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L'Ultima sfida: (Scarlet vol. 3)
L'Ultima sfida: (Scarlet vol. 3)
L'Ultima sfida: (Scarlet vol. 3)
E-book278 pagine3 ore

L'Ultima sfida: (Scarlet vol. 3)

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Info su questo ebook

Umana, Strega, Vampira: cosa resterà di Scarlet? Protagonista di un'ultima spietata sfida contro gli Insorti e al centro di un triangolo, che le dilania il cuore, sotto il peso di colpe passate e presenti.
Il vecchio impero di Edward consolida il suo potere sotto la guida del nuovo Principe di San Francisco, tuttavia gli equilibri si sgretolano stretti nella morsa di un nuovo nemico. Joshua esce dall'ombra, accompagnato dalla scia di dolore, violenza e morte, che ha lasciato dietro di sé nei secoli e nella vita di Scarlet. Le maschere cadono e i segreti vengono finalmente svelati, tra sogni e responsabilità, amore e vendetta, sangue e magia. Il sacrificio sarà, forse, l'unica certezza.
Ma quante volte si può morire per amore?
LinguaItaliano
Data di uscita29 lug 2019
ISBN9788834118405
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    Anteprima del libro

    L'Ultima sfida - Chiara Casalini

    sfida

    Tutti i diritti sono riservati

    © Chiara Casalini

    Prima edizione

    ℗ Chiara Casalini, Ottobre 2017

    Copertina: Chiara Casalini

    Modella: Lady Zora

    Ph.: Fotomania di Alessio Buzi

    Correttore di bozza: Roberto Faldetta

    A mio figlio, la gioia della mia vita,

    Alla mia famiglia che sopporta la mia follia,

    A tutti gli amici che mi hanno spronato,

    A tutti i lettori che mi hanno sostenuto.

    Indice

    Il Gran Consiglio

    Un nuovo incubo

    Alle mie regole

    La prima mossa

    Fort Point

    Solo tu puoi decidere

    Backdraft

    Crossroads

    Mai al sicuro

    Il colore della paura

    L'ultima notte

    Viaggio oltre la morte

    Nuovi equilibri

    Il Gran Consiglio

    "Ordine e caos giocano una partita

    di eternità e sangue"

    Il momento tanto atteso è finalmente giunto: il Gran Consiglio si riunisce per riconoscere il nuovo Principe di San Francisco.

    Sei mesi sono passati da quella notte che ha segnato una svolta importante nella vita della città, un frammento di storia che gli umani non conoscono, ignari della sorte che li attendeva al varco; la famiglia ha accettato senza problemi Alexander come successore di Edward, nonostante lo sconcerto per quanto accaduto, l'incredulità, l'inconsapevolezza, anche grazie ai miei incantesimi. Da allora sono quasi un’ombra accanto a lui che lo segue praticamente ovunque, per mia scelta, seppur Alex sia il primo a evitare di lasciarmi sola, dandomi talvolta l’impressione di temere che io sparisca nel nulla. Di questa società ora conosco tutto: ogni singolo evento, presenza, segreto; eppure il più delle volte vorrei scappare, sparire nell’oscurità che ci nasconde agli uomini. Indosso perennemente una maschera, che quasi mi soffoca.

    «Scarlet».

    La sua voce mi richiama al presente, cristallina e pacata; i suoi splendidi occhi verdi mi fissano intensamente, nonostante la loro freddezza, incastonati in un volto che non muta da secoli.

    «Dimmi».

    «Dov’eri?».

    «Persa nei pensieri di questa notte».

    Ad accompagnare quelle mie parole, che sono confidenze, gli accenno un sorriso, ricambiato da un suo addolcirsi nel tono di voce.

    «Cerca di essere presente. Non vorrai lasciarmi solo proprio in questa occasione?».

    «Non ti preoccupare».

