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E-book274 pagine4 ore

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Info su questo ebook

Mirko è un pilota di F1. Ha ventitré anni e corre in questa categoria sin da bambino, con suo fratello gemello Dimitri. Vanno molto d’accordo, ma l’armonia tra i due viene meno alla morte del nonno avvenuta in un incidente stradale. Quest’ultimo, lascia più della metà della sua eredità a Mirko escludendo quasi completamente Dimitri dal testamento.

La polizia chiude l’indagine, ma Mirko insospettito da alcuni dettagli, comincia a indagare da se, scoprendo che il nonno correva nelle corse clandestine.

Mirko, proverà a portare alla luce la verità, riguardo la notte dell’incedente, trovando dietro quest’ultima un retroscena inquietante.
LinguaItaliano
Data di uscita9 dic 2019
ISBN9788831649643
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    Anteprima del libro

    Pronto a Correre - Giuseppe Bollino

    info@youcanprint.it

    Incipit

    Tutto nella vita può cambiare da un momento all'altro e soprattutto quando sei all'apice della tua carriera, non pensi mai che qualcosa alla fine sconvolgerà l'equilibrio perfetto che sei riuscito a creare.

    Quell'anno fu strano, insolito e forse il più difficile della mia vita.

    Successero così tante cose una dopo l'altra, che mi portarono a pensare che tutta la fortuna avuta in precedenza avesse un prezzo e che in quell'anno la vita chiedesse il conto con gli interessi.

    1

    Non so bene quando, come e perché sia nata la mia passione per le auto. Probabilmente sarò nato con questo pensiero già impiantato nel cervello, perché da quanto ne ho memoria, ho sempre pensato alle auto. Ricordo vagamente i miei primi anni di vita, il dettaglio più importante era che avevo sempre un'automobilina tra le mani con la quale immaginavo di correre. Questo indusse mio nonno Alfredo, ex pilota di F1 e Rally a lanciarmi nel mondo delle corse. Infatti, il mio primo vero ricordo è su un kart all'età di sei anni, da lì credo sia nata la mia seconda passione, quella per le corse che mi ha condotto fino alla F1. Ho fatto enormi sacrifici per arrivare in cima, ma alla fine la soddisfazione di vincere da esordiente il mio primo mondiale in Alfa Romeo valeva tutti quei sacrifici. Nonno Alfredo aveva puntato tutto su di me e mio fratello gemello Dimitri. Credeva molto in noi, diceva sempre che avevamo le capacità per diventare i migliori in circolazione, e aveva ragione. Insieme avevamo fatto tutto il percorso nei kart, nelle formule minori, dividendoci le vittorie dei titoli, infine, arrivati in F1, nel nostro primo anno in Alfa Romeo fummo compagni di squadra. Questo non compromise il nostro rapporto, anzi in un certo senso lo rafforzò. La competizione tra me e lui in pista sfociava spesso in accesi testa a testa, per il primo posto, mentre il rapporto fuori dalla pista era di una complicità unica. Al termine di quella stagione, culminata con la vittoria del mio primo mondiale, fui chiamato in Ferrari, mentre lui scelse di correre in Mercedes.

    Nei due anni successivi, mi aggiudicai senza alcun problema, due mondiali piloti e costruttori consecutivi. L'auto era semplicemente perfetta e grazie a essa nel mio secondo anno realizzai il record di punti in una singola stagione, finendo a podio in tutte le gare del mondiale e distinguendomi come il più giovane pilota a vincere tre mondiali di fila.

    Tutto in quei miei primi tre anni in F1 andò per il meglio e anche nella vita di tutti i giorni le cose precedevano a gonfie vele. Quando non ero impegnato con le corse, trascorrevo il tempo nella mia città natale, Manfredonia. Era una città marittima, situata a sud del Gargano, sull’omonimo Golfo. Il centro storico, di media grandezza, era di tipo medievale. Corso Manfredi la via principale, era l’arteria pulsante del centro cittadino. Lungo di esso vi erano varie attività commerciali, locali, la sede del comune e l’antico castello Svevo Angioino. Il lungomare si estendeva per quasi sette chilometri dalla località di Siponto, sino alla Riviera Acqua di Cristo. Tutt’intorno, si trovavano case di costruzione più moderna, fino alla periferia, dove i palazzi erano più alti.

