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Le regole del gioco: Harmony Collezione
Le regole del gioco: Harmony Collezione
Le regole del gioco: Harmony Collezione
E-book155 pagine1 ora

Le regole del gioco: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Niente matrimoni. Nessun figlio.
Jake Marriott, affascinante australiano, è sempre stato molto chiaro sui termini delle sue relazioni sentimentali. Proprio per questo Ashleigh Forrester, la sua giovane e innocente fidanzata, se n'è andata, lasciando lui e Londra per tornare a Sydney dalla sua famiglia. Col tempo, però, anche Jake decide di tornare a casa per scacciare una volta per tutte i demoni del suo passato, e per riportare a ogni costo la bella Ashleigh dove avrebbe sempre dovuto stare: nel suo letto.
Nonostante siano passati ormai più di quattro anni dalla loro rottura l'attrazione tra i due è ancora la stessa, ma le cose si rivelano ben più complicate di un tempo. Il vero problema è che il cuore di Ashleigh non è in vendita.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2020
ISBN9788830518407
Le regole del gioco: Harmony Collezione
Autore

Melanie Milburne

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Le regole del gioco - Melanie Milburne

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Secret Baby Bargain

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2006 Iris Wilkinson

    Traduzione di Maria Teresa Delladio

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-840-7

    1

    Ashleigh capì immediatamente che era accaduto qualcosa di grave non appena ritornò a casa dei suoi genitori il venerdì sera dopo una giornata di lavoro.

    «Mamma?» chiamò appoggiando la borsa e cercando con lo sguardo il figlio di quasi quattro anni, agitata. «Che cosa sta succedendo? Dov’è Lachlan?»

    Gwen Forrester intrecciò le dita, palesemente a disagio. «Tesoro...» iniziò in tono nervoso. «Lachlan sta bene... È andato a pesca con tuo padre circa un paio d’ore fa.»

    «E allora cos’è successo?» replicò lei ancor più preoccupata. «Sembra che tu abbia visto un fantasma.»

    «Ecco... non so come dirtelo...» proruppe la donna prendendo le mani della figlia tra le proprie.

    Ashleigh avvertì un colpo al cuore. L’ultima volta che aveva visto la madre così turbata era stato quando era ritornata da Londra con una notizia esplosiva.

    No, non poteva trattarsi di Jake Marriott. Non dopo tutto quel tempo... Da allora, erano trascorsi quattro anni e mezzo.

    «Mamma, mi stai mettendo in agitazione. Che diavolo è successo?»

    «Ashleigh... lui è tornato.»

    Lei si sentì travolgere da un’ondata di terrore.

    «È passato qui poco fa» spiegò Gwen mentre i suoi occhi celesti esprimevano tutta la sua preoccupazione.

    «Che cosa?» gridò lei in preda all’angoscia. «È venuto qui di persona?»

    «Non preoccuparti» la rassicurò la madre tornando a stringerle le mani. «Lachlan era già uscito con tuo padre. Lui non lo ha visto.»

    «E le foto?» obiettò lei pensando alle fotografie del figlio con le quali i nonni avevano praticamente tappezzato la casa. Poi venne folgorata da un altro pensiero agghiacciante. «Oh, mio Dio, i giocattoli!»

    «Sta’ tranquilla. Non ha visto nulla. Non l’ho fatto entrare e, comunque, avevo riordinato casa.»

    «Meno male!» esclamò Ashleigh tirando un sospiro di sollievo. Quindi si liberò della stretta della madre per andare a sedersi sulla sedia accanto al telefono, nella speranza di rimettere ordine ai pensieri che le vorticavano in testa.

    Jake era tornato! Dopo ben quattro anni e mezzo Jake si era ripresentato. A Sydney.

    «Che cosa voleva?» s’informò Ashleigh.

    «Voleva vederti, e non accetta un no per risposta.»

    Dunque, non era cambiato, pensò lei con cinismo. Jake Marriott era abituato a ottenere ciò che voleva e non andava tanto per il sottile pur di ottenerlo. «Non posso vederlo» replicò alzandosi e incominciando ad andare in su e in giù per la stanza. «Non posso.»

    «Tesoro...» Ora il tono della madre conteneva un garbato ma inequivocabile rimprovero. «Avresti dovuto dirgli di Lachlan. Jake ha il diritto di sapere che è il padre di un bel bambino.»

