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Un amante per il capo: Harmony Collezione
Un amante per il capo: Harmony Collezione
Un amante per il capo: Harmony Collezione
E-book162 pagine3 ore

Un amante per il capo: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Gwyn Ellis si trova in un grosso guaio: alcune sue foto scandalose sono state diffuse in rete, mettendo a rischio il lavoro che ha faticosamente ottenuto presso la Donatelli International. Nessuno vuole sentire come sia stata incastrata, nessuno all'infuori del suo capo, il tenebroso e sexy Vittorio Donatelli.



Vittorio è disposto a tutto per allontanare lo scandalo dalla sua società. Ha tenuto nascosto per anni il segreto a proposito della sua vera origine, quindi se per spegnere ogni pettegolezzo deve prendere come amante la bellissima Gwyn... lo farà con sommo piacere.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2017
ISBN9788858963609
Un amante per il capo: Harmony Collezione
Autore

Dani Collins

Dani Collins ha scoperto la letteratura rosa alle scuole superiori e ha immediatamente capito che cosa avrebbe voluto fare da grande.Dopo aver sposato il suo primo amore, ha cominciato a cercare la propria strada nel mondo dell'editoria, non rinunciando al suo sogno di fronte ai primi ostacoli, così due figli e due decenni dopo l'ha finalmente trovata grazie a un concorso per nuove autrici.Quando non è immersa nella scrittura, chiusa nel proprio fortino come i suoi famigliari chiamano il suo studio, Dani occupa il tempo scarrozzando i propri figli da un'attività all'altra oppure con un po' di giardinaggio.Visita il suo sito www.danicollins.com

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    Anteprima del libro

    Un amante per il capo - Dani Collins

    successivo.

    1

    Gwyn Ellis spostò lo sguardo dal computer a Nadine Billaud, la direttrice delle pubbliche relazioni della Donatelli International, poi tornò a guardare il monitor.

    «Questa è lei?» la sollecitò Nadine.

    Gwyn non riusciva a parlare. Il cuore aveva incominciato a martellarle nel petto non appena si era riconosciuta. Aveva la pelle imperlata di sudore e la gola così stretta che le mancava l'aria.

    Quella era lei. Nuda. Proprio lì sul computer, con la linea del fondoschiena incorniciata dalle mutandine rosa. Tutti avevano un fondoschiena che somigliava più o meno a quello, ma lei non era solita mostrarlo a chiunque. E sicuramente non mandava foto via mail a uomini che conosceva a stento. E non le pubblicava nemmeno su Internet.

    Aveva la sensazione di essere percorsa da una corrente elettrica che la paralizzava.

    La foto cambiò e anche il corpo nudo con il lenzuolo spiegazzato intorno alle cosce era il suo. Il modo in cui inarcava la schiena e si passava le dita fra i capelli era volutamente erotico, accompagnato da un'espressione beata. Sembrava che avesse fatto l'amore tutto il giorno... come se conoscesse quella sensazione!

    Poi comparve l'ultima foto. Si stava sistemando l'elastico delle mutandine e sembrava indecisa se tenerle o toglierle, con un sorriso soddisfatto sulle labbra e lo sguardo languido.

    La sua pelle era leggermente lucida... di olio, si rese conto mentre la sua mente incominciava a funzionare di nuovo dopo lo choc. Quelle foto erano state scattate alle terme dove aveva fatto un massaggio per cercare di curare il dolore fra le scapole che la torturava da settimane. Si era sollevata a sedere e si stava rivestendo dopo l'appuntamento, rilassata e a proprio agio in quella che aveva creduto fosse totale riservatezza.

    Il lettino del massaggio era stato ritagliato dalle immagini, lasciando le pareti di un tenue verde salvia e fiori sfocati sullo sfondo. Sarebbe potuta essere una camera d'albergo, o qualunque cosa volesse immaginare chi la guardava.

    Le si strinse lo stomaco. Avrebbe voluto vomitare, svenire, morire. Ti prego, Dio, prendimi adesso.

    «Signorina?» insistette Nadine.

    «Sì. Sono io» balbettò Gwyn. Poi, in preda alla mortificazione, aggiunse con voce stridula: «Può chiudere quell'affare, per favore?».

    Lanciò un'occhiata al signor Oscar Fabrizio, il suo direttore, che le sedeva accanto con espressione sprezzante. «Perché le mostra così? Con lui presente?» domandò. «Non avremmo potuto farlo in privato?»

    «Sono disponibili per chiunque abbia una connessione Internet» dichiarò l'uomo. «Le ho fatte notare io a Nadine.»

    Le aveva già guardate, e a lungo. Volgare.

    Le salirono le lacrime agli occhi e provò un'altra ondata di nausea.

    «Sapeva sicuramente che questo sarebbe potuto succedere quando ha fatto le foto e le ha mandate al signor Jensen?» domandò Nadine.

    Nadine aveva mantenuto quell'espressione altezzosa da quando Gwyn aveva seguito il direttore nel suo ufficio. L'uomo continuava a lanciarle occhiate compiaciute, come se riuscisse a vedere attraverso il suo completo azzurro assolutamente rispettabile.

