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La linea sul mare. Le isole Spratly nel confronto Indo-Pacifico tra Cina e USA
La linea sul mare. Le isole Spratly nel confronto Indo-Pacifico tra Cina e USA
La linea sul mare. Le isole Spratly nel confronto Indo-Pacifico tra Cina e USA
E-book321 pagine3 ore

La linea sul mare. Le isole Spratly nel confronto Indo-Pacifico tra Cina e USA

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Info su questo ebook

Se noi dovessimo rivendicare la nostra sovranità sull'intero Mar Mediterraneo perché esso fu dominato dall'Impero Romano, tutti riderebbero. La Cina oggi rivendica la sua sovranità sull'intero Mar Cinese, ma nessuno ride, anzi sono tutti molto, molto preoccupati. Napoleone disse "quando la Cina si desterà, il mondo tremerà". Noi siamo testimoni delle prime scosse, che si propagano in molte forme diverse attraverso tutto il pianeta. Questo libro narra una vicenda iniziata 600 anni fa all'inizio dell'epoca Ming, che oggi viene ripercorsa dal colosso asiatico per ottenere nuovamente il suo antico ruolo di supremazia sul continente e sui mari che lo circondano. La Cina negli ultimi trent'anni ha fatto passi da gigante, come è sempre stato del resto nella sua natura, risvegliandosi da un sonno profondo che l'aveva condotta a vivere terribili tragedie, e dopo avere ricostituito la sua potenza si è nuovamente affacciata sul mondo che la circonda. Il mondo però nel frattempo è cambiato, grandi paesi come l'India, che un tempo erano divisi in una miriade di piccoli principati, sono oggi uniti e quindi protagonisti nella storia asiatica. Altre potenze estranee all'Asia ne dominano e proteggono alcuni lembi, eretti a difesa dell'Oceano che le protegge e ne lambisce le coste occidentali. Nazioni evolute e popolose, poste dalla geografia presso passaggi marittimi obbligati, sono eredi di microscopiche entità che in passato non ebbero altra scelta che accogliere o subire la potenza del Celeste Impero. Infine esiste un convitato di pietra che per il momento tace ed attende. La Cina questa volta quindi dovrà affrontare difficoltà molto maggiori nel tentativo di imporsi, quando sarebbe probabilmente molto più facile convivere con coloro che la circondano. La prima puntata di questa storia inizia nel Mar Cinese, dove Pechino rivendica la sua sovranità su un pulviscolo di isolette e scogli perché quel mare cela grandi ricchezze sui suoi fondali ed é percorso dai traffici mercantili che alimentano l'intera Asia.
LinguaItaliano
Data di uscita7 gen 2020
ISBN9788831655729
La linea sul mare. Le isole Spratly nel confronto Indo-Pacifico tra Cina e USA

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    La linea sul mare. Le isole Spratly nel confronto Indo-Pacifico tra Cina e USA - Stefano Cariolato

    LA LINEA SUL MARE

    Stefano Cariolato

    Il confronto nel Mar Cinese Meridionale

    tra Cina e USA per le isole Spratly

    I Edizione Ebook

    a Roberta

    Introduzione 

    Se l'Italia rivendicasse l'intero Mar Mediterraneo come diritto storico acquisito dall'Impero Romano, tutti riderebbero; oggi la Cina rivendica l'intero Mar Cinese come suo diritto storico, acquisito all'inizio dell'Impero Ming, ma nessuno ride, anzi sono tutti molto, molto preoccupati.

    Napoleone disse quando la Cina si desterà, il mondo tremerà. Noi siamo testimoni delle prime scosse, che si propagano in molte forme diverse attraverso tutto il pianeta.

    Questo libro narra una vicenda iniziata 600 anni fa all'inizio dell'epoca Ming, che oggi viene ripercorsa dal colosso asiatico per ottenere nuovamente il suo antico ruolo di supremazia sul continente e sui mari che lo circondano. 

    La Cina negli ultimi trent'anni ha fatto passi da gigante, come è sempre stato del resto nella sua natura, risvegliandosi da un sonno profondo che l'aveva condotta a vivere terribili tragedie, e dopo avere ricostituito la sua potenza si è nuovamente affacciata sul mondo che la circonda.

