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L'eredità del Risorgimento
L'eredità del Risorgimento
L'eredità del Risorgimento
E-book93 pagine1 ora

L'eredità del Risorgimento

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Info su questo ebook

Fra reminiscenze di Manzoni e Simenon, un giallo di atmosfera ambientato alla fine dell’Ottocento nella provincia piemontese.

Un maresciallo dei carabinieri perspicace ed equilibrato, aiutato da un prete dalla profonda umanità e da uno scienziato che conosce anche l’animo delle persone.

Un delitto che coinvolge la borghesia della città e sullo sfondo le terribili scene della battaglia di San Martino.

Battaglia che segna la vita del maresciallo, della famiglia della vittima e dell’assassino, ognuno con le sue storie e il suo dolore.

L’eredità del Risorgimento.
LinguaItaliano
Data di uscita1 mag 2020
ISBN9788831668927
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    Anteprima del libro

    L'eredità del Risorgimento - Mauro Alocco

    Ri­sor­gi­men­to

    1

    Il frate e il sacrestano

    Agne­se Mi­la­ne­sio, ot­tan­ta­cin­que an­ni por­ta­ti con una leg­ge­rez­za non usua­le, si pre­pa­rò, co­me tut­te le mat­ti­ne, il caf­fè che, an­che in quell’eco­no­mia fa­mi­lia­re sem­pli­ce, co­sti­tui­va un pic­co­lo pia­ce­re ir­ri­nun­cia­bi­le.

    Le era sem­pre ri­ma­sto il dub­bio se quel caf­fè non co­sti­tuis­se una vio­la­zio­ne all’ob­bli­go del di­giu­no pri­ma del­la co­mu­nio­ne, ma al­la fi­ne era giun­ta al­la con­clu­sio­ne che un caf­fè di pri­mo mat­ti­no era una co­sa co­sì na­tu­ra­le da es­se­re as­si­mi­la­ta al ri­sve­glio.

    Fuo­ri era an­co­ra buio, un buio fred­do a cui i ri­fles­si del­la lu­na sul ghiac­cio da­va­no l’im­pres­sio­ne di bri­vi­di.

    Era la mat­ti­na del 7 no­vem­bre 1886.

    Il pen­sie­ro di quel gior­no che sta­va ar­ri­van­do ave­va, in qual­che stra­na ma­nie­ra, di­stur­ba­to il son­no di don Gior­gio Bo­ni­no, ret­to­re del San­tua­rio del­la Bea­ta Ver­gi­ne del­le Gra­zie. Gli era­no tor­na­ti in men­te gli an­ni di no­vi­zia­to, le let­tu­re man­zo­nia­ne, pro­fes­so­ri e com­pa­gni di scuo­la, co­sì che, al­le quat­tro del mat­ti­no, fat­to lo stes­so ra­gio­na­men­to di Agne­se Mi­la­ne­sio da­van­ti ad un caf­fè, si era ve­sti­to e, re­ci­ta­te le pre­ghie­re del mat­ti­no, ave­va pen­sa­to be­ne di pas­sa­re mezz’ora all’or­ga­no del­la chie­sa, a suo­na­re l’ama­to Bux­te­hu­de. Pro­va­va sem­pre un cer­to im­ba­raz­zo nel­la sua pas­sio­ne per quel mu­si­ci­sta pro­te­stan­te, ma all’or­ga­no nes­su­no gli sem­bra­va più gran­de di lui e il suo­nar­lo gli da­va l’im­pres­sio­ne di av­vi­ci­nar­si a Dio.

    Agne­se Mi­la­ne­sio in­dos­sò un pe­san­te scial­le sui suoi pe­san­ti e scu­ri abi­ti da vec­chia con­ta­di­na, or­mai ve­do­va da mol­ti an­ni, per af­fron­ta­re, aiu­ta­ta più per si­cu­rez­za che per ne­ces­si­tà da un ba­sto­ne, il vi­co­lo che dal­la ca­sci­na do­ve abi­ta­va por­ta­va, af­fian­can­do il la­to sud del San­tua­rio, all’in­gres­so del­la chie­sa. La vec­chia pen­do­la, for­se l’og­get­to più pre­zio­so del­la ca­sa, le ri­cor­da­va che man­ca­va­no quin­di­ci mi­nu­ti all’ini­zio del­la mes­sa del­le sei. Era un po’ in ri­tar­do e si chie­se sen­za una ri­spo­sta il per­ché.