    Vivevo da solo, in una villetta a pochi chilometri dal centro, che avevo acquistato, durante il mio primo anno di F1, da un vecchio ragioniere. La casa era una vecchia villetta su un piano degli anni 60. Era di colore bianco, con il tetto di mattoni rossi. A essa si accedeva da una piccola salita in lastricato grigio, che terminava davanti alla casa con un piccolo spiazzale, dal quale si poteva ammirare tutta la pianura sottostante e in lontananza la città. A sinistra della casa c’era un piccolo garage, all’interno del quale erano parcheggiate le mie due Ferrari: una 488 GTB e una rara 288 GTO, entrambe rosse. Le altre tre auto, una Fiat 500 f rossa, una BMW Serie 3 E30 nera e una vecchia Porsche 911 blu, erano parcheggiate all’aperto.

    La porta d’ingresso si trovava sotto un portico con quattro colonne portanti bianche, dove erano poste due panchine, una a destra e l’altra a sinistra della porta. L’interno era arredato secondo lo stile dell’epoca, fatta eccezione per la TV e gli elettrodomestici. Era veramente un bel posto in cui vivere.

    Nonostante avessi scelto di andare a vivere da solo molto presto, il rapporto con la mia famiglia era ottimo. I miei genitori Camilla e Mauro erano delle persone deliziose, che avevano sempre sostenuto le mie passioni. Avevamo da sempre vissuto una vita molto agiata, ma non eravamo quel tipo di famiglia che andava vantandosi di questo, anzi cercavamo di essere quanto più discreti possibile a riguardo, tutti a parte Dimitri. Lui era totalmente diverso: gli piaceva godersi la vita, spendere soldi in auto, donne e divertimenti. Di aspetto eravamo identici, entrambi alti e magri, viso sottile, barba e capelli castani corti, occhi marroni, mentre caratterialmente eravamo opposti. Non c'era nulla tra noi che combaciasse su questo punto: gentile, premuroso e riservato io, arrogante, strafottente ed estroverso lui. Ed era proprio il fatto che fossimo così diversi, su questo punto in particolare, che ci legava tanto.

    Tutto cambiò con l'inizio di quel difficile anno, nel quale dovetti affrontare forse più difficoltà di quante mi aspettassi.

    Avevo ventitré anni e tre mondiali vinti alle spalle, ma nonostante ciò sapevo che quell'anno, quel mondiale, sarebbe stato avvincente forse più dei precedenti. Già in Australia la tensione che precedeva il weekend di gara era a mille. Dalle dichiarazioni del team manager Mercedes si presagiva un netto miglioramento delle prestazioni dell'auto e mio fratello in conferenza si dimostrò più che intenzionato a battermi. Anche noi in Ferrari sentivamo un'atmosfera diversa, come se in quell'anno ci sarebbe stato uno spostamento di equilibri totale. In effetti, nei test la Mercedes era stata la migliore, imponendosi in quei tre giorni, come prima e seconda, dando anche a noi distacchi considerevoli. D'altro canto noi sapevamo di avere l'auto migliore nel passo gara, come dimostrato nei test a Maranello, quindi ci sarebbe stata più battaglia.

    Il venerdì mi preparai a svolgere le prime prove libere e giunsi al circuito carico come non mai. Indossai la tuta rossa, con calma, quasi come un rituale, poi i guanti neri e infine il casco bianco con le strisce centrali nere e rosse. Entrai nel box, ed ecco finalmente davanti ai miei occhi la nuova monoposto Ferrari. La guardai con occhi sognanti, quasi fosse la cosa più bella del mondo. Le girai intorno, accarezzando le sue linee sinuose, fino a trovarmi di fronte ad essa. Nella parte superiore del musetto, capeggiava il numero tre, il mio preferito. Tutto sembrava perfetto. Non vedevo l’ora di guidarla.

