Kafka a Recanati
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Anteprima del libro
Kafka a Recanati - Stefano Perruccio
633/1941.
Prefazione
Cosa significa oggi scrivere un romanzo che parla di letteratura? Cosa possono dire oramai al lettore moderno personaggi quali: Kafka, Leopardi, Gogol, i Poeti romantici inglesi di seconda generazione (Keats, Shelley e consorte Mary, Lord George Gordon Byron) più Alessandro Manzoni, brevemente incontrato e William Shakespeare, più volte evocato?
Davvero non lo sappiamo, ma sappiamo che chiunque ami la letteratura, la poesia e l’arte, non potrà fare a meno di curiosare e lanciarsi a capofitto dentro questo piccolo romanzo, che altro non vuol essere che un sentito omaggio agli scrittori e all’arte del raccontare.
P.s. = Il libro non è un romanzo storico realistico, ma parte da un presupposto che è puramente frutto della fantasia dell’autore: Franz Kafka, per uno sfasamento spazio-temporale di carattere cosmico, si ritrova proiettato di punto in bianco nell' epoca di Giacomo Leopardi.
Un po' come in Ritorno al futuro
o in Non ci resta che piangere
o ancora in Midnight in Paris
e in alcuni scritti di Isaac Asimov o di Ray Bradbury: la possibilità di viaggiare nel tempo e attraverso il tempo... beh, chi vuole giocare: giochi! Chi vuole sognare: sogni! Per tutti gli altri: ci salutiamo qui!
Prima parte
- Capitolo I = L'arrivo nel passato -
Per uno sfasamento spazio-temporale che pervase d'improvviso il cosmo, lo scrittore ceco Franz Kafka, proprio mentre si trovava nel suo studio di Praga a scrivere qualcosa, si ritrovò proiettato nella stessa epoca del poeta Giacomo Leopardi e allora pensò che forse sarebbe stato un bene se fosse andato a trovarlo.
Il processo di proiezione nel tempo, parve a Franz un fenomeno non spiegabile e gli scombussolò non poco gli organi interni: l'imbuto di luce azzurrina e le rifrazioni di luce argentata, inframezzate da lampi improvvisi e neri, spaventarono molto il genio praghese che però presto si ritrovò nell'altra dimensione.
Del resto, io sono o no di Praga? Detta altrimenti la città magica?
Dopo mille titubanze e ripensamenti, un bel giorno lo scrittore prese la grande decisione e intraprese il viaggio in calesse e si spostò da Praga a Roma da dove, dopo una pausa di un paio di giorni, avrebbe proseguito per Recanati, nelle Marche.
I due giorni romani di Kafka furono tranquilli, anche se egli fu un po' dispiaciuto di non avere potuto incontrare Gogol che notoriamente era stato a Roma, in quegli anni, ma evidentemente in quell'ultimo periodo era stato trattenuto a Pietroburgo.
Solo in un secondo momento Franz si rammentò che veniva dal futuro e che già conosceva la vita dei personaggi che ora poteva finalmente incontrare; egli si ricordò anche del fatto che Gogol in realtà era stato a Roma solo tra il 1828 e il 1832.
Che anno e che giorno erano quelli in cui egli era capitato?
Franz Kafka riuscì alfine a informarsi e seppe che la data era l'8 ottobre del 1820!
Franz avrebbe tanto voluto dimenticare di ricordare… non era affatto una bella cosa conoscere già vita morte e miracoli, nonché opere letterarie, degli artisti che andava a incontrare e poi… beh, loro non l'avrebbero riconosciuto perché lui, all'epoca, non era ancora nato.
Fu quando Kafka alzò lo sguardo al cielo che si risolse tutto: Franz venne aspirato dentro un vuoto cosmico che gli fece perdere ogni senso della realtà e come dentro un sogno confuso, seppur sublime, si ritrovò depositato nuovamente al suolo, nel medesimo spazio e nel medesimo tempo di poco prima, ma senza nessuna cognizione di ciò!
La carrozza dunque aspettava Franz per portarlo a Recanati ed egli si fece attendere un po'.
Arrivò poi di corsa, un po' trafelato e si scusò con il cocchiere Mi scusi, stavo ultimando una lettera per Milena
ella era la sua traduttrice, amica e poi anche fidanzata.
