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Il sogno di Helen e l'eredità norrena. Parte II
Il sogno di Helen e l'eredità norrena. Parte II
Il sogno di Helen e l'eredità norrena. Parte II
E-book358 pagine5 ore

Il sogno di Helen e l'eredità norrena. Parte II

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Info su questo ebook

Helen è tra gli elfi e, nonostante il suo sforzo, fatica a stare dietro gli altri. Ozart, il maestro, la massacra con allenamenti massacranti e la mette alla prova con delle sfide. Sfide che portaranno Helen e Tania nelle mani del nemico, che non è Crono...
Dall'altro lato Karel e Aira si trovano di fronte a scelte difficili, se accettare i consigli di Sam e quindi prendere la strada al potere più semplice o seguire i consigli di Cal, e arrivare agli obiettivi sudando e faticando.
E mentre i ragazzi e i draghi faticano a trovare la loro strada, una certezza è alla fine del percorso... La guerra.
LinguaItaliano
Data di uscita18 apr 2020
ISBN9788835810858
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    Anteprima del libro

    Il sogno di Helen e l'eredità norrena. Parte II - Karel Glaukopis

    1. Vacanza, ma non vacanza…

    La ragazza dai capelli come l’oro e gli occhi azzurri come un lago illuminato dal sole, non si accorse che l’inverno stava lasciando spazio alla primavera e che le giornate stavano diventando più lunghe e calde. Non notò che gli alberi ritornavano verdi e la neve si scioglieva mentre l’erba cresceva di un bel verde luminoso. La stagione che più preferiva, stava iniziando! La ragazza, Helen, era troppo impegnata a dare il massimo per stare dietro ai compagni di classe, all’amica e alle richieste del maestro che più odiava al mondo… Ozart.

    «Oggi è passato il preside e ci ha detto che ci sono due settimane di vacanza, ci saranno delle feste in onore della primavera» disse la ragazza bionda felice come una bambina con un nuovo giocattolo, quando trovò Rotar, che aveva appena finito il suo allenamento.

    Bene, così potremo passare più tempo insieme’ disse il drago nero come la pece mentre camminava sul terreno zuppo d’acqua.

    «Stai distruggendo tutto con il tuo peso!» esclamò Helen vedendo le enormi impronte lasciate dall’animale e la striscia piatta di terra che si lasciava alle spalle. L’animale con il suo peso stava distruggendo la bella erbetta che stava crescendo.

    Non è colpa mia se il fango è ovunque e il terreno sprofonda! Potrebbero creare un sentiero’ disse Rotar che era piuttosto imbarazzato mentre veniva guardato malamente da tutti gli elfi.

    «Non sai quanto mi piace…» disse la bionda godendosi gli sguardi colmi d’odio che lanciavano quegli esseri dalle orecchie a punta.

    A me no’ rispose l’animale.

    «Tania è nuovamente scomparsa come all’inizio dell’anno, la vedo qualche volta a scuola, ma non dorme neanche più con noi» si lamentò Helen dopo un lungo silenzio con il drago

    Le devo parlare, anche perché ci dobbiamo allenare in aria’ disse Rotar guardando il cielo azzurro e soleggiato.

    «Bene, se la dovessi incontrare le dirò che hai bisogno di lei».

    Grazie mi fai un favore, però non mi piace il suo comportamento, non è giusto, soprattutto nei tuoi confronti’ disse il drago nero guardando Helen in cerca di una reazione.

    Helen alzò le spalle e rispose «Concordo con te, però ha preso questa decisione e non le possiamo impedire di stare con i suoi nuovi amici».

    Cancellando la sua famiglia!’ esclamò Rotar arrabbiato un attimo prima di arrivare a casa loro.

    «Noi non siamo la sua famiglia» disse Helen chiudendo il discorso e scappando in bagno, anche se non aveva fretta, non aveva voglia di continuare a parlare di quell’argomento.