    Cerco di rassicurarlo tendendo di più l’arco disegnato dalle labbra. Non ho più sciolto l’incantesimo: lui è ancora protetto dal Silenzio dell’Anima, affinché nessun altro Vampiro possa conoscere quanto è successo. È strano come siamo legati da sangue e segreti, in un amore fatto di morte e di morti.

    Robert ferma l’auto davanti all’hotel e scendiamo. La grande hall è finemente allestita in stile minimal, con linee pulite, simmetrie studiate, una predominanza di colori chiari che esaltano l’illuminazione; catturano l’attenzione delle isole circolari, al cui interno sono disposte delle fioriere, con piante di monstera dalle grandi foglie lucide di un verde scuro, intenso, messe ancor più in risalto dal verde più delicato e brillante del bambù, che svetta verso l’alto soffitto, affrescato come un cielo estivo. Le isole in marmo di Vezza sono corredate di una comoda seduta imbottita, foderata in pelle bianca, come i divanetti che costeggiano le pareti interne. Alla reception prontamente consegnano ad Alex l’elenco completo dei partecipanti; sono tutti presenti, manca solo lui. Lo vedo scorrere i nomi e non mi sfugge una sua esitazione.

    «Che succede?».

    Alla mia domanda, tace, restando a osservare la lista. Allungo dunque lo sguardo, ripetendo in modo naturale i suoi stessi gesti e mi occorre ben poco per capire cosa ha attirato la sua attenzione: Joshua O’Connor. I miei occhi cercano i suoi per trovare conferma.

    «A quanto pare anche gli Insorti hanno deciso di farci onore della loro presenza».

    Vi è ironia nella sua voce e io mi chiedo perché siano qui. Cosa staranno tramando e, soprattutto, perché Max non mi ha avvertita? Che siano davvero qui soltanto per dare la loro approvazione ufficiale?

    Inutile esitare.

    La porta si apre e facciamo il nostro ingresso nella Sala Oro, la più grande della struttura, esempio impeccabile di art nouveau, coi toni caldi dell’oro, dell’ocra e del legno, con le curve sinuose del mobilio e delle decorazioni floreali; i tavoli, su cui sono stati sistemati con ordine i calici di cristallo, sono disposti lungo le pareti e una schiera di camerieri è lì pronta a riempire i bicchieri ogni volta che ve ne sia bisogno. Sarebbe tutto decisamente normale, se a scorrere fosse vino pregiato, invece di sangue.

    Tutti gli occhi si fissano sul nuovo Principe, il mio Alex, che avanza sicuro e imperturbabile nel suo smoking nero, sobrio, eppure d’impeccabile eleganza, che ne definisce il fisico con un taglio su misura; al suo fianco sembro quasi un ornamento, una rosa appuntata al suo abito, mentre gli cingo il braccio, vestita con un lungo abito rosso in pizzo, con scollo a V e corpetto con spalline, che scende con una gonna dal taglio a sirena e uno spacco al centro.

    Il mio sguardo studia rapido i presenti e, proprio quando la porta si richiude alle nostre spalle, vengo scossa da un brivido che mi risale la schiena.

    «Impeccabile come sempre».

    Resto impietrita nel sentire quella voce nella mia testa, tanto da perdere la presa sul braccio del mio accompagnatore, il quale prosegue d’un passo prima di fermarsi, cercando di capire cosa sia accaduto. Sono immobile con la mano ancora sospesa a mezz’aria, a fissare il vuoto davanti a me. Gli occorre un istante per scorgere la figura di Max accanto alla porta. Resta freddo e impassibile come solo lui sa essere e non ho certo bisogno di girarmi per sapere dov’è l’Insorto, o per distinguere dove sta guardando: sento i suoi occhi su di me.

    «Dovevo aspettarmi che fosse lui la sua guardia del corpo», atono proferisce con un filo di voce.