    Men­tre si tro­va­va a me­tà del vi­co­lo ed era in­ten­ta a re­ci­ta­re un’Ave Ma­ria al­la Ma­don­na del­la Cin­tu­ra, la cui cap­pel­la si tro­va­va pro­prio a quel pun­to del­la na­va­ta si­ni­stra del San­tua­rio, udì in leg­ge­ra lon­ta­nan­za co­me un gri­do sof­fo­ca­to.

    Nel buio, ap­pe­na di­ra­da­to da due lam­pio­ni che si tro­va­va­no da­van­ti al San­tua­rio, eb­be l’im­pres­sio­ne di no­ta­re la fi­gu­ra di un fra­te, av­vol­to in un sa­io il cui cap­puc­cio co­pri­va an­che la te­sta, che si al­lon­ta­na­va ra­pi­da­men­te in di­re­zio­ne di via Sa­luz­zo.

    Giun­ta da­van­ti al­la chie­sa vi­de una don­na, ri­ver­sa a ter­ra, in una poz­za di san­gue.

    Ma più che dal­la sce­na, che ave­va dif­fi­col­tà ad in­qua­dra­re, fu col­pi­ta dall’ac­cor­re­re di al­cu­ne per­so­ne sul luo­go del cri­mi­ne, le stes­se che si sta­va­no re­can­do al­la mes­sa.

    Al­tre usci­ro­no dal­la chie­sa, at­ti­ra­te da quell’in­sie­me di ru­mo­ri che ave­va­no scan­di­to il de­lit­to e i suc­ces­si­vi mo­men­ti.

    Dal­la sua ca­sa al fon­do di via San­tua­rio ar­ri­va­va il pro­fes­sor Asca­nio So­bre­ro, l’il­lu­stre chi­mi­co. I set­tant’an­ni tra­scor­si da tem­po non gli im­pe­di­ro­no di ac­ce­le­ra­re il pas­so sull’ac­ciot­to­la­to ghiac­cia­to e di chi­nar­si sul ca­da­ve­re. Non era nor­ma­le ve­der­lo a Ca­val­ler­mag­gio­re in quel pe­rio­do dell’an­no, al di fuo­ri del­la vil­leg­gia­tu­ra esti­va che lo ren­de­va un per­so­nag­gio emi­nen­te del pa­no­ra­ma cit­ta­di­no, ma al­cu­ne pra­ti­che re­la­ti­ve al nuo­vo ci­mi­te­ro di lo­ca­li­tà Viàs­so­le e al­la tom­ba di fa­mi­glia che lì vo­le­va co­strui­re l’ave­va­no co­stret­to a due gior­ni di sog­gior­no fuo­ri sta­gio­ne. E no­no­stan­te la lu­ci­da ra­zio­na­li­tà del­la sua men­te, il le­ga­me con la fe­de vis­su­ta in fa­mi­glia fin da bam­bi­no l’ave­va spin­to a re­car­si an­che lui al­la pri­ma mes­sa del­la do­me­ni­ca.

    È mor­ta. Un uni­co col­po al­la go­la, in­fer­to con una gros­sa la­ma, sen­za pos­si­bi­li­tà di scam­po per la vit­ti­ma af­fer­mò con la si­cu­rez­za che gli de­ri­va­va dal­la sua cul­tu­ra scien­ti­fi­ca e dai gio­va­ni­li stu­di di me­di­ci­na.

    È la si­gno­ra Le­ti­zia De­mon­te, la mo­glie dell’av­vo­ca­to sen­ten­ziò una del­le don­ne ac­cor­se.

    Va­do a chia­ma­re il ma­re­scial­lo dei ca­ra­bi­nie­ri dis­se, in ma­nie­ra più pra­ti­ca, un uo­mo che tut­ti co­no­sce­va­no co­me can­to­nie­re co­mu­na­le.