    Nonostante provasse a essere dura davanti al drago, soffriva parecchio a non poter condividere tutte quelle nuove esperienze con la sua migliore amica e qualche volta anche per l’impossibilità di sfogarsi con qualcuno del suo stesso sesso che la capisse.

    Appena chiuse la porta alle sue spalle, le lacrime incominciarono a rigarle le guance e senza che riuscisse a fermarsi, pianse a dirotto per tutto quello che stava passando.

    Quando quell’attimo di smarrimento si placò, Helen alzò lo sguardo e vide un riflesso allo specchio che faticò a riconoscere tanto era cambiata nell’ultimo periodo e tanto gli occhi erano rossi.

    La ragazza che aveva di fronte era cresciuta di alcuni centimetri, dieci all’incirca, i muscoli erano aumentati notevolmente, adesso erano più delineati e marcati, la cosa a Helen non piaceva molto, la rendeva troppo mascolina.

    I capelli erano tornati a essere di una lunghezza più ragionevole e adesso li teneva quasi sempre legati formando un piccolo ciuffo a livello della nuca, in quel modo combattendo non le andavano negli occhi, comunque era più che decisa a tagliarli nuovamente e non aveva smesso di colorare alcune ciocche. Il quel momento erano rosse perché era il colore che in quel periodo sentiva più suo.

    Dopo essersi data una risciacquata alla faccia, lavata per bene i denti e aver fatto un po’ di meditazione, andò a coricarsi sfinita e con la mente piena di pensieri, quindi aspettò l’amica.

    Quando Tania arrivò a tarda notte, sbadigliando senza mettersi la mano davanti, la bionda ragazza guardò l’amica, anche il cavaliere era cambiato, ma non tanto quanto lei.

    Tania era rimasta all’incirca della stessa altezza, qualche centimetro in più, ma niente di significativo, ma i suoi muscoli… Quelli erano cambiati drasticamente. Adesso erano cresciuti in modo sproporzionato e rispetto quelli di Helen che erano allungati e armonici, i suoi erano più voluminosi. Il cavaliere sembrava un toro tanto era tarchiata.

    Portava ancora i capelli lunghi e molto spesso si faceva fare delle treccine sparse, le cadevano sulle spalle larghe, il colore era castano chiaro, almeno aveva ripreso il suo colore originale…

    «Ancora sveglia?» chiese il cavaliere di drago che sembrava irritata di trovare l’amica con gli occhi aperti.

    «Sì» rispose secca Helen.

    «Cos’hai da fissare?» chiese ancora lei.

    «Rotar ti vuole parlare» rispose la bionda, poi chiuse gli occhi chiudendo il discorso.

    Prima di addormentarsi ripensò a Rotar, al bellissimo drago nero che forse era quello che era cambiato maggiormente, sia da un punto di vista fisico, ma anche mentale.

    Il drago era diventato più grande di uno stallone e più muscoloso di un toro adulto e nel pieno della sua forza, con la pelle talmente nera e lucente da sembrare ossidiana.

    Gli artigli, le zanne e le appendici dell’animale erano cresciute e se possibile erano diventate anche più affilate, ma erano rimaste dello stesso bianco lucente in contrasto con il suo colore.

    Anche le ali di Rotar erano aumentate a dismisura, adesso erano poco più lunghe della lunghezza dell’animale e la pelle che prima era molto sottile, adesso era tanto spessa quanto resistente.

    Con i pesanti allenamenti che aveva sopportato, ed essendosi cimentato nel volo allenando muscoli che prima erano nascosti, era diventato piuttosto tonico e riusciva a sollevare anche cento, centocinquanta chili per parecchio tempo.

    Mentalmente poi sembrava aver costruito una corazza tanto i suoi pensieri erano sicuri e stabili, poco e niente lo turbavano e anche ciò che gli dava più fastidio, lo superava con facilità.

