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Slavia N. 3 - 2019: Rivista trimestrale di cultura
Slavia N. 3 - 2019: Rivista trimestrale di cultura
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E-book377 pagine5 ore

Slavia N. 3 - 2019: Rivista trimestrale di cultura

Di Vari

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Info su questo ebook

Slavia Rivista trimestrale di cultura N. 3 - 2019.
 
LinguaItaliano
Data di uscita11 dic 2019
ISBN9788835344711
Slavia N. 3 - 2019: Rivista trimestrale di cultura

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    Anteprima del libro

    Slavia N. 3 - 2019 - Vari

    Bernardini

    Flavia Napoleoni

    VLADIMIR NABOKOV E L’AUTO-TRADUZIONE

    da Kamera Obskura a Laughter in the Dark

    Nel maggio del 1931, Vladimir Vladimirovič Nabokov completò la stesura di Kamera Obskura, un romanzo in lingua russa che venne poi pubblicato a puntate nel corso dei due anni successivi sulla rivista letteraria Sovremennye zapiski, con sede a Parigi; l’ultimo capitolo fu dato alle stampe nel 1933, stesso anno durante il quale, a Berlino, comparve la prima edizione in volume del romanzo ¹. Nel 1934 Kamera Obskura venne tradotto in francese da Doussia Ergaz, futuro agente europeo di Nabokov, e pubblicato col titolo di Chambre Obscure ². Nel 1936 il romanzo fu tradotto per la prima volta in lingua inglese da Winifred Roy col titolo di Camera Obscura , e pubblicato a Londra per conto di Johnathan Long, il ramo ormai defunto della Hutchinson Publishing dedito alla stampa di romanzi tascabili ³. Nabokov rimase così insoddisfatto di questa traduzione e della sua qualità che decise di portarne a termine una propria, una cosiddetta auto-traduzione, che venne infine pubblicata nel 1938 come Laughter in the Dark dalla Bobs-Merril Company, una casa editrice statunitense con sede in Indiana. ⁴

    La traduzione aveva sempre avuto un posto predominante nel lavoro letterario di Nabokov, ed egli la teneva in grande considerazione. Il caso di Kamera Obskura/Laughter in the Dark è particolarmente interessante per via della sua storia, poiché non solo ci permette di confrontare il lavoro di un traduttore standard, ossia esterno, con quello di un auto-traduttore, padrone effettivo del testo, ma anche di inquadrare il ruolo di quest’opera, e dell’atteggiamento cangiante dello scrittore nei suoi confronti, all’interno della matrice creativa nabokoviana. Poiché Laughter in the Dark non si presenta soltanto come una semplice traduzione, come una semplice traslazione di significato da un sistema linguistico a un altro: il romanzo inglese è, a conti fatti, una vera e propria riscrittura del testo originale russo, un’opera a sé stante che però condivide un fortissimo legame genetico con le due versioni che l’hanno preceduta. Laughter in the Dark, inoltre, si inserisce nella traiettoria nabokoviana in un momento del tutto particolare: quello immediatamente precedente al passaggio che avvenne, alla fine degli anni Trenta, da prosa russa a prosa inglese. Il bilinguismo era stato una parte fondamentale dell’infanzia agiata dello scrittore ⁵, nella cui famiglia il trittico delle lingue usate quotidianamente era costituito per l’appunto da russo, inglese e francese. Anche se durante l’adolescenza Nabokov continuò a leggere in inglese, questa lingua venne da lui usata sempre più sporadicamente, almeno fino agli anni di Cambridge; il suo obiettivo principale all’epoca era, in sostanza, quello di divenire un poeta russo. In generale, Nabokov continuò ad evitare l’uso di francese e inglese per scopi artistici nel corso degli anni Venti, e le sue traduzioni in questo periodo furono verso il russo anziché dal russo, nonché fortemente addomesticanti. In età adulta, durante il soggiorno a Berlino, per Nabokov era stato relativamente facile concentrarsi esclusivamente sulla lingua russa: la presenza cospicua di emigrati russi nella città, sommata al rifiuto di imparare il tedesco, gli avevano permesso di continuare a praticare la propria lingua madre più o meno incessantemente. Questo cambiò nel 1937, quando lo scrittore si trasferì a Parigi, che non permetteva lo stesso livello di isolamento linguistico. Fu in quegli anni che Nabokov, nonostante continuasse a scrivere prevalentemente in russo, cominciò a produrre testi anche in francese e soprattutto in lingua inglese.

