Rosso Barocco
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Info su questo ebook
Geniale come Camilleri
Le indagini del libraio Ettore Misericordia
Dagli autori del bestseller Nero Caravaggio
È piena estate e la città Eterna è assediata dall’afa, quando il libraio Ettore Misericordia, detective dilettante, e il suo fido assistente Fango sono convocati dall’ispettore Ceratti, con il quale spesso collaborano. Una strana, enigmatica scritta è comparsa nella cripta di San Carlino alle Quattro Fontane e, poco dopo il ritrovamento, una giovane donna viene brutalmente assassinata a piazza Navona. La scia di sangue e mistero che lega tra loro questi eventi porterà Misericordia indietro nel tempo, fino all’antica rivalità fra i due geni del Barocco a Roma, Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini.
Tra giallo, humour e arte, il libraio detective si farà guidare dal suo formidabile intuito deduttivo e dalla straordinaria conoscenza della città e della sua storia per risolvere l’intricato caso, accompagnando il lettore tra i vicoli, le piazze e i luoghi più segreti e misteriosi di Roma.
Un presagio enigmatico è nascosto nelle ultime parole di Borromini: l’arte può diventare una passione pericolosa
Finalmente anche Roma ha il suo Sherlock Holmes
Hanno scritto di loro:
«Un giallo, una lunga indagine che trasporta il lettore in tutti i luoghi più belli o più segreti della Capitale.»
Il Corriere della Sera
«Ironici, irriverenti, innamorati della comicità intelligente, del poliziesco soft, più giallo che noir.»
Sololibri
«Con la scrittura di Max e Francesco Morini si ride, ci si appassiona allo svolgimento delle indagini e ci si innamora di Roma, raccontata nei suoi luoghi più belli e anche in quelli meno noti.»
La Sicilia
Max e Francesco Morini
Fratelli, autori teatrali e televisivi, dirigono da dieci anni l’Accademia del Comico di Roma. Nel 2017 hanno scritto per la Newton Compton il primo giallo che vede come protagonista il libraio Ettore Misericordia, Nero Caravaggio, al quale fa seguito Rosso Barocco. I loro gialli nascono dalla volontà di unire il gusto per la leggerezza e la scrittura brillante con due grandi passioni: quella per i romanzi polizieschi e quella per la loro città, Roma, alla quale hanno dedicato altri due libri: A spasso nella Storia e S.T.Q.R. Sono troppi questi romani.
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Anteprima del libro
Rosso Barocco - Francesco Morini
1965
Prima edizione ebook: luglio 2018
© 2018 Newton Compton editori s.r.l., Roma
ISBN 978-88-227-2067-2
www.newtoncompton.com
Realizzazione a cura di Librofficina
Max e Francesco Morini
Rosso Barocco
Le indagini del libraio Ettore Misericordia
Indice
1. Mi salì addosso l’impazienza
2. Un fiuto infallibile
3. Come il buddha
4. Ferragosto noir
5. Sola soletta
6. Dispetti di marmo
7. Un martirio complicato
8. Questione di chiese
9. Nostalgia canaglia
10. Franciscus Borrominus
11. Ritorno al passato
12. Ossessione d’amore
13. Sedotto e… abbandonata!
14. Col naso all’insù
15. Aperitivo a Trastevere
16. Le tre B
17. Una vecchia conoscenza
18. Una botta di vita
19. Reo confesso
20. Duello al sole
21. Appuntamento a mezzanotte
22. La verità è nella forma
23. Rivelazioni
24. Chi l’ha visto?
25. Il segreto di Naldi
26. Balzo in avanti
27. Un brindisi speciale
28. Operazione Rosso Barocco
29. Misericordia sbroglia la matassa
30. Quello che voi siete noi eravamo
31. Piantati in asso
32. Geni rivali
A Francesco e Gian Lorenzo, senza i quali Roma non sarebbe mai stata la stessa.
1
Mi salì addosso l’impazienza
«Vergine santissima, che disastro!».
Stavo fissando la croce sul saio del vecchio monaco che ci spiegava com’erano andate le cose e sinceramente non riuscivo a concentrarmi molto su quello che diceva.
Quella croce mi ipnotizzava, rossa in verticale e blu in orizzontale, un contrasto forte.
Non avevo mai visto prima una croce colorata, anzi bi-colorata; o meglio: una l’avevo vista, quella dei camillini, l’ordine ospedaliero di Camillo De Lellis (il san Camillo del famoso, omonimo ospedale sulla Gianicolense), che è rossa su campo nero. Ma non mi aveva dato da pensare più di tanto; quella dei trinitari, invece, mi faceva riflettere sulla mia ignoranza in fatto di croci (ma quanti tipi ce n’erano?) e intanto mi attraeva inesorabilmente, così sparata e in rilievo sul saio bianco del monaco. E poi la voce del vecchio era bassa bassa, quasi impercettibile e sgradevole come il suono di un vinile graffiato, non riuscivo proprio a seguirlo.