    Rotar era diventato una macchina indistruttibile, pronto per la guerra…

    Il giorno dopo, quando Helen tornò dalla sua consueta punizione, guardò il drago in modo sconsolato e disse «Non potremo passare tanto tempo insieme, ho parlato con il maestro Ozart e mi ha detto che la mia punizione continuerà finché non finirò il mio lavoro e quindi, sino quando non avrò copiato tutti i libri e questo vale anche durante le vacanze…»

    Il drago la guardò pensieroso poi disse ‘Una soluzione ci sarebbe… Potresti portarti i libri a casa, così puoi organizzare meglio il tuo tempo ed eviti di perdere ore per andare e tornare da casa sua.’

    Potrebbe essere una buona idea, domani proverò a chiedere se per lui va bene’ disse la ragazza che già pensava a come porre la domanda al suo maestro per obbligarlo a dare una risposta affermativa, ma nello stesso tempo a non essere autoritaria.

    Il giorno dopo, prima di tornare a casa, dopo aver finito di copiare il sesto libro preso dallo scaffale chiese titubante al maestro «Mi scusi… Mi chiedevo se potevo portarmi a casa un libro, lo copierò a casa così non dovrò sempre venire qui da lei».

    Il maestro ci pensò a lungo senza aprire bocca, allora Helen riprovò «Così evito la strada ogni volta e posso lavorare di più!»

    Ozart continuava a non aprire bocca, «E farò la massima attenzione».

    «Una risposta, la prego!» continuò Helen visto che quell’uomo non sembrava intenzionato a rispondere.

    «Se tu non stai zitta come faccio a rispondere?» chiese lui guardandola infastidito.

    «Mi scusi» disse Helen che aveva imparato che discutere con quell’uomo era inutile mentre era essenziale usare quella parola magica scusa per non peggiorare la situazione.

    «Uno solo però, e se lo perdi o lo rovini saranno guai per te», le disse seriamente e con una faccia che le mise paura.

    «Guai?» chiese terrorizzata Helen.

    «Tu avrai in mano una proprietà privata e se la danneggi o la perdi ne sarai responsabile, quindi dovrai pagarla e visto che non hai soldi, sarai punita e la punizione la deciderò io. Considerando che la punizione più leggera ti è già stata data, immagina cosa ti potrebbe aspettare…»

    «Preferisco non immaginarlo».

    «Fai bene ragazza» disse lui tremendamente serio e con un ghigno spaventoso disegnato sulle labbra.

    Felice e terrorizzata, Helen prese con delicatezza e attenzione il settimo libro dallo scaffale, lo avvolse nella sua felpa e uscì.

    Finalmente le vacanze iniziavano anche per lei, non vedeva l’ora!

    Quando arrivò a casa era felice come una bambina, non stava più nella pelle, l’idea di aver vinto uno scontro con il maestro, anche se non per niente di importante e solo verbale, l’aveva portata al settimo cielo.

    Quella era la vita, un insieme di sfide, più o meno difficili dalle quali si usciva vincitori o sconfitti, lei in quella ne era uscita con una mezza vittoria, ma quante sconfitte aveva dovuto subire prima di ottenere quel risultato? Tante, troppe, però ne era valsa la pena.

    «Ho vinto» disse Helen afferrando il collo di Rotar e appendendosi.

    Così mi strozzi’ si lamentò il drago cercando di scrollarsi di dosso la ragazza che però non mollava la presa.

    Seriamente, così mi strozzi’ disse Rotar.

    «Scusa» mormorò Helen lasciando leggermente la presa, ma non lasciando il drago.

    Raccontami tutto.’

    «Ho ottenuto quello che volevo, adesso posso scrivere i libri a casa!»

    Veramente?

    «Sì, ha accettato, anche se con molte condizioni e a rischio e pericolo miei» spiegò Helen un po’ più tristemente.

    Cosa intendi?