    «No, non ha alcun diritto!» replicò lei in un improvviso scoppio di collera. «Non voleva figli. Su questo è sempre stato categorico. Niente matrimonio, niente bambini. Questo era il patto.»

    «Nonostante ciò, avrebbe dovuto essere informato.»

    «Proprio non vuoi capire, mamma. Dopo tutti questi anni, ti illudi ancora che Jake sia un brav’uomo. Tanto perché tu lo sappia» aggiunse Ashleigh amareggiata, «se gli avessi detto che ero incinta, mi avrebbe costretta ad abortire usando qualsiasi mezzo.»

    «L’ultima scelta l’avevi sempre tu. Non avrebbe potuto trascinarti per i capelli dal medico...»

    «Avevo appena vent’anni!» le ricordò lei con le lacrime agli occhi. «Vivevo oltreoceano con un uomo più grande di me di nove anni, per il quale sarei stata disposta a buttarmi dal Tower Bridge se me lo avesse chiesto. Lo amavo così tanto...»

    Gwen emise un sospiro e abbracciò la figlia accarezzandole i lunghi capelli biondo cenere così come aveva sempre fatto nei suoi ventiquattro anni di vita.

    «Oh, mamma!» gemette Ashleigh sopprimendo un singhiozzo. «E ora che faccio?»

    Gwen le parlò in tono gentile ma fermo. «Lo incontrerai. Questo, almeno, glielo devi. Ha accennato alla morte del padre. Immagino sia il motivo per il quale è qui a Sydney. Dovrà sistemare le sue cose.»

    Ashleigh seguì la madre in cucina con aria costernata. Quando lei gli aveva chiesto della sua famiglia, Jake le aveva detto che entrambi i genitori erano morti. Durante la loro convivenza, lui aveva parlato raramente della propria infanzia, e ogni volta che lei aveva tentato di iniziare il discorso lui aveva sempre glissato sull’argomento. Alla fine, non aveva più insistito temendo di rinnovare il dolore che doveva aver provato perdendo entrambi i genitori quando era solo un ragazzino.

    Perché le aveva mentito?

    «Ha lasciato detto dove sta?» s’informò infine.

    «In albergo, al momento. Ma ho avuto la sensazione che voglia trasferirsi da qualche parte qui sulla North Shore» spiegò la donna mentre riempiva il bollitore per una tazza di caffè.

    «Così vicino?»

    «Temo proprio di sì. Ti sarà difficile nascondergli l’esistenza di Lachlan se verrà ad abitare qui a due passi.»

    Ashleigh non rispose, ma la sua espressione tradiva tutta la sua preoccupazione.

    «In tal caso non ti resta che trovare il coraggio di dirgli la verità. Chissà, forse è cambiato.»

    «Non credo che persone come Jake Marriott possano cambiare. Non è nella loro natura.»

    «Tu stessa sai essere ostinata» osservò Gwen. «Certo, bisogna essere forti per crescere un figlio da sole, ma talvolta non vedi a un palmo di distanza dal naso. A quest’ora potevi essere tranquillamente sposata. Non so perché il povero Howard sopporti ancora questa situazione, proprio non lo capisco.»

    Ashleigh sollevò gli occhi al cielo preparandosi a una delle solite prediche sui motivi che dovevano indurla a fissare di lì a breve la data del matrimonio. Howard Caule desiderava crescere Lachlan come suo figlio, ma ogni volta che aveva tentato di stabilire una possibile data lei si era tirata indietro con una scusa.

    «Tu lo ami, non è vero, Ashleigh?»

    «Chi?» disse fissando la madre costernata.

    «Howard. Chi altri?» replicò Gwen accigliandosi.

    Ashleigh non sapeva cosa rispondere.

    Voleva bene a Howard. Gli era molto affezionata. Era un ottimo amico. Le era stato al fianco fino a quando non era tornata a reggersi sulle sue gambe, le aveva offerto un lavoro part-time nella sua piccola catena di negozi di antiquariato. Ma per quanto riguardava l’amore... Be’, ora non si fidava più di quel sentimento tanto volubile. Era molto più sicuro star vicino alle persone con affetto e amicizia e non spingersi oltre una certa soglia.

    «Howard ha capito che non sono ancora pronta per il matrimonio. E sa pure che voglio aspettare che Lachlan vada a scuola prima di scardinargli la vita con ulteriori modifiche alla sua routine.»

