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La mia resurrezione: Storia di una dipendenza sconfitta
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La mia resurrezione: Storia di una dipendenza sconfitta
E-book63 pagine34 minuti

La mia resurrezione: Storia di una dipendenza sconfitta

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Info su questo ebook

Un Tunnel buio e nero da cui nessuno esce e da cui niente filtra.
Una schiavitù dirompente da un veleno devastante.
Anni di dolore.
Un Killer infallibile: Eroina.
Una difesa dalla morsa della dipendenza in un ambiente giusto di recupero. Lavoro e sacrificio.
Vittoria finale e una nuova vita.
La mia resurrezione.
LinguaItaliano
Data di uscita18 gen 2020
ISBN9788835360971
La mia resurrezione: Storia di una dipendenza sconfitta

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    Anteprima del libro

    La mia resurrezione - Gregorio Ferrari

    TRAINSPOTTING

    INTRODUZIONE

    Il racconto autobiografico di Gregorio Ferrari è scritto senza una cronologia dei fatti.

    Esso segue un cammino proprio.

    Parte da una sequenza di racconti in Aspromonte che corrispondono, in realtà, alla terza fase della storia. Per proseguire con un terzo capitolo corrispondente alla prima fase. E via discorrendo.

    Questo per una precisa volontà dello stesso autore.

    A parte il suddetto Vezzo Poetico, il senso del racconto di Gregorio è quello di credere fermamente in ogni possibile forma di rinascita. Da qualunque tipologia di malessere.

    Il dogma viene comprovato dalla sua uscita dal tunnel perverso dell’eroina con una comunità di recupero e la sua successiva riconquista della libertà e della vita nuova in tutta la sua pienezza.

    Buona lettura!

    ASPROMONTE

    Sentiero di rinascita

    Dalla strada statale 106 Ionica, arrivati a Bovalino Sud, si prende la SS 112 Bis in direzione Plati.

    Dall'autostrada A3 si esce allo svincolo di Gioia Tauro, direzione Oppido Mamertina. Arrivati al Crocefisso (Piani dello Zilastro), si prosegue per l'ex Sanatorio di Vittorio Emanuele III: ai tempi, centro della Comunità Incontro.

    Inizio la storia da qui, perché mi sembra il posto migliore da cui farlo, a oltre mille metri sopra il livello del mare, in un’atmosfera pulita e isolata quanto basta. La località è chiamata Zervò ed è un vecchio sanatorio del regno trasformato in un luogo di recupero.

    Un monumento alla vita.

    L'ex sanatorio: una struttura pazzesca, enorme.

    Però, mai evocativa di brutte storie per noi che ci vivevamo. Anzi, semmai evocativa di riparazione, di correzione, nei suoi spazi ampi, di libertà riconquistata. Riconquistata con il sudore della fronte, senza rubare o dovere niente a nessuno.

    In quei luoghi, la mente si rasserenava rendendo vero un miracolo.

    Eravamo all'incirca quaranta ragazzi che, nell'abbraccio del fitto bosco, intrecciavano storie, avventure e speranze, in un riuscito esperimento comunitario di svincolo totale dal giogo dell'eroina … Bestia Nera dei giovani di fine anni ottanta. L'Aspromonte era il posto ideale.

    I giorni passavano scanditi dalle otto ore lavorative. Per fare dei lavori, a Zervò occorreva esperienza in quanto, spesso e volentieri, erano lavori di un certo livello tecnico. I più inesperti, tra cui io, si affidavano ai più esperti, e imparavano.

    Ricordo grossi lavori di muratura o idraulici, o anche di tipo specialistico. Anche lavori fisicamente importanti come arare un campo, pulire il bosco, dissotterrare grossi massi, ecc..

    Il lavoro non mancava. Quando i lavori erano veramente duri cercavamo di farci coraggio a vicenda. Per esempio, durante i mesi della neve. Da gennaio a marzo tutti coperti. Delle volte restavamo completamente isolati. Con quel clima, il gioco di squadra era necessario.

    Posso dire che, con l'aumentare della sofferenza fisica, si aveva più percezione della sofferenza dell'altro. Della reciprocità, del lavoro in comune. In questi casi, le cartine al tornasole dello stare bene erano le battute tra di noi e, particolarmente, le esilaranti retrospettive dei momenti adolescenziali, con citazioni dai telefilm, dai cartoni animati dei super eroi dei fumetti e

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