    «Se gli dovessi rovinare il libro e cose del genere mi farà del male e bla bla bla…»

    Vediamo il libro?’ chiese il drago curioso di vedere cosa di tanto prezioso Ozart le aveva dato da riscrivere.

    La ragazza tirò fuori dalla felpa il libro, quindi il drago lo guardò con attenzione, alla fine fece un po’ di fumo dal naso e Helen, con ottimo riflessi, tolse il libro dalla portata di Rotar.

    «Ma sei matto? Ti rendi conto che se lo bruciavi per me era la fine?» chiese lei terrorizzata.

    Sì, però è stato divertente, lo devi ammettere’ disse Rotar guardando la ragazza mentre sembrava sorridere.

    «No, non lo è stato per niente».

    Dipende dai punti di vista’ borbottò il drago.

    La cosa positiva di avere il libro a portata di mano era che poteva gestire i tempi e quindi non dover scrivere per ore senza pause, adesso poteva lavorare per meno tempo in diversi momenti della giornata.

    Per tutta la sera pensò a cosa poteva fare durante le vacanze, ancora non ne aveva idea, ma su una cosa era sicura, avrebbe fatto il possibile per rilassarsi un po’.

    L’ultimo periodo era stato troppo stressante, un minuto libero non l’aveva più avuto e si sentiva esausta, sia da un punto di vista fisico, ma soprattutto mentale. Faticava anche a pensare a cosa mangiare e questo era sbagliato.

    Helen andò a dormire prima del solito, non vedeva l’ora di svegliarsi il giorno dopo quando voleva e iniziare le vacanze e queste sarebbero state vere, senza allenamenti e senza faticare.

    Il sonno non fu per niente tranquillo, si svegliò ripetutamente durante la notte visto che non trovava la posizione corretta. Questa era una cosa che aveva notato, le era già successo altre volte, quando andava a dormire troppo presto, dormiva male. Tra le sue varie teorie c’era quella che il corpo non aveva bisogno più di tante ore di riposo e quindi se gli venivano date troppe ore di sonno, non lo usava tutto.

    Si svegliò anche prima del solito, cosa ancora più odiosa, era che aveva intenzione di alzarsi tardi, molto tardi… Ma dopo che per l’ennesima volta non riuscì a riprendere sonno, decise di scendere dal letto e questo era l’esatto orario nel quale si alzava di solito.

    Era il primo giorno di vacanza, le due amiche avevano fatto colazione insieme al drago, Tania scappò quando ingoiò l’ultimo boccone, "andava ad allenarsi insieme agli altri elfi, anche i compiti li avrebbe fatti con loro, forse quando la sera sarebbe tornata, si sarebbe allenato anche con Rotar."

    Helen, non sapendo cosa fare e come passare il tempo, nonostante i suoi piani fossero tutt’altri, alla fine iniziò con l’allenamento, più leggero, ma pur sempre con degli esercizi… Allora iniziò con lo stiramento muscolare, una corsa leggera seguita da alcuni esercizi di potenziamento muscolare e infine ripassò delle mosse per migliorare la dimestichezza con le spade.

    Dopo pranzo iniziò con gli esercizi con la bacchetta, doveva creare piccoli e semplici incantesimi, ma mantenerli per più tempo, anche questo, accumulato agli esercizi precedenti e alla novità di creare degli incantesimi più lunghi, la lasciò senza forze. Come se non bastasse alla fine dovette tirare con l’arco, non si era imposta limiti di frecce, ma solo di tempo.

    Rotar continuava gli esercizi di volo, il suo obiettivo era mantenere un peso per più tempo che poteva oltre a cercare di usufruire delle correnti ascensionali, anche l’animale quando poggiò i piedi a terra fu più devastato rispetto quando si allenava con il maestro.

    Era pomeriggio e Helen passeggiava sola nel bosco, dopo mangiato aveva deciso di prendersi una piccola sosta per digerire, quella mattina non era stata ferma un attimo e non voleva ridursi come il giorno precedente.