    Furono parecchi i fattori che spinsero Nabokov a scrivere in altre lingue oltre al russo alla fine degli anni Trenta. Tra di essi troviamo sicuramente il rifiuto delle riviste dell’emigrazione di pubblicare il quarto capitolo di Dar e la successiva presa di coscienza da parte dell’autore del restringersi del pubblico interessato alle sue opere in lingua russa, nonché il presentimento che, a causa della minaccia nazista, egli avrebbe dovuto lasciare l’Europa e trasferirsi in America. Possiamo, però, anche individuare una causa interna scatenante: dopo il fiasco della traduzione di Kamera Obskura da parte di Winifred Roy, non solo Nabokov si dedicò ad una propria auto-traduzione del romanzo, ma volle essere il primo a tradurre Otčajanie, pubblicato in inglese come Despair. Queste prime auto-traduzioni fornirono a Nabokov la consapevolezza di essere in grado di produrre materiale artistico in due lingue: esse costituiscono un momento chiave del percorso evolutivo nabokoviano, in quanto legame tra la sua prosa inglese e quella russa. Non è un caso che la prima opera narrativa in lingua inglese di Nabokov, The Real Life of Sebastian Knight, venne scritta tra il 1938 e il 1939, a pochissima distanza temporale dalla pubblicazione delle auto-traduzioni. Lo scrittore era ormai già giunto allo spartiacque della propria carriera, e lo aveva superato. Tutti i romanzi scritti da Nabokov dagli anni Quaranta in poi furono composti direttamente in lingua inglese, e già verso la fine degli anni Cinquanta egli si presentava come uno scrittore bilingue perfettamente funzionale ⁶.

    Partiamo, dunque, dal romanzo russo originale, dal primo tassello del mosaico costituito da quest’opera nabokoviana: Kamera Obskura. La trama è, tutto sommato, semplice: si tratta di una storia di adulterio ambientata principalmente a Berlino. Il critico d’arte di mezz’età Bruno Kretschmar si invaghisce di Magda Peters, un’ambiziosa ragazza sedicenne che sogna di divenire una star del cinema, con la quale inizia una relazione che lo porta ad abbandonare la moglie Annalisa e la figlia Irma. Il primo amante di Magda, il caricaturista Robert Horn, incontra Kretschmar quasi per caso, scopre che ha una relazione con Magda e decide di intrecciare con lui un rapporto di amicizia. Durante una vacanza in Francia, Horn e Magda riprendono la loro relazione. Dopo essere stato indirettamente informato del tradimento dallo scrittore Segelkranz, Kretschmar prova ad uccidere Magda ma, incapace di portare a termine quanto si è prefissato, la perdona e decide di fuggire con lei. La fuga si conclude con un incidente d’auto che lascia Kretschmar completamente cieco. Egli decide allora di trasferirsi in uno chalet in Svizzera dove Magda gli fa da infermiera, ma Horn si unisce a loro e trasforma la vita di Kretschmar in una perpetua umiliazione; con la complicità della ragazza, inizia inoltre a compilare degli assegni falsi per appropriarsi del patrimonio del critico. Insospettito dalle enormi spese sostenute dal cognato e messo al corrente della relazione tra Magda e Horn da Segelkranz, Max, il fratello di Annalisa, raggiunge Kretschmar in Svizzera e svela l’inganno concepito dai due amanti. Disperato, resosi conto di essere stato tradito in modo assoluto, totale, Kretschmar tenta nuovamente di uccidere Magda, ma manca il bersaglio e viene freddato da un proiettile esploso dalla stessa pistola con la quale aveva intenzione di porre fine alla vita della ragazza.