    Il mondo però nel frattempo è cambiato, grandi paesi come l'India, che un tempo erano divisi in una miriade di piccoli principati, sono oggi uniti e quindi protagonisti nella storia asiatica. 

    Altre potenze estranee all'Asia ne dominano e proteggono alcuni lembi, eretti a difesa dell'Oceano che le protegge e ne lambisce le coste occidentali. 

    Nazioni evolute e popolose, poste dalla geografia presso passaggi marittimi obbligati, sono eredi di microscopiche entità che in passato non ebbero altra scelta che accogliere o subire la potenza del Celeste Impero. 

    Infine esiste un convitato di pietra che per il momento tace ed attende.

    La Cina questa volta quindi dovrà affrontare difficoltà molto maggiori nel tentativo di imporsi, quando sarebbe probabilmente molto più facile convivere con coloro che la circondano. La prima puntata di questa storia inizia nel Mar Cinese, dove Pechino rivendica la sua sovranità su un pulviscolo di isolette e scogli perché quel mare cela grandi ricchezze sui suoi fondali ed è percorso dai traffici mercantili che alimentano l'intera Asia. 

    La disputa delle isole Spratly 

    Si tratta di una questione di vecchia data tra le sei parti interessate (Cina, Taiwan, Vietnam, Filippine, Malesia e Brunei) al Mar Cinese Meridionale (MCM). L'Indonesia non partecipa alla disputa sulle Spratly, ma nella porzione più meridionale del MCM esiste l'arcipelago indonesiano delle Natuna, sulla cui sovranità sinora nessuno ha sollevato obiezioni ufficiali.

    A causa della sua natura complessa, la controversia è rimasta irrisolta per molti anni. Le Spratly sono un gruppo di isole, isolotti e scogliere, tra cui più di 100 barriere coralline talvolta classificate come vecchi atolli sommersi, dislocati nel Mar Cinese Meridionale.

    L'arcipelago si trova al largo delle coste delle Filippine, della Malesia e del Vietnam meridionale, estendendosi sino a 1400 km di distanza dalle coste dell'isola cinese di Hainan. Prende il nome dal capitano britannico di caccia alle balene Richard Spratly, che avvistò Spratly Island nel 1843. Esso include  meno di 2 km2 (490 acri) di terreno fertile, e si estende su un'area di oltre 425.000 km2.

    Secondo la disposizione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, solo quaranta località delle Spratly devono essere considerate isole, mentre le restanti formazioni naturali costituenti l'arcipelago sono sommerse o emergenti solo durante la bassa marea.

    Le Spratly sono l'arcipelago più importante nel Mar Cinese Meridionale, il che rende difficile la eventuale definizione della sovranità su di loro gravante  a causa della loro posizione strategica lungo rotte di navigazione di estrema importanza. Le isole non hanno abitanti indigeni, ma offrono ricche zone di pesca; inoltre i fondali marini in quella zona ospitano ricchi giacimenti di idrocarburi, sia liquidi che gassosi, e ciò rende quell'area estremamente attraente per tutti coloro che pensano di avere titolo per accampare diritti.

    Sebbene la maggior parte delle formazioni dell'arcipelago Spratly siano improduttive, inabitabili e contengano poche risorse terrestri, esse sono strategicamente, politicamente ed economicamente importanti a causa del loro status giuridico, grazie al quale le parti in conflitto possono rivendicare la giurisdizione sul mare ed i diritti di sfruttamento delle risorse nel Mar Cinese Meridionale, a norma del diritto internazionale.

    Queste caratteristiche delle Spratly sono quindi molto importanti per i Paesi rivendicanti, nei loro tentativi di stabilire confini marittimi internazionali nel Mar Cinese Meridionale, perché la sovranità eventualmente riconosciuta su queste formazioni naturali darà loro diritto ad una estesa Zona Economica Esclusiva (ZEE). 

    Sebbene alcune isole abbiano insediamenti civili, la maggior parte delle Spratly sono utilizzate a scopi militari da Cina, Malesia, Filippine, Taiwan e Vietnam. Il Brunei ha rivendicato solo una zona economica esclusiva nella parte sud-orientale delle Spratly, Louisa Reef, che è disabitata. Nessuna formazione delle Spratly è utilizzata a scopi militari dal Brunei.