    Camminava ammirando la natura che rinasceva, nuovi e piccoli animali che correvano felici, come gli uccelli che volavano in stormi in cielo fischiettando felici melodie che rendevano l’ambiente idilliaco e nello stesso tempo rilassante (meglio che nelle favole!).

    Stava osservando delle lepri che camminavano lente tra gli alberi, era divertente seguire il loro piccolo codino bianco salire e scendere ogni volta che facevano un passo, e vedere le loro orecchie che si muovevano a destra e sinistra in cerca di rumori sinistri.

    Gli animali scapparono tutti dopo aver annusato l’aria e nello stesso istante un elfo si avvicinò a lei silenzioso, com’erano sempre strani quegli esseri, e disse con una voce molto dolce «Sono Ebin delle foreste verdi. Ti vedo a scuola sola, mai con un amico o con qualcuno al tuo fianco».

    L’elfo la continuò a fissare intensamente, Helen si perse in quegli occhi azzurri come se fosse stata ipnotizzata, il mondo intorno a lei per un attimo parve fermarsi fin quando lui riprese «Volevo invitarti questa sera alla festa di primavera. Ci sarà un ballo, perché non vieni con me?»

    Helen immediatamente arrossì, sentì ogni centimetro del suo viso surriscaldarsi e le orecchie diventare incandescenti, era un tipo bellissimo, elfo standard, ma bellissimo.

    Scuotendo la testa e resettando per un attimo i pensieri, lo guardò perplessa e ritornando in sé disse senza abbassare lo sguardo «Mi stupisce che un elfo mi chieda di uscire, hai bevuto o mi vuoi prendermi per i fondelli?»

    L’elfo stranamente arrossì, poi fissò un ciuffo d’erba e senza più guardare la ragazza con lo stesso tono dolce disse «Mi piaci, e poi sarebbe l’ora che incominci a far parte della nostra società».

    Helen rise, una risata finta, lunga e rumorosa, quindi tornando a fissarlo domandò «Sono io che non voglio far parte della vostra società o siete voi che non mi volete?»

    «In questo ti sbagli, è vero che noi non facciamo niente per venirti incontro, ma a te non interessa conoscerci» si giustificò l’elfo che sembrava uno stampo di quelli che aveva visto sino quel momento. Era alto, magro, capelli biondi quasi bianchi, occhi azzurri e naso appuntito, carino, ripetitivo, ma c’era qualcosa che lo rendeva irresistibile!

    «No, è solo che siete stati così freddi e distaccati con me. Sinceramente non mi aspettavo che uno di voi si facesse avanti, o che mi rivolga la parola, mi puzza d’inganno».

    «L’inganno non può puzzare».

    «Era una metafora».

    «Non vi capisco, comunque tornando al discorso di prima, uno non può provare qualcosa per una ragazza? Sei un’umana questo è vero, ma dammi almeno una possibilità!» esclamò lui quasi supplichevole.

    «Non sono tanto sicura, comunque accetto» disse Helen sorridendo e curiosa di vedere come sarebbe andata avanti quella storia.

    «Questa sera alle otto, davanti all’osteria… Ti aspetto» disse anche lui sorridendo e com’era apparso, silenzioso scomparve.

    Quando due ore dopo tornò a casa, era felicissima e raccontò tutto quello che era successo a Rotar.

    Sono veramente contento, non pensavo sarebbe mai successa una cosa del genere.’

    «Questo è stato un colpo basso!» esclamò la ragazza sorridendo. A dire la verità neanche lei si sarebbe mai aspettata che qualcosa di simile potesse accadere, però faceva male sentirselo dire.

    Penso che devi fare molta attenzione, questi elfi non mi piacciono, penso che abbiano in mente qualcosa… Se solo ci fosse Tania così da chiederle se lo conosce!’ esclamò fissandola negli occhi.