    Sono tre i nuclei tematici che emergono dalla lettura del romanzo: la crudeltà di Magda e Horn, la cecità totale (non solo fisica, ma anche morale ed emotiva) di Kretschmar e il mondo del cinema. Bisogna ricordare che Nabokov scrisse Kamera Obskura alla fine degli anni Trenta, un periodo durante il quale il cinema si stava affermando come nuova forma d’arte indipendente. Nel romanzo possiamo trovare contrasti visivi facilmente assimilabili a quelli che possiamo trovare sul grande schermo; la valenza estetica della narrazione, concentrata su associazioni di colore e ripetizioni, ha fatto sì che Magdalena Medarić-Kovacić arrivasse a classificare l’opera come romanzo ornamentale, nel quale l’ambito visivo assume un’importanza decisamente maggiore rispetto a quella di tutti gli altri sensi. ⁷ Gli stessi personaggi sono ossessionati dal grande schermo: in particolare, Magda lavora in un cinema (il cui nome, paradossalmente, è Argus, chiaro richiamo al gigante della mitologia greca Argo Panoptes, colui che tutto vede) e sogna di diventare un’attrice; Kretschmar concepisce la propria esistenza come una pellicola in bianco e nero, ravvivata dalla comparsa in scena della ragazza, ed è un grande estimatore della nascente arte cinematografica; e lo stesso Horn si pone come deus ex machina della situazione, giocando con le vite di Magda e Kretschmar come se fossero quelle di personaggi fittizi. I poli del triangolo amoroso, del resto, non sono particolarmente caratterizzati e possono essere facilmente assimilabili ai loci communi di molti romanzi e film di second’ordine: l’amante ingannato, la seduttrice infedele, il manipolatore avido.

    La dimensione parodistica del romanzo, tuttavia, può facilmente sfuggire ad una prima lettura. Kamera Obskura è considerato, sia dai lettori che dai critici, come una delle peggiori opere nabokoviane. Sembra che lo stesso Nabokov non ne fosse particolarmente entusiasta: ⁸ questa potrebbe essere una delle ragioni per le quali esso è stato così pesantemente modificato nel corso dell’auto-traduzione.

    Camera Obscura, la traduzione ad opera di Winifred Roy, costituisce la prima traduzione in lingua inglese di un’opera nabokoviana. Ne sono rimaste soltanto alcune copie, tra cui quella personale di Nabokov, ed è perciò considerata una rarità. [9] La stessa identità della traduttrice costituisce un mistero: non si sa virtualmente nulla di lei, a parte che tradusse questo specifico romanzo. Gavriel Shapiro arriva addirittura ad ipotizzare che non esista alcuna Winifred Roy, ma che la traduttrice sia in realtà Winifred Ray, attiva negli anni Trenta nell’ambito della traduzione di libri tedeschi e francesi. ¹⁰ Se ciò fosse vero, poiché non ci sono fonti che confermino una presunta conoscenza da parte di Ray della lingua russa, la traduttrice si sarebbe basata su Chambre Obscure, la traduzione francese di Kamera Obskura, compilata da Ergaz. Tuttavia, non ci sono prove sufficienti per poter convalidare tale ipotesi. Fatto sta che la storia di Camera Obscura è a tutti gli effetti molto breve: il romanzo venne stampato soltanto una volta per poi finire nel dimenticatoio. ¹¹ Tuttavia, nonostante Nabokov rivendicasse di aver ricominciato daccapo durante la stesura dell’auto-traduzione, ciò non è affatto vero: in realtà mantenne alcuni dei tagli effettuati dalla Roy e tenne sempre d’occhio la sua traduzione mentre compilava la propria; alcuni passaggi di Camera Obscura possono essere facilmente individuati all’interno di Laughter in the Dark. Se si osserva la copia di Camera Obscura appartenuta a Nabokov, si nota che essa è disseminata di appunti, correzioni, note a piè di pagina, aggiunte e modifiche; proposizioni vengono spostate e reintegrate nel testo in punti differenti; paragrafi e persino pagine intere vengono sbarrati e riscritti daccapo, mentre alcuni passaggi vengono marcati con un segno di spunta. L’originale russo, Camera Obscura e Laughter in the Dark risultano, difatti, intrecciati l’uno con l’altro in modo indissolubile.

