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Il sogno di Helen e l'eredità greca. Parte II
Il sogno di Helen e l'eredità greca. Parte II
Il sogno di Helen e l'eredità greca. Parte II
E-book259 pagine3 ore

Il sogno di Helen e l'eredità greca. Parte II

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Info su questo ebook

I gemelli Helen e Karel, accompagnati dagli amici Tania e Cal e, guidati da due draghi, Aira e Rotar, sono in fuga da un nemico a loro ancora sconosciuto. Nemico che prende la forma dei moderni vizi dell'uomo. Nemico che è ovunque l'uomo abbia messo mano.
Mentre il passato inizia ad intrecciarsi con il presente, il loro obiettivo futuro resta il dover raggiungere gli elfi a tutti i costi e, al più presto. Tra mille difficoltà e difficili decisioni da prendere, la fuga dei ragazzi e dei draghi avrà termine... Avranno raggiunto il loro obiettivo? 
LinguaItaliano
Data di uscita29 mar 2020
ISBN9788835395843
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    Anteprima del libro

    Il sogno di Helen e l'eredità greca. Parte II - Karel Glaukopis

    1. Problemi.

    Karel e Tania i cavalieri dei draghi Aira e Rotar, in quel viaggio che non sembrava finire mai, giorno dopo giorno erano sempre più stufi della situazione in cui si trovavano. Da un lato c’era la noiosa Helen, sorella di Karel, che parlava da quando si alzavano a quando si coricavano scherzando su tutto… Dall’altro lato c’era quel Cal misterioso che ormai si portavano appresso da mesi e che si era unito a loro solo grazie utilizzando il GPS nascosto nell’orologio di Helen, che si faceva la sua vita, che aveva portato le prime difficoltà del loro viaggio e che non dava informazioni utili sul nemico che dovevano affrontare. Nonostante questo, viaggiavano ancora insieme in fuga da un nemico misterioso, fatto di esseri della mitologia passata e da strane creature nate dalla modernità e dagli estremismi dell’uomo. Diretti verso gli elfi, sempre se esistevano e per il momento la loro prossima meta era Erfurt.

    A Shweinfurt, città che i quattro umani e due draghi incontrarono lungo la strada, si fermarono per comprare le provviste e dei vestiti più pesanti per l’inverno che prendeva il sopravvento sull’autunno. Vento ghiacciato, temperature prossime allo zero, neve che da nuvole grigie come il fumo cadeva copiosa e ghiacciata colorando di bianco tutto ciò che incontrava rendendo la marcia più confortevole per quel soffice manto che ricopriva il terreno, ma anche più faticosa.

    Fresco e neve inizialmente tanto amati, divennero il loro incubo quotidiano, ai grandi fiocchi bianchi e delicati iniziali che si poggiavano delicatamente, in pochi giorni questi furono sostituiti da vere e proprie tormente di venti gelidi e fiocchi che aggiungevano centimetri su centimetri di fatica, diventando in alcuni posti dei muri alti anche un metro.

    Per i due draghi non vi erano problemi, camminare sugli alberi per loro oltre ad essere una soluzione ai problemi che c’erano a terra diventava un ottimo allenamento per il miglioramento dell’equilibrio.

    Per i ragazzi invece i problemi rimasero e divennero giorno dopo giorno sempre più grossi, dover camminare in mezzo metro di neve soffice e fresca che a ogni loro passo arrivava sino al ginocchio non rendeva solo la loro marcia più faticosa, ma penetrando negli stivali e in tutte le fessure che trovava, bagnava e ghiacciava i poveretti fin dentro le ossa.

    Il battistrada che lasciava le impronte per gli altri compagni lo facevano a turno, era un ottimo allenamento, ciò dicevano i draghi ma i ragazzi avevano capito da tempo che era solo un modo per incoraggiarli a continuare.

    I problemi erano dati anche quando dovevano montare la tenda, prima bisognava trovare un posto riparato se non volevano che l’esile e ormai vecchia struttura della tenda cedesse al peso della neve. In seguito avrebbero dovuto scavare e appiattire la neve per evitare di sprofondare mentre dormivano e infine bisognava accendere il fuoco. Ma prima di poter avere la fonte di calore dovevano trovare la legna e dargli fuoco, impresa ardua poiché la legna era umida.