    «Tu vuoi dire che non devo uscire con lui?» domandò Helen sedendosi demoralizzata sulla poltrona, due colpi in pochi minuti erano troppo anche per lei.

    Non ho detto questo, ho detto solo che devi fare attenzione’ disse nuovamente il drago capendo lo stato d’animo della ragazza.

    La bionda adirata per la poca fiducia datagli dal drago, alzando la voce, disse «Tu sei solo invidioso, io adesso ho un amico e tu no, ho il mio primo amico come Tania e gli altri…»

    Helen…

    «Con lei non hai fatto tutte queste storie quindi, io, questa sera esco con qualcuno. Tu mi vuoi solo per te, tu…»

    No Helen non è questo, è solo che io tengo a te e non vorrei che ti accadesse qualcosa di male. Com’è stato per Tania, anche a lei ho fatto questo discorso e anche lei si è comportata come stai facendo tu… Niente, speravo che tu reagissi in modo diverso.’

    Ma Helen non c’era già più con la testa e quasi gridando tuonò «Tu lo voglia o no io questa sera uscirò lo stesso e poi vedremo».

    Il drago preferì stare zitto, la ragazza era troppo agitata e non ragionava, l’amore per gli umani era qualcosa di dannoso, gli offuscava la mente e cambiava i livelli ormonali con il solo corpo a ragionare.

    Helen era un’umana e come tutti quelli della sua razza non era immune a quel sentimento tanto piacevole e tanto potente che inebriava la mente portando il soggetto alla follia.

    Quella sera Helen si preparò come avrebbe fatto Tania. Indossò gli abiti più eleganti che c’erano nell’armadio, quindi un abito smanicato di seta azzurro che seguiva le sue linee sino le caviglie. Mise una cintura bianca e un mantello leggero dello stesso colore, poi terminò tutto con i suoi nuovi lunghi guanti bianchi.

    Provò anche a truccarsi, ma quando davanti allo specchio vide che si era conciata come un pagliaccio, decise di lavarsi la faccia, era qualcosa che non faceva per lei!

    Raggiunse la taverna con qualche minuto di anticipo e attese, attese e attese, finché con un bel ritardo non arrivò l’elfo. Quando lo vide arrivare Helen fu tentata di scappare, alla fin fine non era poi così bello e poi stava tradendo Cal, era lui il suo ragazzo.

    L’elfo portava i capelli legati in una coda di cavallo. Una tunica semplice bianca gli arrivava sin sopra il ginocchio e i pantaloni dello stesso colore, infine un paio di stivaletti di pelle scamosciata.

    Non era niente di eccezionale, non capiva cosa le fosse preso, dopo quella sera avrebbe smesso di frequentare quell’essere. Ma per quella volta ormai che c’era, doveva farlo, soprattutto per dimostrare a Rotar che lei decideva di testa sua.

    «Sono contento che sei venuta» disse quello prendendole la mano.

    Helen sentì una gran rabbia crescere dentro, prima quello neanche si era scusato e secondo le aveva preso la mano senza che lei lo volesse, aveva invaso il suo spazio vitale.

    Quando inspirò per calmarsi oltre a sentire una grande tranquillità farsi strada nel suo corpo, la mente tornò ad essere offuscata dall’amore e lo stare con quell’elfo era l’unico suo desiderio.

    Non si parlarono, lui si limitò a trascinarla per le vie della città sino quando non raggiunsero un albero grande e già fiorito. Davanti c’erano degli elfi intenti a parlare, lui si fermò a chiacchierare con qualche suo amico, ma non la presentò a nessuno.

    Quel tipo si fumò anche una sigaretta e la ragazza rimase per tutto il tempo al suo fianco come un soprammobile. Non sapeva cosa fare, qualcosa le diceva di scappare da quell’orribile situazione che non le piaceva assolutamente, mentre dall’altro lato le piaceva. Faceva parte di un gruppo.