    Camera Obscura rimane abbastanza fedele a Kamera Obskura, se si eccettuano alcune scelte stilistiche del tutto particolari della Roy e una modifica strutturale alquanto sensata che porta il numero complessivo dei capitoli da 37 a 38. E nonostante si possa affermare che la Roy non abbia completamente snaturato il testo originale, ciò non vuol dire che non abbia lasciato la propria impronta del tutto personale sulla traduzione, servendosi di tagli e aggiunte. Quella che emerge più chiaramente è la volontà di rendere il soggetto del romanzo meno scabroso, più appetibile; di qui l’opera di censura condotta dalla traduttrice, che permea la totalità del romanzo: dalle esperienze sessuali di Magda alle fantasie di Kretschmar, la linea erotica dell’opera viene considerevolmente attenuata, lasciando invece il posto ad una condanna moralistica più marcata, che ritroviamo nella luce positiva nella quale viene dipinta Annalisa e nelle aggiunte che senza pietà ribadiscono la nefandezza delle azioni di Kretschmar, Magda e Horn. Se quest’opera di censura risulta tutto sommato coerente nella propria realizzazione, lo stesso non si può dire di parecchi tagli effettuati dalla traduttrice, sia che essi riguardino riferimenti culturali non immediatamente fruibili dal pubblico medio e non russofono, sia che si concentrino sulla psiche dei personaggi e svelino le loro motivazioni interne. Queste omissioni risultano arbitrarie e vengono spesso bilanciate da aggiunte del tutto personali della Roy che, pur possedendo un intrinseco valore artistico, tendono a non rispecchiare a pieno i concetti di fondo espressi nel testo originale. Sembra che tali omissioni non andassero a genio a Nabokov: se si osservano gli appunti sulla sua copia di Camera Obscura, esse vengono meticolosamente segnalate con una V. Detto ciò, questa traduzione rimane comunque un testo stilisticamente molto coerente e composto in un inglese impeccabile e fluido che, se da un lato mal si adatta a riprodurre i lunghi e complessi periodi nabokoviani (essi vengono infatti frequentemente spezzati dalla Roy per adeguarli alle esigenze della propria lingua madre, che non si presta all’uso di periodi prolissi e ricchi di subordinate), dall’altro contribuisce a rendere la traduzione un testo di qualità, quantomeno da un punto di vista squisitamente formale. Credo che si possa ragionevolmente concludere che Camera Obscura non sia quel testo raffazzonato e sciatto che sembra emergere dalla corrispondenza nabokoviana: ritengo che l’avversione dello scrittore nei confronti di questa traduzione abbia origini essenzialmente emotive, riconducibili allo shock di vedere la propria opera snaturata per mezzo di tagli e aggiunte a livello contenutistico.

    Nella stesura di Laughter in the Dark, a livello prettamente contenutistico, Nabokov riprende parecchi dei cambiamenti effettuati dalla Roy: nonostante alcuni passaggi tagliati vengano ripristinati nel corso dell’auto-traduzione, la tendenza generale è votata al mantenimento delle omissioni, in particolare per quanto riguarda la censura e l’attenuazione della componente erotica ed efebofilica del testo originale (anche se, ovviamente, vi sono alcune eccezioni). Ma il debito di Nabokov nei confronti di Camera Obscura non si limita a questo. Quando affermo che Camera Obscura funse effettivamente da base concreta per la stesura di Laughter in the Dark, mi riferisco anche al fatto che nell’auto-traduzione possiamo trovare interi passaggi presi parola per parola dal testo della Roy, nonché passaggi che differiscono al massimo di qualche termine, spesso perché Nabokov preferisce utilizzare un sinonimo piuttosto che un altro; alle volte lo scrittore si limita ad utilizzare in modo diverso i segni di interpunzione, e nient’altro. Laughter in the Dark è infarcito di passaggi simili, che così tanto devono a Winifred Roy. Inoltre, alcuni paragrafi presi da Camera Obscura vengono usati come base e poi arricchiti dallo scrittore; non si tratta mai di cambiamenti radicali, ma soltanto di piccole aggiunte o riformulazioni che, sommate l’una all’altra, elevano la qualità complessiva del romanzo. Nabokov ha fatto uso diretto della traduzione di Winifred Roy, dotandola però del proprio personale stile letterario tramite l’espansione delle descrizioni o la modifica di determinate scelte lessicali. Questo è un privilegio che può arrogarsi soltanto l’autore-traduttore: potremmo dire che la Roy abbia peccato di superbia nella stesura della propria traduzione, comportandosi come se il testo originale le appartenesse in toto – dissociandosi, quindi, dal profilo del traduttore perfetto stilato da Nabokov. ¹² Dunque, nel corso dell’auto-traduzione, Nabokovha compiuto un lavoro di riscrittura mista: alcune parti di Laughter in the Dark sono state senza dubbio ritradotte daccapo e possono essere classificate come vere e proprie riscritture dei passaggi corrispondenti in Kamera Obskura; altre, invece, sono rielaborazioni tutto sommato libere della traduzione di Roy, che hanno sempre come punto di riferimento l’originale russo.