    Quando questa routine terminava, finalmente riuscivano a coricarsi entrando nei sacchi a pelo tremando, quando riuscivano a riscaldarlo a sufficienza uno dei tre (a turno, tutti dovevano collaborare!) usciva di corsa fuori e metteva vicino al fuoco i vestiti ad asciugare. Cal aveva la sua routine indipendente da quando entrava in tenda la sera a quando, la mattina, si faceva trovare pronto di fronte al fuoco scoppiettante. Nessuno gli fece mai domande troppo specifiche su come riusciva ad avere tutti i giorni i vestiti perfettamente asciutti, ma comunque cercarono con domande generali ad avere qualche informazioni, purtroppo senza successo.

    La sera i draghi mantenevano il fuoco acceso e la mattina, sempre gli stessi due piccoli animali portavano i vestiti, spesso ghiacciati nella tenda, e anche in quei momenti i ragazzi rimpiangevano di non essere a casa vicino a un termosifone.

    Peggio di così non poteva andare, almeno lo pensavano…

    «Non possiamo continuare a mantenere questo passo, finirà che ci ammazziamo» protestò Helen tra uno starnuto e l’altro e tirando su con il naso che colava.

    Non possiamo permetterci dei rallentamenti, abbiamo già perso troppo tempo!’ la ammonì Rotar.

    «Se manteniamo questo ritmo finirà che saremo costretti a fermarci per via di qualche malattia».

    «Helen zitta che porti sfiga!» esclamò Karel che guidava il gruppo in testa, anche lui piuttosto raffreddato.

    «Io comunque appoggio Helen, ho anche le ossa ghiacciate, come le dita dei piedi non siano andate in cancrena non lo so, però se ci prendessimo un giorno di riposo al caldo non mi dispiacerebbe».

    «Concordo anch’io» concluse Cal.

    Quindi Tania per te sarebbe bene andare a dormire in qualche hotel?’ domandò Aira saltando su un ramo tanto sottile che i ragazzi si preoccuparono che l’animale precipitasse.

    «Per me sarebbe una buona idea, anzi un’ottima idea e poi potremmo provare a spostarci più velocemente con qualche mezzo pubblico. In inverno è normale essere più vestiti!» disse la ragazza felice che la sua idea era stata presa in considerazione, le parole del drago nero però furono un attimo dopo tanto dure quanto deprimenti.

    Tu ragazza pensi che abbiamo il tempo per fermarci in una stanza calda magari con una cioccolata fumante?

    «E della panna sopra» aggiunse la bionda ricevendo una gomitata da Cal che con un dito sulle labbra le fece capire che era meglio stare zitti.

    Tu pensi che quei soldi che vi sono stati lasciati dai vostri genitori basteranno per tutto il viaggio se incominciamo a spenderli in hotel, ristoranti, bar e quant’altro? Ma che avete in quelle teste, guardate che non siamo in vacanza e poi se passassimo molto tempo in città, se andassimo a dormire in un hotel saremo più facilmente individuabili, e questo che volete?

    «E poi in hotel dobbiamo lasciare un documento, figuriamoci se i nostri dati non sono già stati dati con le nostre foto, sarebbe il modo migliore per dire a quelli dove siamo» disse Karel a sostegno dei draghi.

    «Ma così li stai appoggiando!» esclamò Helen sorridendo e fissandolo intensamente.

    «Questa è la realtà, non possiamo permetterci di essere troppo in vista o di riposarci o di goderci anche un pochino la vita, siamo dei fuggitivi e un fuggitivo non può fare tante cose» disse lui allargando le braccia.

    «Ma è questa la vita che desideriamo?» chiese Helen scettica.

    «Questa è la vita che il destino ci ha assegnato» rispose in modo secco il fratello.

    «Bel futuro!» esclamò Helen sempre con il sorriso sulle labbra ma con gli occhi lucidi che trattenevano a fatica le lacrime. Non aveva lasciato la vita di prima per una ancora più schifosa, l’aveva lasciata sperando in qualcosa di meglio!

    Camminavano senza sosta e la situazione ogni giorno che passava andava dal male al peggio in quanto alla fatica si aggiungevano in numero crescente di malanni a causa della neve che cadeva più copiosa e il freddo che si faceva più pungente.

    Indossavano tutti gli abiti che avevano, i movimenti venivano rallentati però erano più protetti dall’ambiente ostico esterno, indossavano anche guanti di pelle, calzoni spessi, berretto e sciarpa, tutto comprato in un piccolo villaggio e che svolgeva minimamente il proprio compito prevenendo danni eccessivi.

