Un gioco senza regole
Di Julia James
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Julia James
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Anteprima del libro
Un gioco senza regole - Julia James
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Bought By Her Latin Lover
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2004 Julia James
Traduzione di Cecilia Bianchetti
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-886-4
Frontespizio. «Un gioco senza regole» di James Julia1
Sembrava una prostituta.
Rosalind fissò disgustata la vistosa immagine che le rimandava lo specchio del cassettone della minuscola camera da letto. Il trucco era troppo pesante e i capelli lunghi e scuri, impastati di spuma, formavano una massa rigida attorno al viso. Gli occhi erano bistrati di nero, le ciglia cariche di mascara, la bocca una linea rosso fuoco. Alle orecchie aveva un paio di lunghi pendenti d’oro, al collo una gran quantità di catene.
Ma la cosa peggiore era il vestito, una guaina di lamé d’argento con uno spacco vertiginoso e una scollatura che scopriva buona parte del seno.
Lei non avrebbe mai scelto un abito simile, ma Sable era stata irremovibile.
«Ecco, mettiti questo. Hai più seno di me, ma dovrebbe andarti bene» le aveva detto. «Sarai sexy da morire, proprio come piace a Yuri. Adora circondarsi di belle donne, i ricchi sono fatti così. E tu sei bellissima, anche se non sai valorizzarti. Comunque meglio così, almeno so che con te Yuri è al sicuro...»
Rosalind l’aveva rassicurata. L’ultima cosa che voleva era avvicinarsi al fidanzato di Sable, ma non poteva rifiutarle quel favore. L’amica l’aveva aiutata in circostanze molto difficili, quindi non poteva negarle un piccolo aiuto.
«Devi solo fargli da babysitter e tenere lontane le altre» aveva continuato Sable. «Quelle sono disposte a uccidere pur di prendere il mio posto. Oddio, come sto male! Giuro che non mangerò mai più un’aragosta in vita mia» concluse, in preda alla nausea.
Anche Rosalind aveva la nausea all’idea di ciò che l’aspettava. Oltre al fatto di adottare, anche se per una sola sera, l’amorale stile di vita di Sable, doveva chiudere prima il caffè e rinunciare alle mance che rimpolpavano il suo magro stipendio. Ma quel lavoro mal pagato le dava anche una stanza gratis al piano di sopra, e lei non avrebbe mai potuto permettersi di pagare l’affitto in quella zona turistica della Spagna che diventava sempre più cara ed esclusiva.
I soldi erano il suo pensiero costante e la costringevano a lavorare senza sosta. Rosalind non aveva tempo per divertirsi, e per questo Sable la considerava una stupida.
«Insomma, Ros, sei così bella che dovresti vivere come una regina! Se avessi un po’ di buonsenso e uscissi con me i tuoi problemi sarebbero finiti. Il mondo è pieno di uomini come Yuri, dovresti solo scegliere.»
Ma Rosalind non aveva nessuna intenzione di andare a letto con persone simili a Yuri, come faceva Sable, la quale non aveva nessuna remora a farsi mantenere da un uomo offrendo in cambio il suo corpo.
Rosalind si vergognò dei suoi pensieri. Doveva essere grata a Sable, che l’aveva salvata in un momento di totale disperazione, invece di condannarla.
Doveva farle un favore e basta, concluse prendendo la borsetta d’argento e avviandosi alla porta con il cuore pesante.
Cesar Montarez strinse impercettibilmente le labbra vedendo il gruppo riunito attorno al tavolo di blackjack.
«Yuri Rostrov» mormorò l’uomo al suo fianco. «Droga, contrabbando d’armi, estorsione, racket... Devo continuare?»
«Voglio buttarlo fuori» decise il suo capo. «Ci penso io, tu entrerai in azione più tardi.»
Il capo della sicurezza annuì. Usavano sempre quella tattica: era efficace e non dava nell’occhio.
«Farà un sacco di storie, sta vincendo.»