    Nella propria opera di auto-traduzione, Nabokov scelse di non mantenere il titolo originale, preferendo ribattezzare il romanzo, ¹³ ed effettuò alcuni cambi strutturali, portando il numero complessivo dei capitoli da 38 a 39. Tuttavia, le modifiche più salienti sono quelle legate alla caratterizzazione dei personaggi e al vero e proprio sviluppo narrativo, che fanno sì che Laughter in the Dark risulti, nel suo complesso, un testo considerevolmente più limato dell’originale russo, che pure lo conteneva in nuce. Il nucleo sostanziale dell’intreccio rimane sostanzialmente invariato: il diavolo è, come risaputo, nei dettagli. Per Nabokov il buon lettore era quello attivo, che legge e rilegge un romanzo, notando di volta in volta un dettaglio diverso, creando all’interno della propria mente un caleidoscopio di immagini cangianti, ¹⁴ e Laughter in the Dark si presta con molta facilità a questo tipo di fruizione.

    Emerge, in modo assai più preponderante, la componente simbolica dell’intreccio. Ciò è evidente persino partendo dai nuovi nomi dei personaggi, che vengono tutti ribattezzati, fatta eccezione per Irma, la figlia del protagonista. In generale, vi è una tendenza alla semplificazione, e Nabokov adatta i nomi dei personaggi per un pubblico anglofono: essi vengono accorciati e scelti in modo da sembrare il meno tedeschi possibile – ad esempio, Max e Annalisa diventano Paul ed Elisabeth, Dietrich Von Segelkranz si tramuta in Ugo Conrad, ¹⁵ e invece di Magda facciamo la conoscenza di Margot. Tuttavia, i nomi degli altri due poli del triangolo amoroso risultano particolarmente interessanti: Bruno Kretschmar è adesso Albert Albinus, mentre Robert Horn è Axel Rex. Per quanto riguarda Albinus / Kretschmar, Nabokov abbandona un cognome marcatamente tedesco in favore di uno latino, in accordo con la tendenza a ridurre la componente germanica del romanzo. Inoltre, la presenza di un’allitterazione così marcata ( alb/alb) fa sì che esso possa venire più facilmente assimilato ai nomi fiabeschi o più in generale ai nomi dei personaggi fittizi; infine, il passaggio da Bruno, un nome associato all’oscurità, ad Albinus, un nome fortemente associato alla luce, aggiunge un ulteriore livello di ironia, se consideriamo che il personaggio di Albinus è caratterizzato dalla cecità, sia letterale che metaforica. La letteratura è piena di esempi di coppie di personaggi la cui natura antagonistica viene messa in risalto dalla scelta di nomi con connotazioni opposte (basti pensare, per esempio, a Clara e Fosca, protagoniste del romanzo Fosca di Iginio Ugo Tarchetti); tuttavia trovo curioso come questa opposizione tra luce e ombra possa ritrovarsi nello stesso personaggio. Il riferimento al bianco può anche essere ricollegato alla vita del critico pre-Margot: il bianco abbonda infatti nelle descrizioni di Elisabeth e in quelle dell’appartamento coniugale (mentre il colore più generalmente associato a Magda è il rosso e quello associato a Horn il blu ¹⁶). Nel caso di Horn / Rex, anche qui Nabokov sceglie di favorire un nome non tedesco, Axel, diffuso principalmente nei paesi scandinavi (la variante Aksel è più comune), forse per enfatizzare l’aura straniera del personaggio, che risiede in America. Anche qui si assiste ad una forte allitterazione ( ex/ex) che allinea Rex alla schiera dei personaggi fiabeschi, in questo caso, si potrebbe dire, dei cattivi. L’etimologia del cognome, re in latino, rende abbastanza chiaro il ruolo che il personaggio rivestirà all’interno del romanzo: quello di burattinaio che non solo gode nel giostrare a proprio piacimento la vita di Albinus, ma che trionfa su quest’ultimo nel momento in cui Margot lo uccide. L’allusione all’ascia ( axe in inglese) contenuta nel nome di battesimo costituisce un ulteriore richiamo all’onnipotenza di Rex nel contesto del romanzo.