    Quando di sera furono nella tenda, Tania tremava nonostante fosse nel sacco a pelo con il mantello asciutto e i vestiti più pesanti addosso e con Helen, accanto a lei, non smetteva di tremare e tossire. La mora aveva sicuramente qualche tacca di febbre.

    Gli unici che si erano salvati erano i due ragazzi, erano quelli più in forma tra tutti, non mostravano alcun sintomo grave a parte il naso che colava e non sembravano patire eccessivamente il freddo. In compenso si tenevano alla larga dagli altri per paura di essere infettati.

    «Qui la vedo male» disse Helen mentre abbracciava l’amica per riscaldarla e per riscaldarsi.

    «Io penso di essere appena arrivata al limite» disse lei sbattendo i denti.

    «Destino o non destino, puntuali o in ritardo, in mano ai nemici o liberi, noi finché non ci saremo rimessi non ci muoveremo da qui» disse decisa Helen.

    «Suppongo che i draghi non saranno molto d’accordo» disse Cal.

    «Lo penso anch’io ma se noi quattro siamo uniti non potranno obbligarci a riprendere la marcia o trascinarci con la forza».

    All’alba i draghi entrarono come facevano tutte le mattine con le scarpe asciutte ma rigide e ghiacciate, e chiamarono i ragazzi per svegliarli. Fu Helen a parlare ancora con la bocca impastata e gli occhi aperti poco più di due fessure «Abbiamo deciso che non ci muoveremo da qui finché Tania non si sarà ripresa».

    Questo mi sembra tanto un ammutinamento!’ esclamò il drago piuttosto divertito.

    «Questa volta decidiamo noi, non ci potete obbligare a continuare» insistette la ragazza.

    Finalmente vi siete decisi a prendere una decisione insieme, oggi avete imparato un’importante lezione, l’unione fa la forza.

    «Sì, sì certo…» disse Helen chiudendo gli occhi, ma poi, un attimo dopo saltando in aria, esclamò felice come una bambina che ha appena ricevuto un giocattolo nuovo, «Abbiamo vinto! Non ci fate più proseguire».

    Avete vinto, questo è vero, rimarrete qui finché Tania non si sarà ripresa ma tu e Karel vi dovrete allenare, quindi adesso sveglia e preparatevi che oggi non nevica.

    «Ma anch’io sono ammalata!» protestò lei fingendo di starnutire. «Ho la tosse e sentite, ho sicuramente la febbre» disse indicando la fronte.

    Non farmi ridere, sei solo calda perché sei stata sino un secondo fa sotto le coperte. Funzionerà con gli umani ma non puoi fregare noi draghi.’

    «Anche se non è vero so che non posso pretendere troppo, quindi accetto le vostre condizioni» disse la ragazza rassegnata, preparandosi per affrontare il freddo glaciale che la attendeva fuori dalla tenda.

    Cal era già all’esterno che mangiava e Helen gli saltò addosso facendolo sprofondare nella neve fresca, quando la ragazza si rese conto di ciò che aveva fatto si allontanò subito.

    «Cosa succede?» chiese lui.

    «Ho vinto, ci hanno concesso del riposo!»

    «Dammi il cinque» disse lui porgendole la mano, lei la colpì con la sua, quindi il ragazzo aggiunse «La testardaggine molte volte ha la meglio…Questo è bello, mi piace!»

    La ragazza diventando rossa preferì non aggiungere altro e attaccò la sua colazione non alzando più lo sguardo ma sapendo di avere gli occhi puntati di Cal.

    Helen e Karel, costretti dai draghi, si dovettero preparare per l’allenamento, Helen cercò di impiegare quanto più tempo poteva, meno tempo passava all’esterno meglio era. Quel giorno, dopo la corsetta di riscaldamento, la bionda avrebbe combattuto solo contro il fratello. Gli esercizi di potenziamento muscolare sarebbero stati difficili se non impossibili da effettuare in quelle condizioni dove la neve era ovunque.

    Quello scontro era un evento importante, se c’erano stati dei miglioramenti, quella era una buona occasione per mostrarli, non tanto per misurarsi con se stessa quanto per cercare delle nuove motivazioni. Inoltre quel giorno doveva affrontare solo il ragazzo senza Tania, sarebbe stato un combattimento uno contro uno e probabilmente non le sarebbe più accaduto, doveva dare il massimo.