    Le faceva accapponare la pelle.

    E la faceva preoccupare per il suo lavoro.

    «Non ho fatto io quelle foto» dichiarò Gwyn con tutta la forza che le consentiva la gola stretta. «E lei pensa che manderei qualcosa del genere a un cliente? Sono... oh, per amor del cielo.» Sentì aprire la porta alle sue spalle e balzò in piedi, allungando la mano per chiudere il portatile di Nadine e rimpiangendo di non poter cancellare altrettanto facilmente le immagini.

    Sapeva che avrebbe pianto. Presto. Per adesso era in preda allo choc. Come se le avessero sparato, ma avesse ancora la forza di correre prima che le ferite la indebolissero.

    «Signor Donatelli.» Nadine si alzò in piedi. «Grazie di essere venuto.»

    «Lo ha informato?» Il signor Fabrizio balzò su dalla sedia con aria costernata.

    Quel poco di calma rimasta a Gwyn svanì. Il proprietario della banca era lì? Fece appello alle proprie energie per affrontare un'altra espressione disgustata.

    «È il protocollo quando capita qualcosa di pericoloso per la reputazione della banca» rispose freddamente Nadine, gravando maggiormente il cuore di Gwyn.

    «Sarà licenziata.» Oscar Fabrizio rassicurò il signor Donatelli. «Stavo per dirle di prendere le sue cose.»

    Il tempo si fermò mentre la notizia si faceva strada nella mente di Gwyn. Che stupida! Aveva pensato di essere stata convocata per parlare della possibile appropriazione indebita di fondi da parte di un cliente, non di essere screditata di fronte al mondo intero.

    Questa era una persecuzione su Internet. Una caccia alle streghe. Una lapidazione. Non riusciva ad accettare l'ingiustizia.

    La sola esperienza simile che le veniva in mente era stata quando avevano diagnosticato la malattia di sua madre. Non poteva negare i fatti, ma non capiva come sarebbe stata la sua vita da quel momento in avanti.

    Non voleva affrontare la cosa, ma non aveva scelta.

    E il silenzio intorno a lei le diceva che aspettavano tutti che lo facesse.

    Molto lentamente, si voltò verso l'uomo appena entrato, ma non era Paolo Donatelli, presidente e capo della famiglia proprietaria della Donatelli International. No, era molto peggio.

    Vittorio Donatelli. Il cugino di Paolo e vice presidente. Un uomo dalla bellezza ancora più straordinaria, almeno secondo lei. Il viso era bello e raffinato come voleva il suo retaggio italiano. Era perfettamente rasato e indossava un elegante completo di sartoria. La statura e l'espressione fredda gli conferivano un'aria arrogante. La sua capacità di affrontare qualunque situazione era evidente dal modo in cui tutti stavano in silenzio, aspettando che parlasse.

    Sapeva che non la riconosceva. Gli aveva rivolto un luminoso sorriso poco tempo dopo essere arrivata lì a Milano, dimenticando che non poteva sapere di essere l'oggetto dei suoi sogni. Lui l'aveva trapassata con lo sguardo e questo l'aveva ferita. In modo illogico.

    «Nadine. Oscar.» Vittorio rivolse una breve occhiata agli altri occupanti della stanza prima di fissare Gwyn con i suoi occhi color bronzo.

    Il cuore le balzò nel petto, reagendo a lui anche quando era sul punto di un attacco isterico. Aveva la bocca così secca che non riusciva a sorridere. Dubitava che avrebbe mai sorriso di nuovo. La strana eccitazione dentro di lei s'intensificò.

    «Signorina Ellis.» Lui le rivolse un ostile cenno del capo.

    Gwyn immaginò che avesse appreso il suo nome dal rapporto di Nadine. Gli occhi accusatori le dicevano che aveva visto le foto. Naturalmente. Per questo era sceso dall'ultimo piano della Torre Donatelli.

    Gwyn restò senza fiato e le tremarono le gambe. Era sconvolta dalla vulnerabilità che provava all'idea che lui l'avesse vista nuda, ma l'effetto che quel perfetto estraneo aveva avuto su di lei fin dall'inizio era senza precedenti. L'aveva visto passare per gli uffici di Charleston una volta e la sua bellezza e il suo dinamismo l'avevano indotta a considerare più favorevolmente di qualunque altro ramo dell'organizzazione un posto nella sede di Milano. Voleva fare carriera, avrebbe accettato qualunque promozione, ma quello era il luogo dei suoi sogni.

    Perché le offriva la possibilità di vederlo.

    Attenta a quello che desideri. Gwyn serrò le labbra, poi distolse lo sguardo, cercando di riprendersi.

    Chiaramente lui non era affatto l'uomo che aveva immaginato. Aveva pensato che gli uomini italiani fossero caldi, amanti della compagnia e che adorassero le donne, e si era aspettata che flirtasse con lei se mai avessero parlato. Si era aspettata che le offrisse la possibilità di affascinarlo, nonostante fosse solo una sua dipendente.

