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FANTASY, Io me lo leggo
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E-book128 pagine1 ora

FANTASY, Io me lo leggo

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Info su questo ebook

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Questa antologia contiene NOVE Spin off inediti, se ami il fantasy non perdertela !!! 

Buona lettura.
LinguaItaliano
EditorePubMe
Data di uscita27 apr 2018
ISBN9788833661292
FANTASY, Io me lo leggo

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    Anteprima del libro

    FANTASY, Io me lo leggo - Monika M Writer Blog

    Io me lo leggo!

    Speciale

    FANTASY

    Monika M Writer Blog

    https://autricemonikamblog.wordpress.com/

    Dedichiamo questa Antologia di

    SPIN OFF

    A tutti gli appassionati di fantasy,

    sperando possiate divenir nostri

    appassionati lettori!

    Potrete inoltre seguire,

    ogni giovedì, nella nostra pagina

    https://www.facebook.com/iomeloleggo/

    la rubrica fantasy di Marco Gerri !

    Buon divertimento!

    Testo adatto a

    bambini e ragazzi !

    Avete mai scrutato un gatto negli occhi? Lui vede dove voi non potete…

    Il mio giuramento

    di Nadia Boscu

    Spin off del romanzo La Chiave del Portale

    Ero molto piccolo quando fui trovato da lei. Erano giorni che, assieme alle mie sorelle, aspettavo che mia madre tornasse per darci da mangiare. Il nostro rifugio, solitamente riscaldato dai nostri corpi pigiati uno sull'altro, cominciava ad essere troppo freddo e aveva quasi perso il suo tipico aroma di pelo bagnato dal latte. In tutto quel tempo i nostri lamenti non avevano ottenuto consolazione e le mie sorelle erano diventate talmente deboli da non riuscire più ad emettere nemmeno quei delicati miagolii di richiamo.

    Io continuavo. Ci mettevo tutta la forza di cui ero dotato e spingevo con le zampe i loro corpi, cercando di emergere tra loro o indurle a reagire.

    Quando il cofano dell'auto abbandonata, che costituiva il nostro nascondiglio, venne sollevato, la luce del sole autunnale investì i miei occhi abbagliandoli e le mie urla divennero ancora più stridule.

    Non mi districai quando fui sollevato dalla massa pelosa dei corpicini ormai freddi attorno a me. Lei mi disse che ero l'unico ad essere sopravvissuto e che continuai a miagolare in modo disperato lungo tutto il tragitto fino a casa sua dove, una volta arrivati, mi avvolse in calde copertine profumate e mi diede un poco di mollica di pane imbevuta nel latte.

    Così mi salvò da una morte certa, quella che si era presa prima mia madre - chissà dove e in quale modo - e poi le mie sorelle.

    Lei disse che fu il mio forte miagolio a salvarmi, portandola da me, e fu questo a farle decidere il mio nome.

    Passarono i mesi e crebbi velocemente. Di quel periodo conservo ricordi di serenità ovattata, scandita dalle sue coccole e dai giochi, permeata dal profumo del formaggino che adoravo e da quello dell'ammorbidente di cui profumavano sempre le mie copertine.

    Liala - questo era il suo nome - aveva quattordici anni, era figlia unica ed era spesso sola perché i genitori lavoravano molto. Aveva sempre sognato di poter tenere un animale con sé e in quel periodo, in cui cominciava a soffrire del suo male, i genitori non seppero negarglielo, nutrendo la speranza che potesse giovarle. E così fu, almeno per diversi mesi. Prima dell'estate, quando ricominciarono le crisi, non avevo mai notato nulla di strano che la riguardasse.

    Capitava sempre quando calava la notte: i suoi occhi si scurivano e il suo volto diventava assente. Sovente si rinchiudeva nella sua stanza per ore e piangeva.

    Spesso il suo sonno era disturbato dagli incubi e la mattina la coglieva spossata e apatica. Cominciò a mangiare meno e a non voler più andare a scuola. Non riceveva più le amiche e non metteva il naso fuori di casa. L'unica cosa che non cambiava era l'atteggiamento nei miei confronti: per me c'era sempre una carezza e qualche parola.

    Io osservavo e non capivo. Sentivo che stava male, ma non sapevo cosa fare per aiutarla, se non esserle vicino quando lei lo desiderava.

    Una volta preso atto del suo peggioramento, i genitori si rivolsero a degli specialisti che misero la giovane sotto terapia farmacologica. Inizialmente la cosa sembrò funzionare, ma dopo alcune settimane gli incubi tornarono, come le lacrime e l'apatia.

    I dottori suggerirono che potesse trattarsi di un atteggiamento volto ad attirare l'attenzione dei suoi familiari e consigliarono di non assecondare i suoi capricci, così da farle capire che in quel modo non avrebbe ottenuto ciò che desiderava.

    La situazione precipitò: sentendosi sempre più incompresa e sola, la ragazza si chiuse completamente in se stessa.