    Salii a bordo, allacciai le cinture e montai il volante. I meccanici, accesero il motore e uscii dal box. Fu un’emozione, ritornare a guidare in pista. Dopo qualche giro, cominciai ad andare più veloce. Questo però non bastò. Infatti, entrambe le Mercedes, si piazzarono costantemente, prima e seconda, in entrambe le sessioni, mentre sia io, sia il mio compagno di squadra, Jacob Stevens, seguivamo loro con un discreto margine. Terminate le prove, raggiunsi Dimitri e mi complimentai per la prestazione: Bravo fratello. La tua Mercedes aveva proprio un gran passo oggi. Non me lo aspettavo.

    Te l’ho detto, che questo sarebbe stato l’anno giustodisse con il suo solito fare arrogante.

    Dimitri, siamo ancora all’inizio. Non parlare a vanvera, come fai solitamente e poi ritorni a casa con la coda tra le gambe.

    Non sto scherzando, quest’anno ti batto.

    Va bene, ti aspetto dissi con una punta di sarcasmo.

    Parlando d’altro, cosa vuoi fare stasera ?

    Mmm, un giro per Melbourne.

    Sbuffò Come se non la conoscessi già abbastanza.

    Dai fratello, sarà divertente. E poi, le altre volte, non l’abbiamo mica visitata tutta.

    E’ vero. Ma credo sarà noioso, non so se venire o no.

    Va bene, se non vuoi, vado da soloe m’incamminai verso la mia auto.

    Lui restò fermo per qualche secondo, poi come se colpito da un fulmine, corse verso di me.

    Aspetta fratello. Non dirai sul serio, spero.

    Certo che dico sul serio. Tu mi hai chiesto cosa volessi fare stasera e io ti ho detto quello che avrei voluto fare, ma a te come al solito non sta bene, quindi lo faccio da solo.

    Si lasciò sfuggire un’imprecazione e disse irritato: Va bene, vengo anch’io.

    Guarda che se non vuoi, nessuno ti costringe a farlo eh.

    No, ci ho ripensato, voglio venire.

    Okay ci vediamo in hoteldissi prima di salire a bordo della Ferrari 488 rossa della scuderia.

    Lui entrò nella sua Mercedes GT AMG grigia e partì. Vedendolo andar via, scossi la testa sorridendo e lo seguii. Era così con lui, ogni volta sempre la stessa storia. Eravamo spesso in disaccordo sulle cose da fare e pur di non restar solo, lui accettava. Odiava stare solo, sembrava quasi ne avesse paura. Al contrario, io, adoravo trascorrere il tempo in solitudine, allenandomi o leggendo un buon libro. Volevo molto bene a mio fratello e molte volte, sacrificavo il mio tempo, per non lasciarlo da solo.

    Quella sera dopo essere arrivato in hotel, ci incontrammo nella hall e trascorremmo la serata in giro per la città. Inizialmente parve leggermente irritato, perché ogni volta che ci trovavamo lì a Melbourne, proponevo sempre il giro della città, che ormai conoscevo quasi a memoria. Poi però dopo qualche foto con alcuni fan, cominciò pian piano a rallegrarsi e a godersi la serata al meglio. Inutile dirlo, a lui piaceva la popolarità e l’essere costantemente al centro dell’attenzione e come al solito mi rubò la scena.

    A questo proposito, mentre passeggiavamo in centro, gli dissi: Vedo che ti stai godendo la serata. E dire che non volevi neanche uscire.

    Beh sai, ho pensato che non fosse poi tanto male come idea. E’ stato divertente incontrare i fan.

    Si erano molto simpatici.

    Le ragazze erano carine. Peccato non aver chiesto loro il numero.

    Scossi la testa: Non ti smentisci mai, pensi sempre e solo alle donne.

    Perché c’è qualcosa di più bello ? O forse non ti piacciono ?