    Sempre in relazione ai nomi di Albinus e Rex, vorrei soffermarmi su alcuni dettagli emersi dalla mia analisi degli appunti di Nabokov. Più volte nel corso del romanzo viene sottolineato come Rex inizi una relazione quasi simbiotica con Albinus, apparentemente per via di una forte sintonia intellettuale ed emotiva con quest’ultimo, mentre in pratica essa è dovuta alla necessità di controllarlo e sviare i suoi sospetti. Sembra che nella prima bozza di Laughter in the Dark questo rapporto simbiotico fosse molto più marcato: la prima volta che il critico viene menzionato all’interno di Camera Obscura troviamo una correzione a penna proprio sopra al cognome del critico: Retlow, probabilmente il primo cognome preso in considerazione da Nabokov nella propria opera di riscrittura. Il nome di Rex, inoltre, avrebbe dovuto essere Walter, e non Axel; ciò che è interessante è che Walter è un anagramma quasi perfetto di Retlow. Come sappiamo, entrambi questi nomi vennero abbandonati in favore di altri, ma ciò non toglie che le loro tracce ci permettano di ottenere una migliore comprensione del romanzo in generale e di questi due poli del triangolo amoroso in particolare.

    Nella versione inglese del romanzo i personaggi rimangono tutto sommato abbastanza simili alle loro controparti russe; tuttavia, vi sono alcuni dettagli che vengono modificati per enfatizzare certi aspetti della loro personalità. Albinus non diverge molto da Kretschmar, un uomo già chiaramente ridicolo e debole, ma in Laughter in the Dark Nabokov enfatizza le sue qualità negative. Fin dalla prima pagina del romanzo veniamo messi al corrente del fatto che il critico non è un uomo particolarmente dotato o brillante; queste caratteristiche vengono in qualche modo acuite dalla goffaggine del critico, anch’essa sottolineata più volte. Anche l’arroganza di Albinus e la sua attitudine da snob vengono decisamente esplicitate all’interno del testo inglese, e il critico presenta tracce del proprio atteggiamento classista e condiscendente anche nei confronti di Margot. Albinus, del resto, si considera un uomo estremamente intelligente e, senza dubbio, un esperto d’arte incredibilmente dotato; ciò viene ribaltato in Laughter in the Dark, visto che nella sua collezione di quadri pregiati sono presenti svariati falsi... uno dei quali, persino, dipinto da Rex. Nabokov enfatizza questo aspetto del carattere di Albinus perché esso ha un legame inscindibile col suo destino finale: come ribadito da Julian Connolly, la sua propensione a sottovalutare ciò che è autentico in favore di un sostituto prefabbricato si riflette nel suo modo di guardare al mondo che lo circonda . ¹⁷ Ecco ciò che si trova alla base della sua cecità; non a caso egli ritiene che la sua più grande scoperta sia Margot – e la ragazza è, forse, il più grande falso nella galleria dei falsi che circonda il critico.