    Finalmente, dopo aver finito di fumare e di parlare con gli altri, il tipo la portò anche a ballare nella grande sala sotterranea abbellita con fiori di tutti colori e tanto verde.

    La sala era in parte occupata da elfi ed elfe che ballavano, in un angolo c’era un piccolo rinfresco e in altro quattro elfi che suonavano, due uno strumento simile al violino, uno un flauto e l’ultimo un piffero.

    L’atmosfera era tranquilla, le luci soffuse creavano alcune zone più intime dove alcuni elfi s’imboscavano, fortunatamente la bionda e l’elfo non fecero niente per creare una situazione d’intimità.

    Ballarono un lento, Helen inizialmente in modo goffo, passo dopo passo migliorò trovandosi alla fine a suo agio. Era sempre l’elfo a condurre, ma almeno la bionda ragazza non gli pestava più i piedi.

    La sera l’elfo se ne andò con un bacio fugace sulle guance, neanche la riaccompagnò a casa… Mentre percorreva la strada ripensò alla serata e più si allontanava dall’elfo, più tutto quello che aveva fatto le sembrava una sciocchezza, quasi non si riconosceva!

    L’indomani avrebbe detto a quell’elfo che non poteva uscire, quella storia sarebbe finita visto che non era quello che voleva, per lei amore era altro, non l’essere il cagnolino di un bell’elfo.

    2. Una nuova strada.

    La vita invece di andare meglio con l’arrivo di Sam era diventata sempre più complicata, il suo amico in quell’ambiente si era montato eccessivamente la testa e nello stesso tempo si rifiutava di avere rapporti con tutti gli altri.

    Il ragazzo dai capelli neri odiava in una maniera esagerata Cal, Karel aveva provato a spiegargli che il suo migliore amico era ancora lui e che quel ragazzo era un tipo ok, ma Sam non ne voleva sapere, o lui o l’altro.

    I due, quando potevano, si evitavano costringendo Karel a decidere con chi stare, spesso andando appositamente contro i piani di uno o dell’altro. Il cavaliere di drago sapeva che se stava troppo dietro a Cal avrebbe perso del tutto Sam, infatti, il suo vecchio amico aveva veramente un caratteraccio!

    Quindi, chi spesso ci rimetteva era Cal che, in silenzio, accettava le scelte del cavaliere senza protestare o fare scenate, con il sorriso diceva "sarà per la prossima volta". Era anche quello il motivo che spingeva Karel a seguire il vecchio amico che altrimenti gli avrebbe rivolto il muso per molto tempo.

    Sam comunque in quel breve periodo era migliorato notevolmente, non solo da un punto di vista fisico, ma anche nella coordinazione con le armi e quindi nel combattimento. Nonostante Karel gli avesse chiesto innumerevoli volte come avesse fatto a migliorare così tanto essendo un semplice umano, il ragazzo o cambiava discorso o in modo deciso, si rifiutava di rispondere.

    Quel giorno stava combattendo con Cal, uno di quegli scontri epici dove i colpi si susseguivano con una velocità impressionante e il pubblico esultava ogni qualvolta uno dei due riusciva a vincere le difese dell’avversario.

    Nonostante Sam avesse più volte tentato di fargli saltare quell’appuntamento che i due amici avevano spostato la sera (prima dell’appuntamento fisso e misterioso del ricciolo con qualche sconosciuto), Karel non volle mai mancare. Il cavaliere avrebbe preferito offendere a morte il vecchio amico che non andare ad allenarsi con le armi con quel ragazzo dal potenziale infinito e che poteva insegnargli ancora tanto.

    Stranamente quel giorno fu seguito anche da Sam che aveva accettato l’ennesimo invito dell’amico, il ragazzo aveva portato con sé la nuova spada che gli era stata donata da qualcuno misterioso.