    La Cina, Taiwan e il Vietnam rivendicano tutti l'interezza delle Spratly.

    Le Filippine rivendicano una serie di formazioni incluse nel suo gruppo di isole Kalayaan. La Malesia ne rivendica alcune e il Brunei solamente una barriera corallina. Oltre sessanta Spratly sono occupate dai paesi rivendicanti. Il Vietnam ne occupa ventisei, le Filippine ne occupano nove, la Cina sette, la Malesia cinque e Taiwan ne occupa una sola, l'isola più grande.

    In conclusione, nessuna rivendicazione è completamente fondata secondo il diritto internazionale, ma nessuna, a parte quella cinese, è completamente infondata. Si tratta purtroppo di un coacervo di ragioni e torti tra parti che non sono riuscite in molti anni a raggiungere nemmeno un accordo di sfruttamento congiunto, ai quali si sovrappone una pretesa cinese che ignora i diritti di tutti gli altri Paesi.

    La situazione complessiva

    Il mondo al quale eravamo abituati, bello o brutto che fosse nel nostro giudizio, sta cambiando, e forse non per il meglio, almeno a breve termine. La Pax Americana, stabilita dagli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale in Occidente ed allargata all'intero pianeta dopo la caduta dell'Unione Sovietica è in crisi. Quell'ordine liberale, dominato dagli Stati Uniti ma basato su regole condivise è in declino, alimentato anche da quella stanchezza americana per le guerre e le spese che ha portato alla Casa Bianca Trump. E l'Europa non è più il centro focale della politica mondiale, oramai è solo una debole e disordinata periferia. Sempre più spesso i sistemi liberali e democratici subiscono una involuzione autoritaria anche se seguono procedure elettorali e istituzionali legali, oppure finiscono in situazioni di stallo politico tra fazioni irriducibilmente avverse. È quanto sta succedendo in molti paesi governati in passato da democrazie liberali, in Europa e in tutto il mondo, dall’America di Trump alla Turchia, Polonia ed Ungheria, all'Italia, Spagna e Gran Bretagna, e magari domani la Germania. Purtroppo questa nuova patologia politica dell'Occidente, oltre a premiare le ali estremiste della politica ed i populisti che propongono ricette facili ma fallaci, finisce per avvantaggiare i regimi autoritari che l'opinione pubblica, dall'una e dall'altra parte, percepisce come eguali nella sostanza alle democrazie in crisi ma esenti dal loro disordine. I due maggiori regimi autoritari che le confrontano sono la Russia di Putin e la Cina di Xi Jinping: mentre la prima si è concentrata nel recupero della passata potenza sovietica, la seconda è stata protagonista di una tumultuosa crescita economica e tecnologica, che l'ha portata in trent'anni a superare l'Europa e ad insidiare la supremazia mondiale americana.

    In questo secolo quindi molto probabilmente la partita planetaria per il potere si svolgerà in Asia. Le grandi potenze infatti sono là impegnate nelle ridefinizione delle loro posizioni strategiche, non solo sul piano militare, ma soprattutto sul piano economico e tecnologico. 

    Oltre al risorgimento russo il più importante fattore di novità è infatti la rapida crescita del gigante cinese, che adottando criteri economici capitalistici accanto alla tradizionale economia assistita è riuscito a raggiungere dimensioni economiche ragguardevoli ed una notevole modernizzazione produttiva. Avvantaggiata dalla globalizzazione seguita alla fine della guerra fredda e favorita dall'ordine internazionale a guida americana, la Cina ha sviluppato la capacità di plasmare la politica internazionale. Questo notevole progresso, oltre a lanciare la Cina nell'orbita delle superpotenze, ha anche prodotto dei fenomeni collaterali, vale a dire:

    Una accresciuta dipendenza economica cinese dall'estero, sia in termini di esportazioni che di importazioni, quest'ultime soprattutto di materie prime.