    Ma l'uomo per cui provava un'ossessione non solo l'aveva vista nuda, ma era completamente indifferente a ciò che aveva visto. Provava ripugnanza. La biasimava. In segreto la definiva una sgualdrina, o peggio...

    Gwyn smise di rimuginare. I pezzi del suo mondo andato in frantumi erano già strapazzati abbastanza. Doveva ritrovare l'autocontrollo.

    Ma non era abituata a essere respinta, a non vedere nessun interesse in un uomo. D'abitudine la reazione era l'opposto. Il suo corpo aveva sempre attirato una certa attenzione maschile. Non che la incoraggiasse, ed era abbastanza assennata. I suoi capelli erano di un bruno comune e non era particolarmente graziosa. Il suo viso era piacevole grazie alla carnagione perfetta ereditata dalla madre e a una natura allegra che manteneva un sorriso sulle sue labbra. Quindi perché sorprendersi se un uomo che poteva avere tutte le donne che voleva non mostrava alcun interesse per lei?

    Faceva comunque male.

    Rifletti, ordinò a se stessa, ma era difficile davanti al disprezzo di un uomo che l'affascinava.

    «Voglio un avvocato» riuscì a mormorare.

    «Perché dovrebbe averne bisogno?» domandò Vittorio, inarcando quelle sopracciglia divine.

    «È un licenziamento ingiusto. Mi state trattando come una criminale quando quelle foto sono illegali. Sono state scattate alle terme a mia insaputa. Non sono dei selfie, quindi come potrei averle mandate a Kevin Jensen? O a chiunque? È stata sua moglie a consigliarmi di andarci per la mia spalla!»

    Vito lanciò un'occhiata al computer, rivedendo mentalmente quelle immagini che sarebbero state solleticanti se fossero state una comunicazione privata fra amanti. Quando le aveva osservate, era rimasto affascinato suo malgrado, e aveva distolto a fatica l'attenzione da quella figura sensuale, riflettendo sul fatto che si trattava di una bomba all'idrogeno diretta contro la banca che costituiva il mezzo di sostentamento suo e della sua intera famiglia.

    Ma le foto non erano dei selfie. Questo era vero. Aveva pensato che le avesse scattate Jensen.

    Nadine sembrò pensare che la sua attenzione per il computer fosse un invito a mostrargliele di nuovo. Fece per aprire il computer portatile.

    «Vuole smettere di mostrare quella roba alle persone, fanatica?» gridò Gwyn.

    «Comportiamoci in modo professionale» scattò Nadine.

    «Come reagirebbe se fosse al mio posto?» controbatté Gwyn.

    Gwyn Ellis non era ciò che Vittorio si era aspettato. In lei c'era una moralità americana che neutralizzava in parte la donna fatale che era apparsa sul monitor. Quando era entrato nella stanza, si era aspettato un impatto di sessualità femminile, e l'aveva ottenuto. Aveva provato la stessa cosa il giorno in cui lei gli aveva sorriso nell'atrio.

    Era già sospettata, quindi aveva finto di non notarla, ma nulla poteva ridurre il suo fascino. Non quel corpo, con il seno sodo sotto la giacca dal taglio perfetto e la vita che invitava la mano di un uomo ad accarezzarla, scivolando lungo i fianchi splendidi. D'abitudine non prendeva in considerazione le ginocchia, ma quelle di Gwyn erano deliziose.

    Gli passò per la mente l'immagine delle proprie mani che l'accarezzavano.

    Era una donna forte. Teneva le spalle rigide ed era tesa e sulla difensiva, ma la statura minuta e le soffici curve rivelavano un'innegabile femminilità. Faceva appello al maschio in lui, suscitando una reazione animalesca che reprimeva a tutti i costi.

    Le reazioni viscerali come la libidine erano qualcosa a cui si abbandonava assai di rado. Non era quello il momento e, a giudicare dalla propria reazione a lei, Gwyn non era la donna giusta. Correre rischi era una prerogativa del cugino. Vito controllava l'istinto, anche se c'era una parte di lui che pulsava di eccitazione per la sfida di gettarsi in quella tempesta perfetta di attrazione fisica per vedere se era in grado di sopravvivere.

    Quello che avrebbero potuto fare l'uno all'altra...

    Scacciò quei pensieri, sentendo Nadine che lanciava una frecciata cattiva a Gwyn. «Io non andrei mai a letto con un uomo sposato. A me non succederebbe.»

    «Chi ha detto che sono andata a letto con Kevin Jensen?» la sfidò Gwyn con veemenza. «Chi? Voglio un nome.»

    Quella non era la reazione di una donna che aveva posato per un amante, correndo il rischio di essere scoperta. Sarebbe dovuta essere furiosa con Jensen o sua moglie, forse avrebbe dovuto scuotere la testa con aria di sfida, invece era una donna sul punto di perdere il controllo, che reagiva a una catastrofe con isteria trattenuta a

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