    Era un’arma nera come la pece, identica a quelle di Cal, ma con un filo rosso come il sangue che scorreva all’interno della lama. L’elsa finemente lavorata era anche questa rossa come il sangue e un grosso rubino era incastonato sopra l’impugnatura a due mani.

    «Bella spada!» aveva esclamato Karel quando Sam gli aveva mostrato quell’arma.

    «Ti piace, anche a me» aveva risposto il ragazzo.

    «Come l’hai avuta?»

    «Non penso sia importante, più che altro guarda che bella scintillante e poi la dovrai vedere all’opera».

    «Sì, sarà uno spettacolo vederla, anche se ha qualcosa che non mi piace» disse Karel che da quando l’aveva vista sentiva un certo fastidio in tutto il corpo.

    «La tua è la solita invidia, mi sembra che tu, ultimamente, sei parecchio infastidito dai miei miglioramenti».

    «Sarà!» esclamò Karel alzando le spalle.

    Effettivamente era rimasto sorpreso dai miglioramenti sorprendenti dell’amico, ma non ne aveva fatto un dramma, era veramente felice per lui, almeno in quel modo stava iniziando a farsi strada tra i numerosi studenti.

    Quando raggiunsero l’arena, Cal era seduto in tribuna, come al solito, mai in ritardo… Alzandosi esclamò «Vedo che oggi abbiamo uno spettatore speciale!»

    «No, oggi non rimarrò a vedervi combattere, oggi ti sfido, mi sento pronto per darti una bella lezione» disse il ragazzo andando con l’arma in mano verso Cal.

    Il ricciolo lo guardò un attimo, fissò per qualche istante la spada con una smorfia disgustata dipinta sul viso, infine sorridendo disse «Mi dispiace, ma oggi non combatteremo, oggi ho già un combattimento in programma con Karel».

    «Non m’interessa cosa avete pensato di fare, oggi affronterai me, prendi le tue armi e combatti».

    «No, come ho già detto e ripeto non ho voglia di battermi con te» disse Cal fissandolo intensamente e con un disprezzo che avrebbe fatto sentire insignificante chiunque.

    Karel non sapeva cosa dire o cosa fare, non aveva mai visto quello sguardo negli occhi verde-ambrati di Cal, oltre al misto di disgusto e disprezzo c’era anche rabbia, metteva i brividi.

    «Sei solo un codardo».

    «Sarà. Io mi batto per divertirmi non per una questione di onore o per mostrare i muscoli… O il mio nuovo giocattolo» disse indicando l’arma, poi concluse «Quindi dammi pure del codardo, ma non combatterò contro di te».

    «Come se tu avessi i muscoli».

    Effettivamente Sam non aveva torto, Cal era mingherlino in proporzione al cavaliere di drago o soprattutto a Sam, ma Karel sapeva che sotto quei maglioni larghi e braccia sottili in realtà si celava una grande forza e soprattutto reattività.

    «A volte per vincere è sufficiente la testa!» esclamò Cal indicando la sua tempia con un sorriso beffardo.

    «Questo lo vedremo» borbottò Sam lanciandosi contro l’avversario.

    Nonostante lo slancio di Sam gli avesse permesso di essere in meno di un istante di fronte all’avversario, Cal fu molto più rapido e spostandosi leggermente di lato, lasciò che Sam continuasse la sua corsa.

    «Non combatterò con te, tu non lo fai per allenamento o divertimento, ma solo per fare del male e questo io non lo accetto».

    Sam non disse niente e si rimise di nuovo in posizione, questa volta avanzò lentamente e quando fu a meno di un metro da Cal gli si lanciò contro con la spada levata in cielo e pronto ad affondare il suo colpo nel petto del nemico.

    Cal fu rapido come un fulmine e interpose la sua spada destra tra il suo corpo e l’arma del nemico, ci fu un rumore simile a due sbarre che sbattono l’una contro l’altra, fu un colpo tremendo, ma nessuno dei due sembrò accusarlo.

    Iniziò

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