    Anche Margot rimane sostanzialmente simile a Magda; Nabokov, tuttavia, ne esalta la caratteristiche infantili, rendendola molto più immatura della propria controparte russa. Vi sono poi tutti quegli aspetti che fanno sì che Margot si trasformi inequivocabilmente in un surrogato della figlia di Albinus, e questa componente morbosa della loro storia emerge con molta più chiarezza una volta che Irma è morta. La possiamo riscontrare non solo nell’enorme quantitativo di nomignoli affettuosi che Albinus utilizza per rivolgersi a Margot, ma anche nel modo in cui egli utilizza il linguaggio quando la ragazza è triste o arrabbiata; per esempio, quando Margot piange o, senza mezzi termini, fa i capricci, le parole del critico risultano imbevute di quelle caratteristiche che appartengono al baby talk o maternese: nonostante la propria natura scaltra e manipolatrice, Margot rimane pur sempre una bambina sotto molti punti di vista, e Albinus non può fare a meno di trattarla come tale – cosa che, del resto, fa anche Rex. Il suo personaggio rimane pressoché invariato; tuttavia, Nabokov sviluppa ulteriormente qualche lato della sua personalità. Innanzitutto, rende più manifesta la sua avidità: per esempio, i regali che fa a Margot in Laughter in the Dark sono molto più economici di quelli che le fa in Kamera Obskura; parlando con la ragazza le comunica esplicitamente che preferirebbe occuparsi lui della gestione del patrimonio di Albinus; e, oltre ad avere una passione smodata per il poker, il caricaturista è anche un baro. Un altro aspetto del carattere di Rex che viene particolarmente enfatizzato è il suo amore per le storielle, gli aneddoti e i puns, collegato al suo bizzarro senso dell’umorismo; anche in Kamera Obskura Rex inventa spesso storie divertenti o paradossali che poi racconta con la premessa che siano avvenute a qualche suo conoscente, ma in Laughter in the Dark il numero di tali storielle aumenta e quelle già presenti nel testo originale vengono arricchite di nuovi dettagli. A differenza di Albinus, Rex è un uomo abile e scaltro, alla base del cui sadismo si trova un desiderio morboso di controllare gli altri; Sam Schuman lo definisce come una specie di Iago al contrario: mentre Iago tormenta Otello con false accuse di infedeltà, Rex tormenta Albinus con altrettanto false rassicurazioni di fedeltà sessuale ¹⁸.

