Filosofia del Buonsenso: Pillole di saggezza per affrontare la quotidianità
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Anteprima del libro
Filosofia del Buonsenso - Salvatore Primiceri
Cicerone
Premessa
Questo è un libro di etica pratica. Si tratta di una raccolta, in ordine sparso, di articoli, appunti e riflessioni che ho scritto dal 2015 ad oggi per il mio blog, per riviste e per varie conferenze tenute in giro per l’Italia. L’intento è quello di fornire una selezione di consigli sul provare ad essere persone migliori nella nostra quotidianità, in relazione a noi stessi e agli altri. Per fare questo attingo da quel grande patrimonio culturale ed educativo che rappresenta la filosofia, in particolare quella classica, greca e romana, vera fonte inesauribile di civiltà. Gli insegnamenti dei filosofi citati in questo testo hanno, come spesso accade in filosofia, la sorprendente capacità di adattarsi ai nostri tempi, di leggere il presente e riflettere su come costruire un futuro in cui il buono
e il giusto
siano davvero protagonisti nella vita umana.
Chi ha avuto modo di leggere i miei precedenti saggi " Etica del Buonsenso e
La Giustizia del Buonsenso" conosce la mia teoria basata sul concetto di buonsenso. Per un approfondimento in materia rimando alla lettura dei suddetti testi, non essendo questa la sede appropriata per addentrarmi in una dissertazione di filosofia morale. Tuttavia, trovo opportuno riassumerne di seguito alcuni concetti, sia per i nuovi arrivati, a cui rivolgo un caloroso benvenuto, sia per i miei lettori abituali ( repetita iuvant), che ringrazio di cuore per l’interesse che dimostrano verso i miei scritti.
Ritengo che il buonsenso sia la capacità naturale (innata) dell’uomo di distinguere il buono dal cattivo, il giusto dall’ingiusto. L’uomo, per natura, nasce buono ma l’esperienza e l’educazione possono modificare la sua capacità di guidare le proprie decisioni e azioni secondo buonsenso. Il buonsenso consente all’uomo di far prevalere la ragione sull’irrazionale, il buono sul cattivo, il giusto sull’ingiusto. Come detto, però, l’umanità non ha sempre dato prova di saper usare il buonsenso. Anzi. Esso viene spesso ignorato, se non addirittura dimenticato, nel percorso di crescita di un uomo. Questo accade per colpa delle convenzioni sociali e morali in uso in un determinato ambiente, del contesto socio-educativo in cui si sviluppa la propria personalità e si formano i propri interessi, delle abitudini e delle consuetudini generalmente accettate. Per dirla alla Rousseau: è colpa della società civile, o meglio, di come l’uomo ha voluto organizzare la società civile.
In molti oggi ritengono di essere dotati di buonsenso e di avere in tasca, in nome di esso, la soluzione ai mali del mondo. I politici, ad esempio, si riempiono la bocca della parola " buonsenso" ma ognuno di loro la utilizza secondo la propria visione ideologica. Non è inusuale, inoltre, sentire parlare di buonsenso come sinonimo di ragione. L’errore, in entrambi i casi, è ritenere che il buonsenso sia qualcosa di soggettivo. La propria ragione non sempre coincide col buonsenso che, invece, è un elemento innato dell’essere umano che permette alla ragione di fare ricorso all’oggettività, imparzialità e neutralità in ogni processo decisionale al fine di perseguire il risultato buono e giusto per tutti (o il migliore possibile). Ciò che è ragionevole per uno, infatti, non è detto lo sia anche per altri, ma un’azione di buonsenso, per definizione dovrà essere condivisa e accolta da tutti. E’ quindi la ragione a prendere istruzioni dal buonsenso e non viceversa. Se la ragione non è illuminata dal buonsenso è sì capace di decidere e agire ma non è detto lo faccia in modo etico. Se manca il buonsenso è molto probabile che il risultato di un’azione o comportamento non sia giusto per tutti e che provochi effetti negativi per alcuni. La regola etica per eccellenza fornitaci dal buonsenso è: non fare male agli altri. Come diceva Tommaso d’Aquino: " un’azione è giusta se non è in alcun modo sbagliata". Il buonsenso, per dirla alla Locke, è quel lume naturale capace di ricordare alla nostra mente le regole etiche di base universali per rendere giusto, felice e pacifico il vivere e convivere fra esseri umani.
Lo sforzo quotidiano di ogni essere umano, quindi, deve essere quello di non perdere di vista il buonsenso, ovvero la capacità naturale di muovere la propria esistenza verso il buono e il giusto in senso etico assoluto e non secondo una morale relativa accettata temporaneamente nell’ambiente circoscritto del proprio vivere. Una regola morale relativa, infatti, può essere valida e ritenuta giusta in un determinato contesto storico e geografico, mentre ciò che dipende dal buonsenso è valido in ogni tempo e luogo (etica assoluta). Il buonsenso differisce, perciò, dal senso comune. Quest’ultimo è la convinzione che qualcosa sia giusto secondo gli usi e le convenzioni di un popolo in un determinato contesto storico e sociale. Il buonsenso, invece, ci aiuta a capire quanto quella cosa sia veramente giusta o sbagliata in termini etici universali e ci aiuta eventualmente a cambiarla. In questo senso, il buonsenso è rivoluzionario perché tende a modificare uno status quo basato su presupposti sbagliati o su esigenze in movimento e mutevoli della società.