    Certo che mi piacciono. Solo che non vado civettando con le prime che passano.

    Ah si è vero. Sei ancora in fissa per quella. Come si chiama… ah si Rebecca. Quando ti deciderai ad invitarla ad uscire ?

    Non lo so, devo vedere un po’.

    Cosa di preciso dovresti vedere, invitala ad uscire e basta. Se non ti sbrighi, ti scappa e poi la rimpiangi. Quindi datti una mossa.

    Okay lo farò.

    Non ti vedo convinto.

    Presi così il telefono e davanti ai suoi occhi increduli, invitai Rebecca a uscire.

    Non ci posso credere, l’hai fatto.

    Si così stai zitto.

    Credimi fratello, hai fatto bene. Spero con tutto il cuore che accetti.

    Grazie Dimitri dissi con un ampio sorriso.

    Figurati Mirko.

    Tornammo così in hotel, gli diedi la buonanotte e tornai in camera. La mattina dopo mi diressi come di consueto al circuito, per la terza sessione di prove libere e per le qualifiche. Entrambe le Mercedes furono nettamente superiori per quasi tutta la durata delle qualifiche e riuscii a qualificarmi solo terzo. Dimitri, che partiva in prima posizione, non era più nella pelle. Dopo le interviste decisi di cenare e poi restare a dormire nel motorhome.

    Nonostante fossi molto stanco, l'ansia e la tensione erano così alte che non riuscii a dormire, così in piena notte, mi alzai, mi rivestii e andai a fare due passi nel paddock deserto. Mentre camminavo notai sul tetto di uno dei box una persona e incuriosito mi avvicinai per vedere meglio chi fosse: era Dimitri.

    Neanche tu riesci a dormire, eh fratello ? mi chiese.

    Esatto.

    Dai sali su, ti offro da bere.

    Lo raggiunsi sul tetto, mi passò una Coca-Cola, brindammo e per un po' restammo in silenzio a bere, seduti sul cornicione.

    Fratello, ho una strana sensazione riguardo quest'anno, sento che sarà diverso dagli altri dissi guardandolo.

    Beh, devo dirti la sincera verità, anch'io penso sarà diverso, non solo qua, ma anche fuori. Sento che qualcosa cambierà, ne sono sicuro.

    Staremo a vedere, comunque proviamo a dormire, che domani sarà una gara tosta per entrambi.

    Sì, hai ragione andiamo.

    Scendemmo dal tetto e ci incamminammo verso i nostri alloggi. Arrivato il momento di dividerci, ci scambiamo a vicenda un in bocca al lupo per la gara e tornammo a letto.

    La mattina della gara, dopo la consueta riunione con il team, per definire le varie strategie da adottare, andai a indossare la tuta e restai nel box a dare una mano ai meccanici a sistemare gli attrezzi. Un'ora prima dell'inizio, liberate le auto da regime di parco chiuso, con il resto dei piloti assistemmo all'esecuzione dell'inno nazionale Australiano, dopodiché salii in auto per fare qualche giro, prima della partenza. Un quarto d'ora dopo, andai a collocarmi nella terza casella e scesi dall'auto, mentre i meccanici eseguivano gli ultimi accorgimenti.

    Risalii in auto, fu acceso il motore e allo scattare del semaforo verde, partimmo per il giro di ricognizione, nel quale scaldai bene le gomme Pirelli a mescola morbida. Arrivati sul rettilineo di partenza, mi riposizionai sulla terza casella e aspettai l'accensione dei cinque semafori rossi. La tensione in quei dieci secondi che precedevano la partenza era a mille. Allo spegnimento dei semafori partii e subito insidiai la seconda posizione, mettendomi alle spalle di Dimitri, che provai a sorpassare nella staccata successiva, ma chiudendomi l'interno tenne la posizione. Per quasi metà gara dovetti restare alle sue spalle, nonostante più volte avessi tentato di sorpassarlo, ma dopo il cambio gomme cominciai a recuperare secondi e a dieci giri dalla fine il suo vantaggio era di un solo secondo. Mi avvicinai sempre di più e in meno di un giro riuscii a sorpassarlo in staccata alla fine del rettilineo di partenza. Cominciai così ad aumentare il vantaggio e quando, terminato l'ultimo giro, tagliai il traguardo, avevo accumulato circa cinque secondi. Fui contattato via radio e con mia sorpresa a parlare fu il nonno: Credo ne sia valsa veramente la pena fare tutte quelle ore di viaggio. Bravissimo figliolo era da tanto che non vedevo una gara così. Bel lavoro.