    Ha completamente rivoluzionato il bilancio energetico nazionale, trasformando il Paese nel maggiore importatore di petrolio al mondo. 

    Conseguentemente ha rovesciato una storica tradizione cinese di autosufficienza ed isolamento dal resto del mondo, favorendone quindi una attiva partecipazione alla politica globale ed una attentissima protezione dei suoi interessi nazionali.

    La rapida crescita cinese ha causato inoltre dei cambiamenti nelle sue relazioni con gli altri maggiori protagonisti sulla scena asiatica oltre alla Russia, vale a dire Stati Uniti, Giappone ed India, conducendo a possibili mutamenti nell'equilibrio di potere in Asia e ad una ridefinizione del ruolo svolto dalla Cina nel suo ambito. Ma proprio in forza della stazza dei maggiori attori sulla scena e delle insopprimibili esigenze economiche cinesi, l'evoluzione in atto non può essere considerata un problema unicamente asiatico, bensì costituisce una questione globale che interessa praticamente tutti. 

    L'attuale proiezione territoriale della Cina è inoltre diretta verso Sud e verso Est, mentre i rapporti con l'alleata Russia a Nord e le repubbliche ex-sovietiche ad ovest sono tranquilli: i cinesi in questo momento quindi, come già seicento anni fa, hanno lo sguardo rivolto al mare di casa ed agli oceani che lo racchiudono, dove però incontrano degli altri protagonisti. 

    La più importante delle relazioni geopolitiche a questo riguardo è senz'altro quella tra Stati Uniti, il più forte protagonista militare, e la Cina, loro rivale per la supremazia nell'arco geografico che va dallo Stretto di Malacca sino alla Corea. Lungo questo corridoio marittimo si trovano infatti per i cinesi i maggiori nodi da sciogliere, ovvero l'accesso all'Oceano Indiano attraverso il Mar Cinese Meridionale, in mezzo l'isola di Taiwan che essi rivendicano ed intendono riassorbire, a Nord-Est il mare che bagna le coste della secolare amica Corea e del secolare nemico giapponese. Anche quest'ultimo è ovviamente coinvolto nel confronto, così come l'India che intende giocare un ruolo importante nel proprio oceano ma intende allo stesso tempo evitare confronti militari, sia alla frontiera del Tibet cinese che contro il Pakistan alleato della Cina. Per quanto riguarda infine la Russia, al di là dell'appoggio delle tesi cinesi, essa non partecipa alla partita in corso come protagonista, bensì come interessato osservatore, pronto però a dimostrare apertamente la sua posizione politica quando occorre: nel Settembre 2016 ad esempio essa partecipò con le sue navi ed i suoi marines ad una esercitazione congiunta con la marina Cinese nelle acque a Nord delle isole Paracel, occupate in passato dalla Cina dopo averle sottratte al Vietnam con una azione militare. Si tratta ovviamente di semplici posizioni diplomatiche, quando i veri interessi sono in gioco - come nel caso della controversia dell'Ussuri - l'atteggiamento muta radicalmente. Sia la politica cinese che la posizione diplomatica russa sono evidentemente fortemente avversate dagli Stati Uniti, i quali però manifestano una posizione del tutto analoga per quanto riguarda la pretesa di Israele di annettere i territori palestinesi. Secondo la maggior parte degli osservatori, la decisione dell'amministrazione Trump di trattare l'insediamento di Israele nei territori palestinesi come una iniziativa legale è una smentita da parte degli Stati Uniti di una norma quasi universalmente accettata del diritto internazionale. Gli Stati Uniti e l'attuale governo israeliano sono ora anomali e isolati, esattamente come Russia e Cina nella vicenda esaminata. Ciò a dimostrazione del fatto che i riferimenti legali non hanno alcun valore concreto quando si giudicano i comportamenti reali delle maggiori potenze, come del resto è sempre stato nella storia.

    L'Asia è quindi diventata il palcoscenico principale sul quale le grandi potenze svolgono le loro manovre politiche, con uno schieramento che attualmente vede Russia e Cina impegnate in un confronto con Stati Uniti, Giappone e India, in una attuale riedizione del Grande Gioco, che impegnò inglesi e russi nell'Ottocento ispirando Kipling. Ricordiamo inoltre che in Asia vive circa la metà dell'intera umanità, e basterebbe già questo semplice fatto a conferire un grande rilievo all'evoluzione di quest'area geografica.