    È vero, avremmo dovuto immaginarlo entrambi. Tuttavia, farlo avrebbe portato a tensioni, che forse abbiamo voluto fuggire fino all’ultimo istante.

    La sua mano riaccompagna la mia sul braccio e la scena di questo atto riprende. I Vampiri non hanno emozioni… io sì, invece. Mezz’ora di convenevoli e inizio a non reggere più la parte, con una costante presenza che mi pesa addosso, pur senza farsi vedere, restando lontana dal mio sguardo.

    «Alex, devo andare nello studio», gli sussurro a un orecchio, scivolandogli sensuale accanto.

    «C’è ancora tempo, vai pure».

    Forse intuisce la mia necessità di allontanarmi e mi congeda senza storie, conoscendomi fin troppo bene. Percorro rapida il corridoio.

    «Scappi?», mi ferma una voce familiare, quando sto per aprire la porta dell’ufficio.

    Mi volto lenta verso Max, in piedi davanti la soglia del bagno. Meno di quattro metri ci separano, dopo un’inevitabile lontananza e tanto silenzio. Non importa, non ora, e sul mio viso si dipinge un ghigno compiaciuto che non riesco a trattenere.

    Un attimo e siamo già nello studio insieme, chiudendo fuori il resto del mondo, ritrovandomi spalle al muro col suo fiato a carezzarmi il collo.

    «Che ci fai qui?».

    «Joshua mi ha voluto con sé», risponde a bassa voce.

    «Il tuo Sire è anche il tuo Principe, anzi no, voi lo chiamate Condottiero, giusto? Un piccolo dettaglio che avevi omesso».

    «Così si dice», sogghigna, cercando la mia bocca.

    «Perché non mi hai avvertita?».

    «Avresti fatto di tutto per convincermi a non venire e io non ne potevo più di starti lontano».

    «Avevi detto che mi avresti aspettato per tutto il tempo che sarebbe stato necessario».

    «Sono disposto a farlo, però sai bene che la pazienza non è mai stata il mio forte!», dichiara con quella sua voce calda e profonda.

    Ha ragione, non posso negarlo. Una parte di me non vorrebbe altro che averlo accanto, mentre l’altra è un Vampiro che lo riconosce come nemico e anche per la Strega che c’è in me lui rappresenta una minaccia. Nonostante ciò, le sue labbra mi scivolano lungo il collo, regalandomi un piacere che mi è mancato in modo indescrivibile e che ora percepisco ancora più intensamente. Lo lascio fare, almeno finché non mi sfiora con in canini, premendoli con lenta e crescente forza.

    «Cosa stai facendo?», lo blocco esterrefatta, stringendo i suoi capelli tra le dita. «Non puoi permetterti una cosa del genere con il Gran Consiglio riunito di là!».

    «Ci hai preso così tanto gusto a fare la regina?».

    Come osa dirmi questo ignorando come e cosa sto vivendo? D’istinto alzo la mano per dargli uno schiaffo, tuttavia mi ferma afferrandomi il polso e lo allontana dal suo viso, senza che lo abbia sfiorato.

    «No, piccola, hai capito male», mi bisbiglia all’orecchio, non si gioca così.»

    Preme la mia mano sul muro e mi impedisce ogni movimento col suo corpo. Mi bacia come soltanto lui sa fare e finisco per perdermi nel pensiero di noi insieme. Un noi ancora così lontano da sembrare irraggiungibile, nonostante sia qui davanti a me e possa sentire il suo corpo, la sua bocca.

    «Non farlo, ti prego», lo supplico, quando torna al suo iniziale intento, sfiorandomi nuovamente con i canini.

    «Perché?».

    «Perché non riuscirei più a tornare di là, perché non sai quante volte avrei voluto scappare, sparire… Non sai quanto ti ho desiderato».

    Per qualche istante la sua bocca si sofferma sulla mia pelle, fino a quando allenta presa e mi abbraccia.