    Grazie nonno, il team ha fatto un lavoro, straordinario.

    Anche tu lo sei stato e chiuse il collegamento.

    Dopo il giro d'onore, parcheggiata la mia Ferrari sotto il podio, andai a festeggiare con i meccanici e con nonno Alfredo.

    Arrivò così il turno delle prime interviste post gara dell’anno nelle quali dichiarai: Devo ammetterlo la Mercedes quest’anno è davvero competitiva, ho avuto difficoltà a sorpassare mio fratello per la prima parte di gara. Poi anche grazie alla strategia attuata dalla squadra, siamo stati bravi a recuperare il distacco e come avete visto, a pochi giri dalla fine ho sorpassato Dimitri. Nonostante questo devo fare i complimenti a mio fratello per la grande gara che ha fatto. Credo che questo sarà un anno in cui ci sarà da combattere.

    Fu poi intervistato Dimitri che si complimentò con la squadra per il passo gara dell’auto e si rammaricò per la vittoria sfumata, facendomi i complimenti per la vittoria, aggiungendo che fossi stato molto fortunato.

    Scossi la testa alzando gli occhi al cielo, come il solito mio fratello non sapeva perdere e mentre salivamo sul podio mi avvicinai: Cominciamo bene fratello, siamo già uno a zero per megli dissi.

    Stai zitto, che è stata solo fortuna la tua. La prossima la vinco io.

    Come ogni anno allora e scoppiai a ridere. Sbuffò irritato e non disse nulla così continuai, stavolta serio A parte gli scherzi quest’anno, la tua auto c’è. Indubbiamente. Come ho detto nell’intervista ci sarà veramente da combattere, sarà divertente.

    Alzò le spalle, dopodiché ci chiamarono sul podio per la cerimonia di premiazione e dopo l’esecuzione dell’inno, la consegna dei trofei e la doccia di champagne, scendemmo dal podio per le altre interviste. Finito tutto questo, tornai nel mio alloggio per fare una doccia e uscito da li, trovai ad attendermi fuori nonno Alfredo. Nonostante i suoi sessantacinque anni il nonno ne dimostrava molti meno: era alto, magro, capelli e baffi bianchi, occhi verdi, viso sottile. Vestiva sempre in modo molto giovanile e sportivo e caratterialmente era molto simile a me.

    Si complimentò ancora una volta con me: Bravo figliolo hai fatto veramente una grande gara.

    Grazie nonno. Come ho detto bisogna fare anche i complimenti a Dimitri, anche lui ha fatto una gara fenomenale. Lo ripeto ancora ci sarà da combattere quest’anno.

    Finalmente un po’ di competitività. A proposito sai dov’è tuo fratello, l’ho chiamato ma non risponde al telefono, volevo scambiare due parole con lui.

    Hai provato nel suo alloggio ?

    Sì ma non c’era.

    Allora di sicuro sarà in riunione con il team, aspetta un altro po’ e prova a richiamarlo. Nel frattempo vuoi venire a mangiare qualcosa con me ?.

    Rifiutò la mia proposta e dopo avermi salutato, andò via. Mi era sembrato preoccupato durante la nostra conversazione, come se fosse successo qualcosa, ma non restai a pensarci troppo su e andai a mangiare. Verso sera preparai le valigie e mentre mi dirigevo verso l’aeroporto, incontrai Dimitri e il nonno che discutevano animatamente, ma appena mi videro arrivare smisero di parlare. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, nonostante ciò non feci menzione della cosa né a uno né all’altro. Atterrati in Italia, dopo il viaggio di ritorno a Manfredonia, ci separammo, il nonno tornò alla sua imponente villa fuori città, mentre io mi offrii di accompagnare Dimitri a casa con il pretesto di poterne sapere di più riguardo all’avvenimento precedente.