    I termini di tale tenzone politica sono quindi estremamente vasti, includendo questioni economiche, commerciali, tecnologiche, disponibilità di materie prime e vie di accesso, controllo delle risorse e capacità militari, non solo limitate alla regione asiatica dove è più immediata l'influenza cinese, ma anche regioni distanti come il Golfo Persico, dal quale arriva alla Cina la linfa vitale della sua economia, il petrolio. 

    La recente iniziativa cinese della Belt and Road Initiative (BRI) costituisce un programma ambizioso per collegare l'Asia con l'Africa e l'Europa attraverso reti terrestri e marittime, lungo sei corridoi, con l'obiettivo dichiarato di migliorare l'integrazione regionale, aumentare gli scambi e stimolare la reciproca crescita economica. Fare in modo insomma che almeno in Asia e magari in larga parte del mondo tutte le strade portino a Pechino

    La BRI comprende:

    Una cintura economica ispirata all'antica Via della Seta - un passaggio transcontinentale che collega la Cina con il sud-est asiatico, l'Asia meridionale, l'Asia centrale, la Russia e l'Europa via terra. 

    Una via della seta marittima del 21° secolo, una rotta marittima collegante le regioni costiere della Cina con il Sud-Est Asiatico, Oceania e Sud Pacifico, Medio Oriente e Africa Orientale, fino all'Europa attraverso il canale di Suez e l'Oceano Artico, ispirata alle storiche missioni delle Navi dei Tesori all'inizio dell'epoca Ming.

    Questo complesso panorama di circostanze ha stimolato potentemente l'interesse della Cina per il controllo delle vie marittime, non solo a sostegno della BRI ma anche e soprattutto come una sostanziale garanzia di approvvigionamento di indispensabili materie prime ed apertura dei canali di esportazione industriale.

    "Il controllo del mare attraverso il commercio marittimo e

    la supremazia navale significa influenza dominante nel 

    mondo ... esso è il principale tra i semplici strumenti 

    materiali per il potere e la prosperità delle nazioni " 

    (Alfred Thayer Mahan, 1918)

    Il colosso cinese pertanto, diversamente dagli ultimi secoli, ha l'intenzione di tornare ad essere un protagonista sul mare, estendendo possibilmente l'operatività della propria Flotta a tutti gli oceani. In questo senso vanno interpretate infatti le prime missioni svolte recentemente da unità militari cinesi sia nel Pacifico che nell'Artico, nell'Oceano Indiano e nel Mediterraneo, e nel Baltico sino a San Pietroburgo.

    Essa inoltre intende assumere il controllo del Mar Cinese, per intenderci quello che si estende intorno alle coste della Cina, dal Giappone a Nord sino alle Filippine ed allo  Stretto di Malacca a Sud, dove è in corso una partita strategica per il controllo di quelle acque tra gli eredi comunisti del Celeste Impero e lo schieramento degli Stati Uniti e dei loro alleati locali, Giappone e Taiwan soprattutto. La Cina ovviamente intende includere quelle aree marittime nella sua zona di sicurezza mentre contemporaneamente ne rivendica la sovranità, così come vuole riunire nuovamente l'isola di Formosa alla madrepatria continentale. Inoltre ritiene anche di doversi assicurare il controllo completo della porzione meridionale di quel mare per proteggere i traffici marittimi che alimentano la sua economia ed incrementare ancor di più le proprie risorse di materie prime. Nei fondali del Mar Cinese Meridionale (MCM) infatti sembra che si celino ingenti riserve di gas e petrolio, che fanno gola a molti ma che la Cina non intende lasciare ai paesi rivieraschi locali. A questo scopo essa coltiva il progetto di estendere la sua area di influenza, come già in passato, fino allo Stretto di Malacca e possibilmente all'intero Sud-Est Asiatico, nelle cui acque transitano ogni anno enormi quantità di merci e materie prime, come se esso fosse l'arteria giugulare del colosso asiatico.