    «Fai ciò che devi e dopo vieni da me, piccola».

    «Non chiedermelo…»

    «L’ho già fatto», dice con quel suo sorrisetto beffardo.

    Mi concede lo spazio necessario per allontanarmi da lui, pur restando dubbiosa a fissarlo qualche secondo. Lo faccio uscire dalla stanza, lo osservo attraversare il corridoio fino al suo rientro in sala e poi aspetto, cercando disperatamente di rimettermi la maschera adatta a quest’opera senza tempo e senza cuore.

    Perché i minuti corrono via così veloci? Nonostante tutto devo andare a riprendere il mio posto, per cui non mi resta che tornare in scena.

    Raggiungo Alex che, intento a intrattenere gli ospiti illustri come si conviene, non si scompone. Quando questi si congedano mi si avvicina per dirmi qualcosa all’orecchio, tuttavia si ferma e mi squadra con eccessiva attenzione.

    «Avresti bisogno di una bella doccia».

    Non ribatto al suo tono freddo e contrariato, tenuto egregiamente sotto controllo per non attirare attenzioni, poiché non servirebbe e non mi sento nemmeno in dovere di giustificarmi.

    «Eppure lo sai che non lo sopporto, lo fai apposta?», aggiunge, irritato dal mio silenzio.

    «No», ribatto lapidaria. «Ora abbiamo altro a cui pensare e non mi sembra il caso di discuterne qui. Che fine hanno fatto le tue priorità?».

    Lo provoco apertamente, dopo che per un attimo aveva quasi perso il suo impareggiabile autocontrollo e pare non gradirlo affatto. Sfodera uno sguardo tagliente e una voce simile ai sonagli di un cobra, che avvertono del pericolo ormai prossimo.

    «Giochi col fuoco, stai attenta».

    «Ti sbagli», sogghigno. «Io sono il fuoco».

    Inutile proseguire questa partita, anche lui lo comprende: è ora di spostarsi nella sala convegni. L’accoglienza di rito è stata fatta e siamo giunti al momento di maggior tensione, dove i giochi sono a un livello superiore, tra intrighi e macchinazioni, accordi già stipulati e altri sul filo del rasoio; opposte fazioni che combattono una guerra fredda, taciuta al mondo che vive alla luce del sole. Tutti prendono posto attorno al grande tavolo in un silenzio surreale.

    Alexander prende la parola ed espone il suo discorso, studiato nei minimi dettagli da mesi. Ogni virgola, ogni pausa, ogni accento è posto in un determinato punto per uno scopo ben preciso e tutto questo mi fa quasi paura.

    «La vostra esposizione è sicuramente impeccabile», interviene alla fine della presentazione il Consigliere del Principe di New York.

    Si presenta come un distinto signore sulla cinquantina, coi capelli brizzolati a delineare un viso spigoloso, segnato da labbra sottili e occhi piccoli color nocciola.

    «Tuttavia», riprende atono, «io, come altri, mi domando cosa ci facciano loro qui», sottolinea, indicando i rappresentanti degli Insorti in maniera alquanto teatrale. «Non mi capacito di come possiate accettare al vostro tavolo chi ha posto fine alla non-vita del vostro predecessore».

    Colgo il fugace scambio di sguardi tra Max e Joshua, mentre quest’ultimo accenna un sorriso. Portare disordine è il loro passatempo preferito, ma a che pro rischiare tanto?

    «State forse insinuando qualcosa?», ribatte Alex senza la minima inflessione, né traccia di turbamento. «Vi prego, non tergiversate oltre, sentitevi pur libero di parlare».

    «Con il vostro benestare, dunque», dice, accennando un inchino. «In noi è nato il dubbio che a loro sia permesso di presenziare in virtù d’una precedente alleanza, volta a soverchiare il potere preesistente in vostro favore».