Fissavo la croce e fissavo le sue mani, lunghe e rinsecchite.
Finché non tornai con lo sguardo alla scritta che qualcuno con uno spray aveva fatto nella cripta: "
MI SALÌ ADDOSSO L’IMPAZIENZA
". Era in nero, parole nere sul bianco della cripta, uno sfregio che, per fortuna, non aggiungeva altri cromatismi a quella mattinata che si annunciava già troppo colorata.
In tutti i sensi.
Anche Misericordia fissava la scritta e mi sembrava che neanche lui desse troppa importanza alle parole del monaco.
«Ma si può ripulire, vero? Andrà via?».
Un altro monaco più giovane, mandato dai confratelli a sostenere il vecchio, intervenne preoccupato, guardandomi dritto negli occhi.
Cercai di essere rassicurante: «Certo padre, certo… Ma dovete dare tempo alla polizia di fare le indagini e poi, ovviamente, servirà un restauro».
«Stasera abbiamo una cerimonia importante nella cripta!», riattaccò il vecchio.
«Padre Mariano, si metta l’anima in pace, ha sentito cosa ha detto questo signore? Per stasera sicuramente non sarà pronta! Ci sposteremo in chiesa o nel chiostro». Il giovane sembrava molto più pragmatico.
«Che disastro! San Carlo, aiutaci tu!».
Ah sì, giusto, ho omesso che la cripta dove ci trovavamo era quella di San Carlo alle Quattro Fontane detta, per le sue dimensioni ridotte, anche San Carlino
.
Be’, considerando che fuori c’erano trentacinque gradi, si stava benissimo laggiù.
A Roma d’estate fa caldo, non c’è scampo.
Anzi, molto caldo.
Anche in questi tempi di riscaldamento globale e di follie meteorologiche, inutile illudersi: «Quest’anno sarà diverso! Non farà caldo!». Verso la fine di giugno, quando il termometro comincia a superare i trenta gradi, una tua vecchia conoscenza, la Calla, come viene chiamato il caldo asfissiante a Roma, ti viene a trovare, bussa alla tua porta, anzi alle tue finestre e ti costringe a tenerle aperte fino a settembre, pena la morte.
L’umidità del non più biondo Tevere fa il resto; quindi se non puoi partire per qualche meta nordica o per una bella spiaggia esotica, come io e Misericordia che eravamo perennemente scannati, per salvarti dall’afa a Roma hai solo due possibilità di salvezza: i centri commerciali e le chiese.
Noi nelle chiese ci andavamo per passione, per ammirare i loro capolavori, ma quella volta ci aveva spedito lì l’ispettore Ceratti.
Era il pomeriggio del 14 agosto, ci aveva chiamato qualche ora prima; lui stava al fresco, a godersi il suo
lago di Como: «Si tratterà sicuramente di qualche pazzo invasato ma voi andate a dare un’occhiata, ho già avvertito Cammarata. Mi raccomando non fate casino!».
Raccomandazione inutile; il talento investigativo di Misericordia e la sua straordinaria conoscenza di Roma erano stati utili in più di un caso a quell’omone dell’ispettore ma, coinvolgendolo, inevitabilmente Ceratti accettava il rischio che Ettore poi partisse per la tangente con un’indagine parallela. Anzi, partissimo
per la precisione, perché io lo assisto amorevolmente da sempre. E poi, se c’era una chiesa di mezzo, era proprio roba per noi.
«Ma si figuri, con questo caldo… Lei quando torna ispettore?»
«Il 16 sono operativo, comunque riferiscimi dopo e non metterti a litigare con Cammarata, fammi il favore».
«Ma no, io litigo solo con lei! Tranquillo, si goda il suo lago, noi intanto andiamo da Borromini!».
Già, perché San Carlino è uno dei capolavori di Francesco Borromini, l’architetto barocco rivale
di Bernini; due geni tra cui, come ci raccontano cronache e aneddoti, non correva proprio buon sangue.
Eravamo risaliti dalla cripta e ci trovavamo nel bellissimo chiostro attiguo alla chiesa; c’era quiete e soprattutto ombra, il vecchio monaco si appoggiò al pozzo al centro del chiostro.
Fra l’età, il caldo e l’emozione, avevo paura che da un momento all’altro fosse colto da un malore.
Il monaco più giovane sorvegliava con apprensione, pronto a intervenire.
Misericordia incalzò: «Padre, adesso si concentri per favore, può cortesemente ripetermi quello che ha già detto all’agente Cammarata prima che arrivassimo?»
«Sì, certo, certo… Erano circa le quattro del pomeriggio; noi apriamo la chiesa la mattina alle nove, oggi non sono venuti molti visitatori. Io, di solito, sto seduto nella sacrestia che sta proprio davanti alla scala che porta alla cripta, mi occupo del materiale informativo sulla chiesa: cartoline, dépliant, libri…».