    Con molta cura indossò i leggins più spessi neri invece che i pantaloni da neve comodi che usava per gli spostamenti, probabilmente coprivano meno ma le facilitavano i movimenti ed erano più elastici, forse erano troppo attillati per i sui gusti ma se questo giustificava i mezzi, ne era felice. Indossò la canottiera, le maglie che aveva erano ingombranti e per coprirsi minimamente dal freddo si mise il lungo mantello nero con il cappuccio, indossò gli stivali allacciandoli stretti e infine si mise i guanti, il freddo le ghiacciava le mani e questo non le piaceva.

    «Ci vediamo dopo» disse a Tania, la ragazza dai capelli neri sotto le coperte alzò la mano ed emise un gemito che doveva essere un saluto.

    Quando la ragazza mise il naso fuori dalla tenda un’onda ghiacciata la bloccò, fuori non nevicava ma l’aria era talmente gelida che il naso sembrò scomparire in un istante, non aveva più sensibilità.

    Dovette strizzare gli occhi per abituarsi al bianco che dominava ma il fatto che la neve non cadeva dal cielo, le diede forza per uscire.

    I due draghi e Karel erano già intorno al fuoco che mangiavano la colazione, Helen si sedette e la neve le ghiacciò il sedere, quindi per evitare di raffreddarsi prima di iniziare l’allenamento, prese le sue salcicce abbrustolite e attese il fratello in piedi.

    Il naso di Helen aveva già incominciato a colare, tirò su più volte ma senza successo, sembrava che non dovesse mai finire. Una goccia seguiva l’altra mentre la sensibilità dello stesso naso, delle labbra che aveva leccato e delle orecchie diminuiva, sembrava che da un momento all’altro si dovessero spezzare.

    Arrivato Karel anche lui vestito con abiti comodi per il combattimento, le sorrise e disse «Ti vedo pronta, andiamo!» e i due incominciarono subito a correre lentamente, era il riscaldamento, questo significava che l’allenamento era iniziato.

    Quando si fermarono, erano esausti e dalle loro bocche uscivano nuvole di fumo bianco, anche il loro corpo fumava ma nonostante questo rimanevano infreddoliti sin dentro le ossa. Correre nella neve dove sprofondavano in modo imprevedibile e sul ghiaccio dove scivolavano a destra e sinistra costringendoli a controllare nella maniera più accurata il loro equilibrio, rendeva tutto più faticoso di ora in ora.

    Tania era fuori dalla tenda, stava bevendo da un cucchiaio fumante della minestra di verdure e aveva il naso più rosso di un pomodoro che colava e gli occhi talmente lucidi che uno si poteva specchiare. Indossava due mantelli, un berretto di lana e il cappuccio dei due mantelli, guanti pesanti alle mani e una spessa sciarpa intorno al collo che le copriva anche il naso, sembrava un manichino eccessivamente vestito.

    «Come stai?» le chiese Helen tra un respiro affannoso e l’altro ancora stanca per lo scontro perso contro il fratello sedendosi accanto all’amica.

    «Per niente bene» disse lei con voce acuta e nasale.

    «Mi hai lasciato un po’ di zuppa?» chiese Karel sedendosi soddisfatto per la vittoria, l’aveva sudata più delle altre volte ma alla fine aveva vinto ai punti.

    «Certo, ne abbiamo fatta molta così questa sera abbiamo qualcosa da mangiare» disse Cal bevendo un altro sorso della sua zuppa.

    «Da bere» borbottò Karel correggendolo, aveva sempre odiato la minestra.

    Nonostante la pausa, il giorno dopo Tania stava ancora peggio rispetto quello prima, quando il ragazzo le mise la mano sulla fronte sentì che era anche più calda, a quel punto disse «Rotar, Aria, non possiamo andare avanti così, è peggiorata. Dobbiamo andare in un posto al caldo e soprattutto al chiuso».

    Le misero altri strati di vestiti, adesso sembrava un pupazzo di neve tanto era diventata grossa, quando smontarono tutto, si misero in marcia verso il paese più vicino.

    Il ragazzo moro con un braccio intorno alla vita dell’amica la guidò per tutto il tempo, Helen gli propose qualche cambio ma lui non ne voleva sapere e anche se alla fine era ridotto peggio di uno straccio non la mollò neanche per un attimo. La bionda evitò commenti anche se ne aveva una bella lunga lista a disposizione.

    Verso sera raggiunsero un paesetto, uno di quelli tipici di montagna con le case di legno, la via principale con qualche negozio, la chiesa, qualche vecchietto e nient’altro.

    «Oh… Guardate, è Natale!» esclamò Helen quando vide l’albero addobbato nella piazza principale.

    «Sempre in mezzo alla foresta e abbiamo proprio perso la cognizione del tempo» farfugliò Tania.