    Una falsa gentilezza nel rispetto dell’etichetta, che non cela le mire di potere reali che strisciano tra i potenti presenti. A mia volta cerco di non lasciar trapelare emozioni, alzandomi con sicurezza e senza esibire fretta, fissando gli occhi sul Consigliere.

    «Voi insultate il Principe che la nostra famiglia ha proclamato unanime e ciò è quanto meno oltraggioso», esordisco con voce ferma. «Considerando, invece, le abitudini di chi avete preso in causa, ovvero degli Insorti, diviene forse più plausibile che siate voi stesso a tramare per portare il caos tra le nostre fila con una simile infamia, al fine di indebolirci, dividendoci con falsità prive di un qualsiasi fondamento».

    Il Consigliere resta basito un istante, colto alla sprovvista, e Alexander torna a sedersi, accompagnato da un brusio generale, che lascio scorrere per una manciata di secondi.

    «Gli Insorti sono qui in rappresentanza dei territori che occupano, come sancito per il Gran Consiglio. Per la durata di esso non sarà loro torto un capello, nel rispetto delle regole per noi sacre, che sorreggono la nostra società da tempi assai lontani e che ci consentono di esistere indisturbati. Solo nel caso siano loro a violare i patti saranno presi provvedimenti», esplico in modo chiaro e con quanta più naturalezza possibile. «Qualsiasi rivalsa per il loro precedente operato sarà trattata al di fuori del Consiglio e solamente dopo che questi avrà preso le sue decisioni. Serve forse che sia io a rammentarvi come, nemmeno una quindicina di anni fa, lo stesso Edward ospitò in questo luogo un Gran Consiglio a cui gli Insorti presero parte?».

    Scorro i volti degli Eterni, in cerca di qualche segnale, per capire se quanto ho detto è stato accettato. Noto lo sguardo del Principe di New York, Laurence Cartright, piantarmisi addosso con prepotenza, nonostante resti placidamente seduto alla sinistra del suo tirapiedi. Non so per quale motivo, proprio in questo momento, mi colpisca l’inusuale contrasto tra quei due. Laurence dimostra una trentina di anni, aitante, con un viso da modello appena uscito dalle pagine patinate di qualche rivista, occhi azzurri ammalianti e capelli d’un miele ramato. Forse perché ho sentito parlare molto di lui e vederlo con un viso tanto angelico è piuttosto sconcertante. Alla fine, rompe il silenzio con un tono di sufficienza riservato a me, seppur la sua attenzione e le sue parole siano per Alex.

    «È strano che a parlare per il Principe sia un Vampiro tanto giovane, a cui nemmeno dovrebbe esser concesso di conoscere certi affari».

    «La presenza di Scarlet qui è ben motivata», replica Alex, placidamente. «Già Edward l’aveva inserita in progetti molto importanti, riconoscendone le capacità e, inoltre, la sua fedeltà nei miei confronti è completa e indiscussa. Ciò nonostante, queste sono scelte che riguardano San Francisco e di cui non sono nemmeno tenuto a dar spiegazioni, consideratelo dunque un segno di rispetto e di disponibilità nei vostri confronti».

    Per poter procedere alla revisione dei patti territoriali è indispensabile che tutti riconoscano il nuovo Principe e la cosa non sarà facile. Più dissidi ci sono, più si accentuano le bramosie di nuove terre e San Francisco fa gola a molti. Ero stata avvertita e preventivamente istruita su questo in modo accurato.

