subito, prendendo il denaro dalla sua cassetta di sicurezza.

    Avete la vostra cucina, diceva la donna. Questo è il bagno, e questo il giardinetto recintato.

    Le farò sapere, le disse, prendendo il suo biglietto da visita. Ho un affare in corso e molto dipende da come andrà a finire.

    Il giorno dopo lui ed Engleman pranzarono insieme. Andarono nel ristorante messicano e Engleman prese tutto non piccante. Ricorda che ero un contabile, disse.

    Adesso sei un tipografo, disse Keller. I tipografi possono sopportare il cibo con tanto peperoncino.

    Non io, non un tipografo col mio stomaco.

    Col cibo presero una bottiglia di birra Carta Blanca a testa. Dopo, Keller ne prese un’altra, mentre Engleman prese un caffè.

    Se avessi una casa col giardinetto recintato, disse Keller, potrei tenere un cane senza temere che scappi.

    Immagino di sì, disse Engleman.

    Avevo un cane da ragazzino, disse Keller. L’unico che abbia avuto. L’ho avuto per circa due anni quando avevo undici o dodici anni. Si chiamava Soldato.

    Mi ero chiesto il perché di quel nome.

    Non era mezzo pastore tedesco. Era un cagnolino, immagino fosse incrociato con un terrier.

    Ed era scappato?

    No, è finito sotto un’auto. Con le auto era stupido. Era corso fuori sulla strada. Il guidatore non aveva potuto fare nulla.

    Come mai lo avevate chiamato Soldato?

    Non ricordo. Ma poi, quando dovevo fare il volantino, dovevo scrivere come si chiamava, e mi venivano solo nomi come Fido, o Bill. Come firmare ‘Smith’ sul registro di un albergo, no? Poi mi sono ricordato. Soldato. Erano anni che non pensavo a quel cane.

    Dopo il pranzo, Engleman tornò al negozio e Keller al motel a prendere l’auto. Uscì dal paese per la stessa strada che aveva fatto il giorno che aveva comperato il revolver. Questa volta guidò fino a qualche chilometro più avanti prima di accostare e spegnere il motore.

    Prese l’arma dal cruscotto e aprì il cilindro, facendo uscire le cartucce sulla mano. Le gettò via, poi soppesò il revolver per un momento prima di buttarlo in una macchia di arbusti.

    McLarendon sarebbe inorridito, pensò. Maltrattare un’arma in quel modo. Questo dimostrava come fosse bravo a giudicare i caratteri.

    Risalì sull’auto e tornò in città.

    Keller telefonò a White

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