    Nella propria opera di rafforzamento dell’intreccio, Nabokov si serve di dettagli dall’importanza apparentemente minore che, tuttavia, se considerati nella loro globalità, fanno sì che il testo risulti più coeso. Allo schema cromatico, in particolare, viene affidato un ruolo centrale, facilmente ricollegabile alla sinestesia cromatica sperimentata dall’autore, nonché al desiderio di tramutare il romanzo in una sorta di ibrido a metà tra testo letterario e copione cinematografico. Laughter in the Dark è caratterizzato da una tendenza generale all’aumento della presenza dei colori all’interno di passaggi descrittivi: oggetti e scenari acquisiscono colori nuovi, oppure quelli già presenti nel testo russo vengono modificati o arricchiti con sfumature e tonalità inaspettate; ciò è particolarmente rilevante (e implica una punta di ironia) se ricollegato alla perdita sperimentata da Albinus, un uomo la cui esistenza pre-Margot dipendeva strettamente dal mondo dell’arte e, in generale, dalla vista. Vi sono poi alcuni colori che compaiono con una frequenza maggiore rispetto agli altri, e che vengono utilizzati per schematizzare e stilizzare le relazioni tra i personaggi principali del romanzo. Si può individuare un trittico di colori ricorrenti: il rosso, il bianco e il nero. Vi è poi il colore blu, la cui presenza serpeggia all’interno del testo in modo implicito, seppure persistente. Fin da subito Margot è associata al rosso. Già nel capitolo riguardo all’infanzia della ragazza possiamo trovare svariati oggetti di questo colore: le mani della madre, il ragazzo dai capelli rossi che la bacia, il vestito rosso che è solita indossare da bambina e la motocicletta del giovane che la porta fuori città. Il vestito rosso, in particolare, ritorna più volte nel corso del romanzo: Margot lo indossa durante il primo incontro con Rex, nonché la prima volta che si reca nell’appartamento di Albinus (quest’ultimo, oltretutto, confonde un lembo del suddetto abito con l’angolo di un cuscino dello stesso colore). Il rosso rimane sempre presente all’interno del guardaroba della ragazza. Margot indossa abiti di altri colori, come ad esempio il nero, ma il rosso risulta comunque predominante nel suo vestiario: anzi, vi è quasi sempre la presenza di un dettaglio rosso in ciò che indossa. Del resto, Albinus viene spinto a recarsi all’Argus, il cinema dove lei lavora, incuriosito proprio dalle luci rosse che diffondono il loro bagliore sulla neve. Il bianco è invece il colore associato alla vita familiare e ad Elisabeth, la cui pelle chiarissima e delicata viene descritta con abbondanza di dettagli. Come abbiamo già visto, anche il nome del protagonista, Albinus, contiene un evidente riferimento al bianco; inoltre, senza contare la già menzionata falena bianca identificabile col personaggio, compaiono spesso elementi dello stesso colore quando il critico si trova dinanzi ad un punto di svolta: dopo aver passato la notte con Margot per la prima volta, nota in strada degli uomini col cappello bianco e delle farfalle bianche; dopo la morte di Irma, la mente dell’uomo si sofferma sulla neve bianca che gli scricchiola sotto ai piedi; oppure, quando il critico tenta di uccidere Margot per la prima volta, non solo lei indossa un abito bianco, ma anche la porta della stanza è bianca, così come un tappeto al suo interno. Il nero compare spesso all’interno del romanzo, sia in solitudine che associato al bianco per creare un contrasto maggiore. È il colore dei capelli di Magda e Rex, dell’abito da maschera che Margot indossa la prima volta che Albinus la vede e di alcuni abiti che indosserà in seguito; è il colore che ritroviamo nelle scene ambientate all’Argus; è il colore dell’arma con la quale il critico progetta di uccidere l’amante; è il colore delle vesti di Elisabeth in seguito alla morte di Irma; ma, soprattutto, è il colore associato alla vita interiore di Albinus e alla cecità. Sin dalle prime pagine del romanzo, veniamo messi a conoscenza dei pensieri oscuri del protagonista: con questa espressione il narratore si riferisce principalmente alle sue fantasie erotiche e al suo desiderio di avere un’avventura extraconiugale. Una volta che Albinus è cieco, si trova costretto a vivere con gli occhi coperti da un sudario nero; da quel momento in poi aumentano considerevolmente (e comprensibilmente) all’interno del romanzo i riferimenti alla cecità e all’oscurità. Il blu, infine, è il colore che indossa Rex quando viene introdotto nel romanzo. Lo stesso nome del personaggio, che contiene due x, potrebbe essere stato scelto in relazione a questo passaggio sulla sinestesia contenuto in Speak, Memory, in cui Nabokov spiega quali colori evochino certe lettere dell’alfabeto: Passando al gruppo dei blu, c’è la x blu piombo ¹⁹. In Laughter in the Dark i riferimenti al blu aumentano in maniera sostanziale: particolarmente rilevante è la scena della morte di Albinus, in cui questi immagina di essere avvolto dalle onde del mare e il colore blu viene menzionato per ben cinque volte. Questa scena, tuttavia, è ricollegabile a un’altra che si svolge a Solfi, quando il critico e la ragazza passano la giornata in spiaggia; per Albinus, quei momenti costituiscono il primo capitolo della sua nuova vita e il coronamento delle proprie fantasie erotiche (dal capitolo II del romanzo sappiamo infatti che nel corso del matrimonio si era spesso dilettato con fantasie riguardanti spiagge solitarie e ragazze discinte). Perché Nabokov sceglie di enfatizzare questo colore, associato principalmente a Rex, descrivendo qualcosa che simboleggia tutto quello che

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