    Le discussioni riprendono con toni più pacati, in un susseguirsi estenuante di domande e risposte, di esposizioni sviscerate all’inverosimile. Dopo più di un’ora comincia a sembrarmi davvero impossibile giungere a quell’approvazione definitiva e unica. Solo adesso inizio a comprendere cosa intendesse Alex, quando cercava di darmi un’idea di come sarebbe stata questa riunione e del perché rimarcava con insistenza la necessità di una pazienza certosina, a me poco congeniale per certi versi. Una marea di parole profuse in forme ricercate e soppesate, che fluiscono in una corrente incessante e alternata fra le parti, che arrivano quasi a stordirmi. Mi era stata paventata l’ipotesi che per arrivare a quel ci sarebbero potute volere più notti, ma non credevo sarebbe stato tanto pesante e mi chiedo se sarò in grado di reggere fino all’alba di oggi. Per fortuna scoccano le due e Alex decreta la chiusura del dibattito, seppur senza esito, rimandando il tutto a domani; se potessi sospirerei sollevata.

    Come vuole l’etichetta, gli ospiti alloggeranno presso l’albergo, quindi io e Alex procediamo a un ultimo controllo delle camere assegnate. Anche per noi è pronta una suite, per cui mi dirigo all’ascensore, di nuovo al braccio del mio Sire; attraversiamo la hall senza fretta, però veniamo raggiunti proprio dai due Insorti.

    «Finalmente posso conoscere la famosa Scarlet», esordisce Joshua con una voce profonda e graffiante, molto calda.

    Dimostra a malapena trent’anni e mi chiedo da quanto, riuscendo a percepire con chiarezza la forza del suo sangue, mentre lo fisso in quegli occhi castani, implacabili, con uno sguardo che sa di pericoloso. I capelli sono cortissimi, anch’essi castani, e gli conferiscono un aspetto da uomo del sud, con una carnagione ancora insolitamente olivastra. Mi ricorda un po’ Edward, nel peggiore dei sensi, nella sua parte più sanguinaria direi.

    «Per quanto ne so, già mi conoscevi», replico secca.

    «Nessuno ci aveva mai presentato», sogghigna.

    «Un dettaglio secondario sul quale sorvolo, permettendomi di tralasciare l’etichetta, arrivando direttamente a forme più colloquiali».

    Quel sorriso affilato e soddisfatto che increspa le sue labbra mi irrita, però Alex mi stringe il braccio, come un monito silenzioso. Mi soffermo dunque su Max, impassibile e freddo.

    «Credo sia il caso di parlare da soli, noi quattro», riprende il Condottiero come nulla fosse.

    Le porte dell’ascensore si aprono e senza esitazione vengo in pratica trascinata al suo interno da Alex, seguita dai nostri ospiti.

    «Non mi risulta ci siano tra noi affari in sospeso da trattare. L’ospitalità che vi offriamo non ci vincola a rapporti di sorta», dichiara Alex, inespressivo sia nel volto che nel tono di voce, quando l’ascensore comincia a salire, allentando la stretta che mi trattiene a lui.

    «Non concordo. Infatti, potremmo, per errore s’intende, fomentare le voci su certe implicazioni già espresse stanotte».

    Joshua si fa più serio, minaccioso, mentre sono intenta a fissare Max fermo di fronte a me.

    «Quanto sa?».

    «Sono riuscito a omettere molti dettagli, ma ho dovuto cedere e confessare di aver avuto il tuo aiuto».

    «E di Alex?».

    Una vena di disappunto gli attraversa il viso quando sente quel nome, tuttavia sono troppo presa dal discorso per curarmi del fatto che ciò possa essere notato da altri.

    «Nulla».

    «Se ti sei trovato alle strette, perché non mi hai contattata?».

    «Cosa avresti fatto? Saresti corsa a cercarmi per farti ammazzare? Per non rischiare, ho tolto la collana prima di presentarmi da Joshua. Ero convinto mi avrebbe eliminato seduta stante, non senza una punizione esemplare come monito per tutti. Invece, mi ha riservato solo la seconda parte del trattamento».

    «Cosa ti ha fatto?».

    È tutto così assurdo. È la seconda volta che chi amo paga a caro prezzo il legame con me, il ricordo di Edward e le sue torture al mio Sire sono ancora vive nella mia memoria e capaci di tormentarmi. Non ho il tempo di aggiungere altro,

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