    Ho visto che prima discutevi con il nonno. E’ successo qualcosa ? gli chiesi.

    No, nulla di che, solite cose per le quali finiamo sempre discutere.

    Immaginavo. Cosa ti ha criticato stavolta ?

    Alzò le sopracciglia: Il fatto che nelle interviste, sono stato poco professionale quando ho detto che hai avuto molta fortuna a vincere. Ovviamente mi ha fatto molto arrabbiare la cosa, perché io sono libero di dire ciò che voglio. Feci spallucce: Mah non lo so, comunque hai ragione tu stavolta, non sta di certo a lui dirti ciò che devi o non devi dire nelle interviste. Lascialo stare gli passerà.

    Guarda non m’importa se gli passerà o no, sta di fatto che ora in poi non si metta più in mezzo a cose che non gli riguardano.

    Eravamo arrivati a casa sua, un vecchio palazzo con cortile interno, in pieno centro storico, così ci salutammo e gli diedi appuntamento per il giorno dopo. Tornai a casa e parcheggiata la mia BMW serie 3 accanto alla Fiat 500, andai a sistemare la mia roba, feci una doccia e siccome era già molto tardi, mi addormentai.

    2

    Il mattino seguente, fui svegliato dal suono insistente di un clacson. Immaginando già chi fosse, uscii da casa e andai ad aprire il cancello. Dietro di esso c’era una Ford Escort Coswort verde e al suo interno la mia migliore amica, Dafne, che aspettava impaziente. Dafne era il tipo di ragazza della quale ti saresti innamorato solamente a guardarla: magra, di statura media, capelli neri mossi, occhi azzurri, labbra grandi e viso sottile. Caratterialmente sapeva essere dolce, ma molto spesso era acida, diretta e senza peli sulla lingua. Era un’esperta d’informatica e computer, e riusciva a trovare qualsiasi cosa le fosse richiesta. Il nostro rapporto ha avuto diverse sfaccettature e inizialmente per un breve periodo eravamo anche stati insieme, poi vedendo che la nostra storia non funzionava, ci lasciammo rimanendo comunque buoni amici e credo che per entrambi quella fosse la migliore scelta. Da amici scoprimmo lati di noi inespressi durante la relazione e questo ci legò molto più di prima. Buongiorno dormiglione, hai visto che ora è? Ti sembra normale farmi aspettare tutto questo tempo ? fece appena mi vide arrivare.

    Dafne sono tornato alle tre di notte è normale che voglia dormire un po’ di più. Poi perché dici che ti abbia fatto aspettare, quando non avevamo alcun impegnodissi sbuffando.

    In effetti, non avevamo alcun impegno, vabbè ora sono qui, facciamo qualcosadisse divertita.

    Alzai gli occhi al cielo infastidito aprii il cancello, la feci entrare e risalii verso casa. Aspettai che Dafne parcheggiasse l’auto e quando mi raggiunse chiese: Beh che facciamo ?

    Ero ancora assonnato e leggermente infastidito: Dafne non lo so, adesso vediamo. Se tu mi avessi chiamato, probabilmente, mi sarei organizzato meglio.

    Beh, ti ho chiamato varie volte, ma vedendo che non mi rispondevi, sono venuta a vedere se eri in casa.

    Ho capito, dammi il tempo di vestirmi e poi vediamo che fare.

    Entrai in casa, indossai una felpa nera, un paio di jeans scuri e delle Nike bianche e la raggiunsi. Erano già le dodici e trenta passate, così le proposi di pranzare in città, lei accettò, e presa la mia Porsche 911 blu del 1973 ci avviammo.

    Arrivati in città, decidemmo di pranzare in un ristorante sul porto turistico, "Com’è andato il

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