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Viaggio a Sarajevo
Viaggio a Sarajevo
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E-book62 pagine39 minuti

Viaggio a Sarajevo

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Info su questo ebook

Spionaggio - racconto lungo (35 pagine) - Aprile 1980. Tito muore lasciando un vuoto nella Jugoslavia che rischia l’invasione russa.


Sveva Draghic, vive a Trieste. È stata addestrata dallo zio, entrambi al servizio delle forze Anglo-Americane. Tito per garantirsi la neutralità di Mosca aveva un segreto che alla sua morte deve continuare a essere custodito. Sarà Sveva, alla sua prima missione, ad attraversare i territori di Tito in una corsa contro il tempo, prima che la morte del Maresciallo diventi ufficiale.


Patrizia Calamia è nata a Roma e vive fra Trieste e Milano. I suoi personaggi la accompagnano nei frequenti viaggi di lavoro. Scrive negli aeroporti, sui treni e la sera. La sua passione sono i gialli e le spy-stories ma non solo. Scrivere per lei è l’occasione di approfondire e studiare: arte, storia, viaggi, psicologia.

Ha pubblicato i eomanzi: Sodalizio Mortale (ilmiolibro.it 2013), La galleria dai mille volti (Gelmini 2014), La killer senza nome (Gelmini 2015), Il labirinto di Cnosso (Gelmini 2016), Il delitto di via Rubens (Pagliai 2017), Sola nell’auto (Bertoni 2018).

LinguaItaliano
Data di uscita11 feb 2020
ISBN9788825411256
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    Viaggio a Sarajevo - Patrizia Calamia

    2018).

    1

    Sarajevo, 29 aprile 1980

    Non era la prima volta che Sveva si trovava a Sarajevo, ci era stata con lo zio due anni prima, come regalo per il suo diciottesimo compleanno. Parlava serbocroato discretamente e, con indosso abiti locali, poteva passare inosservata.

    Era stato un percorso lungo a condurla di nuovo là, nella città in cui era nata.

    In quella stessa città, lo stesso giorno in cui lei emetteva il primo respiro, sua madre moriva. Sola.

    L’uomo per il quale aveva lasciato a Trieste il marito, la famiglia e l’onore si era dileguato, lasciandola al proprio destino.

    E lei, vent’anni dopo, si apprestava a compiere la sua prima vera missione da spia.

    2

    Londra, 21 marzo 1980

    – Zeno Rusconi, è un grande piacere averti fra noi. Finalmente ti sei deciso ad accettare il nostro invito per la Festa dell’equinozio. Cosa si dice a Trieste? È troppo tempo che manchiamo da quella città. Devo rimediare assolutamente.

    Sveva era al fianco dello zio, un po’ impacciata dall’abito da cocktail che lui l’aveva costretta a indossare per l’occasione.

    – Sir Gerald, sarà un onore per me, oltre che un piacere ricevere entrambi, in qualsiasi momento doveste decidere di farci visita. – L’inglese si voltò verso di lei.

    – Sir Gerald, le presento mia nipote Sveva, Sveva Draghic. Sveva, quest’uomo è sir Gerald Ashley–Cooper. – L’uomo le prese la mano fra le sue scrutandola con attenzione.

    – Sua nipote… ma certo, ora ricordo! Era appena una bambina dieci anni fa e ora è una splendida donna. Cosa fa nella vita, mia cara?

    Sveva arrossì leggermente, non era abituata alle smancerie ma fece un sorriso e rispose all’uomo nella sua lingua.

    – Studio scienze politiche, con indirizzo linguistico internazionale. Sono al secondo anno.

    – Parla inglese magnificamente, Sveva.

    Lo zio le strizzò l’occhio e la riprese sottobraccio muovendosi verso un altro gruppetto di persone. Lei sapeva perfettamente qual era il suo compito: osservare e cercare di captare brani di conversazione che avrebbe analizzato con lo zio la sera stessa in hotel. Era il loro lavoro.

    Sveva era nata a Sarajevo, la città in cui la madre era scappata con il suo amante e nella quale era morta mettendola al mondo. Di suo padre nessuna traccia.

    Era stato Zeno ad accorrere al capezzale della sorella e a tornare in Italia con la piccola che aveva cresciuto come una figlia. Al principio i genitori cui aveva chiesto aiuto per allevare la piccola, si erano rifiutati, ancora scossi dallo scandalo in cui la figlia li aveva trascinati scappando dal marito. Poi la tenerezza aveva vinto sul conformismo e i due avevano rivendicato il ruolo di nonni. Della città in cui era nata Sveva conservava soltanto il cognome Draghic che altro non era che la versione slava di Rusconi, o meglio la sua famiglia aveva dovuto italianizzare il cognome dopo l’esodo forzato del 1954 mentre per lei lo zio aveva insistito per mantenere la versione originale.

    Sveva si era rivelata da subito una bambina dall’intelligenza viva e la volontà di ferro. Zeno si era ben presto abituato ad averla attorno e a spiegarle i trucchi del suo mestiere non facile.

    – Che lavoro fai esattamente, zio? – gli aveva chiesto quando aveva poco più di sette anni. Zeno aveva cercato di spiegare

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