Il cocchiere si tolse il cappello e disse solamente Si accomodi, signor Kafka!
Franz arrivò nella città marchigiana a mezzanotte e mezza circa e si recò subito nel primo ostello che trovò, anche perché era stanco morto e non aveva voglia d'azione, aveva invece una gran voglia di dormire e di sognare… egli amava molto infatti sognare e trarre anche ispirazione dai propri sogni e incubi.
Giacomo, in quel momento, era ancora chiuso nella biblioteca paterna e navigava tra testi di filologia e di greco antico, egli si sentiva un po' irrequieto perché non era riuscito a leggere e a prendere appunti come avrebbe voluto e sentiva la stanchezza affiorare sempre più.
Mhmm… dannate carte: dove sono finite? Continuerò domani
Giacomo si alzò, aveva un indolenzimento alla schiena e un po' di formicolio alle gambe, anche gli occhi gli bruciavano un poco, però si sentiva soddisfatto perché aveva lavorato intensamente, dalla tarda mattinata e poi, dopo una bella pausa pranzo, aveva ripreso e lavorato incessantemente fino a notte.
Ora…
borbottò tra sé e sé me ne andrò a letto e di sicuro farò dei sogni interessanti i sogni, come le illusioni, aiutano a vivere meglio.
- Capitolo II = Kafka va all'Ostello -
Franz Kafka non dormì poi così male all'ostello e si alzò piuttosto di buon umore, cosa insolita per lui… e pieno di voglia di fare.
Egli si avvicinò alla finestra e osservò lo splendido panorama recanatese, trasse un profondo respiro e pensò: Ora però devo aprire la finestra…
L'aria splendida e lucente del borgo ritemprò non poco i polmoni dell'artista che trovò rinnovata energia.
Kafka mise ordine tra le sue cose e si apprestò a fare la valigia; intendeva difatti uscire e dirigersi verso Palazzo Leopardi: non poteva non incontrare al più presto il celebre poeta recanatese, verso il quale aveva una grande stima.
Franz espletò le ultime faccende, salutò il personale dell'ostello e si diresse in direzione della meta prefissata.
Arrivato davanti alla casa di Giacomo, Franz Kafka si appressò al campanello e iniziò a suonare.
Non da poco fu la sorpresa del maggiordomo in livrea quando aprì la porta e si trovò davanti lo scrittore boemo:
Mi scusi…
chiese Franz È in casa il conte Giacomo Leopardi?
Gli venne detto che, a quell'ora, si era ormai in tarda mattinata, Giacomo Leopardi si trovava molto probabilmente a scribacchiare qualcosa seduto ai tavolini esterni del bar principale del paese.
Kafka ringraziò, non prima d'aver richiesto maggiori informazioni e delucidazioni in merito.
Lo scrittore ceco tuttavia non era dotato di un grandissimo senso dell'orientamento e a un certo punto ebbe il dubbio di aver sbagliato direzione, domandò a un passante e capì… aveva proprio sbagliato direzione!
Alla fine comunque riuscì ad arrivare al bar e cominciò a guardarsi intorno nella speranza di riconoscere, tra gli altri avventori seduti ai tavolini, colui che egli tanto ardentemente cercava.
Franz Kafka non ci mise poi molto a individuare un uomo ricurvo su di un tavolino, che sembrava intento a scrivere qualcosa… sempre sul medesimo tavolo c'erano, in bella mostra: un thè fumante e dei dolcetti.
Franz cautamente gli si avvicinò, per un attimo l'occhio gli cadde sulla schiena, un po' ricurva, dell'uomo, sorrise e poi gli domandò Mi scusi: è lei l'esimio poeta Giacomo Leopardi?
- Capitolo III = Sogno o son desto? -
Giacomo sono io! E lei chi è?
ci fu un attimo di silenzio Signore: a lei piacciono i cristalli di Boemia?
Kafka: è lei? È proprio lei, l'ebreo di Praga?
Franz Kafka era sbalordito: come poteva Giacomo Leopardi averlo riconosciuto? Franz, in quell'epoca, non era ancora nato… Sogno o son desto?
si domandò, poi alzò lo sguardo al cielo, ne vide la luce e si rispose da solo Son sveglio, accipicchia se sono sveglio!
Franz abbassò lo sguardo e parve fissare a lungo la punta delle proprie