«E non ha notato nessuna persona sospetta?».
Il monaco ebbe un’esitazione, non rispondeva.
«Che c’è, padre?».
Temetti che fosse un mancamento, per fortuna era solo vergogna.
«Ecco, ragazzo, io sono vecchio, qualche volta mi appisolo un po’, poi con questo caldo… Non faccio sempre caso a chi passa davanti alla porta per scendere nella cripta. Gliel’ho ripetuto migliaia di volte al priore, prendiamo un sagrestano nuovo, Vergine Santissima!».
«Ma padre Mariano, lo sa che non possiamo, dobbiamo arrangiarci da noi…», intervenne il giovane.
«A proposito di priore, dov’è, l’avete avvertito?»
«Certo, è in vacanza nel suo paese natale, in Abruzzo, per qualche giorno, è molto anziano anche lui, soffre molto il caldo».
Ecco. Anche i monaci vanno in vacanza, solo noi rimaniamo qui.
Il vecchio intanto si era rianimato con un improvviso moto di stizza.
«Lo so Lorenzo, ma guarda cosa è successo! Profanare così un luogo sacro e un capolavoro, mi vergogno così tanto!».
«Perciò, alle quattro del pomeriggio, minuto più minuto meno, è sceso giù per spegnere le luci e si è accorto della scritta…», proseguì Ettore.
«Sì, caro ragazzo, proprio così!».
«Ha incrociato qualche visitatore che saliva per uscire?»
«No, ero da solo».
Il Capo cominciò a tormentarsi il basettone con la mano destra, segno inequivocabile che il suo cervello era appena entrato nel caso
e aveva cominciato a investigare.
«E c’è solo quella scala per accedere alla cripta…».
«Sì, sì…».
Il vecchio sembrava sfinito, ebbi come l’impressione che stesse per svenire in braccio a Ettore, meno male che alle sue spalle, alle brutte, c’era il pozzo per dargli una rinfrescatina.
«Va bene, grazie padre, era quello che volevo sapere, ora l’agente le spiegherà come intende procedere la polizia. Le consiglio di chiudere e andare a riposare».
Misericordia è così, è ateo ma con preti e monaci poi si intenerisce, probabilmente lo commuove il fatto che dedichino tutta la loro vita a qualcosa, o meglio a qualcuno, che per lui non esiste.
Dopo che Cammarata si era intrattenuto ancora per qualche minuto con i due monaci, li salutammo e uscimmo tutti e tre da San Carlino, in discesa libera su via delle Quattro Fontane.
«Scommetto che non credi a un atto vandalico, vero? E allora, cos’è quella scritta? Un codice? Siamo finiti dentro a un romanzo di Dan Brown?», incalzai Misericordia.
«Mah, non credo…».
«E allora cosa può essere? Un’esternazione personale? Un gioco enigmistico?»
«Se posso, gradirei intervenire nella discussione in merito alla misteriosa scritta della cripta…».
Cammarata, il fidatissimo agente scelto di Ceratti, era partito in quarta con una delle sue classiche divagazioni e quando fa così solo l’ispettore può fermarlo con un solo sguardo, ma stavolta l’ispettore, ahimè, non c’era. Trentenne, di Benevento, bassino, con il viso appuntito e spigoloso incorniciato da una folta chioma di capelli rossicci, parlava velocissimo con la sua inconfondibile vocina alta, muovendo con la stessa rapidità i grandi occhi verdi perennemente sospesi tra stupore e preoccupazione.
«Un mio cugino di Matera, ragazzo intelligentissimo, una mente matematica che mette paura, ha vinto proprio l’anno scorso un concorso internazionale di enigmistica, pensate, primo su trenta finalisti da tutto il mondo. Il secondo classificato, un certo Larsen da Copenaghen, si prese gioco di lui prima della competizione, gli diceva: Voi italiani, pizza, spaghetti, mandolino!
e invece alla fine è stato costretto ad ammettere che…».
«Potrebbe essere un messaggio, Fango; un primo messaggio, per la precisione» (Fango
sono io, è il mio soprannome fin dai tempi della scuola e ormai ha sostituito il nome di battesimo, tutti mi chiamano così).
A quelle parole l’agente si zittì di colpo, voleva capire anche lui dove sarebbe arrivato Misericordia, anche perché il sole batteva ancora e, costretto dentro alla divisa, stava sudando non poco.
«Oh mamma, perché hai detto primo
? Quindi ritieni che siamo solo all’inizio di un…».
«… Caso! Ci voleva proprio, mi stavo annoiando. D’altra parte Ceratti ci ha già coinvolto, no?»
«Con questo caldo ci mancava anche questo… Ma come fai a esserne cosi sicuro?»
«Non credo si tratti di uno svitato, la scritta è opera di una persona colta».
«Be’, potrebbe essere uno svitato colto…».
«Troppo colto, impossibile».
«Scusa Capo,