    «Prima cerchiamo un posto dove dormire e poi vediamo che giorno è oggi» disse infine Karel che guardò la sorella come per dire "Tra poco crollo giù anch’io."

    C’era un piccolo hotel e due bed & breakfast, scelsero quello più economico che tra l’altro, se così si può dire, si trovava nella periferia di quel minuscolo paese.

    Furono accolti da un omaccione grande e grosso con un fiume di parole in tedesco, poi vedendo che non capivano parlò in inglese «Where are you from?»

    «Italia» disse Helen che tremava sia per il freddo sia per la paura di essere scoperta.

    «Io stato in Italia… Roma, Firenze, Pisa, Padova, Venezia. Good!» esclamò alzando il pollice.

    Helen pensò che nonostante lei vivesse in Italia non aveva mai visitato tutte quelle città e aveva sempre sognato di andare nelle grandi Capitali europee, quando avrebbe avuto tempo, sapeva già dove andare, avrebbe optato per la sua Italia. Così sorridendo domandò «Vacanza?»

    Lui annuì allora la ragazza disse «Anche noi in vacanza, campeggio», indicò gli zaini. Poi indicando il tempo aggiunse «Tempo troppo brutto».

    Con molto italiano, un po’ d’inglese e tanti gesti riuscirono a comunicare e alla fine per novanta euro e senza neanche dare il documento d’identità, ebbero una stanza per due giorni con un letto matrimoniale dove aggiunse due lettini e la colazione inclusa.

    Quando furono nella stanza calda e accogliente fecero uscire i due draghi che sino quel momento si erano nascosti nei due zaini, la tenda e tutto il resto l’aveva ammucchiato malamente dentro un solo zaino, erano tutti e quattro super carichi ma cercarono di non darlo a vedere. Quando aveva pagato quello le aveva dato la ricevuta, era il venticinque dicembre, allora Helen esclamò «Buon Natale!»

    Nessuno le rispose, Karel era già crollato su un letto, Tania sull’altro e russavano o forse respiravano con il naso e Cal era scappato in bagno.

    I due draghi si acciambellarono vicino al termosifone e dallo sguardo che avevano si capiva chiaramente che da quel posto non si sarebbero spostati per parecchio tempo.

    Helen svuotò gli zaini e mise tutto quello che c’era da asciugare vicino ai draghi o ben disteso affinché prendesse più aria, poi dopo essersi sistemata, coperta per bene e incappucciata per non farsi vedere disse ai draghi ‘Io vado a fare un giro!

    Non seppe se il grugnito che Rotar fece era di approvazione o meno ma comunque lei uscì lo stesso con una chiara idea, andare nella chiesa più vicina per la messa di Natale.

    Sulla porta fu raggiunta da Cal che sussurrò «Ho fatto il più velocemente possibile ma la doccia calda è stata magnifica e mi ha preso più tempo del previsto, sono ancora in tempo per venire a fare un giro con te?»

    Helen rimase qualche istante in silenzio, tutti dormivano quindi nessuno le avrebbe potuto dire nulla e poi non c’era niente di male, quindi disse felice «Andiamo».

    La messa di Natale era una tradizione, con i genitori ci andava sempre, anche se non era il massimo per l’ora… A mezzanotte (ma siamo matti!). In quel caso sarebbe stata nel tardo pomeriggio ma andava bene comunque, era già il venticinque.

    La messa sarebbe iniziata alle sei quindi avevano una mezz’oretta a loro disposizione, decisero di fare un giro e così poté visitare tutto il paesino a braccetto con il ragazzo che le piaceva da morire.

    Le strade erano state ben pulite con sale e quant’altro per non fare appoggiare la neve che continuava a scendere, si fermarono davanti ad una fermata e guardarono la cartina, se avessero preso l’autobus avrebbero potuto raggiungere il paese dopo al riparo e molto più rapidamente, era un’ipotesi che avrebbero proposto il giorno dopo agli amici e ai draghi.

    Guardarono le vetrine, tutte natalizie con ghirlande, festoni, neve finta e oggetti di Natale, entrarono dentro anche a qualche negozio e riuscirono a comprare delle cosette e parlarono del più e del meno per tutto il tempo.

    «Andiamo in chiesa?»

    Cal la guardò come se avesse detto una parolaccia poi disse «Mi dispiace ma no».

    La ragazza lo guardò in modo strano ma ormai aveva capito che non gli avrebbe tirato fuori altro, quindi disse «Allora

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