Cesar alzò le spalle. «Peggio per lui.» Gli sarebbe piaciuto prendere a pugni Rostrov. Persone come lui non erano certo benvenute a El Paraíso, pur essendo disposte a spendere parecchi dei loro soldi sporchi. Ma a Cesar non importava: la reputazione del suo locale non doveva essere macchiata dalla presenza di delinquenti.
Si avviò verso Rostrov a passo deciso, fermandosi di tanto in tanto per salutare clienti abituali, ammirando a dovere le signore eleganti, ma tenendole sempre a debita distanza, nonostante la loro disponibilità. Infine si avvicinò all’obiettivo.
Rostrov lanciò un urlo trionfante quando vinse l’ennesima mano, e il suo seguito applaudì, entusiasta e ipocrita, mentre le ragazze, scollate e truccatissime, lanciavano gridolini di gioia.
Cesar strinse di nuovo le labbra. Ecco un’altra ragione per buttare fuori Rostrov: le ragazze. Le belle donne erano sempre un’ottima pubblicità per il casinò, ma lui non aveva intenzione di trasformarlo in una specie di bordello.
Ma quella ragazza...
I suoi occhi indugiarono per un attimo su una delle ragazze del gruppo, molto più affascinante delle altre tre. Era una delle creature più incantevoli che avesse mai visto, ammise suo malgrado.
Peccato che la sua grazia naturale fosse rovinata dal trucco eccessivo, dalla pettinatura assurda e dal vestito di cattivo gusto, scollatissimo e con uno spacco che arrivava all’inguine. Un amico di Rostrov la stringeva a sé, e l’abito si era spostato tanto da scoprirle il seno destro, ma a quanto pareva lei non se n’era accorta, oppure non le importava. Era venuto il momento di liberarsi di quella gentaglia.
Rosalind cercò di restare calma. Quel Gyorg l’afferrava come una piovra e le accarezzava la spalla nuda con una mano tozza. Mentre Yuri continuava a giocare, Gyorg fece un commento su di lei nella sua lingua.
Dio mio, ti prego, fammi uscire di qui!
Era tutta la sera che Rosalind lo ripeteva, per essere precisi dal momento in cui, nel bar dell’hotel, si era presentata al gruppo di uomini di affari provenienti dall’Europa dell’Est.
Ma per gratitudine nei confronti di Sable era ancora lì, sorrideva fino a slogarsi la mascella, rideva quando gli altri ridevano, e contava fra sé i minuti che mancavano alla fine della serata, mentre nella mente risentiva le parole di Sable: Devi solo essere carina e sorridere.
Per quanto le costasse, Rosalind era decisa a farlo fino alla conclusione di quell’incubo.
Peccato che non stesse riuscendo nel suo scopo, ovvero tenere le altre donne lontane da Yuri.
Mentre girava la testa per evitare una zaffata della colonia dolciastra di Gyorg, notò che il croupier stava guardando qualcuno che si avvicinava al tavolo.
Rosalind seguì il suo sguardo e trattenne il fiato quando vide l’uomo che parlava sottovoce con Yuri.
Era sicuramente spagnolo: pelle olivastra, occhi e capelli neri e lunghe ciglia scure che, stranamente, lo rendevano ancora più virile. Era alto e si muoveva con una grazia felina, forse ereditata da antenati arabi, come il naso aquilino, lo sguardo fiero, gli zigomi alti e la bocca sensuale.
Rosalind sentì un brivido. In Spagna aveva visto tanti uomini affascinanti, ma questo l’aveva davvero lasciata a bocca aperta. Non solo perché era più bello degli altri, ma anche perché aveva un’aria pericolosa che incuteva rispetto, induceva gli uomini alla prudenza... e le donne a sogni lussuriosi.
Prese fiato, dandosi della stupida. Che cosa le veniva in mente? Non era possibile vedere un uomo e cinque secondi dopo pensare al sesso!
Invece con lui è possibilissimo...