Il buonsenso, inoltre, non genera compromessi ma la migliore soluzione possibile. Anche la coscienza differisce dal buonsenso quando essa è influenzata dalla morale relativa.
Il buonsenso non è da confondere, infine, col buonismo. Il buonismo muove un’azione secondo un calcolo utilitaristico personale, mentre il buonsenso è agire bene in ogni caso senza aspettarsi un ritorno se non quello della serenità d’animo per aver fatto la cosa giusta. Per questo conservare ed esercitare il buonsenso è una virtù aiuta ad essere felici. Probabilmente non diventeremo ricchi in termini economici ma ci guadagneremo in ricchezza d’animo e in serenità. Esercitiamoci allora insieme a usare il buonsenso nella vita di tutti i giorni, senza timore di ricevere critiche nè di apparire impopolari. E’ in gioco la natura dell’uomo che, come diceva Aristotele, è nato per vivere in società insieme e per gli altri. Buona lettura.
Salvatore Primiceri
Per approfondire:
- Salvatore Primiceri, Etica del Buonsenso, Primiceri Editore, Padova 2016;
- Salvatore Primiceri, La Giustizia del Buonsenso, Primiceri Editore, Padova 2018.
I caratteri morali: l’autoironia che aiuta a comportarsi meglio
Il mondo è bello perché è vario. Non c’è frase più utilizzata di questa per commentare con ironia l’incontro con qualcuno che la pensa diversamente da noi o che si atteggia in modo contrastante con il nostro modo di essere. Ogni uomo, del resto, è fatto a suo modo, con i propri tratti caratteriali che possono piacere o meno agli altri. Se l’uomo, come diceva Locke , per mezzo di un lume innato riesce a distinguere tra virtù e vizio, non si può negare che tale senso (o buonsenso) non emerge in tutti nella stessa misura.
Un allievo di Aristotele, Teofrasto, vissuto tra il 371 e il 287 prima di Cristo, celebre per la sua eleganza nel parlare e molto stimato dagli Ateniesi, descrisse trenta caratteri morali propri dei cittadini del suo tempo. Una specie di vademecum utile sia ai " viziosi per migliorarsi sia ai
virtuosi per difendersi dai
viziosi" e saperli riconoscere. In sostanza, Teofrasto, ha individuato trenta caratteri che non rientrano in un modo di comportarsi pienamente corretto o virtuoso e da cui, spesso, è meglio tenersi distanti. In particolare, Teofrasto, sembra avere in antipatia i falsi e i chiacchieroni. Ma eccone sintetizzati alcuni:
– il simulatore: la simulazione è una finzione peggiore di atti e parole. Il simulatore è colui che, incontrando i suoi nemici, si ferma a conversare con loro fingendo di non mostrare odio. E’ colui capace di lodare coloro che ha appena criticato alle spalle. Inoltre finge di soffrire quando vanno male le cose a qualcuno per cui nutre odio o antipatia;
– il ciarlatore è uno che parla a lungo senza misura e in modo sconsiderato. Si tratta di colui capace di raccontarti di tutto, magari senza nemmeno conoscerti. Teofrasto invita a stare alla larga da questo tipo di soggetto in quanto " è difficile tener testa a chi non sa distinguere tra ozio e occupazione";
– il cerimonioso è un tipo che ti saluta da lontano, ti si avvicina, ti ferma, ti stringe entrambe le mani, ti riempie di complimenti accompagnandoti per un pezzo di strada, ti chiede quando può rivederti e poi finalmente se ne va;
– il loquace è invece il classico tipo che ti interrompe su qualsiasi argomento e si mette a parlare convinto di saperne più di te, spesso affermando che tu dici sciocchezze. Ai nostri tempi diremmo che è un " tuttologo. Il risultato è che non lo ascolterà davvero nessuno, nemmeno i suoi figli che presi dal sonno gli diranno:
Papà, parla un po’ con noi così ci addormentiamo";
– lo scurrile è colui che scherza in modo sfacciato e volgare, incapace di adeguare il suo linguaggio al contesto e alle persone che si trova di fronte. E’ spesso inopportuno, capace di andare incontro ad una persona che ha perso una causa in tribunale per farle i complimenti;
– l’ inopportuno è colui che va a raccontare le proprie storie a chi non ha tempo da perdere. E’ un altro di quelli che usano le parole senza considerare il momento giusto e il tipo di discorsi in base all’interlocutore e al contesto.
– il villano è invece il classico maleducato che non pesa le parole, colui che se gli domandi " il tale dov’è, egli risponde
non mi rompere le scatole";
– lo scontento è colui che si lamenta di tutto, anche quando le cose gli vanno bene. Ciò accade perché egli sa vedere solo il lato negativo di tutto. E’ quindi incapace di apprezzare le cose belle e positive della vita. E’ colui che se trova un borsellino per strada esclama: " Mai una volta che abbia trovato un tesoro!";
– il diffidente è uno che pensa che tutti gli altri siano disonesti. Spesso non si fida nemmeno di se stesso. Se chiede alla moglie: " hai chiuso la porta di casa?" e lei gli risponde di sì, egli si reca a controllare di persona;
– lo sgradevole è un rompiscatole in buona fede: è uno che se stai