    Ero un testimone impotente della disperazione della casa in cui vivevo e spesso, per sfuggire ai litigi e alle lacrime, uscivo a vagabondare tra le vie del quartiere.

    Godevo di una buona libertà e passavo ore ad esplorare il territorio. La notte, però, tornavo sempre da Liala, contrariamente alle abitudini della mia specie, perché speravo di vegliare sul suo sonno.

    Ancora non vedevo, non c'era stato il contatto, ma sentivo…

    Poi una sera accadde: incontrai la tenebra e ci riconoscemmo.

    In quel momento cambiò tutto per me e i miei occhi si aprirono su tutto ciò che era nascosto dalle ombre.

    Quella sera rientrai più tardi del solito perché le nuvole avevano nascosto la scalata della luna, facendomi perdere il senso del tempo. Nel momento in cui svoltai nella via di casa udii Liala gridare. Affrettai il passo, preoccupato per la mia amica, sospettando una delle sue crisi, e mi precipitai attraverso la finestra aperta che dava in camera sua. Vicino al letto della giovane, china su di lei, vidi l'oscurità nella sua forma più terrificante, quella che non dà scampo, che ti prende e ti stringe nelle sue spire lasciandoti boccheggiante e tremante, che annichilisce ogni tua resistenza e ti trascina nella disperazione.

    Intuendo che stesse infierendo su Liala, mi lanciai sulla figura con la veste della notte senza fine. L'urto fu violento e avvertii distintamente una scarica di dolore attraversare il mio agile corpo. Riuscii ad allontanarla dalla ragazzina, ma il mio intervento la fece infuriare. Quando mi guardò, i suoi occhi di pece contenevano universi in fiamme e la sua voce pareva aver attraversato le gole dell'inferno più profondo, poiché quella lingua era immonda e bruciava come il fuoco.

    «Tu, traditore! Tu, che sei stato spia nella Terra Oscura e servo dei Signori della Notte che non ha fine, tu, che conoscevi le Strade del Tormento e della Follia e su di esse sei fuggito portando con te la nostra schiava… tu, come osi attaccarmi?»

    Naturalmente non parlava di me, ma della mia stirpe, come appresi in seguito, tuttavia ricordo quanto quel linguaggio mi suonasse familiare, tanto da lasciarmi perplesso e incerto.

    Avvertivo il pericolo e il male che quella creatura emanava, ma ancora non avevo collegato la sua presenza alla malattia della mia salvatrice.

    Seguendo il mio istinto, gli soffiai contro con tutta la ferocia di cui ero capace e mi preparai a rinnovare l'attacco sfoderando le unghie. I miei occhi rifletterono la luce della luna, che in quel momento faceva capolino col suo massimo splendore attraverso le persiane aperte, e si puntarono sull'essere oscuro. Incredibilmente, per qualche motivo a me sconosciuto, la creatura si dileguò sibilando.

    Senza soffermarmi sui mille interrogativi che avevo per la testa mi dedicai a Liala: i capelli arruffati, le ciocche bionde strappate, ma ancora attorcigliate alle sue dita, e il viso sofferente la facevano apparire stremata. Ansimava e le lacrime bagnavano il suo volto. Andai vicino a lei e mi accovacciai sul suo petto nella speranza di infonderle serenità, come aveva fatto con me quando ero un cucciolo spaventato.

    Funzionò. Le mie fusa e il mio calore la guidarono verso la pace, facendola sprofondare in un sonno senza incubi.

    Decisi che le sarei stato più vicino, specialmente la notte, ma allo stesso tempo sentivo la necessità di scoprire cosa stesse accadendo. Volevo capire cosa fosse successo quella notte, perché io mi sentivo diverso.

    La mattina successiva, all'alba, mentre procedevo nei miei pellegrinaggi tra le vie e i tetti, circondato dagli odori e dai rumori del quartiere che si svegliava, ripensai ai pettegolezzi uditi qualche tempo prima su alcuni gatti particolari, temuti e tenuti alla larga dalla comunità felina della zona. Li avevano chiamati Spie della Luce e quel termine mi suggeriva che in qualche modo potessero aiutarmi a capire ciò che stavo vivendo.

    Con l'intento di trovarli chiesi informazioni, ma i gatti del quartiere erano poco propensi a parlarne. Non mi era chiaro se li temessero o proteggessero, l'unica cosa certa in quei giorni era la mia delusione nel non riuscire a far nulla di concreto per Liala.

    Il quarto giorno di ricerche, quando ero sul punto di rientrare a casa, sempre più stanco e insoddisfatto, un gatto bianco mi si accostò.

    «Seguimi» fu tutto ciò che disse, ed io lo feci.

    Attraversammo la cittadina, mentre i lampioni cominciavano ad accendersi e il traffico a farsi meno frenetico, e giungemmo nella periferia, dove si estendeva una campagna incolta. Inoltrandoci nelle sterpaglie arrivammo fino a dei grandi tubi ormai quasi completamente nascosti dall'erba alta.

    Da quei rifugi

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