    «Ci sei mai stata a letto?»

    «Mamma!» esclamò lei arrossendo.

    Gwen incrociò le braccia sul petto. «Conosci Howard da tre anni. Quanto tempo ti è occorso per finire a letto con Jake?»

    Ashleigh non le rispose ma le lanciò un’occhiataccia.

    «Tre giorni, vero?» insistette la donna ignorando lo sguardo di riprovazione della figlia.

    «Ho imparato la lezione» concesse lei infine.

    «Cara, non ti sto impartendo una lezione su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Credo, però, che ora riusciresti ad affrontare Jake con maggior serenità se la tua relazione con Howard fosse più stabile. Non voglio vederti soffrire ancora.»

    «Non gli permetterò di ferirmi nuovamente» dichiarò lei con una determinazione ben lungi dal provare. «Lo incontrerò ma la cosa finirà lì. Non posso dirgli di Lachlan.»

    «Già, ma Lachlan ha il diritto di conoscere suo padre, non trovi? Se Jake deciderà di fermarsi per un periodo, dovrai rivelargli la sua esistenza. Pensa se Jake venisse a sapere di avere un figlio da qualcun altro.»

    «Mi dispiace deluderti, mamma, ma su questo punto Jake non è cambiato. Andrebbe su tutte le furie se venisse a sapere di essere diventato padre. Lo so e basta. Era una delle cose sulle quali discutevamo più spesso...»

    Gwen infilò una mano in tasca e ne estrasse un bigliettino. «Ha lasciato questo, così potrai contattarlo» annunciò porgendoglielo. «Sta in un albergo in città. A quanto ho capito, vuole fare dei lavori in casa del padre prima di trasferircisi. Ti suggerisco di incontrarlo in territorio neutrale.»

    Ashleigh abbassò lo sguardo sul bigliettino da visita provando un’improvvisa ondata di nausea nel leggere il suo nome stampato con caratteri argentati.

    Jake Marriott

    Architetto

    «Penserete tu e il papà a Lachlan se vado subito?» disse infine.

    Gwen sorrise. «Questa è la ragazza che conosco. Va’ e chiarisci la situazione, così potrai andare avanti con la vita sapendo di aver fatto la cosa giusta.»

    Una mezz’ora più tardi, Ashleigh si trovava davanti al lussuoso albergo domandandosi se non fosse impazzita. Non aveva telefonato al numero di cellulare stampato sul bigliettino per avvisare del suo arrivo. Non voleva concedergli il vantaggio di prepararsi alla sua visita, si disse, ma in fondo al cuore sapeva di non averlo fatto per codardia.

    Mentre attendeva che Jake scendesse dalla camera, Ashleigh si recò al bar dove si sedette su uno sgabello ordinando un’acqua tonica. A un tratto, quasi avesse percepito il suo arrivo, si voltò in direzione degli ascensori e lo vide uscire da uno di essi. Alla vista dell’imponente figura che torreggiava su tutti, Ashleigh sentì il fiato strozzarsi in gola.

    Sapeva di fissarlo ma non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. In quattro anni e mezzo non era cambiato in niente, se non per il fatto che era diventato più attraente che mai.

    La statura gli conferiva un portamento quasi aristocratico e le lunghe gambe affusolate erano la prova del suo amore per gli sport. Gli abiti gli aderivano con grazia. Non era mai stato il tipo da indossare abiti firmati, ma qualsiasi cosa portasse, su di lui appariva esclusiva. I capelli neri e ondulati non erano né lunghi né corti e, ordinati com’erano, dovevano essere stati appena pettinati.

    Ashleigh si sorprese di come le facesse male rivederlo. Di lui conosceva tutto: ogni sfumatura del viso, i suoi muscoli... Le sue dita lo avevano accarezzato ovunque, anche sulla cicatrice che aveva sopra l’occhio destro, lunga ben cinque centimetri. Eppure, aveva la sensazione che fosse un estraneo quello che si stava avvicinando. In effetti, Jake non le aveva mai permesso di conoscere la parte più nascosta di sé.

    «Ciao, Ashleigh.»

    Lei faticò a mascherare la reazione che ebbe nel sentire la sua voce calda e profonda con quell’accento leggermente britannico. Come le era mancata in tutti quegli anni!

    «Ciao» lo salutò a sua volta distogliendo al più presto lo sguardo. Non voleva che cogliesse il senso di colpa che stava provando per

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