    In­tan­to an­che il ret­to­re, av­vi­sa­to men­tre in sa­cre­stia sta­va già in­dos­san­do i pa­ra­men­ti sa­cri, con­sta­ta­to che l’at­ten­zio­ne si era spo­sta­ta, in­sie­me al­la mag­gio­ran­za dei fe­de­li, sul sa­gra­to del­la chie­sa, do­po aver de­ci­so di so­spen­de­re la ce­le­bra­zio­ne del­la mes­sa, si era pre­ci­pi­ta­to sul luo­go del de­lit­to.

    Era inu­sua­le ve­der­lo ve­sti­to co­sì, con l’amit­to, il ca­mi­ce e il cin­go­lo, che pro­ba­bil­men­te si era sle­ga­to nell’ac­cor­re­re, nel­la ma­no si­ni­stra.

    Do­po un se­gno del­la cro­ce e un ve­lo­ce mi­se­re­re, si chi­nò an­che lui sul ca­da­ve­re.

    Chi è sta­to? fu la spon­ta­nea do­man­da di al­cu­ne del­le per­so­ne ac­cor­se.

    Vi­sto che il que­si­to ca­de­va nel si­len­zio, il ret­to­re ag­giu­stò il ti­ro del­la do­man­da:

    Chi ha vi­sto qual­co­sa? dis­se il sa­cer­do­te.

    Per ri­ma­ne­re in te­ma man­zo­nia­no, Agne­se Mi­la­ne­sio non era cer­to un cuor di leo­ne, an­che se la vi­ta le ave­va ri­spar­mia­to i bra­vi di tur­no, ma non si trat­ten­ne da di­re:

    Ho sen­ti­to co­me un ur­lo sof­fo­ca­to e ho vi­sto un fra­te al­lon­ta­nar­si ve­lo­ce­men­te in di­re­zio­ne di via Sa­luz­zo.

    La pre­sen­za del fra­te fu con­fer­ma­ta da un al­tro uo­mo che l’ave­va vi­sto, an­cor pri­ma di ac­cor­ger­si del ca­da­ve­re a ter­ra, in lon­ta­nan­za nel­la stes­sa di­re­zio­ne già in­di­ca­ta.

    Ma i fra­ti non uc­ci­do­no le per­so­ne fu la con­vin­ta af­fer­ma­zio­ne di una don­na che, più che dal de­lit­to, sem­bra­va col­pi­ta da que­sta ac­cu­sa che le sem­bra­va sa­cri­le­ga.

    L’ar­ri­vo del ma­re­scial­lo Mi­che­le Asti­gia­no, uo­mo sti­ma­to, de­co­ra­to nel­le guer­re del Ri­sor­gi­men­to, at­ten­to ed equi­li­bra­to, po­se fi­ne a que­sta se­rie di vo­ci. L’an­da­tu­ra leg­ger­men­te clau­di­can­te, ac­com­pa­gna­ta co­mun­que da un pas­so spe­di­to, era il mar­chio di fab­bri­ca che ac­com­pa­gna­va, ne­gli ul­ti­mi an­ni, ogni fat­to di giu­sti­zia av­ve­nu­to in cit­tà. Esa­mi­nò an­che lui il ca­da­ve­re e die­de in­ca­ri­co al suo gio­va­ne aiu­tan­te di pren­de­re il no­me e l’in­di­riz­zo dei pre­sen­ti, al­me­no quel­li che po­te­va­no di­re qual­co­sa in me­ri­to. Poi chie­se all’avv. Ro­be­ri, no­ta­bi­le del­la cit­tà, fra i pre­sen­ti in quel mo­men­to, di av­vi­sa­re la fa­mi­glia del­la vit­ti­ma e il sin­da­co e di or­ga­niz­za­re la ri­mo­zio­ne del ca­da­ve­re.

    Men­tre il suo oc­chio esper­to scru­ta­va la sce­na del de­lit­to, fu in­vi­ta­to dal ret­to­re a no­ta­re la trac­cia di al­cu­ni pas­si

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