    Ma proprio questa particolare rilevanza economica di quel tratto di mare è la fonte possibile del rischio di uno scontro rovinoso. Infatti quelle risorse non sono importanti solo per la Cina, ma anche per gli altri Paesi affacciati su quelle acque; inoltre il traffico mercantile che le attraversa nei due sensi alimenta economicamente non solo la Cina, ma anche Indonesia, Malesia, Filippine, Vietnam, Taiwan fino a Corea del Sud e Giappone.

    La posta in gioco è quindi assai rilevante, la Cina vorrebbe l'intero piatto per condizionare tutti gli altri, che ovviamente non possono essere d'accordo. Gli Stati Uniti dal canto loro non prendono posizione in merito alle rivendicazioni territoriali, considerandole inutili in una zona che considerano terra nullius, dove l'unico principio importante da rispettare è la libertà di navigazione e transito, proprio quello che invece la Cina rigetta. Al contrario nelle Aleutine, arcipelago statunitense dell'estremo Nord, la marina Cinese nel Settembre 2015 usò apertamente il suo diritto di passaggio innocuo in acque territoriali americane andando a svolgere manovre militari di fronte alle coste dell'Alaska, comportandosi quindi esattamente come la U.S. Navy nel Mar Cinese.

    Oggi quindi, l'interesse per il MCM non è più dovuto esclusivamente a queste controversie territoriali. Le aree contese sono diventate la principale arena per la competizione geopolitica, coinvolgendo le due maggiori potenze del mondo: gli Stati Uniti e la Cina. Questa situazione è stata innescata da due sviluppi. Il primo è l'aumentato potere e influenza della Cina, che si è tradotta in maggiori capacità militari e maggiore assertività nella sua politica estera, ed in particolare per quanto riguarda la sovranità territoriale sia nel Mar Cinese Meridionale che in quello Orientale.

    Il secondo sviluppo è il cambiamento nella politica americana - il ribilanciamento verso l'Asia - una volta preso atto che l'espansione economica e la crescente influenza politica cinese stava minacciando la propria posizione nel Sud-Est asiatico e, più in generale, nel Pacifico occidentale.

    Pertanto oltre alle dispute regionali ora esiste nel Mar Cinese anche concorrenza e competizione tra grandi potenze: questioni di libertà di navigazione, sovranità e stato di diritto sono diventate argomenti di rilevante importanza nel contesto di un confronto in atto tra uno Stato che cerca di affermare il proprio ruolo nella regione e nel mondo - la Cina - ed un altro - gli USA - che difende uno status quo che lo vede in una posizione di primazia . La posta in gioco è molto alta: la leadership egemonica nella regione, il diritto di determinare le regole applicabili ai mari, l'eventuale riallineamento delle alleanze da parte di altre piccole e medie potenze locali. Senza contare il pericolo ineliminabile di una trasformazione della competizione in conflitto armato.

    Come quando un sasso è lanciato nell'acqua di uno stagno e si formano onde a cerchi concentrici, allo stesso modo la disputa per il MCM, alimentata dal confronto strategico in corso, ha propagato i suoi effetti lontano dal punto d'origine, fino a lambire le coste dell'Africa e del Medio Oriente da una parte, mentre dall'altra i timori da essa generati si allargano nella vasta distesa dell'Oceano Pacifico, investendo Australia e Nuova Zelanda.

    Rotta delle petroliere tra il Golfo Persico e la Cina  (fonte Wikipedia)

    Con la vittoria nella seconda guerra mondiale gli Stati Uniti hanno consolidato una zona di influenza che, oltre all'intero continente americano, si estende attraverso due oceani a parte dell'Europa ed a lembi dell'Asia. Le vicende degli ultimi anni rivelano che altre zone di influenza e fasce di sicurezza stanno crescendo, quella di una Russia che cerca di recuperare un ruolo forse solo provvisoriamente perso e l'altra che la nuova superpotenza cinese ha in animo di crearsi intorno.

    Mentre dal lato continentale la sicurezza cinese è garantita dall'alleanza con la Russia, dalla distensione con l'India, dall'influenza esercitata su Birmania e Corea del Nord oltre che dalla brutale annessione

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