Datti una regolata, si rimproverò. Quell’uomo era davvero fantastico, ma in quel momento lei non poteva permettersi simili fantasie. Il suo unico scopo era tornare a casa sana e salva.
Mentre cercava di lottare contro gli ormoni si accorse che il suo gruppo era circondato da una tensione palpabile. Gli uomini avevano l’aria seccata, e lo spagnolo continuava a parlare in inglese, probabilmente l’unica lingua che aveva in comune con Rostrov.
«... è fuori dal mio controllo» stava dicendo. Poi scambiò qualche parola con il croupier, prese il libretto degli assegni, scrisse una cifra con parecchi zeri, firmò e porse l’assegno a Yuri, che sembrava sempre più seccato.
«Omaggio della casa» disse.
Rostrov lo prese e il suo malumore parve svanire d’incanto.
A Cesar stava costando parecchio liberarsi di quei gangster, ma ne valeva la pena. Raddoppiare la vincita di Rostrov era un piccolo prezzo da pagare per buttarlo fuori. Cesar gli aveva raccontato che il locale era pieno di poliziotti in borghese, perché c’era il sospetto che il casinò venisse utilizzato per riciclaggio di denaro sporco.
Quando Rostrov schioccò le dita per radunare il suo seguito Cesar si rilassò, guardò di nuovo la ragazza e se ne pentì subito. Da vicino era ancora più bella: ovale perfetto, naso all’insù, labbra carnose, occhi verdi come smeraldi... E il suo corpo...
Era alta ma molto femminile, aveva fianchi rotondi che quell’orrore di lamé sottolineava al punto giusto e seni troppo colmi per quell’oscena scollatura.
Il corpo di Cesar reagì come previsto, e lui si diede dello stupido. Che cosa gli importava di quella ragazza? Di sicuro Rostrov e i suoi se la passavano come se fosse stata una caramella.
Lei intuì i suoi pensieri e arrossì. In quel momento l’affascinante spagnolo vedeva in lei una prostituta e nient’altro.
Non poteva dargli torto. Che cos’altro poteva pensare di lei e delle altre ragazze, se non che si facessero mantenere da quei gangster?
Mentre usciva, con Gyorg che le toccava un fianco con aria di possesso, Rosalind evitò lo sguardo di Cesar. Una ragazza chiese a Yuri, con voce petulante, che cosa stesse succedendo, mentre il cassiere gli consegnava una quantità inverosimile di banconote, che Rosalind guardò con invidia.
L’affascinante spagnolo li seguì con lo sguardo fino all’uscita. Doveva essere il capo della sicurezza del casinò, e forse aveva avvisato Yuri della presenza di un rivale in affari. Meglio sloggiare, e in fretta.
Rosalind rabbrividì sentendo l’aria fresca della notte sulla pelle nuda, e Gyorg si sentì in dovere di stringerla di più.
«Ti scaldo io» sorrise con sguardo allusivo, in un balenio di denti d’oro, con l’alito pesante di alcol.
Rosalind rispose con un sorriso forzato. Lo spagnolo era sulla porta, e sentì i suoi occhi su di sé, colmi di disprezzo.
Davanti al casinò si fermò un’enorme limousine nera. «Dove andiamo?» chiese Rosalind allarmata.
«Nella suite del signor Rostrov» spiegò Gyorg. «Facciamo una bella festa.»
Rosalind si staccò da lui, ma l’uomo pensò che fosse una tattica per farsi desiderare e l’attirò di nuovo a sé.
«Nella suite c’è l’idromassaggio» le bisbigliò all’orecchio. «Ti laverò dappertutto!» la informò con una risata volgare, e Rosalind si sentì gelare.
Cesar salì in auto mentre il gruppo se ne andava. Non era stato difficile liberarsi di Rostrov, ma la sua presenza nel locale l’aveva comunque infastidito. A volte aveva l’impressione di avere impiegato una vita intera a creare la sua fortuna, non solo i dodici anni in cui, partendo da zero, era diventato uno degli imprenditori più stimati della costa.